Fu un movimento nato spontaneamente in Italia in un periodo storico in cui il paese si dibatteva nell’affrontare gravi situazioni, come la crisi economica e il terrorismo.
Gli anni Settanta furono anni particolarmente critici per l’Europa Occidentale, già nel 1973 si verificò una prima crisi energetica dovuta a un’interruzione dell’esportazione del petrolio da parte dell’OPEC.
OPEC
L’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC) fondata nel 1960 durante una conferenza a Baghdad (Iraq) inizialmente comprendeva cinque paesi membri (Iran, Iraq, Kuwait, Arabia Saudita, Venezuela) con sede a Ginevra, che venne trasferita a Vienna nel 1965.
L’organizzazione comprende oggi tredici Paesi che si sono associati formando un cartello economico, per negoziare con le compagnie petrolifere riguardo la produzione di petrolio, i prezzi e le concessioni.
L’OPEC nacque tra i paesi produttori di greggio come risposta al predominio economico delle compagnie petrolifere mondiali, le cosiddette ‘Sette sorelle’ (termine coniato dall’italiano Enrico Mattei dirigente dell’Agip) che nel 1928 avevano siglato ad Achnacarry un accordo, che di fatto creava un cartello finalizzato a stabilire zone di estrazione e prezzi di vendita del greggio affinché non ci fosse concorrenza fra le compagnie stesse.
Fin dagli anni venti e trenta del Novecento le aziende petrolifere straniere, principalmente anglo-americane, grazie a una serie di concessioni ottenute per l’estrazione, esercitavano un controllo pressoché assoluto sulla filiera produttiva (riserve, estrazione, raffinazione, commercializzazione).
Tra la fine degli anni 40 e l’inizio degli anni 60 le ‘Sette sorelle’: Mobil, Chevron, Gulf, Texaco, Shell, Exxon e British Petroleum, arrivarono a controllare la quasi totalità del petrolio mediorientale, definendo in maniera unilaterale le quote di estrazione ed il prezzo da pagare ai paesi produttori.
Negli anni Settanta quasi tutti i paesi arabi nazionalizzarono le proprie risorse e ritirarono le concessioni.
Oro nero. L’epopea delle Sette Sorelle – magazine.enel.it
La prima crisi energetica del dopoguerra – ilpost.it
L’OPEC volle lanciare un ammonimento verso l’Occidente a non interferire nei conflitti del Vicino Oriente. L’evento scatenante fu la Guerra del Kippur del 1973 tra Israele e una coalizione composta da Egitto e Siria sostenuti da altri paesi arabi. Non mancò l’ingerenza determinante delle grandi potenze.
IL CONFLITTO ARABO-ISRAELIANO
Quello Arabo-Israeliano è un vasto conflitto che comprende una lunga serie di scontri armati che ebbe inizio nel 1948, anno in cui venne istituito e proclamato indipendente lo Stato di Israele che portò alla Guerra arabo-israeliana (1948-1949), che lo vede contrapposto agli Stati arabi confinanti.
Seguì la Crisi di Suez (1956) per la volontà di nazionalizzare il canale da parte di Nasser, presidente dell’Egitto.
Quindi la Guerra dei sei giorni (1967) che portò all’occupazione militare israeliana dei territori della Cisgiordania (con Gerusalemme e la Striscia di Gaza).
Territori che gli arabi tentarono di recuperare con la Guerra del Kippur (1973), contesa che ancora non è stata interamente risolta.
Investiti da una grave crisi economica, i paesi industrializzati predisposero seri provvedimenti per diminuire il consumo e gli sprechi di energia. In Italia il governo presieduto da Mariano Rumor, varò un Piano energetico nazionale di “austerity economica” che tra i vari provvedimenti vietava la circolazione delle auto la domenica, riduceva le ore di trasmissione televisiva e di illuminazione pubblica e commerciale. Provvedimenti che sensibilizzarono l’opinione pubblica e stimolarono la Ricerca a trovare fonti energetiche alternative al petrolio.
Una seconda crisi energetica segnerà il 1979 in seguito alla Rivoluzione islamica in Iran, con cui si affermò il regime fondamentalista sciita, e alla guerra tra lo stesso Iran e l’Iraq di Saddam Hussein del 1980 (La Guerra Iran-Iraq 1980-1988).
L’iraq all’epoca si reggeva su un delicato equilibrio tra la minoranza sunnita, di cui faceva parte lo stesso Saddam Hussein, e la maggioranza sciita. La produzione di petrolio venne ridotta enormemente e le esportazioni sospese, ma ciò non colse del tutto impreparato l’Occidente che pur trovandosi in grave difficoltà ha provveduto a migliorare l’efficienza energetica.
Ma nel contempo vi è una presa di coscienza della realtà, e cioè di una forte dipendenza dai Paesi arabi.
In quegli anni, definiti anni di piombo, il clima in Italia è rovente: la nazione è messa a dura prova da una serie di attentati e di stragi che inducono a pensare a una strategia della tensione, da omicidi a sfondo politico, la situazione appare sempre più confusa e spesso contraddittoria. Nel 1977 entra in vigore la Legge 24 ottobre 1977, n. 801 “Istituzione e ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e disciplina del segreto di Stato”, che impone la segretezza su «gli atti, i documenti, le notizie, le attività e ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea a recar danno alla integrità dello Stato democratico» (art.12), ciò impedisce di fare chiarezza, tanto che ancora oggi si aprono analisi e discussioni su questo complesso periodo storico.
All’epoca il quadro politico contempla il tentativo di un compromesso storico, una grande alleanza strategica fra i tre maggiori partiti italiani Democrazia Cristiana, Partito Comunista Italiano e Partito Socialista Italiano.
Compromesso storico – Strategia politica elaborata, tra il 1973 e il 1979, dal Partito comunista italiano, in seguito alla riflessione compiuta dal segretario Enrico Berlinguer sull’esperienza cilena del governo di Salvador Allende. Tale strategia si fondava sulla necessità della collaborazione fra le forze popolari di ispirazione comunista e socialista con quelle di ispirazione cattolico-democratica, al fine di dar vita a uno schieramento politico capace di realizzare un programma di rinnovamento della società e dello Stato italiani. (Enciclopedia Treccani)
Tale esperienza ebbe una conclusione negativa e il partito comunista ritornò all’opposizione (1979).
La società italiana fu attraversata in vario modo da movimenti di protesta organizzati, strati disorganizzati, antagonismo sociale. Il movimento femminista ebbe una crescita molto forte con le sue istanze di liberazione dall’oppressione sessista maschile. Il Partito Radicale di Marco Pannella con la vittoria del referendum per il divorzio (1974) concentrò il suo impegno sulla difesa dei diritti umani, dei diritti civili, per il pacifismo e la nonviolenza.
Furono lunghi anni di impegno e di lotte collettive, si delineò la volontà di costruire un contropotere radicalmente in opposizione con il sistema politico sociale e culturale esistente.
IL MOVIMENTO FREAK
Tramontata l’era degli Hippy, movimento giunto dall’America negli anni Sessanta, molti giovani cominciarono a riconoscersi in un nuovo movimento di aggregazione, nato spontaneamente agli inizi degli anni Settanta: i cosiddetti Freak (traducibile in italiano con diversi).
I fricchettoni si mantennero sulla tendenza hippy: non politicizzati, amanti della musica Pop-Rock e della controcultura, sulla contestazione del Sessantotto per la crescente industrializzazione e la crescente dipendenza dell’industria musicale dalle grosse case discografiche internazionali (major).
Fu un movimento che ruotò intorno a una cultura underground, ossia a uno status che si opponeva ai modelli tradizionali e ufficiali di una cultura di massa; rappresentava un’alternativa adottando forme espressive e sistemi di diffusione e di produzione inusuali, una forma di disobbedienza come atto di libertà.
Underground è un termine che fu utilizzato per la prima volta da Marcel Duchamp, in una famosa conferenza a Filadelfia nel 1961, durante la quale dichiarò programmaticamente che l’Arte dovesse diventare sotterranea (“will go underground”), una “rete sotterranea di resistenza”.
La cultura alternativa passava anche attraverso le radio libere, nate dopo la liberalizzazione delle trasmissioni nel 1976, che ebbero una discreta diffusione in tutto il territorio nazionale.
In Italia una delle principali riviste italiane dedite alla controcultura e alla controinformazione fu “Re Nudo”, fondata a Milano nel 1970 da un gruppo di intellettuali e di artisti, tra i quali Andrea Valcarenghi. La rivista si occupava di tematiche importanti: dei problemi esistenziali, della sessualità, delle esperienze di comunità, dei collettivi di liberazione femminili, della musica, delle sostanze psichedeliche, del potere creativo della mente.
Il termine Re nudo si rifà a una fiaba danese: “I vestiti nuovi dell’imperatore” di Hans Christian Andersen e pubblicata per la prima volta nel 1837.
I vestiti nuovi dell’imperatore
Incisione dell’Ottocento di Vilhelm Pedersen
C’era una volta un imperatore vanitoso, che amava adornarsi di bei gioielli e costosi vestiti. Un giorno nel suo regno giunsero due forestieri che si vantavano essere grandi tessitori, capaci di creare la più bella stoffa che si potesse immaginare. Questa stoffa però aveva una particolarità: risultava invisibile agli occhi degli stolti e degli indegni.
L’imperatore mosso da un incontenibile desiderio di possedere un vestito cucito con tale stoffa, mandò il ciambellano dai due tessitori a ordinare un abito che, oltre alla sua bellezza, avrebbe potuto rivelargli chi non era degno di essere suo suddito.
due bricconi ricevettero un sacco di soldi e subito si apprestarono a lavorare al telaio fingendo di tessere con un filo invisibile…
L’imperatore curioso di sapere a che punto fosse la tessitura, decise di mandare un dignitario a controllare. Questi spalancò bene gli occhi davanti al telaio vuoto, ma non vide nulla! Naturalmente si guardò bene dal dirlo per non passare per stolto, e andò a riferire all’imperatore che la stoffa stava venendo benissimo.
I due furfanti ricevettero altro denaro per confezionare l’abito e lavorarono fino a notte fonda. Quanto tornò il dignitario, i due lo invitarono ad avvicinarsi per vedere quanto bene venisse l’abito, i disegni particolari, i colori meravigliosi. Ma per quanto si sforzasse il pover’uomo non riusciva a vedere niente.
«Ebbene, non vi pronunciate sull’abito?» disse uno dei tessitori.
«Sì, sì… è magnifico! – rispose il dignitario facendo finta di nulla – Riferirò all’imperatore che mi piace moltissimo.»
L’imperatore fremeva per l’impazienza, a giorni avrebbe avuto luogo un gran corteo ed egli era intenzionato a sfoggiare il vestito nuovo proprio in quell’occasione.
Arrivò il giorno tanto atteso, e l’imperatore ebbe l’abito con cui sfilò orgoglioso sotto il baldacchino per le vie del paese con al seguito la corte. Tutta la gente che assisteva nelle vie e alle finestre, pur non vedendo nulla, lodava il vestito nuovo dell’imperatore poichè era a conoscenza della particolarità di quella stoffa. Nessuno si sarebbe azzardato a dire che non vedeva niente per non passare per stolto o indegno.
A un tratto un bambino, che si trovava tra la folla, gridò: «Ma il re è nudo!»
Cessò di colpo il vociare, e poi sussurrando l’un l’altro quello che il bambino aveva detto, fra risa e schiamazzi iniziarono ad acclamare che l’imperatore era senza vestito. Malgrado ciò l’imperatore continuò a sfilare imperterrito, con il seguito che reggeva uno strascico che non c’era.
La fiaba racconta di una verità taciuta per timore, e per compiacere chi detiene il potere. Una verità svelata attraverso gli occhi di un bambino, attraverso le nuove generazioni.
Negli anni Settanta “Re Nudo” si fa promotore di raduni dove i giovani possano incontrarsi, esprimersi, ascoltare musica Pop-rock, appropriarsi di uno spazio in una società plasmata egoisticamente sui bisogni degli adulti disinteressati verso il mondo giovanile, e appropriarsi del tempo: “Le altre 16 ore della vita oltre le 8 ore lavorative”, lanciando lo slogan “facciamo che il tempo libero diventi tempo liberato”.
Epico fu il Festival del 1976 organizzato a Milano presso il Parco Lambro, un evento che durò quattro giorni e richiamò migliaia di persone che videro avvicendarsi sul palco gruppi e solisti come i Perigeo, Alan Sorrenti, Area, Premiata Forneria Marconi, Battiato e altri ancora più o meno noti. Furono presentati vari audiovisivi e si tennero delle jam-session tra i componenti della PFM, del Volo e degli Area. La partecipazione si allargò quindi a brani d’impegno politico di cantautori e cantastorie.
Nel 1996 Andrea Valcarenghi dà il via a una nuova serie della rivista Re Nudo, trattando temi come l’ecologia olistica e la ricerca interiore. Tra i collaboratori vi sono Giorgio Gaber, Claudio Rocchi, Franco Bolelli, Michele Serra, Fabrizio De André, Lidia Ravera, Franco Battiato, Barbara Alberti, Gabriele La Porta, Vasco Rossi.
Sulla stessa linea è la casa editrice romana Stampa Alternativa fondata nel 1970, la quale promuove tematiche come la sessualità, le droghe, le energie rinnovabili, viaggi, sulla qualità della vita in genere, trattate in sordina o completamente ignorate dalle istituzioni e dai movimenti che si definiscono rivoluzionari.
Guidata da Marcello Baraghini, personalità autorevole quanto polemica del mondo culturale italiano, si distingue per diverse iniziative provocatorie. Mette in vendita gli opuscoli al prezzo politico di 300-500 lire; diverrà storicamente nota per il lancio alla fine degli anni ottanta della collana Millelire, le edizioni supereconomiche che rivoluzioneranno il mercato editoriale italiano. Pur avendo cessato la produzione, i Millelire continuano ad essere venduti nelle strade e nelle piazze, ora riproposti in e-book liberamente scaricabili. Per continuare nel 2007 con i I Bianciardini, venduti alla cifra simbolica di un centesimo di euro.
Stampa Alternativa in particolare ha sostenuto Libri puliti, un’importante battaglia culturale per denunciare il dilagante fenomeno dell’editoria a pagamento, che sfruttando il desiderio di notorietà di aspiranti scrittori incassa consistenti somme di denaro promettendo un piano promozionale, che in realtà si traduce in un nulla di fatto.
Marcello Baraghini è ideatore e animatore del Festival Internazionale della Letteratura Resistente, che si svolge ogni anno a settembre nel borgo medioevale di Pitigliano, in provincia di Grosseto. L’edizione del 2008, intitolata Matti chiari è stata dedicata a Franco Basaglia, a cui si deve l’introduzione in Italia della legge 180/78, che portò all’abolizione dei manicomi.
Vi furono altre riviste minori di controcultura e di controinformazione, talvolta nemmeno venivano stampate, che giravano sotto forma di fogli ciclostilati.
L’underground italiano contestava in toto la società borghese entrata in crisi alla fine degli anni Sessanta dopo il decennio del cosiddetto boom economico. Non si riconosceva nelle strutture della sinistra parlamentare ed extraparlamentare, piuttosto si ispirava ai rappresentanti del Beat Generation americana e ai suoi scrittori e poeti come Jack Kerouac e Allen Ginsberg e al Movimento situazionista francese.
Movimento situazionista francese – Movimento che si costituì (1957) in Francia nell’ambito di quel che restava della cultura surrealista. Auspicò la formazione di un fronte rivoluzionario di tutte le tendenze sperimentali che fosse in grado di incidere sugli scenari materiali della vita e di modificare la sensibilità e i comportamenti mediante la costruzione sperimentale di «situazioni», ovvero di momenti di vita collettiva, legati al gioco, alla creatività, agli eventi. Si caratterizzò sempre più come avanguardia direttamente politica, orientata a una critica radicale, in chiave marxista e in polemica con la sinistra istituzionale, della società borghese. Esso anticipò molti dei motivi che sarebbero stati propri della contestazione sessantottesca, in cui i situazionisti furono attivamente impegnati. Dopo una serie di scissioni ed esclusioni, il movimento si sciolse nel 1972.
(Dizionario di Storia Treccani)
La forte ondata sessantottina di agitazioni operaie e studentesche investì alcuni Paesi occidentali, innescando una grave crisi politica.
In termini generali è possibile differenziare il Movimento del ‘77 in due tendenze, anche se spesso esse si intrecciarono:
la prima era spontanea e creativa, sensibile al discorso femminista, ironica e irriverente, incline a creare strutture alternative piuttosto che a sfidare quelle del potere. Gli ‘indiani metropolitani’ con il loro abbigliamento e la loro faccia dipinta simbolo del rifiuto della società industriale ne erano i rappresentanti più vivaci. Dalla metà degli anni Settanta, i giovani del movimento iniziarono a radunarsi al parco Lambro a Milano, alla grande festa del proletariato giovanile organizzata da Re Nudo, definita da molti la versione italiana del Festival di Woodstock.
La seconda tendenza autonoma e militarista intendeva valorizzare la cultura della violenza degli anni precedenti e organizzare i nuovi soggetti sociali per una battaglia contro lo Stato. Questa strategia venne espressamente teorizzate e praticata dai gruppi di autonomia organizzata che comprendevano al proprio interno intellettuali ed ex leader di Potere operaio come Toni Negri e Oreste Scalzone.
La protesta giovanile e studentesca si fece espressione di una palese rottura che si era venuta a creare col Partito Comunista Italiano, propenso a realizzare il compromesso storico e accusato di essere passato politicamente dall’opposizione di classe al potere borghese.
Nel febbraio 1977 Luciano Lama, segretario nazionale CGIL in occasione del comizio all’Università La Sapienza di Roma venne duramente contestato dal movimento studentesco, costringendolo a interrompere il suo intervento e ad abbandonare l’università.
Un mese dopo all’Università di Bologna si tenne un’assemblea di Comunione e Liberazione, movimento laico di ispirazione cattolica, che venne a sua volta interrotta da una contestazione degli studenti di sinistra. Scoppiati gli scontri con il servizio d’ordine del sindacato, il rettore chiese l’intervento delle forze dell’ordine che, come spesso accadeva in quegli anni, caricarono gli studenti per disperderli ma un colpo d’arma da fuoco colpì a morte Francesco Lorusso, militante di Lotta Continua.
Il fatto scatenò una serie di manifestazioni di protesta non solo a Bologna ma in tutte le principali città italiane. A Bologna la situazione divenne così preoccupante che le strade furono pattugliate dai mezzi blindati. La città, orgoglio e gioia dei comunisti, celebrata dappertutto come una delle meglio amministrate d’Europa, attenta più alla qualità che alla quantità, era improvvisamente diventata un campo di battaglia.
Nel settembre del 1977 fu organizzato a Bologna un Convegno nazionale contro la repressione in Italia. Decine di migliaia di giovani invasero la città per tre giorni. Si formarono dei gruppi di lavoro in varie sedi come i locali dell’Università, ma anche nei cinema e nello stesso palazzo comunale; la città si trasformò in un palcoscenico per iniziative spontanee a cui parteciparono gruppi teatrali e musicali, con la presenza di importanti figure della cultura italiana come Dario Fo e Franca Rame il cui spettacolo concluse i tre giorni del convegno.
La manifestazione si svolse fortunatamente senza incidenti.
Il tentativo di mettere insieme le varie anime non andò in porto e la parte autonoma e militarista prese il sopravvento su quella spontanea e creativa, ponendosi alla guida dell’intero movimento.