La volpe e i grappoli d’uva

In un bel giorno di sole una volpe si svegliò molto affamata. Contemplando la campagna intorno pensò che in un giorno così bello, in cui tutto brillava, i conigli sarebbero certamente usciti dalle loro tane. Così decise di andare a caccia, arte in cui ella si riteneva molto esperta.
Ma i conigli del luogo conoscevano molto bene la volpe e le sue intenzioni. Vedendola avvicinarsi, lesti lesti si allontanarono restando all’erta tra l’erba. Alcuni giovani conigli non rinunciarono a divertirsi un po’ facendola correre a più non posso. La volpe credeva di poterli raggiungere, ma le agili bestioline le sfuggivano in continuazione. Finchè arrivò il momento in cui ella, sfinita, esclamò: «Basta così! E poi, bleah! I conigli non mi piacciono nemmeno!»

Ritornando alla sua tana alquanto infastidita e indebolita dalla fame, passò accanto a un vitigno da cui pendevano dei bei grappoli d’uva dorata dal sole.
Si fermò guardandosi bene intorno, certa che nessuno la vedesse balzò in alto per afferrare un grappolo, ma non ci riuscì. Provò ancora. Ma quei grappoli non volevano proprio lasciarsi prendere – pensò fra sè e sè la Volpe – erano troppo in alto!
Stremata dallo sforzo, alla fine ella esclamò: «Bah! Non è ancora matura, non mi piace l’uva acerba!»  

Morale: trovare sempre una scusa o accusare le circostanze, equivale a non affrontare i problemi e a non trovare soluzioni.

Questo racconto sì ispira a “La volpe e l’uva”, una delle più celebri favole attribuite a Esopo.
Da essa deriva anche il proverbio: “Fare come la volpe con l’uva”, cioè reagire a una sconfitta sostenendo di non aver mai voluto ciò che si desiderava, anziché ammettere i propri errori o i propri limiti. La reazione dell’animale è considerata una forma esemplare di razionalizzazione in psicologia e di dissonanza cognitiva in psicologia sociale.

L’UVA


Canestra di frutta, opera del 1596 di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio

L’uva è sempre stata un simbolo di offerta, di augurio e buona fortuna; una specie di messaggio benigno. Per la graziosa forma del grappolo, la lucente rotondità dei chicchi, il decorativo contrasto con le foglie, l’uva possiede anche un alto valore estetico.

La storia dell’uva è antichissima. Sembra che i primi a coltivare sistematicamente la vite fossero i semiti della Mesopotamia. In Iran, Turchia e Armenia sovietica sono stati rinvenuti orci contenenti tracce di vino che datano da quattromila anni prima della nostra era e testi che documentano l’esistenza, fin da quei tempi, del commercio del vino.
Nella stessa epoca in Egitto si coltivava la vite, e nelle tombe dei più antichi Faraoni sono raffigurati i metodi allora impiegati per la produzione del vino.
In Grecia si venerava Dioniso, divinità della vite, e dalla Tracia, dove la vite iniziò a essere coltivata, la produzione dell’uva si diffuse in tutta la Grecia e nei paesi limitrofi.
La coltivazione della vite fu un elemento importante nella sedentarizzazione dei nomadi: la tribù che piantava la vigna era costretta a rimanere ferma per almeno quattro anni, a costruire dimore solide, a stabilizzarsi.

L’Italia, con la sua forma allungata, soggetta a condizioni di clima diverse e con i suoi svariati terreni, è da sempre una classica terra viticola e la coltivazione della vite è da noi antichissima. Gli etruschi coltivavano la vite accoppiata a piante di alto fusto come pioppi e aceri, ma sembra che non conoscessero la potatura.
Roma concedeva ai suoi legionari le terre conquistate a patto che piantassero le viti; la lunga sequenza vegetativa li avrebbe legati alle nuove terre, l’uva e il vino li avrebbero conquistati a loro volta.
Risale al Medioevo lo sviluppo di alcuni paesi europei grandi produttori di uva: l’Italia, la Francia, la Germania.

La Canestra di frutta del Caravaggio

È un’opera di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, realizzata negli anni della sua giovinezza, datata più precisamente 1596. Si tratta di una natura morta, olio su tela che fu realizzata per il cardinale Federico Borromeo. Oggi è conservata a Milano, presso la Pinacoteca Ambrosiana.
Attraverso una “natura morta”, Caravaggio rappresenta, con dovizia di particolari, un soggetto “umile” che fa parte della realtà quotidiana nella vita dell’uomo, con la sua lucentezza ma anche con le sue ombre e le sue imperfezioni. Più che la perfezione estetica, Caravaggio vuol rappresentare la realtà, che non è statica ma che evolve. Lo sfondo è neutro, l’assenza di uno spazio intorno al soggetto è una caratteristica che lo contraddistingue.

La canestra di frutta è rappresentata sulla banconota da 100.000 lire dedicata a Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, il pittore compare sul retro della banconota. Entrò in circolazione nel 1984 fino a febbraio 2002.

LE VARIETÀ

Le varietà di uva sono moltissime (Malaga, Corinto, Pantelleria, Zibibbo, Sultanina, ecc.), ma la suddivisione commerciale è fra uve da tavola con buccia più spessa e polpa più profumata, e uve da vino.

L’uva come frutto da tavola è molto comune da noi in Italia, ma è molto pregiato nei paesi che non la producono, dove evoca un’idea di lusso e di raffinatezza e fa pensare ai fasti degli antichi banchetti.
Alcune varietà destinate alla vinificazione possono anche essere consumate come uva da tavola e, oltre alle qualità tradizionali si trovano sempre di più sul mercato nuove varietà, alcune delle quali coltivate in serra riscaldata.

L’uva contiene l’80% di acqua ma, dato il suo altissimo tenore di zucchero, è molto calorica (81 calorie per 100 gr). Contiene sali minerali (soprattutto potassio) e vitamine (A, B¹, B², P e PP). La composizione del succo d’uva è per certi versi simile a quella del latte materno (che naturalmente non può sostituire! NdR); le cure disintossicanti a base di uva, peraltro note da sempre, sono da qualche tempo diventate di moda. La buccia dei chicchi, ricca di pectina, è leggermente lassativa.

L’ACQUISTO

L’uva è classificata in tre categorie: extra, prima e seconda, ognuna delle quali comporta un calibro minimo per grappolo. Naturalmente nella categoria extra avrete grappoli di forma perfetta e chicchi senza difetti, ma nessuna garanzia sul sapore, che dipende dal soleggiamento e varia da una stagione all’altra.
L’uva è un frutto delicato: compratela in piccole quantità e manipolatela il meno possibile per evitare di togliere ai chicchi la fine pellicola biancastra che li ricopre e che è segno di qualità. Il trasporto dell’uva pregiata esige precauzioni speciali: ogni grappolo viene avvolto separatamente in carta spiegazzata.

LA CONSERVAZIONE

I romani conservavano l’uva in grandi giare interrate oppure la immergevano nel miele liquido, nel vino o in una soluzione di aceto e salamoia.
Nel frigorifero la potrete conservare fino a cinque giorni se ben disposta in piano. Va tolta dal frigorifero un’ora prima di servirla, per darle il tempo di ritrovare tutta la sua fragranza. Una volta colta, l’uva non matura più: non aspettatevi alcun risultato esponendo al sole l’uva acerba.
Per congelare l’uva staccate i chicchi, eliminate i semi e la buccia se è spessa, mettete i chicchi in recipienti rigidi, copriteli di sciroppo di zucchero fino a 3 cm dal bordo del recipiente e chiudete. Non va utilizzata per fare macedonie, ma sarà invece perfetta per preparare crostate e salse. Utilizzatela senza scongelarla.

Se volete, in una macedonia o un dolce avere un effetto di colore, non sbucciate l’uva nera: i chicchi, una volta pelati, saranno identici a quelli dell’uva bianca.

L’UVA IN CUCINA

In cucina l’uva oltre che nelle preparazioni dolci, è ottima come insaporitore di piatti a base di formaggio, pesci di sapore delicato, volatili e carne di maiale.
Generalmente si usa il succo d’uva in cottura, mentre gli acini interi si uniscono poco prima del termine della cottura per evitare che si disfino. Inutile dire che gli acini dovranno essere in precedenza privati della pelle e dei semi.

Viene utilizzata nella preparazione di numerosi piatti, sia come ingrediente sia nelle salse o come decorazione. In passato si usava metterne nei fumetti per il pesce; ancora oggi alcune ricette classiche, come la sogliola Veronica, contengono uva nella salsa che accompagna il pesce.
Ma l’accostamento più comune è con il pollame e la selvaggina: l’uva mette in risalto il sapore del pollo e del tacchino e alleggerisce le preparazioni a base di fagiano e di pernice. Alcuni chicchi di uva, tagliati in due e privati dei semi, trasformano una semplice farcia a base di pangrattato, cipolla ed erbe aromatiche in un ripieno delicato, ideale per farcire un pollo. Una insalata di crescione e chicchi di uva alla maionese è un contorno perfetto per un pollo freddo.

Servite i chicchi di uva in insalata, conditi con una semplice vinaigrette oppure mescolati con indivia belga, cavolo cinese, cicoria o crescione.
L’uva si sposa particolarmente bene con il formaggio: decorate le torte e le mousse di formaggio con chicchi di uva. Per uno stuzzichino raffinato aprite dei grossi chicchi, eliminate i semi e farciteli con formaggio: potete utilizzare un formaggio erborinato piccante, come per esempio il Roquefort, oppure una miscela di formaggio bianco e paprika, formaggio bianco e olive nere tritate fini o parmigiano grattugiato e panna montata.

Una ricetta che arriva dai romani e che non è invecchiata: fate rapprendere piccoli grappoli di uva in una gelatina al vino e limone, in piccoli stampi scanalati. I sorbetti e i gelati di uva profumati con kirsch o marsala sono eccellenti e rinfrescanti.
Mescolate i chicchi di uva con dadini di melone, fettine di kiwi e prugne tagliate in quattro: otterrete una macedonia originale. Un’altra macedonia eccellente: fichi tritati, palline di melone, more e chicchi di uva nera non sbucciati.
Preparate anche crostate o flan coperti di chicchi di uva bianca e di uva nera alternati, disposti in cerchio. Per una crostata rustica, coprite uno strato di chicchi di uva con uno strato di crema.

Decorare con l’uva

Uva brinata: separate l’uva in grappoletti di due o tre chicchi secondo la qualità, privateli dei semi e immergeteli in albume leggermente sbattuto; scuoteteli e passateli nello zucchero. Posateli su carta pergamenata e lasciateli asciugare per due ore in un posto caldo e asciutto.

Uva glassata: immergete i piccoli grappoli in una miscela di zucchero a velo e succo di limone e fateli asciugare in barchette di carta.

Uva-sorpresa: appiattite della pasta di mandorle con un mattarello per farne una sfoglia sottile. Tagliate dei dischetti e avvolgete i chicchi di uva bianca o nera con i dischetti di pasta. Potete anche incidere e privare dei semi i chicchi e farcirli con un pezzetto di pasta di mandorle che avrete prima ricoperto di mandorle in scaglie.

E infine, non senza importanza in cucina, l’uva passa che viene prodotta in Grecia, in Spagna, negli Stati Uniti, in Australia, in Turchia e in Sudafrica. In cucina trova ampio impiego, utile per dare un sapore delicatamente dolce alle preparazioni salate e indispensabile in moltissimi dolci tradizionali.

Si possono distinguere due una varietà: una chiamata uvetta, ha chicchi più piccoli e neri ed è ricavata dal Corinto Nero (Vitis apyrena L.), e una a chicchi più grandi e dorati chiamata uva sultanina che proviene dalla Vitis vinifera. Questo tipo di uva deve essere sempre fatto ammorbidire in precedenza tenendolo a bagno in acqua tiepida per circa un’ora.

L’uva passa può entrare nella composizione del muesli insieme a fiocchi d’avena, altri cereali e frutta secca a cui va aggiunto latte o yogurt e adatto per la prima colazione o per una cena leggera.

Testi di riferimento:
I tuoi menù – Idea Donna, I.G.D.A. Novara 1987
Io in cucina – Marshall Cavendish, Mepe 1988

Il muesli

Il consumo di muesli è molto diffuso nella Svizzera tedesca dove ha avuto origine con il nome Birchermüesli, poichè ad idearlo è stato Maximilian Bircher-Benner di Zurigo, dottore, dietologo e pioniere della scienza della nutrizione. Pare che all’inizio fosse consumato essenzialmente da vegetariani, ma che poi ha riscontrato un più ampio gradimento tanto da uscire dai negozi specializzati ed essere disponibile anche nei supermercati.

Su Wikipedia viene riportata la ricetta originale del dottor Bircher (Il libro della salute Bircher – Benner, Mondadori, 1981) per una persona:

• mettere a mollo un cucchiaio di fiocchi d’avena in 3 cucchiai di acqua fredda;
• aggiungere un cucchiaio di succo di limone e un cucchiaio di latte condensato zuccherato;
• mescolare con 200 g di mele grattugiate (buccia e semi inclusi);
spolverare con un cucchiaio di nocciole o mandorle in polvere.

La parola Müesli è diminutivo in lingua alemannica di Mues che vuol dire “purea” o “mescolamento”. Il nome Birchermüesli è riservato solo al piatto contenente i 4 ingredienti fondamentali: fiocchi d’avena, latte, succo di limone e mela grattugiata.

L’uva passa è un ingrediente indispensabile nella preparazione di un dolce tipicamente vicentino: la “torta putana o fugassa” la cui origine viene raccontata con un simpatico aneddoto.

Si racconta che negli anni del dopoguerra in piazza delle Erbe a Vicenza, un noto ristoratore creò una torta simile al “Macafame”, dolce povero della cucina vicentina, al quale non aveva ancora dato un nome.
Una sera nel suo ristorante stava cenando un assiduo frequentatore, un distinto signore piuttosto taciturno sempre
vestito elegantemente di scuro. Improvvisamente venne a mancare la luce, cosa che accadeva sovente a quel tempo, ed essendo nel mese di novembre fuori faceva già buio. Il locale così piombò nell’oscurità più completa. Nel mentre si sentì un gran fracasso di piatti rotti. Un cameriere che stava entrando in sala era inciampato e il piatto con la torta che stava sul vassoio era volato via.
Al riapparire della luce si poté vedere che la fetta di dolce incredibilmente si era andata a posare, intatta, sul piatto del distinto signore, che per la sorpresa in dialetto vicentino esclamò: «La putàna!» Forse era l’unica parola sconveniente che avesse mai pronunciato in vita sua…
«Ecco! – esclamò il ristoratore con un grande sorriso – ecco il nome per la mia torta!» 😉

ANTICHE RICETTE:

La torta putana, detta anche fugassa, a base di latte caldo e pane raffermo ha allietato spesso le merende della mia infanzia. Dai racconti di mia madre appresi che nel secolo scorso, quando le risorse in famiglia erano scarse, veniva preparato questo dolce perché saziava assai.

Ingredienti:

1 litro di latte caldo
pane raffermo sbriciolato (4-5 rosette o zoccoletti)
1 uovo
6 cucchiai rasi di zucchero
250 gr di uva sultanina
2 pugni di farina bianca
1/2 bustina di lievito
1 mela a pezzettini
mezzo bicchierino di grappa
sale

Preparazione:

Unire al latte caldo il pane grattugiato e lasciarlo ammollare per qualche ora finché diventa freddo.
Setacciare la farina bianca e insieme al lievito unirla all’impasto freddo.
Aggiungere in sequenza l’uovo, lo zucchero, l’uvetta, la mela, la grappa e un pizzico di sale. Mescolare bene.
Imburrare la pentola forno Versilia e passare del pangrattato.
Versare quindi l’impasto e terminare spargendo del pangrattato anche sulla superficie.
Cuocere 1 ora a fuoco basso.
Una volta raffreddata spolverizzare con zucchero a velo.

Si può mangiare calda, ma a me piace moltissimo fredda, specie nel periodo estivo.

Nelle famiglie contadine si usava aggiungere ciccioli di maiale nel periodo in cui si macellava il maiale, per renderla più gustosa e nutriente.
C’era invece chi si usava la farina di mais o chi aggiungeva più uova, a volte le mele erano sostituite dai fichi, e la torta veniva cotta sotto la brace.
La ricetta di questa torta che è tipicamente vicentina, infatti, varia da zona a zona.

Leda

Il vino, poesia della terra


Uva uva – Toni Santagata (1975)

 

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