FORMAGGI A PASTA COTTA E SEMICOTTA

I formaggi cotti e semicotti prodotti i Italia appartengono alle paste pressate. I più conosciuti sono l’Emmental, il Grana, la Fontina, l’Asiago, il Pecorino romano. Ottimi da gustare a tavola si prestano anche a entrare nelle più svariate ricette.

Pur diversificandosi gli uni dagli altri per una propria specificità, questi formaggi presentano elementi comuni soprattutto rispetto al metodo di lavorazione.
Un elemento di differenziazione è dato dalla temperatura di cottura: più elevata nei formaggi cotti come l’Emmental o il Grana, rispetto ai semicotti come la Fontina, l’Asiago, il Montasio, ecc.
Tra i formaggi cotti e semicotti si trovano tipi da taglio, che in genere va consumato entro 6 mesi dalla produzione, e da grattugia, che richiede un tempo di stagionatura è molto superiore.

ZONE DI PRODUZIONE E CARATTERISTICHE

L’Emmental: è un formaggio semigrasso, a pasta dura, cotta, pressata e di sapore spiccato. La forma è cilindrica e di notevoli dimensioni. La pasta gillastra, ottenuta dal solo latte di mucca, presenta innumerevoli e grosse occhiature.
Ha le sue origini in Svizzera (prende infatti il nome dalla vallata omonima) risalenti al XIII secolo, mentre in Italia le prime lavorazioni compaiono in Lombardia alla fine dell’Ottocento. La produzione è diffusa in quasi tutta Europa e nell’America del Nord. Accanto a quello svizzero, la cui produzione è controllata da un apposito ufficio federale, ci sono quindi formaggi Emmental danesi, francesi, bavaresi, austriaci, finlandesi, ecc.
Qualitativamente ottimo ma con quotazioni di mercato inferiori a quello originario, è l’emmental italiano chiamato anche ‘svizzero’ o ‘gruviera’.


E proprio di gruviera è ghiotto Topo Gigio, la famosa marionetta che ha allietato molte generazioni di italiani. Un topo campagnolo che si caratterizza per la sua semplicità e sincerità diretta, privo di artifizi e fiducioso verso gli adulti, come solo i bambini sanno essere. «Il ritratto del candore, della fiducia in un mondo flagellato dai pericoli e dalle paure» così pare lo abbia definito la sua creatrice in un’intervista.

Paure che per topo Gigio sono rappresentate dal gatto Attila, e che impara a mitigare attraverso la saggezza degli adulti, espressa anche attraverso i proverbi che Nonno Teodoro gli ha insegnato. Curioso, chiede sempre consigli e rassicurazioni agli adulti (anche se poi fa sempre a modo suo…), esprime meraviglia o nasconde l’imbarazzo con il suo «Ma cosa mi dici mai!»

Non manca certo del senso dell’umorismo e del bisogno di coccole… specie da parte delle belle donne dello spettacolo presenti nelle trasmissioni in cui appare, e al cui fascino non sa resistere azzardando anche qualche complimento galante.

 

 

Topo Gigio nasce per la televisione italiana nel 1959, creatrice della marionetta è Maria Perego che ha lavorato a Roma e a Venezia nel teatro di figura e collaborato con la Rai.
Era tempo di innovazione in Italia, con la televisione e il cinema di animazione, la sua prima apparizione avviene nella trasmissione Alta Fedeltà con la voce di Domenico Modugno.

Il celebre pupazzo riscosse notevole successo a livello nazionale ed internazionale, a cui contribuirono fattivamente anche il marito Federico Caldura, il regista e autore Guido Stagnaro e Peppino Mazzullo, la voce storica di Topo Gigio. In seguito a prestare la voce sarà Davide Garbolino e dal 2010 Leo Valli.

Nel tempo Topo Gigio partecipa a moltissime trasmissioni dedicate sia agli adulti che ai bambini che lo adorano. In particolare diventa spalla fissa di Cino Tortorella nello Zecchino d’Oro e nel 1974 presenta Canzonissima accanto a Raffaella Carrà.


Il Grana: è un formaggio semigrasso, duro, a pasta cotta, di lunga conservazione. È fabbricato in forme cilindriche che stagionano per non meno di un anno.
Si ottine da latte parzialmente scremato e ha, quindi, un contenuto di grassi inferiore a quello della maggior parte dei formaggi. In compenso il suo valore nutritivo è notevole per l’elevato contenuto in proteine e sali minerali.
È un formaggio pregiato, uno tra i più famosi e più antichi formaggi italiani. Sembra si sia cominciato a fabbricarlo più di mille anni fa nella zona vicino a Reggio Emilia che fino al 1830 ha fatto parte della diocesi di Parma.

Sotto la denominazione Grana si comprendono in realtà due varietà di formaggio: il Grana tipico o Parmigiano-reggiano prodotto nelle province di Reggio Emilia, Parma, Modena, Mantova e Bologna, e il Grana Padano prodotto nelle province limitrofe o più lontane a nord del Po. È senza dubbio uno dei formaggi più apprezzati a tavola, dal gusto inimitabile, è quello che dà l’accento a gran parte della gastronomia italiana.

Asiago: formaggio semigrasso a pasta dura semicotta è prodotta tradizionalmente dal latte di mucca di due mungiture, di cui una sola scremata, o di una sola mungitura parzialmente scremata.
La produzione di Asiago è tipica dell’Altopiano dei Sette Comuni, nei numerosi caseifici e, solo in estate, nelle caratteristiche malghe che per numero ed estensione rappresentano il più importante sistema d’alpeggio dell’intero arco alpino. Altre zone di produzione sono le province di Vicenza, Trento e parti confinanti della fascia pedemontana di Padova e Treviso.

Pecorino romano e sardo: formaggio semigrasso, a pasta dura, cotta, prodotto esclusivamente con il latte di pecora fresco intero: le zone di produzione sono nelle province di Cagliari, Frosinone, Latina, Nuoro, Roma, Sassari e Viterbo.

Come regola generale questi formaggi cotti e semicotti di grande pezzatura devono raggiungere un livello di maturazione che va dai sei mesi per i formaggi da taglio, a più di un anno (minimo) per quelli da grattugia.

I FORMAGGI ERBORINATI

Meno noti, questi formaggi hanno comunque un gusto ben definito e caratteristico. Ne esistono di diversi tipi, anche se non molto diffusi in Italia, che si possono utilizzare per molte preparazioni, più di quante si possano immaginare.

La Francia è certamente il paese produttore per eccellenza di questo tipo di formaggi, di cui il Roquefort è il più diffuso, famoso quanto il Camembert. La sua storia è secolare: già nel 1407 venne emessa un’ordinanza di Carlo VI che ne tutelava il nome e nel Seicento il parlamento di Tolosa punì il commercio di un falso roquefort. Da qui nacque il suo marchio.
In Francia esistono molti altri ottimi formaggi di questo tipo, detti comunemente bleu, come quello di Bresse e di Sassenage, di Laqueuille, della Corsica, dell’Auvergne, di Ambert, delle Causses e dell’Alto Giura.

Dopo un breve tempo di stagionatura, vengono macinati, salati, inseminati di penicillium glaucum e infine messi in piccole forme, tonde o cilindriche. I fermenti utilizzati provengono dalle muffe prodotte dal pane di segale e di frumento polverizzate. L’aria che penetra nella pasta del formaggio produce delle muffe interne che danno luogo alle venature blu-verdastre o verdi che devono essere ben distribuite in tutto il formaggio e di colore omogeneo.
La crosta crepata, la pasta grigiastra o che trasuda, possono indicare che il formaggio non è di taglio fresco o che non è stato conservato in luogo adatto. Ovviamente, l’odore di ammoniaca è sospetto.

Un breve elenco:

Roquefort – prodotto con latte di pecora intero e crudo nella zona d’origine che va dalla vallata del Lotalle alle regioni montagnose dell’Hérault, da nord a sud, e dalle propaggini delle Cévennes alla montagna Nera, da est a ovest. La stagionatura avviene esclusivamente nelle cantine di Roquefort dove esistono solo una quindicina di esperti stagionatori.
Il formaggio viene venduto in piccole forme cilindriche ricoperte con un foglio di alluminio, anche a fette o in vaschette preconfezionate. Il prezzo è mediamente abbastanza alto, giustificato dal fatto che viene prodotto esclusivamente con latte di pecora e che per ottenere un chilo di formaggio occorrono ben 4 litri di latte.
In cucina viene utilizzato per preparazioni raffinate: salse calde e fredde, burri composti, ma anche gratin, sfogliate e soufflé.
Bleu d’Auvergne – fatto con latte vaccino intero questo formaggio viene stagionato, in base al formato, da due a quattro settimane. La pasta è abbastanza morbida e non si sbriciola, ma tende a diventare più compatta invecchiando. Viene prodotto nelle zone del Cantal, della Lozère e dell’Alta Loira, in una parte dell’Aveyron, della Corrèze e del Puyde-Dôme.  Venduto in cilindri o in forme rettangolari, lo si riconosce facilmente dall’etichetta arancione stampigliata sulla confezione.
In cucina viene utilizzato come il roquefort.
Fourme d’Ambert, o fourme di Montbrison – la pasta è soffice e cremosa, mediamente erborinata, dal gusto dolce molto gradevole e con una crosta grigia molto sottile cosparsa di piccole muffe di colore dal bianco al rosso.
Una volta veniva prodotto solo artigianalmente, ma ora è entrato nell’industria casearia. È molto simile al bleu d’Auvergne e venduto in piccole forme cilindriche, viene tagliato a fette nella regione di produzione, mentre in genere lo si acquista tagliato in spicchi.
Bleu delle Causses – la pasta dal colore avorio d’inverno e più giallo d’estate, con un’erborinatura irregolare, è leggermente piccante. Prodotto con latte vaccino intero e crudo nell’Aveyron, nella Lozère, nell’Hérault, nel Gard e nel Lot, subisce una stagionatura che può durare fino a sei mesi. Le forme sono in genere piccoli cilindri piatti. Per la sua produzione limitata, non è facilmente reperibile.
Bleu dell’Alto Giura – è chiamato anche bleu de Gex, la pasta è bianca, con venature leggere e regolari, soffice e appena friabile, di sapore dolce. È prodotto artigianalmente con latte vaccino intero cruso e stagionato i cantine poco umide per peiosi che variano da uno a tre mesi circa.
È un formaggio poco conosciuto, data la sua produzione molto limitata. Si trova anche un bleu prodotto a Septmoncel, da cui prende il nome, che è come quello dell’Alta Giura. Lo si trova in forme con superficie convessa e una crosta sottile e ascitta, giallastra, a volte leggermente crepata, con il marchio “Gex”. È difficile trovarlo in zone che non siano quelle di produzione o comunque limitrofe, come Lione, Saint-Etienne e Grenoble.

Altri erborinati francesi, pur non essendo di origine controllata come quelli sopra descritti, stanno diventando sempre più diffusi, come il bleu di Bresse, o l’eccellente bleu prodotto nel Delfinato, quello di Sassenage difficile da reperire anche in Francia.

Erborinati italiani – Benchè l’unico erborinato italiano, il gorgonzola è conosciuto in tutto il mondo ed è molto apprezzato dai buongustai.
È un formaggio grasso, a pasta cruda, chiara, leggermente paglierina, cremosa ma consistente e non lattiginosa. È un formaggio che si ottiene da latte vaccino crudo in cui viene inseminato un bacterio, penicillium, che da origine alle tipiche venature verdastre che lo rendono molto saporito.
Richiede una stagionatura che va dai tre ai sei mesi. Le forme di gorgonzola prima di essere messe in commercio vengono tagliate e ricopertedi stagnola.
Il vero gorgozola ha un gusto piccante, anche se ora sono in commercio alcuni gorgonzola più dolci; il suo profumo deve essere abbastanza intenso e la crosta, rossiccia e ruvida, ricoperta da stagnola.
Ha diritto alla denominazione d’origine solo quello prodotto nelle province di Bergamo, Brescia, Como, Vercelli, Milano, Novara, Pavia, Cremona, Cuneo e nel territorio di Casale Monferrato.

Bleus di Gran Bretagna – i più noti sono il cheshire, che ha pasta di colore giallo intenso con venature blu; e lo stilton a base di latte vaccino e panna, ha pasta soda abbondantemente venata da striature sottili, molto scure, avvolta da una crosta sottile è venduta spesso in terrrine di ceramica che ne assicura una perfetta conservazione. Entrambi hanno un gusto molto forte.

Blues danesi – meno cari di quelli francesi e italiani, sono formaggi cremosi, con larghe vanature e dal gusto fortee piuttosto salato.
In cucina vengono utilizzati mescolati con pannao formaggio fresco nella preparazione di salse.

Un piatto di formaggi da presentare in tavola deve comprendere anche un erborinato.
Utilizzati crudi, i formaggi erborinati si prestano per la preparazione di creme per guarnire tartine, salse per condire insalate o per accompagnare verdure crude, spume per farcire bigné salati, ecc.
Eccellenti anche in preparazioni cotte, come torte salate, quiche, sfogliate, soufflé, crocchette, ecc.
Se vi restano dei pezzetti di formaggio erborinato, recuperateli lavorandoli con burro ammorbidito, liquore e spezie: un modo delizioso per gustare i vostri ‘avanzi’.

Altri formaggi molto diffusi sono:

Brie: formaggio grasso a pasta molle, è uno dei più noti formaggi francesi. È prodotto in forme larghe e piatte con latte vaccino intero; ha la crosta bianca, pasta salata ma di gusto delicato e aroma penetrante.
Camembert: formaggio grasso a pasta molle e cremosa ottenuta da latte vaccino crudo e intero. Il Camembert è prodotto in Normandia in piccole forme rotonde e conservato entro caratteristiche scatolette di legno.
Caciocavallo: formaggio grasso a pasta filata dura, prodotto da latte intero di mucca e modellato in forme tipiche, originario dell’Italia meridionale. (Il nome pare derivi dall’usanza di legare le forme fresche a coppie e di appenderle a “cavallo” di una trave o di un bastone per farle essiccare).
Mascarpone: formaggio molto grasso, tradizionalmente preparato con sola panna freschissima ricavata dal latte munto da non più di otto ore. È una specialità lombarda.
Mozzarella: formaggio tra i più famosi nel mondo, a pasta molle e filata è prodotto con latte vaccino, o di bufala in Campania, Lazio e Puglia.
Provolone: formaggio grasso piccante, a pasta filata dura, modellato con particolari accorgimenti e stagionato in modo caratteristico. Può anche essere affumicato.
Robiola: formaggio a pasta grassa e morbida, viene prodotto co latte intero di vacca ed è una specialità piemontese.

Testi di riferimento:
Tratto da: I tuoi menù – Idea Donna, I.G.D.A. Novara 1987
Tratto da: Io in cucina – Marshall Cavendish, Mepe 1988

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