PALLANUOTO

La pallanuoto o palla a nuoto è uno sport di squadra acquatico nato nel XIX secolo in Inghilterra e in Scozia, le cui regole furono codificate per la prima volta nel 1887 da William Wilson, derivato dal nuoto.

Una partita di pallanuoto vede affrontarsi due squadre, ognuna rappresentata in campo da sette giocatori, chiamati pallanuotisti, che possono essere sostituiti nell’arco della partita per un numero illimitato di volte, tranne nel caso commettano tre falli gravi, nel qual caso, viene decretata una espulsione definitiva con relativo obbligo di sostituzione. Nuotando in uno specchio d’acqua gli atleti devono scagliare con le mani un pallone (vige per tutto l’incontro, tranne che per il portiere, l’obbligo di toccare la palla obbligatoriamente con una mano sola) il maggior numero di volte possibile nella porta avversaria. Ogni volta che ciò avviene si effettua un punto (detto gol o rete). Al termine dei quattro tempi di gioco la squadra con il maggior numero di punti è proclamata vincitrice.


TUFFI

Nei tuffi, a seconda della specialità, l’atleta salta da un trampolino o da una piattaforma poste a una determinata altezza, eseguendo una serie di acrobazie per poi raggiungere l’acqua. I tuffi sono uno sport olimpico dal 1904.

Il trampolino è una tavola lunga e flessibile, che si piega quando il tuffatore salta ripetutamente alla sua estremità, guadagnando così altezza e velocità nell’eseguire il tuffo.
La piattaforma invece è rigida e posta a grande altezza.
Nelle principali competizioni esistono gare di trampolino a due altezze differenti (1 e 3 metri), e una gara di piattaforma a 10 metri.

Anche se non è uno sport molto praticato, agonisticamente è uno dei più popolari tra gli sport Olimpici per via della sua spettacolarità, attraendo un gran numero di spettatori. Tra gli anni Sessanta e Settanta due grandi tuffatori italiani, Klaus Dibiasi e Giorgio Cagnotto, amici e allo stesso tempo rivali hanno dato molto lustro, appassionando molti,  a questo sport.

Gli atleti di successo possiedono molte delle caratteristiche comuni anche ai ginnasti, tra cui: forza, flessibilità e agilità.
I tuffatori eseguono diverse acrobazie durante il tuffo, compresi salti mortali e avvitamenti con varie orientazioni e diverse posizioni di partenza, con o senza rincorsa (nella piattaforma si può partire anche da una posizione verticale capovolta nella quale l’atleta si regge sulle mani). Essi vengono giudicati in base al completamento di tutti gli aspetti del tuffo, alla conformità dei movimenti del corpo, e a quelli dichiarati prima dell’esecuzione del tuffo, e alla quantità di spruzzi sollevati dall’entrata in acqua (meno sono più il punteggio è elevato). Il punteggio ottenuto viene quindi moltiplicato per un coefficiente di difficoltà, derivato dal numero di movimenti previsti dal tuffo. Il tuffatore con il punteggio totale più alto, dopo una numero determinato di tuffi (di solito sei nelle competizioni principali), viene nominato vincitore.

I tuffi sincronizzati sono entrati nel programma olimpico nel 2000.

In questo evento, due tuffatori che formano una squadra tentano di eseguire contemporaneamente lo stesso tuffo. Questo costituisce una difficoltà ma anche uno spettacolo notevoli e richiede ai due compagni un grande livello di coordinazione. Il movimento viene valutato in base alla singola esecuzione del tuffo da parte di ogni atleta ed alla sincronizzazione fra i due.

Fuori dal programma olimpico esiste un circuito dei “tuffi dalle grandi altezze”, nei quali gli atleti (spesso tuffatori professionisti, ma anche ex-acrobati) si lanciano da altezze che variano dai 20 ai 30 metri, in genere da piattaforme artificiali montate a strapiombo su laghi e fiumi o direttamente in mare; famosa era la prova che si svolgeva dal ponte Mostar, nella ex-Jugoslavia. Data la pericolosità, gli atleti effettuano solo 3 salti complessivi, con un giudizio che per ogni tuffo è simile a quello utilizzato dagli arbitri dei tuffi olimpici.


NUOTO SINCRONIZZATO

EPA/PATRICK B. KRAEMER

Il nuoto sincronizzato è uno sport acquatico nato nei primi anni del XX secolo derivato dal nuoto, dalla ginnastica e dalla danza, alle origini era noto anche come balletto acquatico.
Esso consiste nell’eseguire esercizi coreografici in acqua a tempo di musica. Le atlete, comunemente chiamate sincronette, riescono a sentire la musica anche sott’acqua grazie ad un apparecchio chiamato “subacqueo” che trasmette la musica sotto il livello dell’acqua.
Le mosse si contano usando gli 8 tempi, contando fino a otto, per sincronizzarsi.
Il nuoto sincronizzato richiede capacità acquatiche, forza, resistenza, flessibilità, grazia, abilità artistica, un’esatta coordinazione dei tempi e controllo della respirazione.
Le competizioni possono essere singolo, doppio, squadra e combinato.

Disciplina Olimpica a partire dai Giochi di Los Angeles 1984, il nuoto sincronizzato riserva in genere competizioni internazionali unicamente femminili. Il titolo di prima ballerina subacquea viene riconosciuto a Annette Kellerman, nuotatrice australiana che nel 1907 si esibì al New York Hippodrome in una vasca di vetro. Pochi anni più tardi, nel 1915, Katherine Curtis elaborò delle acrobazie da eseguire in acqua, fondando anche un club di danzatrici acquatiche.
In altre competizioni internazionali o nazionali sono ammessi anche gli uomini. In Canada e negli Stati Uniti, per esempio, le competizioni sono miste, e gli uomini gareggiano assieme alle donne.
L’attività agonistica nazionale Italiana è regolata dalla Federazione Italiana Nuoto (FIN)

IL NUOTO IN ACQUE LIBERE

Nella notte del 16 agosto 1817 Giovanni Maria Salati, prigioniero di guerra in un “pontone” inglese a Dover, si gettò in acqua lasciandosi alle spalle le Bianche Scogliere e nuotò verso la Francia e verso la libertà.
Quello che possiamo considerare il “capo storico” dei nuotatori italiani oltre che il primo uomo al mondo ad attraversare la Manica a nuoto dava così precisa identità alla figura del fondista e del maratoneta. Uomini e donne cioè, che poi si cimenteranno in imprese, sportivamente parlando, quasi impossibili: nuotare per decine di chilometri in acque aperte dei più svariati mari (dai Carabi al Mar del Plata) oppure seguendo la corrente dei grandi fiumi (Rio delle Amazzoni, Ontario, Paranà) per finire con le classiche mondiali ( Capri-Napoli, traversata del Canale di Suez, del Gran Mare a Bahia e la Ponza-S. Felice).

Tra i Rari nantes in gurgite vasto (Rari nuotatori (sparsi) nel vasto gorgo) “il più grande fondista d’acque aperte e gelide” fu Gianni Gambi (che gli inglesi chiameranno “the swimming Nurmi” e “the Italian express”) autore di memorabili performances in ogni parte del Mondo e che nel 1948 traverserò la Manica in 12h e 46′: impresa che, come quella iniziale di Salati, però non sarà riconosciuta dall’associazione del Canale.

Attività questa del fondo e del gran fondo che in Italia era ufficialmente accettata, ma per un luttuoso episodio in una traversata di un grande lago italiano agli inizi degli anni ’50, la Federnuoto decise di abbandonare questo tipo di competizione. Soltanto nel 1985 la FIN riaccettò i maratoneti tra i propri tesserati riconoscendone l’alto contenuto spettacolare di un’attività che promuoveva in modo nuovo ed “eroico” la figura dell’atleta nuotatore. Una disciplina che porterà tanti successi al nuoto italiano.

IL NUOTO PER SALVAMENTO

Il Salvamento in Italia nasce ufficialmente il 28 settembre 1899 nel palazzo comunale di Ancona sotto la spinta determinante di Arturo Passerini con il nome di Società Italiana di Salvamento (SIS) “Natatorium” e con lo scopo di “divulgare con la pratica del Nuoto, l’addestramento al salvamento e al pronto soccorso asfittici, e incrementare la costruzione di piscine natatorie”.
La Società Italiana di Salvamento e le sue sezioni (si erano formate quelle di Ascoli, Palermo, Napoli, Torino, Milano, Roma, Viareggio, Castellamare di Stabia, Bari e Pizzo Calabro) si distinsero per un’intensa attività educativa basata sull’insegnamento dei movimenti di nuoto, di corsi di salvamento e di pronto soccorso per asfittici. Programma di base che fu adottato dalle Forze Armate e le cui finalità, sia pure con gli ovvi adattamenti temporali, sono perseguite ancora oggi. I corsi terminavano normalmente con delle competizioni (antesignane, quindi, delle gare moderne) e con saggi di abilità natatoria, di salvamento e di pronto soccorso.

Nel 1960 a livello nazionale è stato riconosciuto il brevetto di Assistente Bagnanti marino della FIN Sez. Salvamento quale titolo valido a disimpegnare l’attività di bagnino di salvataggio nell’ambito degli stabilimenti balneari marini. Si è registrato così nel tempo un decremento dei casi di annegamento.

I risultati ottenuti dall’Italia, nel campo della sicurezza della vita in acqua, sono oggi esempio positivo e modello da seguire per le altre associazioni mondiali che operano nel salvamento.

In effetti l’Assistente Bagnanti ritengo sia una figura di riferimento molto importante, e in molte realtà oggi esiste (anche nelle spiagge libere) un coordinamento e una rete di collegamento via radio davvero efficiente, ed è ammirevole la passione con cui è condotta. Il mare come la montagna, nella sua bellezza cela anche dei pericoli che spesso vengono sottovalutati dai bagnanti, i quali non si rendono conto che mettono in pericolo la loro vita, ma anche quella di chi li soccorre. A volte si creano davvero delle situazioni in cui l’Assistente Bagnanti risulta un vero e proprio eroe, che per quanto addestrato, affronta comunque un’imprevedibilità, che non si sa mai come va a finire, mettendo a repentaglio con coraggio la propria vita per gli altri.
Per quanto riguarda la piscina il bagnino ha una grossa responsabilità, quando c’è il pienone non è facile supervisionare tutti. Anche qui occorre prudenza e collaborazione, soprattutto se si tratta di bambini in acqua.

NUOTO E DISABILITÀ

Secondo il principio di Archimede, un corpo immerso in acqua riceve una spinta verticale dal basso verso l’alto. Partendo da questo assunto possiamo affermare che: “L’acqua ci sostiene in modo naturale”.

L’acqua porta con sé una ricchezza naturale. L’esperienza che si può fare immersi nell’acqua è un’esperienza di tipo “globale” sollecitando non solo la sfera psicologica, ma anche quella sensoriale, motoria, cognitiva, sociale. Queste ricchezza di elementi rende l’ambiente acquatico particolarmente favorevole allo svolgimento di attività ludiche e riabilitative anche con i bambini disabili.

L’ambiente acquatico è sicuramente molto indicato nello svolgimento di un’attività motoria in varie tipologie di disabilità, sia per un generico mantenimento delle funzioni motorie, sia come completamento e supporto a fini espressamente terapeutici.
In caso di paraplegia, oltre ai benefici fisiologici, l’acqua offre a queste persone la possibilità di movimento, permettendo loro di acquistare autonomia. Il soggetto può infatti imparare a spostarsi in acqua e a nuotare da solo.

Per coloro che sono affetti da distrofia muscolare, ma anche da atrofia muscolare, il sostegno dell’acqua permette maggiori possibilità di movimento. Il nuoto inoltre rappresenta anche un’occasione di svago e, a volte, di affermazione sociale, come dimostrano molti esempi alle paraolimpiadi.

Le persone non vedenti in acqua riescono a sviluppare maggiormente la loro capacità di orientamento e stimolare maggiormente i propriocettori e i recettori tattili di tutto il corpo. La piscina rappresenta per loro un ambiente circoscritto.
I bambini non vedenti dalla nascita, in acqua possono recuperare numerose esperienze motorie ed hanno stimoli significativi verso l’autonomia.

Il nuoto risulta essere molto adatto anche per i non udenti. In piscina il canale che prevale maggiormente è la comunicazione non verbale, l’istruttore, infatti, normalmente dà poche indicazioni orali e tende maggiormente a mimare gli esercizi.

Grande successo sta riscuotendo l’utilizzo del nuoto con ragazzi autistici o con disturbi generalizzati dello sviluppo. L’acqua facilita il mantenimento dell’attenzione condivisa e congiunta, offre loro intense stimolazioni sensoriali; facilita la gestione degli aspetti emotivi offrendo contenimento emotivo e la gestione dei disturbi comportamentali (aggressività, stereotipie) e stimola altri aspetti psicomotori.

E’ partendo da queste considerazioni che è nata la Terapia Multisistemica in Acqua (TMA) di Giovanni Caputo, Giovanni Ippolito e Paolo Maietta (2008).
Frutto di più di sedici anni di esperienza, è una terapia adatta a bambini con autismo, disturbi pervasivi dello sviluppo e altre patologie della relazione. E’ interessante vedere come il bambino, inizialmente chiuso nel suo mondo, attraverso la TMA e la relazione significativa che instaura con il terapista, inizi a modificare i suoi schemi comportamentali disfunzionali, rompendo la “bolla” che lo circonda e lo isola.

Dr.ssa Grazia Maggio psicologa e psicoterapeuta

Estratto dall’interessante articolo: Nuoto e Disabilità: benefici fisiologici, relazionali, affettivi e sociali.

FITNESS IN ACQUA

L’acqua come terapia è nota fin dai tempi antichi, Greci e Romani ben conoscevano le proprietà terapeutiche e benefiche delle acque termali.

Ma il movimento ginnico in acqua è della nostra epoca e, a differenza di altri sport, non nasce a scopo competitivo ma per esigenze diverse.
Fitness significa appunto “benessere fisico”, applicato in acqua conta ormai numerose discipline acquatiche, molto diverse per finalità specifiche, che spaziano dal rilassamento, al miglioramento del proprio organismo e all’efficienza fisica (anche questa a vari livelli) e con l’ausilio di attrezzi di vario genere.

L’attività motoria in acqua è particolarmente efficace grazie al minor peso del corpo, i movimenti effettuati sono prevalentemente di tipo aerobico (quindi volti all’ossigenazione del corpo ed al miglioramento del sistema cardio-circolatorio e respiratorio) e stimola la flessibilità, mobilità articolare, forza e resistenza muscolare.

Difficile stabilire a chi va il merito di aver diffuso la ginnastica in acqua, ma una vera pioniera è stata l’attrice Eleonora Vallone che dopo un gravissimo incidente, nel 1984, ha trovato in acqua la soluzione ai suoi problemi di riabilitazione. Intuendone i benefici ha messo insieme una serie di esercizi (oltre 2000) che ha brevettato col nome di GymNuoto (in Italia) e GymSwim (all’Estero). In seguito ha fondato la prima scuola in Italia per istruttori di Acqua-gym, con sede a Roma. Ha collaborato con la FIN Spagnola a Barcellona, con pubblicazioni e conferenze.
Quindi un made in Italy da esportazione.

ACQUAGYM

Riguardo l’Acquagym esistono due principali correnti di pensiero, che sono diverse per concetto di base ed evoluzione.

Il GymSwim/GymNuoto-Acquagym

È un metodo nato e concepito per essere praticato in acqua. È suddiviso in 6 livelli, che si praticano anche dove non si tocca o addirittura subacquei, (infatti è anche riconosciuta dalla C.M.A.S, fondazione Internazionale di J.Cousteau), oltre a quelli aerobici o anaerobici dove invece si tocca, (il livello ottimale dell’acqua arriva a coprire il petto).

Il corpo assume posizioni armoniose che derivano anche da altri sports, come la danza, la boxe, la corsa, savattè, etc. l’assetto preferito in tutte le direzioni con nuovi stili di nuoto, come l’elica-nora, o rana del carcerato, con le braccia sempre, o quasi, immerse, si impara a nuotare; la musica è variabile. I tempi di esecuzione sono vari.
Si ha un grande senso di libertà perché non si fa nulla di quello che si fa sulla terra e non si è costretti da nulla. Viene utilizzato esclusivamente un attrezzo: il TRIANGOLO per migliorare la postura a qualsiasi età. Si cura molto la respirazione con Training autogeno.

L’Aquagym americana

È nata negli anni 90 sulla scia dell’aerobica lanciata da Jane Fonda e per ridurne l’impatto e le controindicazioni, gli esercizi furono trasportati in acqua. È indispensabile toccare, e si rimane in posizione verticale per eseguire ricopiando gli esercizi di “aerobica”, con le braccia fuori dall’acqua e con gli stessi ritmi. Si può praticare senza saper nuotare, il ritmo è frenetico, la musica alta da discoteca. L’attrezzatura è varia, poco impegnativa.
Questa AcquaGym verrà in seguito copiata dalle varie scuole che nasceranno come funghi in Italia e all’estero.

L’Acquagym tonifica i muscoli, dà vigore al cuore e ai polmoni e infine aiuta a combattere lo stress. Gli esercizi effettuabili in acqua hanno naturalmente una velocità ridotta in quanto vi è l’attrito con l’acqua e quindi gli stessi risulteranno più efficaci. L’acqua infatti è il vero attrezzo di questa pratica: la resistenza che oppone ad ogni movimento è circa 12 volte maggiore di quella creata dall’aria. Effettuare un esercizio in acqua equivale a farne almeno una decina a terra.
L’aquagym è particolarmente consigliata in acqua alta con l’ausilio di attrezzature galleggianti, dove si possono svolgere molteplici esercizi che a terra non sarebbero possibili ed eseguiti in completa assenza di gravità e quindi con le articolazioni che non sono soggette a nessun tipo di trauma. Tutti i muscoli del corpo sono coinvolti dal movimento dell’acqua: lavorano contro la sua resistenza persino per tornare alla posizione di riposo.
Tutti possono praticare questa disciplina per cui non è necessario saper nuotare. Un’Acquagym dolce e specifica è particolarmente indicata per le donne in gravidanza e anche per gli anziani.
L’alternanza tra esercitazioni dinamiche, e richiami ludici svolge un ruolo fondamentale nella ricerca dell’equilibrio psicofisico.

di Sergio Lupo (medicinasportonline)

Sergio Lupo è medico e specialista in medicina dello Sport. Dirigente Medico dell’Istituto di Medicina e Scienza dello Sport del C.O.N.I., è stato Docente nelle Scuole di Specializzazione in Medicina dello Sport dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e Statale dell’Aquila, medico di Squadre e Nazionali di sport diversi, atleta e allenatore di Pallavolo [fino al 2006 ha gareggiato nei Campionati Master di Pallavolo con alcuni dei suoi “vecchi” (in ogni senso) amici]. Da oltre 25 anni opera nel mondo dello sport, svolgendo attività di ricerca e clinica su atleti di ogni livello (Giovanile, Amatoriale e Top Level).

A mio avviso si sente nettamente la differenza tra i due metodi di acquagym: il primo sicuramente più raffinato, ti lascia a lungo un benessere psico-fisico perchè si entra in simbiosi con l’acqua e genera particolari sensazioni per cui s’impara a dare più attenzione ai gesti. Il secondo più dinamico, aiuta a scaricare l’aggressività e a ricaricarsi di energia.
Con l’Acquagym è divertente eseguire semplici coreografie. Seguire il ritmo della musica e nel contempo coordinare i vari movimenti secondo una breve sequenza, stimola particolarmente la capacità di concentrazione.

HYDROBIKE

L’Hidrobike è una disciplina acquatica di tipo aerobico più recente. In pratica si tratta di una lezione di spinning eseguita in piscina con una particolare bicicletta acquatica.
Pedalare in acqua tonifica. Oltre alle gambe si allenano i muscoli delle braccia, gli addominali e i dorsali, risulta efficace nel combattere il sovrappeso ed è inclusa nelle terapie riabilitative post-infortunio. Inoltre agisce positivamente sul sistema cardio-vascolare rinforzando il cuore, la resistenza alla fatica e migliorando la circolazione.
Non è necessario saper nuotare, le lezioni di Acquabike si svolgono a tempo di musica.

Anche quest’attività è molto divertente e dinamica, occorre solo fare attenzione al livello dell’acqua che non deve essere troppo bassa o si rischia di caricare troppo le ginocchia …e agli istruttori troppo solerti che ti vorrebbero un Big Gym 😊 (mia esperienza personale). L’importante alla fine è non farne una mania e divertirsi.

Altre discipline come la Kick Boxing, lo Step, il GAG sono state trasportate in acqua e moltissime altre attività come l’Acquarap con uso di elastici alle caviglie, l’Acqua-Training con speciali cinture che consentono gli esercizi in galleggiamento e altre ancora che si ispirano alla danza, alle arti marziali e di meditazione.