È uno stato psicologico conseguente all’impedimento del raggiungimento di un obiettivo. Tutti gli individui sono frustrati, tutti i giorni, la presenza di un impedimento costituisce un problema da risolvere che richiede un certo adattamento.

Le cause della frustrazione possono dipendere: dalla persona stessa, in particolare a livello psichico, può essere un conflitto, un disturbo, un deficit psicologico (eccessiva timidezza, un’emotività troppo spiccata ad esempio possono impedire il raggiungimento di qualcosa che ci si era proposti di fare); oppure a livello organico (il bambino è troppo basso di statura per prendere un gioco sopra il tavolo, un difetto dell’udito, un deficit motorio…) questi impedimenti possono essere reali o anche immaginari come il sentimento di inferiorità, che tutti proviamo e in genere si tende a ipercompensare con l’ambizione o con lo sviluppo di abilità speciali, spesso nello stesso campo in cui era in origine lo svantaggio. L’esempio più famoso è quello di Demostene che era balbuziente e divenne uno dei più grandi oratori della storia.
Da questo punto di vista, il corso dello sviluppo della personalità sarebbe un continuo processo di reazione all’inferiorità. Talora quando il bambino è rifiutato dall’ambiente famigliare o vi è troppo viziato, può invece svilupparsi un vero e proprio complesso di inferiorità.

Altre cause di frustrazione possono essere famigliari e sociali, sono quelle più difficili da superare, poiché in questi ambiti vengono a stabilirsi un gran numero di consuetudini, di riti, di doveri e di proibizioni che costituiscono spesso degli ostacoli più o meno insuperabili alla soddisfazione di bisogni ed esigenze personali.
Il processo di socializzazione mediante il quale il bambino adotta forme di comportamento in accordo con le norme e i valori della famiglia e della società in cui vive, si attua attraverso una lenta e oculata somministrazione di frustrazioni: l’educazione degli sfinteri, il dover controllare l’aggressività, il dover usare le posate quando si mangia…
La frustrazione più grave è la perdita della figura materna e del suo amore. Quando rimproverando il bambino più grandicello si minaccia di andare via per sempre, forse non ci si rende conto che questi discorsi non solo sono capiti, ma vengono presi alla lettera dal bambino, ed alimentano l’ansia latente legata a questo timore.
L’arrivo di un fratellino o sorellina può essere causa di frustrazione poiché assorbe gran parte del tempo e delle cure dei genitori. Ecco allora sorgere la gelosia, un’emozione risultante dalla frustrazione del bisogno di affetto e dall’ansia che ne consegue.
Crescendo altre cause di frustrazione saranno l’ipocrisia, la disonestà, l’ingiustizia, l’inganno, la maldicenza, ma la frustrazione sociale più grave è la discriminazione che rélega un individuo in determinati gruppi o classi sociali, impedendogli o rendendo difficile uscirne e accedere a ciò a cui aspira, egli è frustrato nel suo desiderio di migliorarsi.
Infine altre cause di frustrazione possono essere dovute all’ambiente fisico in cui viviamo: le barriere architettoniche ne sono un chiaro esempio, la tempesta che distrugge il raccolto, l’autonomia del bambino bloccata dalle pareti del box…

Le risposte alla frustrazione

La frustrazione si accompagna sempre a risposte emotive più o meno spiacevoli, al contrario riuscire a superarla e raggiungere l’obiettivo desiderato dà all’individuo un profondo senso di piacere.

Il grado di tensione interna che viene generata dalla frustrazione e spinge l’individuo verso un certo tipo di comportamento, dipende dalla forza e dall’urgenza del bisogno o desiderio insito nell’individuo, dall’intensità e dalla persistenza della frustrazione, dalla delusione, dalla volontà e i ripetuti tentativi per raggiungere l’obiettivo.
Una tensione di grado moderato è senz’altro positiva e stimola l’individuo a trovare una risposta adeguata, che gli permette di superare l’impedimento. È ciò che avviene quotidianamente quando troviamo una soluzione razionale a un problema: si intensifica e si organizza lo sforzo, si provano altre vie o altri mezzi, si sostituisce l’obiettivo con uno più facilmente raggiungibile.
Nel caso di una grave frustrazione invece la tensione raggiunge livelli talmente elevati da diventare un fattore negativo, destabilizzante per l’individuo, la cui azione non è più rivolta a risolvere il problema, ma a fuggire in qualche modo dallo spiacevole stato emotivo in cui si trova. In altre parole egli esibisce una risposta inadeguata, che non permette di superare l’impedimento. Esiste quindi un limite di tolleranza alla frustrazione che varia da persona a persona e, nella stessa persona, da momento a momento.

Alcune risposte inadeguate possono essere:

  • l’aggressività: è un attacco diretto contro la causa vera o (spesso) presunta della frustrazione. È un tipo di risposta molto comune e in genere dietro questo comportamento c’è una precedente frustrazione. Maturando si impara a scaricare l’aggressività in modo indiretto e dissimulato, meno dannoso per gli altri e per sè, attraverso un numero infinito di modi: imprecando, usando la satira, il sarcasmo, la maldicenza, praticando degli sport, facendo il tifo per una squadra, trovando un “capro espiatorio” (oggetto, persona o animale che paga le colpe di tutti);
  • la regressione: il forte senso di frustrazione tende a disorganizzare il comportamento del soggetto, le cui azioni denotano un ritorno a precedenti e più primitive forme di comportamento come una diminuita capacità di discernere e di giudicare obiettivamente, i sentimenti e le reazioni emotive si dimostrano più grossolani e meno controllabili.
    Viene definita anche come una ritirata fatta in modo inconsapevole, l’individuo torna a un periodo in cui “tutto andava bene”, quando era solamente amato e c’erano meno richieste e meno responsabilità (l’infanzia);
  • la rimozione: è il principale meccanismo di difesa che consiste nell’allontanare automaticamente dalla coscienza il ricordo di esperienze troppo frustranti o sentimenti non accettabili, e che potrebbero scatenare un’eccessiva inquietudine. È chiaro che, non potendo dissolversi nel nulla, questi ricordi o sentimenti rimarranno latenti nell’inconscio dell’individuo;
  • la razionalizzazione: consiste nel costruire una ragione falsa, ma piuttosto plausibile per giustificare a se stessi qualcosa di inaccettabile. Questo comportamento è analogo a quello descritto da Esopo nel racconto La volpe e l’uva:
    «Una volpe affamata, come vide dei grappoli d’uva che pendevano da una vite, desiderò afferrarli ma non ne fu in grado. Allontanandosi però disse fra sé: «Sono acerbi.» Così anche alcuni tra gli uomini, che per incapacità non riescono a superare le difficoltà, accusano le circostanze»
  • la proiezione: si verifica con l’attribuire ad altri (oggetti o individui) la colpa della frustrazione o, più in generale, si proiettano su questi i propri sentimenti o desideri. È il giocatore di tennis che fallisce una battuta e se la prende con la racchetta, l’innamorato non corrisposto che, tuttavia, è fermamente convinto di essere riamato, colui che vede sempre negli altri quelli che sono i propri difetti (di cui non s’accorge perché li ha rimossi);
  • l’estraneazione: è il ritirarsi dell’individuo in se stesso con esclusione o distorsione della realtà perchè troppo frustrante. È presente fisicamente, ma non mentalmente, perso nel fantasticare o sognare ad occhi aperti, si crea una vita immaginaria, nei casi più gravi fugge dalla realtà in un “paradiso artificiale” facendo uso di stupefacenti;
  • la fissazione o stereotipia: si stabilizza un dato tipo di comportamento per cui l’individuo non riesce ad adattarsi ai cambiamenti, ostinandosi a dare la medesima risposta pur essendosi dimostrata inefficace, non ha flessibilità e non prova risposte nuove.

Utilità delle frustrazioni moderate
e concetto di salute emotiva

Le frustrazioni che si sperimentano durante l’infanzia sono fattori importanti poiché dal modo in cui il bambino reagisce, si stabiliscono dei modelli di risposta che gli saranno caratteristici durante tutta la vita. Pertanto le frustrazioni deboli sono utili all’individuo per la tensione che gli forniscono: oltre che a servire per risolvere problemi superabili, esse sono utili per qualunque lavoro di apprendimento. Si può affermare così che questo tipo di frustrazioni invece di essere un qualcosa da evitare, è uno stimolo necessario per l’educazione, la maturazione e lo sviluppo.
L’adulto che regala del materiale per costruzioni al figlio piccolo e poi vuole aiutarlo per forza perché vede che il piccolo sbaglia  e fatica ad arrivare alla fine del lavoro, gli nega la possibilità di apprendere l’uso costruttivo del materiale oltre che la soddisfazione  di creare qualcosa da solo. Chi non è in grado di sopportare le frustrazioni della vita o sono coloro che nell’infanzia hanno avuto troppi problemi senza via d’uscita, o coloro che non hanno avuto problemi, sono i bambini trascurati all’eccesso o quelli iperprotetti.

Il bambino così crescendo, in un secondo tempo acquisisce la capacità di regolarsi da solo, possiede un bagaglio di abitudini e di regole che adeguano le sue motivazioni ai valori, alle leggi, ai tabù della società in cui vive. Le forze esterne che prima controllavano i suoi impulsi (le proibizioni, le punizioni dei genitori) vengono assimilate e sostituite da una formazione interna all’individuo, che è la sua coscienza.
Uno dei principali scopi dell’educazione è quello di aiutare l’individuo a ottenere questo controllo equilibrato dei vari impulsi che sorgono durante lo sviluppo, che non devono essere repressi ma espressi e indirizzati verso obiettivi positivi e significativi per se stesso e per la società.

Il concetto di salute emotiva: la persona ha effettuato una soddisfacente integrazione dei suoi impulsi tenendo conto della realtà nella quale deve vivere, dimostrando una buona tolleranza alla frustrazione e comportamenti adeguati.

Effetti nocivi delle frustrazioni eccessive o troppo numerose, e concetto di ansia

Le risposte inadeguate divengono patologiche quando creano dei problemi che sono più gravi dei problemi che vogliono risolvere.
I bambini dovrebbero essere tenuti lontani dalle frustrazioni molto severe. Quando presentano dei problemi di comportamento hanno bisogno, prima di tutto, che venga tolta loro la frustrazione che non sono stati capaci di superare e che è alla base dei loro disturbi, e di venire messi di fronte a compiti più facili. Punirli o esercitare su di loro delle pressioni sono per essi altrettante frustrazioni che fanno aumentare la loro tensione, peggiorando ancora di più la situazione.
La separazione dai genitori, vera o minacciata è una delle frustrazioni più gravi per il bambino.
Tutte le frustrazioni e i conflitti della vita, ad ogni modo, portano prima o poi e in maniera più o meno accentuata all’ansia.

Il concetto di ansia: è uno stato di irrequietezza il quale insorge dalla previsione di un pericolo che, a differenza della paura, è sconosciuto o invisibile. La paura è relativa ad un pericolo presente, imminente, reale; l’ansia è uno stato di tensione riferito a qualcosa di vago, non si sa se avverrà e com’è.
L’ansia si può manifestare con delle sensazioni, delle impressioni, che pur non avendo una base reale ed obiettiva, disturbano notevolmente la propria vita: uno stato di disagio, un vago senso di sconforto, la tendenza al pessimismo aspettandosi sempre il peggio sono tipici, come il timore di morire o di impazzire anche quando va tutto per il meglio. Si possono avere anche dei sintomi fisici (palpitazioni, oppressione al torace. disturbi digestivi, irrequietezza,…) disturbi del sonno, disturbi della funzione mentale (diminuzione dell’attenzione e della capacità di concentrazione, dimenticanze, idee e discorsi confusi…).

Fortunatamente non sempre l’ansia raggiunge un’intensità o una continuità tale da impedire una vita che soddisfi abbastanza, d’altra parte una certa dose di ansia sarebbe necessaria per dare alla persona la “carica” per un lavoro efficiente.

Testo di riferimento: Psicologia di Mario Farnè, Giuliana Giovanelli – Signorelli, Milano 1970