LA PRIMA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
Fu un processo graduale che avvenne in Europa nella seconda metà del 1700 e interessò prevalentemente il settore tessile, metallurgico ed estrattivo del carbone, e coincise con l’introduzione del motore a vapore che rivoluzionò i trasporti di merci e persone.
Ebbe origine in Inghilterra (dal 1760 fino al 1830), preceduta dalla rivoluzione agricola caratterizzata dall’adozione di nuove tecniche di coltivazione e allevamento, e quindi da uno sviluppo progressivo dei commerci (in particolare di grano e altri cereali, fibre tessili, tabacco). Ciò portò, di conseguenza, a un’aumentata richiesta di prodotti incentivandone la diversificazione e di attrezzi in metallo e macchinari innovativi. Si verificò così un maggior sviluppo demografico, grazie a una maggiore e migliore alimentazione.
Nel frattempo l’aumento dello sviluppo economico industriale portò l’Europa verso la Seconda Rivoluzione Industriale che ebbe dimensioni assai maggiori rispetto alla prima.
LA SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
L’agricoltura, che fino ad allora era stata la principale risorsa economica di molte nazioni, passa in secondo piano. In Italia un problema in più che condiziona e frena il suo stesso sviluppo, è il latifondismo.
Fin dal 1800 i grandi proprietari terrieri si opponevano all’emancipazione del ceto contadino per non perdere il proprio prestigio e i propri privilegi. Anche con l’unità d’Italia, nonostante le promesse di una redistribuzione delle terre, il problema rimase irrisolto. Il ceto popolare, deluso e irritato da una mancata lottizzazione, si ribellò scatenando una sanguinosa guerra civile che investì tutta l’Italia, in particolar modo il meridione.
Alla crisi agraria che ne conseguirà si aggiunge una parallela crisi industriale che ebbe inizio nel 1873, dopo oltre trent’anni di incessante crescita economica, nonostante la forte spinta data allo sviluppo industriale ed economico dalle innovazioni tecnologiche e scientifiche del periodo, come l’introduzione dell’elettricità, dei prodotti chimici e del petrolio.
Una forte e perdurante deflazione (diminuzione dei prezzi) innescherà massicci licenziamenti e riduzioni salariali, repressioni ai danni dei sindacati e vasti movimenti migratori verso i paesi colonizzati o dalle campagne verso le città industrializzate. I lavoratori si trovano a vivere e lavorare in condizioni di vita spesso misere e pericolose, con orari gravosi e salari molto bassi, donne e bambini costretti a lavorare in condizioni pressoché di schiavitù.
Chi beneficiava del progresso infatti erano soltanto l’alta borghesia e l’aristocrazia a discapito della classe operaia, che veniva sfruttata ed emarginata. Pian piano nasce la consapevolezza che uniti si può lottare e resistere per ottenere i propri diritti, una presa di coscienza del proprio ruolo all’interno dell’ingranaggio sociale.
Nasce così una nuova classe sociale: il proletariato, ossia il Quarto stato che si affianca ai tre ordini tradizionali dell’Ancien Régime restaurato in Europa: il Clero (Primo stato), la Nobiltà (Secondo stato), la borghesia e i contadini (Terzo stato).
LA TERZA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
Durante il periodo così ostico della Guerra fredda furono conseguite tali conoscenze scientifiche e tecnologiche da aprire alla Terza Rivoluzione Industriale: la produzione di energia dal nucleare e da fonti rinnovabili, la diffusione delle biotecnologie a seguito della scoperta del DNA nel 1953, le nanotecnologie e la digitalizzazione dell’informazione che ha reso possibile la rivoluzione informatica e delle telecomunicazioni e la creazione del mercato globale dell’informazione. Innovazioni che si possono inquadrare nel contesto della cosiddetta economia della conoscenza e della società dell’informazione in un mondo sempre più globalizzato.
Parallelamente nei paesi più avanzati si assiste a un forte sviluppo del settore terziario ovvero dei servizi, accompagnato da un lento ma progressivo processo di deindustrializzazione sui settori industriali che più avevano trainato le precedenti rivoluzioni industriali, com’è tipico dei sistemi economici avanzati.
LA QUARTA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
La forte spinta e l’accelerazione al progresso e all’innovazione tecnologica ci porta alla quarta rivoluzione industriale digitale, della quale siamo solo all’inizio e che va a contemplare un uso più evoluto della Rete. Ecco alcuni sviluppi:
- Internet delle cose: gli oggetti (orologi, bracciali, occhiali, termostati…) grazie al collegamento con la rete trasmettono e ricevono dati (in una specie di “dialogo”), acquisendo un ruolo attivo nel fornire un servizio qualitativamente utile.
- Il movimento maker: sono i nuovi hobbisti, ossia gli appassionati del fai da te, che traggono dai propri saperi delle idee alternative da sviluppare. Idee che condividono nelle comunità online e/o attraverso cui inventarsi un lavoro.
«Quello che mi affascina molto di questo movimento, del quale faccio parte, è questa idea di costruire ciò che non si trova in commercio, che con l’aiuto degli altri possiamo imparare cose ritenute fuori dalla nostra portata e magari inventarci qualcosa da condividere con gli altri che ne possono fare la base per le loro invenzioni».
di Massimo Banzi - La manifattura digitale: creare attraverso l’uso di strumenti digitali; in particolare le stampanti 3D che permettono di creare facilmente e velocemente oggetti tridimensionali, con la possibilità anche di riciclare i materiali di scarto, e di condividere i progetti con il resto del mondo grazie ad un file. Un contributo importante viene dato dai Fab-Lab (Fabrication-Laboratory), sono dei laboratori che mettono a disposizione stampanti e prototipi 3D (modelli originali) con cui si può progettare e stampare un’idea, possibilmente con l’aiuto di un collaboratore esperto, rendendo accessibile la “fabbrica digitale” anche alle piccole imprese. La manifattura digitale trova impiego in diversi ambiti: dalla medicina all’industria alimentare, dall’automotive alla meccanica, ma la sua potenzialità di applicazione è infinita.
- La fabbrica 4.0: la possibile applicazione di sistemi avanzati di intelligenza artificiale, macchine che interagiscono tra loro, imparano, diventano autonome dagli umani.
- I Big data: una raccolta di dati talmente estesa in termini di volume, velocità e varietà da richiedere tecnologie e metodi analitici specifici per poterli leggere, ma soprattutto interpretare al fine di generare valore nei confronti del quale, sia il mercato che l’impostazione delle aziende, dovranno farsi portatori sani della cultura del dato.
“Tecnologie digitali e reti globali stanno trasformando il nostro modo di vivere, di lavorare, di produrre e di consumare, di condividere informazioni, esperienze ed emozioni. Tutto questo accade anche grazie a chi, ogni giorno, ne immagina applicazioni sempre più utili e innovative, e mette a frutto le proprie capacità e il proprio talento per costruire qualcosa di nuovo, un sogno, un’idea, un’impresa”
Tratto dal Wind Startup Award 2015
È inevitabile che il sistema produttivo così com’è, è destinato a cambiare. Anzichè produrre una quantità di cose di cui potremmo fare benissimo a meno, è necessario inverta la rotta e sia capace di interpretare i reali bisogni su cui modellare l’offerta al fine di migliorare la qualità della vita. E perchè no, un comportamento anche etico nel saper rinunciare a ciò che è sbagliato, nel rispettare la concorrenza e la privacy altrui: ognuno deve assumersi la responsabilità del proprio ruolo anche nella comunità. Così come la tecnologia non deve indurre a bisogni artificiosi o poco etici (basta pensare alla mole di inutili e subdole applicazioni o servizi che rendono l’uomo schiavo e succube).
Si discute di sicurezza dei dati, di salvaguardia della privacy, dell’autonomia e della libertà dell’individuo, di notizie false, di truffe… La Rete non è nata per essere un business, ma per essere un’opportunità che mette in collegamento l’intera umanità: la condivisione e la salvaguardia del bene comune è la chiave di tutto.
Non a caso la filosofia dei fondatori si ispira al movimento open source, che in informatica sta per ”codice sorgente aperto”, inteso come un software di cui gli autori (più precisamente i detentori dei diritti) rendono pubblico il codice sorgente, favorendone il libero studio e permettendo a programmatori indipendenti (anche geograficamente distanti) di coordinarsi e lavorare allo stesso progetto. All’open source si ispira anche il movimento open content (contenuti aperti): in questo caso ad essere liberamente disponibile non è il codice sorgente di un software, ma contenuti editoriali quali testi, immagini, video e musica. Wikipedia è un chiaro esempio dei frutti di questo movimento.
“Attualmente l’open source tende ad assumere rilievo filosofico, consistendo in una nuova concezione della vita, aperta e refrattaria ad ogni oscurantismo, che l’open source si propone di superare mediante la condivisione della conoscenza”