Le origini del Vietnam risalgono ai regni leggendari del III secolo a.C. e alle dinastie cinesi che nel corso dei secoli non furono esenti da rivolte, lotte interne e vere e proprie guerre, ponendo le basi culturali e commerciali di una profonda divergenza che  dividerà in due il paese.

I primi contatti del Vietnam con il mondo occidentale risalgono al 166 a.C. con l’Impero romano e al 1292 con la visita di Marco Polo, nel 1500 furono i portoghesi a farvi giungere mercanti e missionari in gran parte gesuiti.
Durante la dinastia Nguyễn fondata nel 1802, si tentò un ammodernamento sociale e politico del paese, ma la conquista da parte delle truppe di Napoleone III fece del Vietnam una colonia francese.
Lo sfruttamento delle risorse naturali come tè, caffè, carbone, caucciù diede grande impulso alla progressiva conquista dei territori andando a costituire nel 1887 l’Indocina francese (o Unione indocinese) che comprendeva il Vietnam, la Cambogia e il Laos, aggiunto nel 1893.

La Francia perse la colonia indocinese durante la Seconda guerra mondiale quando fu occupata dal Giappone, che insieme alla Germania e all’Italia era una delle Potenze dell’Asse.
La popolazione vietnamita era ridotta alla fame, il movimento nazionalista Viet Minh guidato da Ho Chi Minh cominciò a imporsi forte dell’appoggio della Cina, e alla fine della guerra proclamò l’indipendenza del Vietnam dichiarando nullo il Trattato di protettorato siglato nel 1883 con la Francia, la quale allora intervenne militarmente per tentare di ristabilire il controllo sul paese.
Nel 1945 Ho Chi Minh chiese formalmente l’intervento degli Stati Uniti e delle Nazioni Unite contro l’aggressione francese, in nome anche di un discorso di politica estera tenuto dal Presidente degli Stati Uniti Harry Truman che incoraggiava l’autodeterminazione dei popoli.
Secondo la cosiddetta dottrina Truman gli Stati Uniti dovevano farsi carico della lotta globale contro l’avanzata del comunismo impegnandosi attivamente in ogni paese che fosse minacciato da essa. In tal senso il governo Truman sostenne la creazione della NATO (North Atlantic Treaty Organization), un’organizzazione internazionale per la collaborazione nel settore della difesa, istituita nel 1949 con il Patto Atlantico. Vi era il timore che il regime sovietico non intendesse “accontentarsi” della spartizione geografica stabilita al termine della Seconda guerra mondiale e avesse mire espansionistiche per l’affermazione globale dell’ideologia comunista. Ciò generò nei Paesi occidentali un movimento di opinione nel comune intento di garantire la sicurezza del mondo occidentale dalla minaccia comunista, che negli Stati Uniti degenerò in una vera e propria paranoia per le presunte infiltrazioni comuniste e sfociò nel cosiddetto maccarthismo.

Ho Chi Minh non ottenne risposta dagli Stati Uniti, i suoi collegamenti diretti con i paesi comunisti portarono a temere che un eventuale intervento avrebbe potuto andare a vantaggio del comunismo, allargandosi su tutto il Sud-est asiatico.
Allo scoppio della Guerra d’Indocina (1946) l’amministrazione Truman finì per supportare la Francia, che  otto anni dopo subirà comunque la sconfitta. Sulla base degli accordi conclusi con la Conferenza di Ginevra del 1954 l’Unione indocinese venne divisa in tre stati indipendenti: il Laos, la Cambogia e il Vietnam. Quest’ultimo, in attesa di libere elezioni, venne temporaneamente diviso lungo il 17º parallelo in:

Vietnam del Nord con capitale Hanoi, dove finì per costituirsi una repubblica popolare di tipo comunista guidata da Ho Chi Minh e dal movimento Viet minh, strettamente legata alla Cina e all’Unione Sovietica;

Vietnam del Sud con capitale Saigon, dove si instaurò il governo autoritario filo-occidentale del presidente cattolico Ngô Đình Diệm, appoggiato economicamente e militarmente dagli Stati Uniti del Presidente Dwight David Eisenhower.

Entro due anni una consultazione elettorale avrebbe dovuto decidere il destino dei due Paesi, ma ciò non avenne mai.
Nel Vietnam del Sud i contadini ridotti in povertà organizzarono movimenti di ribellione contro il governo Diệm, e guidati dai viet minh del Nord daranno origine a una vera e propria guerriglia che confluirà nel Fronte di Liberazione Nazionale (FLN, definito spregiativamente Viet Cong – vietnamita rosso).

GUERRA IN VIETNAM

Nel 1960 scoppiò la Guerra in Vietnam che coinvolse anche i vicini Laos e Cambogia. La resistenza mise in grande difficoltà il governo sudvietnamita determinando il progressivo coinvolgimento degli Stati Uniti, la cui presenza militare ebbe un incremento a partire dal 1962 sotto l’amministrazione democratica di John Fitzgerald Kennedy.
La paura quasi ossessiva del contenimento comunista presente nell’amministrazione statunitense indusse Kennedy a intervenire sotto l’ottica della Teoria del Domino, una teoria geopolitica avanzata sia dai democratici che dai repubblicani che caratterizzò il periodo della Guerra Fredda. Secondo tale teoria vi era il pericolo che, nel caso in cui una nazione chiave in una determinata area fosse stata presa da forze politiche comuniste, le nazioni vicine sarebbero cadute anch’esse come pezzi di un domino, entrando nell’orbita di Mosca l’una dopo l’altra.
Va aggiunto il fatto che la posizione statunitense a livello mondiale era uscita indebolita dopo la crisi dei missili a Cuba e aveva bisogno di guadagnare in credibilità; l’intento della politica di aiuto aveva lo scopo di spingere il governo Diệm ad attuare determinate riforme politiche, auspicando la nascita di un fiorente stato democratico capace di fronteggiare la sfida del movimento guerrigliero Viet Cong. In realtà il governo sudvietnamita di Ngô Đình Diệm si dimostrò sempre più autoritario e corrotto, mise in atto una forte repressione e aggressione politica e religiosa, in particolare nei confronti dei monaci buddisti che guidavano una resistenza civile, nonviolenta. Di fatto l’atto di protesta del monaco buddhista Thích Quảng Đức che si diede fuoco in una piazza di Saigon, attirò l’attenzione internazionale nei confronti dei crimini compiuti da Diệm.
Il persistere di questa politica di oppressione deteriorò i rapporti con l’amministrazione Kennedy tanto da decidere nel 1963 di sospendere gli aiuti. Un colpo di stato e l’assassinio di Diệm compiuti dall’esercito sudvietnamita, con lo zampino dei servizi segreti segreti statunitensi già attivi su tutto il territorio fin dal 1961, resero il Sud ancora più instabile, guidato da personaggi politicamente inesperti, ancor più inefficienti e corrotti.
Tre settimane dopo la morte di Diệm, il Presidente  Kennedy stesso venne assassinato a Dallas.

Ad affrontare la situazione già seriamente compromessa, subentrò il vicepresidente Lyndon B. Johnson il quale intendeva continuare a dare l’appoggio economico e militare al Vietnam del Sud, tentando di trovare soluzioni positive al conflitto. Ma finì per “impantanarsi” sempre più e il suo divenne un massiccio intervento militare nell’area, con operazioni segrete, incursioni e missioni di dubbia legalità internazionale.

Nel 1965 prese il via una campagna di bombardamenti aerei sistematici sul Vietnam del Nord, nel 1966 furono impiegate armi chimiche molto nocive come il napalm.
Per stanare i guerriglieri filocomunisti, le giungle vennero irrorate con il cosiddetto “Agente Orange“, nome in codice dato dall’esercito statunitense a un erbicida, in seguito rivelatosi cancerogeno e teratogeno.

Pesanti perdite si registrarono da ambo le parti. L’esercito americano non riuscì a prevalere sull’ostinata resistenza della guerriglia Viet Cong, il cui obiettivo della guerra era la riunificazione e l’indipendenza nazionale del Vietnam, mentre per il governo americano figurava come una guerra di difesa democratica inquadrata nell’ambito della Guerra Fredda tra Unione Sovietica e Stati Uniti.
Molti giornalisti al seguito delle forze militari con coraggio e senza censure poterono mostrare agli americani ciò che realmente stava succedendo in Vietnam. La società americana prendendo coscienza di ciò che accadeva, si divise tra chi appoggiava la guerra e chi voleva la pace. A metà degli anni Sessanta si moltiplicarono le manifestazioni di protesta contro la guerra in Vietnam, diversi artisti e band si schierarono pubblicamente contro.

Nel 1969 il nuovo Presidente USA Richard Nixon s’impegnò per un progressivo disimpegno di uomini sul campo, per una guerra divenuta ormai insostenibile sia dal punto di vista politico che economico, mettendo in atto la dottrina Nixon  (la cosidetta Vietnamizzazione). Insieme ad Henry Kissinger, suo più stretto collaboratore, elaborò una politica estera che alla strategia militare univa una diplomazia agile e dinamica, secondo cui un “negoziato permanente” sarebbe stata una prerogativa determinante per mantenere un equilibrio mondiale.
Frutto di tale strategia furono i colloqui di Helsinki (Finlandia) per la limitazione delle armi nucleari fra USA e URSS, in cui si posero le basi del SALT 1, il primo Trattato di non proliferazione nucleare che sarà sottoscritto nel 1970 da 100 paesi, con la sola esclusione di Francia, India, Cina, Brasile. Nel 1971 Kissinger predispose il viaggio che Nixon compì l’anno successivo in Cina, con il quale si diede avvio alla normalizzazione delle relazioni tra USA e la Repubblica Popolare Cinese di Mao.

L’audace diplomazia segreta di Nixon e Kissinger con Mosca e Pechino del 1971 e 1972 allentò il sostegno di questi due paesi al Vietnam del Nord, essendo desiderosi di un riavvicinamento agli Stati Uniti. Ma i nordvietnamiti persistevano nella loro offensiva, guidati da capi intransigenti e ostruzionisti saliti al potere dopo la morte di Ho Chi Minh avvenuta nel 1969.
Per sbloccare la situazione Nixon decise nel dicembre 1972 di sferrare nuovi duri bombardamenti sul Vietnam del Nord che durarono undici giorni inducendo, apparentemente, il Vietnam del Nord a ritornare al tavolo dei negoziati. Tristemente nota è la foto che fece il giro del mondo, che mostra una bambina di nove anni mentre corre disperata con altri bambini, priva di tutti i vestiti bruciati dal Napalm.
Storia di una foto dal Vietnam – ilpost.it

Kissinger si occupò delle trattative con i capi vietnamiti per raggiungere una “pace con onore”, che portarono agli Accordi di pace di Parigi del 1973 per il cessate il fuoco e il ritiro delle truppe statunitensi, e per l’avvenuto riconoscimento della sovranità di entrambi gli Stati vietnamiti, fatto che non impedì il protrarsi del conflitto tra i due.

Nel 1974 Nixon rassegnò le sue dimissioni a seguito del cosiddetto scandalo Watergate, uno scandalo politico scoppiato nel 1972 a causa di alcune intercettazioni abusive che portarono all’impeachment del Presidente con l’accusa di aver ostacolato il corso delle indagini. Il suo successore fu Gerald Ford.
Nel 1975 il Vietnam del Nord in flagrante violazione degli Accordi stipulati a Parigi, invase il Vietnam del Sud e la caduta di Saigon, la capitale sudvietnamita, pose fine alla Guerra in Vietnam, che un anno dopo fu ufficialmente riunificato sotto il controllo del governo del Nord con il nome di “Repubblica Socialista del Vietnam” e Saigon fu ribattezzata Ho Chi Minh.

Il paese ne uscì devastato da decenni di conflitti e occupazione coloniale, con terreni agricoli bombardati o inquinati, la popolazione decimata o resa invalida, un’economia prettamente militare, ciò determinò un esodo di centinaia di migliaia di vietnamiti del Sud che durò per tutto il decennio successivo. La musica rock e un crescente Movimento per la pace contrassegnarono buona parte della cultura dell’epoca e degli anni successivi.
La Guerra in Vietnam nel corso del tempo viene raccontata da una miriade di libri, canzoni, film, articoli di giornale e fotografie.

With the U.S. Capitol in the background, demonstrators march along Pennsylvania Avenue in an anti-Vietnam War protest in Washington, on Moratorium Day, November 15, 1969. (AP Photo)