Lo Zoroastrismo è una religione e una filosofia che si basa sugli insegnamenti del profeta Zarathuštra fondata prima del VI secolo a.C. nell’antica Persia (l’attuale Iran).
Tradizionalmente viene usato anche il termine Mazdeismo, che deriva dal dio creatore denominato Ahura Mazdā (“Saggio signore” o “Signore che crea con il pensiero”).
La religione zoroastriana è stata per secoli la religione più diffusa in Asia, soppiantata poi dalla rapida affermazione della religione islamica che si impose con la conquista araba del VII secolo. Tuttavia non si estinse e piccole comunità zoroastriane permangono ad oggi, così come molti principi teologici, già delineati negli scritti di Zarathustra, sono entrati a far parte delle religioni moderne.
Lo zoastriano è colui che agisce secondo i precetti del “saggio signore”, Ahura Mazdā, cioè rettitudine, laboriosità e onestà secondo il principio: “Buoni pensieri, buone opere, buone azioni”, potrà così sperare nella grazia divina per l’avvenire.
I testi sacri
Gli antichi testi sacri originali sono giunti a noi in modo frammentario, molto è stato perduto in seguito agli incendi e alle distruzioni avvenuti nel corso del tempo.
L’Avestā raccoglie le scritture sacre, ed è composto da diversi contributi di varia origine accumulatisi lungo i secoli. Tra questi:
gli Yasna (riti di sacrificio o adorazione) sono i principali testi liturgici dell’Avesta, che contengono le Gāthā
le Gāthā (gli inni) sono i cinque “canti religiosi”, risultano essere la parte più antica dell’Avestā e sono direttamente attribuibili a Zarathuštra stesso.
Secondo la leggenda la dottrina di Zarathustra fu scritta, ancora ai tempi del maestro, con inchiostro d’oro su dodicimila pelli di bue e venne poi conservata nella biblioteca reale di Persepoli, città conquistata, e in parte distrutta, dal re macedone Alessandro Magno.
ZARATHUSTRA
Si presume che Zarathustra sia nato a Battria attorno all’anno 630 a.C..
Battria era una città dell’Asia centrale (situata nell’odierno nord dell’Afghanistan) che conquistata da Ciro il grande, re di Persia, divenne una delle satrapie (province) dell’Impero persiano, conquistato poi da Alessandro Magno.
Zarathustra nacque in una distinta famiglia nobile, gli Spitama, ed era il terzo di cinque figli. Il padre era un sacerdote di un clan di nobili allevatori che all’aperto, nella steppa, offrivano i loro canti di lode e i loro doni sacrificali per rendere clementi gli dei: gli ahura, le divinità superiori della luce che abitavano nel cosmo, e i daēva, gli spiriti inferiori, che dimoravano nella terra, nel vento, nell’acqua e nel fuoco; divinità, queste, volubili tanto che incomprensibilmente a volte dispensavano il bene, altre volte il male.
Egli fu destinato ancora molto giovane a seguire le orme del padre, ma non condivideva la necessità dei rituali sacrificali e, tra le divinità ahura, egli riconosceva un solo e unico dio: AhuraMazdah, il “saggio signore”. Così, all’età di vent’anni, abbandonò la sua patria e partì in solitudine in peregrinazione.
Ormai trentenne, Zarathustra dopo lunghe meditazioni ebbe una visione sul fiume Daitya: gli apparve un angelo ed ebbe la visione della lotta cosmica tra le forze del bene e del male, della resurrezione dei morti nel giorno del giudizio universale e della continuazione dell’esistenza dopo la morte, nel paradiso o nell’inferno – tutto ciò molto prima che i profeti di altre religioni annunciassero gli stessi principi.
Dopo diversi anni cominciò a predicare, ma la sua gente non mostrava interesse. Subì una persecuzione tanto da lasciare Battria e coi suoi pochi discepoli trovò rifugio presso Vīštāspa, uno dei re della Battriana, che lo accolse benevolmente convertendosi in seguito alla nuova fede.
Zarathustra, sotto la protezione del re, fece costruire davanti alle porte della città un tempio del fuoco. Keshmar divenne la sua residenza a cui affluivano le genti ad ascoltare le sue prediche, ciononostante non mancarono le difficoltà e gli ostacoli, dovuti in primis all’ostilità dei nobili e dei sacerdoti rimasti fedeli alla religione politeista preesistente, coalizzatisi contro il riformatore.
Attorno all’anno 553 a.C., all’età di settantasette anni Zarathustra morì da martire – come tanti padri fondatori di religioni.
Questi fatti, attraverso studi storici e comparazioni sui testi sacri, si ritiene risalgano agli anni che vanno dal 610 al 590 prima dell’epoca cristiana. Quindi seicento anni prima di Cristo e mille e duecento anni prima di Maometto, ma seicento anni dopo Mosé.
Zarathustra apparteneva come i persiani agli Arya (oggi arii o ariani). Nel II millennio a.C. questo antico popolo nomade indoeuropeo dall’Asia centrale si distribuì in parte nei grandi altipiani disabitati tra steppe e deserti, montagne e fertili valli, territorio che si chiamerà “Iran” (paese degli ariani), e in parte penetrò in India in cui si stava già delineando l’idea di un’anima universale creatrice del tutto, chiamata Brahman.
Principi dello zoroastrismo
Nelle Gāthā, il dio creatore Ahura Mazdā non ha un’immagine corporea, è onnipresente, astratto ed eterno; ben lontano dalle passioni umane, incarna il bene. È l’inizio e la fine di ogni cosa, il Signore della vita, il Primo e l’Ultimo, l’Alfa e l’Omega.
La concezione dualistica dello zoroastrismo oppone due Spiriti primordiali e gemelli, dotati di propria volontà e sono: il Bene e il Male, la Verità e la Menzogna, la luce e le tenebre, lo Spirito Santo (Spenta Mainyu) e lo Spirito Malefico (Angra Mainyu).
Ai seguaci del primo toccherà in sorte la Vita e la Migliore Esistenza mentre i seguaci del secondo otterranno la Non-Vita e la Peggiore Esistenza.
I due Spiriti sono opposti e nulla li concilia.
Sta alla libertà e alla volontà dell’individuo scegliere tra le due componenti verità o menzogna.
«La paternità del Signore Saggio non entra in causa come quella di un padre colpevole di aver generato un figlio malvagio: la responsabilità etica è solo di chi compie la sua libera scelta »
Gherardo Gnoli da “Le religioni dell’Iran antico e Zoroastro” in Storia delle religioni a cura di G. Filoramo
Il conflitto cosmico risultante interessa l’intero universo, inclusa l’umanità, alla quale è richiesto di scegliere quali delle due vie seguire. La via del bene e della giustizia (Aša) porterà alla felicità (Ušta), mentre la via del male apporterà infelicità, inimicizia e guerra. Il risultato decreta il destino dell’anima.
Il tempio del Fuoco è il luogo di culto degli zoroastriani; Il fuoco è un simbolo che rappresenta l’energia del creatore. Nel mazdeismo il fuoco (ātar, il fuoco sacro), insieme con l’acqua (āpas, “le acque”), è un agente di purezza rituale.
Punti nodali della religione sono l’eguaglianza di tutti gli uomini senza distinzione di razza o credo religioso, rispetto totale verso gli animali (no a crudeltà e sacrifici) e per ogni cosa.
La natura svolge un ruolo centrale nella pratica dello zoroastrismo. Le più importanti feste annuali zoroastriane riguardano celebrazioni della natura:
• il nuovo anno nel primo giorno di primavera,
• la festa dell’acqua in estate,
• la festa d’autunno alla fine della stagione,
• la festa del fuoco in mezzo all’inverno.
Anticamente era usanza, in determinate occasioni, che i sacerdoti e il popolo bevessero una bevanda inebriante: l’Haoma, una pozione a base di un’erba sacra che unita a danze rituali portava a una specie di trance e a uno stato di ebbrezza dell’immortalità, come i loro dei. Tale pratica fu osteggiata da Zarathustra.
La guarigione viene dalle piante
E dal coltello
Da una persona retta e santa
E dai mantra che uno canta.
Era una frase del VI secolo avanti Cristo, quando in quello che oggi è l’Iran visse un personaggio di cui si sa poco o nulla. Si chiamava Zarathushtra e aveva fondato – o forse solo riportato in vita – una religione al cui centro stava il fuoco:
il fuoco che purifica rimanendo sempre puro;
il fuoco che è imparziale perchè riscalda allo stesso modo un saggio come un folle;
il fuoco che fa luce, il fuoco che dà vita;
il fuoco che, riducendo ogni cosa in cenere, rammenta all’uomo l’impermanenza di tutto il creato.
E il fuoco infatti distrusse anche gran parte di quel che Zarathushtra aveva scritto, fatto e detto.
da Un altro giro di giostra, Tiziano Terzani