Andare contro natura

Una stecca del busto di Nivea si ruppe e la punta le si conficcò tra le costole. Sentì che soffocava dentro il vestito di velluto azzurro, dal collo di pizzo troppo alto, dalle maniche molto strette, la vita così attillata, che quando si slacciava il corsetto passava mezz’ora in contorcimenti di pancia finché le budella non si assestavano nella loro posizione normale.

(Nivea) si legava con catene insieme ad altre signore alle inferriate del Congresso e della Corte Suprema, offrendo uno spettacolo che metteva in ridicolo i mariti. Sapeva che Nivea usciva di notte ad attaccare manifesti suffragisti sui muri della città ed era capace di passeggiare per il centro in piena luce di una domenica a mezzogiorno, con una scopa in mano e una cuffia da notte sulla testa, chiedendo che le donne avessero i diritti degli uomini, che potessero votare ed entrare nelle università, chiedendo inoltre che tutti i bambini godessero della protezione della legge, seppure bastardi.
– Quella donna è matta! – diceva Trueba – Sarebbe come andare contro natura. Se le donne non sanno contare due più due, tanto meno potrebbero usare un bisturi. La loro funzione è la maternità, il focolare. Di questo passo, un bel giorno chiederanno di diventare deputati, giudici, perfino presidente della repubblica! E intanto provocano una confusione e un disordine che può finire in un disastro. Stanno pubblicando pamphlet indecenti, parlano alla radio, s’incatenano nei luoghi pubblici e deve andare la polizia con un fabbro a tagliare i lucchetti per poterle portar via agli arresti, che è quello che si meritano. Peccato che ci sia sempre un marito influente, un giudice di poca energia o un parlamentare con idee rivoluzionarie, che le mette in libertà… Una mano forte è quello che ci vuole anche in questo caso!

La guerra in Europa era finita e i vagoni pieni di morti erano un clamore lontano, ma che ancora non si spegneva. Di là stavano arrivando le idee sovversive portate dai venti incontrollabili della radio, del telegrafo e delle navi cariche di emigranti che arrivavano come una frotta attonita, sfuggendo alla fame della loro terra, inariditi dal ruggito delle bombe e dai morti che marciavano nei solchi dei campi. Era anno di elezioni presidenziali e di ansia per il verso che stavano prendendo gli eventi. Il Paese si svegliava. L’ondata di malcontento che agitava il popolo stava assestando duri colpi alla solida struttura di quella società oligarchica. In campagna ci fu di tutto: siccità, lumache, afta. Nel Nord c’era disoccupazione e nella capitale si sentiva l’effetto della guerra lontana. Fu un anno di miseria in cui l’unica cosa che mancò per completare il disastro fu un terremoto.
La classe alta, tuttavia, padrona del potere e della ricchezza non si rese conto del pericolo che minacciava il fragile equilibrio della sua posizione. I ricchi si divertivano ballando il charleston e i nuovi ritmi del jazz, il fox-trot e certe rumbe da negri che erano una meravigliosa indecenza. Ripresero i viaggi in nave in Europa, che erano stati sospesi durante i quattro anni di guerra e divennero di moda altri in Nordamerica. Arrivò la novità del golf, che riuniva la migliore società per dare colpi con un bastone a una pallina, così come duecento anni prima facevano gli indiani in quegli stessi luoghi. Le signore si mettevano collane di perle false fino alle caviglie e cappelli a cloche calcati sulle sopracciglia, si erano tagliate i capelli come gli uomini e si truccavano come puttane, avevano soppresso il busto e fumavano mostrando le gambe. I signori erano affascinati dall’invenzione delle automobili nordamericane, che arrivavano nel paese al mattino e si vendevano lo stesso giorno alla sera, nonostante costassero una piccola fortuna e fossero solo uno strepito di fumo e un ammasso di viti che correvano a velocità suicida lungo strade fatte per i cavalli e altre bestie naturali, ma assolutamente non per macchine fantastiche. Sui tavoli da gioco si puntavano le eredità e le facili ricchezze del dopoguerra, si stappava lo champagne ed era arrivata la novità della cocaina per i più raffinati e viziosi. La follia collettiva sembrava non avere fine.

Tratto da: La casa degli spiriti di Isabel Allende, 1982

 

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