Attenzione: contenuto potenzialmente sensibile, non adatto ai minori d’età.

 


Nota bene: Poichè il dpr 309/90 punisce tutti i comportamenti finalizzati alla diffusione delle sostanze stupefacenti, qualunque sia la loro tipologia o specie, compreso il proselitismo, va precisato che con quanto seguirà in questo post non si intende in alcun modo incentivare condotte vietate, tanto meno promuovere l’uso di droghe, ma soltanto informare, prevenire e invitare alla riflessione gli eventuali lettori.


Premessa

Agli stupefacenti spesso viene associata la parola droga, un termine molto generico poiché comprende sostanze con proprietà diversissime, tra cui:

• le spezie (pepe, cannella, zenzero, noce moscata…), sostanze vegetali aromatiche che in genere vengono essiccate e utilizzate per aromatizzare e insaporire cibi e bevande;

• le piante officinali, le cui sostanze (oli, resine, latici ecc.) contenute nelle loro parti (foglie, radici, fiori, semi ecc.) sono dotate di proprietà terapeutiche che trovano impiego nella farmacopea, ma anche nella cosmesi, e di proprietà aromatiche utilizzate in profumeria, pasticceria, liquoreria, gastronomia.

i principi attivi, ogni prodotto naturale, vegetale o animale ne contiene uno o più di uno (alcaloidi, glicosidi, saponine, oli essenziali, sostanze amare, purgative, aromatiche ecc.) che in farmacologia, opportunamente preparati e conservati, trovano indicazioni terapeutiche o sperimentali.

• qualsiasi sostanza naturale o sintetica, così viene definita nel linguaggio corrente, che agisce anche a piccole dosi sul sistema nervoso, modificando temporaneamente lo stato di coscienza o comunque lo stato psichico dell’individuo.

Fin dall’antichità spezie e piante officinali venivano utilizzate nei rituali religiosi, e nella medicina tradizionale per molti secoli sono stati gli unici rimedi disponibili.


La Spezieria, dipinto di Paolo Antonio Barbieri, 1637
Pinacoteca comunale (Spoleto)

Lo speziale, in epoca medievale era un profondo conoscitore delle piante officinali; personaggio alchemico che sapeva preparare elettuari, unguenti e sciroppi. In epoca comunale, gli speziali erano raggruppati in corporazioni o arti, il cui compito era controllare che l’attività venisse svolta da speziali effettivamente preparati e competenti.

L’Arte dei Medici e Speziali nel XIV secolo è considerata una delle sette arti maggiori delle corporazioni. Tra i suoi soci più illustri possiamo ricordare Dante Alighieri.
Si ritiene che lo speziale nel 1700 dovesse conoscere la grammatica e la scienza medica per preparare i composti e conservarli, così come nell’Ottocento doveva conoscere anche la chimica per gestire una spezieria, bottega-laboratorio dove si preparavano e si vendevano medicamenti a base naturale. Famose sono le spezierie dei Monasteri.

La spezieria di allora si potrebbe paragonare ad una farmacia di oggi.

La drogheria, invece, termine che riassume un significato più ampio, è una bottega con rivendita di spezie, di generi alimentari vari, o anche di prodotti casalinghi.

L’erboristeria, dal francese herboristerie, che deriva a sua volta dal latino herbula, “erbetta”, si occupa della raccolta, preparazione, conservazione di specifiche piante officinali, attività che viene regolamentata il 6 gennaio 1931 dalla Legge  n. 99 e “stabilisce che chiunque raccoglie piante officinali deve ottenere la carta di autorizzazione; chi utilizza altresì dette piante deve conseguire il diploma di erborista. Per piante officinali si intendono le piante medicinali aromatiche e da profumo, comprese nell’elenco che sarà approvato con regio decreto, su proposta del Ministro per l’agricoltura e le foreste, di concerto con quello per le corporazioni, udita la commissione consultiva di cui all’art.10 della presente legge”; e successive modifiche.

L’enorme progresso della chimica, a partire dall’Ottocento, consentì di isolare dalle droghe vegetali i principi attivi (morfina, atropina, chinina, ecc.) che successivamente cominciarono ad essere riprodotti per sintesi e ad essere usati in terapia come tali. Contemporaneamente, la chimica sintetica sperimentò la produzione di nuovi farmaci, molto spesso utilizzando a modello quelli naturali.
Per le droghe vegetali ebbe inizio così un lento processo di abbandono che si protrasse per decenni, in maniera meno evidente nei paesi emergenti, presso le cui popolazioni l’uso dei rimedi vegetali ha sempre costituito e costituisce tuttora, per motivi economici, l’unica forma di terapia possibile.
È sul finire del 20° secolo che si assiste a una riscoperta delle droghe vegetali, le cui motivazioni possono essere ricercate nella constatazione dei considerevoli effetti collaterali dei farmaci di sintesi e in un generico desiderio di ritorno alla natura.

Le piante officinali che contengono principi con un’azione farmacologica ben definita, o che siano potenzialmente tossici, possono essere vendute soltanto in farmacia. L’uso di sostanze che possono determinare una dipendenza fisica e/o psichica, in genere, è regolato per legge.
La tossicodipendenza è infatti un problema sociale e sanitario che comporta conseguenze dirette e indirette sull’ordine pubblico e sulla spesa pubblica. Gli effetti negativi sulla salute possono essere diretti (per gli effetti della droga o per l’uso di aghi non sterili) e/o indiretti dovuti all’abuso di tale sostanza. I soggetti più vulnerabili sono i giovani adolescenti.

SOSTANZE STUPEFACENTI

L’oppio è uno stupefacente ottenuto dal Papaver somniferum, una pianta erbacea originaria dell’Asia Minore, coltivata soprattutto in Afghanistan e nel Triangolo giallo o dell’oro (Birmania, Thailandia, Laos,). Si ottiene incidendo le capsule immature del papavero e raccogliendo il lattice che trasuda, lasciato poi rapprendere all’aria diventa una resina scura. L’oppio viene commerciato sotto forma di pani di colore bruno, dall’odore dolciastro e dal sapore amaro. È consumato prevalentemente inalando il fumo o fumato in apposite pipe, oppure ridotto in polvere viene assunto per via nasale o masticato.
Dal Papaver somniferum si ottengono anche i semi che vengono usati come condimento e nella preparazione di dolci (Austria, Ungheria, paesi balcanici) e per l’estrazione di un olio alimentare.

Impiegato fin dall’antichità come medicamento, nelle culture orientali e mediorientali l’oppio viene utilizzato sia per usi terapeutici, sia per scopi rituali e ricreativi. Intorno al 1522 il famoso medico svizzero Paracelso fece riferimento a un elisir a base di oppio che chiamò laudano, un potente antidolorifico di cui raccomandò un uso parsimonioso perchè poteva essere tossico. Nel 1800 veniva usato dai soldati per alleviare il dolore, e negli ambienti letterari.
L’oppio ha un effetto sedativo, dà euforia e insieme rallenta i riflessi e la vitalità del corpo in maniera simile all’etanolo (un alcol alla base di tutte le bevande alcoliche).
L’oppio contiene degli alcaloidi, soprattutto morfina (da Morfeo, il dio greco dei sogni).

La morfina fu ampiamente usata come antidolorifico nella Guerra Civile Americana e molti soldati ne divennero dipendenti. In determinate dosi può avere azione analgesica e ipnotica, viene usata per il trattamento del dolore acuto e cronico (mima l’azione delle endorfine).

La codeina è stata isolata per la prima volta nel 1830 in Francia da Jean-Pierre Robiquet. È una droga meno potente che si estrae dall’oppio, ma può essere anche sintetizzata (creata dall’uomo) a scopi medici per rimpiazzare l’oppio grezzo. Viene usata principalmente come rimedio per la tosse.

Per essere impiegato in campo farmacologico l’oppio deve rispondere a precisi requisiti e contenere quantità variabili di morfina, stabilite dalle diverse farmacopee.

Dalla morfina si ottiene l’eroina, un altro stupefacente che ha un effetto molto più potente. Entrambe sviluppano rapidamente assuefazione e una notevole dipendenza sia fisica che psicologica.

L’eroina venne introdotta sul mercato come farmaco nel 1898 dalla casa farmaceutica tedesca Bayer come trattamento per la tubercolosi, oltre che come rimedio per la dipendenza da morfina. Nel 1924 gli Stati Uniti sono stati i primi a togliere l’eroina dal mercato farmaceutico. Ebbe origine un mercato illegale clandestino.

In Europa l’uso di eroina si diffuse ampiamente negli anni 70 e la società si trovò impreparata ad affrontare gli effetti deleteri che ne derivarono. Attraverso campagne di sensibilizzazione si arrivò alla conoscenza e alla consapevolezza del fenomeno sociale, di cui ne portò una scioccante testimonianza il film autobiografico Christiane F. – Noi,i ragazzi dello zoo di Berlino per la regia di Uli Edel (1981).

Tratto dal libro omonimo è la storia vera di una ragazza che tentando di sfuggire a una vita squallida fatta di solitudine, con una compagna di scuola passa le serate in una discoteca di Berlino, tristemente nota per il traffico di droga e la diffusione della prostituzione giovanile. Al film partecipò anche David Bowie interpretando se stesso in un cameo, l’artista visse un periodo buio segnato da gravi problemi psico-fisici e paranoie per la forte dipendenza dalla cocaina, tanto da mettere a repentaglio la sua stessa carriera.

Con lo smercio illegale l’eroina tagliata diversamente, spesso è impura, ed essendo assunta prevalentemente per via endovenosa può portare alla morte da overdose. In Italia, alla latitanza degli organi di Stato competenti che sembrarono non capire la gravità della situazione, risposero le comunità terapeutiche che sorsero in varie regioni.

Nella terapia di recupero contro la dipendenza dagli stupefacenti, per ridurre l’assuefazione viene impiegato il metadone, un oppioide sintetico.

Il metadone fu sviluppato nel 1937 da scienziati tedeschi come antidolorifico per interventi chirurgici, esportato negli USA nel 1947 con il nome commerciale di Dolophine, fu poi ribattezzata Metadone. Sfortunatamente, ha dato prova di creare una dipendenza persino maggiore dell’eroina. È usato in medicina anche come analgesico nelle cure palliative (in Italia la Legge del 15 marzo 2010 n. 38 sancisce il diritto alle cure palliative e alla terapia del dolore per i malati terminali).

L’eroina viene anche iniettata o fumata in combinazione con la cocaina (in gergo speedball): la cocaina ha un’azione stimolante sul sistema nervoso e aumenta il battito cardiaco, mentre l’eroina ha un effetto depressivo e riduce il battito. Ciò produce una forte euforia, ma poichè l’effetto della cocaina svanisce molto più rapidamente, se la dose di eroina è eccessiva questa combinazione può risultare letale.

La cocaina è un alcaloide che si ottiene dalle foglie della coca (Erythroxylum coca), pianta originaria del Sud America, principalmente del Perù, della Colombia e della Bolivia, è coltivata anche in Messico.

Per secoli le popolazioni delle Ande hanno masticato foglie di coca: dagli antichi Inca per contrastare gli effetti dell’aria rarefatta della montagna (fa battere più forte il cuore e accelera il respiro), ai Nativi Peruviani come usanza nelle cerimonie religiose, per combattere il freddo e la fame. La masticazione della coca non produce nessun effetto importante sul comportamento perciò è legale nei paesi andini. Le coltivazioni sono la forma di sostentamento principale per migliaia di famiglie di contadini peruviani, in Bolivia la pianta di coca è stata decretata parte del patrimonio culturale del paese.

La cocaina è commerciata sotto forma di polvere (in gergo polvere bianca o neve), venne estratta per la prima volta dalle foglie di coca nel 1859 dal chimico tedesco Albert Niemann, ma cominciò ad essere diffusa dal 1880. Lo psicoanalista austriaco Sigmund Freud, che usò il farmaco in prima persona, fu il primo a promuovere in generale la cocaina come tonico per curare la depressione e l’impotenza sessuale.

La popolarità del farmaco ebbe un ulteriore impulso quando nel 1886 John Pemberton incluse le foglie della coca come ingrediente nella sua nuova bevanda analcolica, la Coca Cola. Elisir, tonici e vini a base di cocaina furono ampiamente utilizzati, ma più il consumo di cocaina aumentava e più evidenti diventavano i danni che causava e i decessi correlati. La pressione dell’opinione pubblica costrinse la Coca Cola a rimuovere le foglie di coca dai componenti della bevanda analcolica nel 1903. Usata come antidolorifico e anestetico locale, specie in odontoiatria, la cocaina fu sostituita con prodotti di sintesi dagli effetti collaterali meno gravi. Negli Stati Uniti venne bandita ufficialmente nel 1922.

La cocaina è tra gli stupefacenti illegali più diffusi, usata da molte categorie di persone. In particolare l’epoca delle grandi Top model degli anni 90 rivela un contesto dove l’uso smodato di alcol e cocaina si combina con un’eccessiva magrezza e uno stile di vita all’eccesso che condizionano tutt’ora il mondo della moda, che non accenna a cambiare. Ma anche nel fenomeno delle Escort, delle ragazze immagine, delle lapdencer ingaggiate con l’optional di potersi prostituire dietro ulteriore compenso. Nelle discoteche nei cosiddetti privée, ideati inizialmente per offrire un genere di musica alternativa, sono stanze in cui l’accesso è ristretto a una lista di persone o tramite un supplemento in denaro, dove è possibile appartarsi o partecipare ad eventi a tema, a sfondo sessuale (sadomaso, scambi di coppia, pederastia) dove l’uso di stupefacenti combinato con l’alcol, effetti luce e musica “a palla” rendono particolarmente disinibiti.

Negli anni 60 sostanze stupefacenti venivano pubblicizzate dalla musica e dai mass media, entrando a far parte parte della nostra cultura. Chi non conosce il brano Cocaine nella versione Blues rock, portato alla popolarità dall’artista britannico Eric Clapton? Il brano originale è di J.J. Cale (1976), cantautore e musicista statunitense, un artista generoso e riservato. Secondo Clapton questa canzone è contro la droga, ma in maniera allusiva, così da essere più dissuasiva rispetto a un messaggio moralistico o paternalistico.

«Don’t forget this fact,
you can’t get it back, cocaine»

(Non dimenticare questo fatto,
non puoi riaverla indietro, cocaina)

Del resto lui conosceva bene i tormenti dovuti alla dipendenza da alcol e stupefacenti che lo stavano consumando, tanto da spingerlo una volta liberatosi dal giogo, ad aiutare gli altri ad uscire dal tunnel.

La cocaina viene “sniffata” ossia assunta per via nasale, oppure ingerita o sfregata su altre mucose come ad esempio le gengive, iniettata ha un effetto più immediato. La cocaina induce una sensazione istantanea di benessere, fiducia ed euforia, ma la sua azione è breve e lascia stanchezza, spossatezza, perciò (e nonostante ciò) si è spinti a riassumere la cocaina e in breve tempo diventa sempre più difficile non ricorrerne all’uso. Nel lungo termine modifica la coscienza di sé e la percezione delle proprie azioni, può generare comportamenti irresponsabili, isolamento sociale e disfunzioni sessuali. Può scaturire un comportamento aggressivo.


La coca si è emancipata dalla categoria di sballo, diviene sostanza usata durante ogni fase del quotidiano, dopo le ore di straordinario viene presa per rilassarsi, per avere ancora la forza di fare qualcosa che somigli a un gesto umano e vivo e non solo a un surrogato di fatica [..]
un solvente alla fatica, un anestetico del dolore, una protesi alla felicità.

di Roberto Saviano da Gomorra (2006)


Il crack è un derivato sintetico della cocaina, si presenta sotto forma di cristalli, è altamente pericoloso in grado di indurre elevata dipendenza e rapida assuefazione psicologica e fisica. Creato negli anni settanta si è diffuso rapidamente negli Stati Uniti e verso la metà degli anni ’80 anche in Europa. Una volta inalato il fumo, il crack entra rapidamente nel flusso sanguigno e dà un’intensa euforia, a cui fa seguito una depressione sempre più profonda. Lo “sballo” dura molto poco e si finisce per usarla frequentemente. Può generare un comportamento estremamente aggressivo e paranoico, anche quando non si è sotto il suo effetto e nel lungo termine causa seri danni agli organi vitali.

Mentre la cocaina per il suo alto costo è stata considerata a lungo “la droga dei ricchi”, il crack possono permetterselo anche i ragazzini, all’inizio, ma la dipendenza fa ben presto lievitare la spesa.

Se per le popolazioni contadine le coltivazioni di oppio e di coca rappresentano un reddito, tanto da aver soppiantato le coltivazioni locali, per le organizzazioni criminali il narcotraffico rappresenta una delle principali fonti di entrate. Da quelle di stampo mafioso, come Cosa nostra che tra il 1979 e il 1984 fu oggetto di un’inchiesta giudiziaria (Pizza connection) avviata dal FBI (Federal Bureau of Investigation, il maggiore ente di polizia giudiziaria del governo degli Stati Uniti) in collaborazione con la Polizia italiana e con il procuratore Giovanni Falcone. Ad oggi nel traffico internazionale di droga opera la Camorra, la ‘Ndrangheta e la vecchia mala sarda.
Narcotrafficanti sono anche in Colombia con i cosiddetti Cartelli, il più noto, quello di Medellín, è organizzato come uno stato dentro lo stato: infatti ha i propri giornalisti, poliziotti e magistrati. I Cartelli messicani per accaparrarsi il traffico degli stupefacenti, hanno causato un elevato numero di morti, anche tra i civili rimasti coinvolti negli scontri con mitragliatrici e bazooka. Omicidi, sequestri di persona e torture di vario tipo sono fenomeni all’ordine del giorno.
Al traffico di stupefacenti sono strettamente legati alti tassi di criminalità e violenza, il traffico di armi e la diffusione delle gang di strada.

Una lotta tra Cartelli è il soggetto della prima delle tre vicende che s’incrociano nel film Traffic del 2000, diretto da Steven Soderbergh ambientato nel mondo del traffico e del consumo di stupefacenti tra gli Stati Uniti e il Messico, tra corruzione, drammi famigliari e il potere deleterio che possono avere sia a livello di individui che della collettività.

La marijuana (in gergo erba o maria) è ottenuta da una miscela di parti essiccate, soprattutto infiorescenze, della Cannabis della varietà indica (o canapa indiana).

Dalla resina della stessa pianta si ottiene l’hashish (in gergo fumo o cioccolato), che ha un effetto più potente proprio perchè ricavato dalla resina impastata con miele o grasso animale; ancora più concentrato è l’olio di hashish, ottenuto mediante la distillazione di quest’ultimo e che consiste in una sostanza scura e fluida.

Il principio attivo della Cannabis maggiormente presente è il THC (delta-9-tetraidrocannabinolo) concentrato prevalentemente nella resina, di cui è ricca la variante indica, mentre in genere è molto bassa nelle varianti sativa e ruderalis. Con le moderne tecniche agricole sono state sviluppati ceppi di Cannabis con livelli molto più elevati di THC rispetto al passato.

La marijuana (anche l’hashish) viene generalmente fumata avvolta in una cartina (spinello) o usando una pipa, c’è chi la sostituisce al tabacco delle sigarette (blunt) mischiando anche altre sostanze come il crack o farmaci come la fenciclidina (PCP).

La fenciclidina, in gergo polvere d’angelo, è una potente sostanza dall’effetto psichedelico e dissociativo. Venne brevettata nel 1950 dalla compagnia farmaceutica Parke-Davis come anestetico, ma tale uso fu poi interrotto a causa di effetti collaterali (neurotossici) molto pronunciati. La fenciclidina può essere in forma liquida, in questo caso la sigaretta viene imbevuta nel liquido per poi fumarla; oppure in polvere per cui viene generalmente “sniffata”.

In genere l’effetto di uno spinello semplice compare abbastanza velocemente e termina nel giro di due-tre ore; il fumo inalato viene trattenuto più a lungo rispetto a una normale sigaretta, proprio per sentirne l’effetto creando rispettivamente un maggiore e più grave impatto sui polmoni. Tracce di THC rimangono a lungo nel corpo, anche molto tempo dopo che se ne è fatto uso.

La marijuana e l’hashish sono classificate entrambe sotto il termine generico Cannabis dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, come sostanze stupefacenti dotate di azione psicoattiva, psicotropa (ovvero capace di alterare l’attività mentale e la percezione del mondo circostante), in grado di indurre, in diverso grado, fenomeni di dipendenza, tolleranza e assuefazione. L’uso prolungato porta una diminuzione di abilità legate all’attenzione, alla memoria ed all’apprendimento.

I principi attivi della Cannabis (cannabinoidi), tra cui anche il THC, opportunamente dosati si sono dimostrati efficaci in molte patologie e sono contenuti in diversi farmaci in commercio in vari paesi. Tuttora altri studi sono in corso, ma la legge rende complicata e rischiosa la coltivazione della Cannabis necessaria, da cui estrarre i principi attivi. Per di più le disposizioni riguardo il consumo, la coltivazione e il commercio della Cannabis variano da paese a paese.

Il possesso e lo spaccio di stupefacenti viene punito in modo diverso nei vari paesi, in alcuni casi con pene molto severe, anche la pena di morte per reati connessi alla droga. Questo rischio, specie in passato, è un fattore spesso ignorato dai turisti che vi si recavano in vacanza, dando luogo a situazioni davvero drammatiche portate all’attenzione pubblica attraverso i film.

Come racconta Gabriele Salvatores in Marrakech Express, un bellissimo film  del 1989 che consiglio di vedere, in cui un gruppo di amici riunitosi dopo quasi dieci anni, decide di compiere un viaggio avventuroso (e pieno di imprevisti) per liberare un altro membro del gruppo incarcerato per possesso di droga. Dall’Italia a bordo di un fuoristrada, attraversano la Francia e la Spagna per arrivare in Marocco, ma…

Ben più drammatica e angosciante è la storia di Billy Hayes, un ingenuo studente americano che al termine di un periodo di vacanza in compagnia della sua ragazza a Istanbul nel 1970, tenta di contrabbandare due chilogrammi di hashish negli Stati Uniti, ma viene fermato in aeroporto dalla polizia turca. Condannato inizialmente a quattro anni di reclusione, in seguito all’ergastolo, entrerà nell’universo carcerario turco, in un susseguirsi di torture fisiche e mentali. Basato su una storia realmente accaduta, Fuga di Mezzanotte è un film di Alan Parker del 1978, per la sceneggiatura di Oliver Stone.

Decisamente più recente è il film Bangkok, senza ritorno (Brokedown Palace) diretto da Jonathan Kaplan nel 1999 in cui Alice e Darlene, due amiche appena diplomate fingono di partire in vacanza per le Hawaii e invece optano per l’avventura nella calda ed esotica Bangkok. Durante il loro soggiorno nella capitale thailandese fanno amicizia con Nick, un misterioso ragazzo australiano che le raggira e nasconde dell’eroina nei loro zaini. Diventate involontarie corrieri della droga in partenza all’aeroporto per Hong Kong, vengono arrestate e finite in carcere vengono condannate a 33 anni di reclusione. Inizierà per loro un lungo incubo dietro le sbarre del Brokedown Palace.
A dire di molti questo film appare banale, spesso viene messo a confronto con Fuga di mezzanotte con cui condivide la trama di un’assurda e disperata realtà. Ma è l’amicizia autentica tra le due giovani protagoniste femminili che risplende in questa pellicola, l’unico vero miracolo che ti sorprende, una speranza non delusa, in un mondo menefreghista e opportunista.

Pag. 3 

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