L’importanza della memoria deriva dal fatto che essa permette di collegare ogni evento attuale col passato e (data la relativa uniformità della natura) col futuro. Senza l’attività mnestica non vi sarebbe apprendimento e l’individuo sarebbe costretto  a reagire a una qualsiasi situazione come se essa si presentasse per la prima volta: la memoria, dunque, è una delle basi dell’adattamento.
Occorre precisare che nell’attività mnestica si trova qualcosa di più di una semplice registrazione di eventi: essi infatti vengono continuamente integrati, organizzati con altri eventi contemporanei o passati.
Lo sviluppo dell’attività mnestica avviene attraverso tre fasi:

  • la fissazione o apprendimento, durante la quale noi apprendiamo gli elementi stimolanti, o meglio le risposte che essi attivano;
  • la ritenzione, che si estende per un periodo di tempo più o meno lungo durante il quale ciò che è
    stato memorizzato va soggetto a modificazioni quantitative e qualitative;
  • la rievocazione o ricordo, nella quale i contenuti mnestici vengono riattivati spontaneamente o dietro ad unico sforzo volontario del soggetto.

Occorre sottolineare che questa distinzione in fasi è un artificio, perchè in realtà il processo  è unitario e non costituito da momenti distinti che si susseguono nel tempo.

– La fissazione o apprendimento –

Le variabili che influiscono sulla memorizzazione possono essere considerate rispetto:

al materiale da apprendere (alla sua quantità , alla sua natura, alla sua famigliarità e significatività)

alla modalità di apprendimento (organizzazione personale del materiale mediante accorgimenti che facilitano la memorizzazione)

alle condizioni soggettive di chi deve memorizzare e sono le variabili più importanti, che interferiscono anche sulle altre fasi, quella di ritenzione e di rievocazione o ricordo.

È infatti chiaro che di fronte a un compito da memorizzare si possono assumere diversi atteggiamenti poichè entrano in gioco fattori personali come la motivazione, l’interesse e le reazioni emotive.
Così si può assumere un atteggiamento passivo, che può arrivare fino al rifiuto se il compito da apprendere può sembrare assurdo o barboso; o un atteggiamento positivo, mosso per esempio dal desiderio di compiacere qualcuno, dall’aspettarsi una valutazione delle proprie capacità o magari solo per sbarazzarsene il prima possibile.

Un atteggiamento tipico è lo stato di ansia che può accompagnare un processo di apprendimento.
Nell’esperienza quotidiana è possibile vedere quanto spesso le prestazioni di una persona possono subire l’influenza di uno stato di tensione ansiosa; a volte l’ansia (specie se eccessiva) è accompagnata da una caduta del rendimento, altre volte a un suo incremento.

Anche l’interruzione di un compito, prima che questo sia completato può facilitare il ricordo, per il persistere della tensione messa in atto nel processo di apprendimento, mantenendo così vive le tracce mnemoniche già fissate.

È stato osservato un apprendimento più lento e un oblio più rapido quando il contenuto del compito urta gli atteggiamenti o le convinzioni di chi è tenuto a svolgerlo.

Ugualmente non si può dimenticare il ruolo sostenuto dall’interesse, che determina in gran misura l’efficacia dell’apprendimento perchè implica e mantiene un atteggiamento positivo nei confronti del compito.
Nella vita quotidiana questo interesse è incoraggiato dal gioco sottile delle ricompense e delle punizioni (dalla famiglia, dalla scuola e dalla società) e delle motivazioni personali (quelle che ci portano, ad esempio, a imparare a ballare, a guidare un’auto, ecc.). L’interesse è una delle leve principali sulle quali fa perno anche ogni buon insegnamento scolastico.

– La ritenzione –

È il momento in cui ciò che abbiamo memorizzato si stabilizza, pur andando soggetto a delle modificazioni.
Per fare un esempio pratico, la ritenzione può essere considerata la fase che intercorre fra il momento in cui si è memorizzata una lezione e quello in cui la si ripete davanti all’insegnante.
Durante la prima fase di apprendimento si fissano i contenuti che poi si dovranno rievocare; l’esperienza dimostra che nel momento della rievocazione il contenuto può risultare modificato dal punto di vista quantitativo (si ricordano meno cose di quelle studiate) e qualitativo (si rievoca il contenuto in maniera diversa da come era stato fissato).

Trasformazioni quantitative – assistiamo a una riduzione progressiva dei contenuti mnestici, la cui curva (curva dell’oblio) fu stabilita in una ricerca, rimasta celebre, di H. EBBINGHAUS (1885). La sua, insieme ad altre ricerche, dimostra il verificarsi di un decremento del ricordo e questo decremento ha un andamento tipico: più veloce all’inizio e più lento successivamente, fino a quando non si stabilizza.

L’evoluzione quantitativa di un ricordo è in relazione con molte variabili, tra le quali le reazioni emotive giocano un ruolo molto importante: i ricordi connessi a emozioni spiacevoli o pericolose per la personalità tenderebbero a venire isolati o rimossi dalla coscienza. Alla base del processo dell’oblio si ritiene vi sia un meccanismo di difesa della personalità. Per quanto obliati, tali contenuti sono presenti ed è possibile rievocarli attraverso il trattamento psicoanalitico o con l’ipnosi.

Trasformazioni qualitative F. C. BARTLETT mise in evidenza fenomeni di trasformazione mnestica utilizzando una storia come materiale da apprendere e riprodurre.

Noto come «La guerra degli spettri», è un breve racconto che trae origine da un’altra civiltà e presenta per noi delle difficoltà a causa degli usi e delle credenze che riflette, della narrazione sconnessa e degli elementi decorativi che contiene. Un soggetto dopo aver udito la storia la ripete a un altro e questo a un altro ancora, e così via per sette riproduzioni successive.

L’esame delle riproduzioni permise di vedere che la storia veniva abbreviata di volta in volta, ma le omissioni erano sempre più ridotte: se la serie fosse continuata, si sarebbe stabilizzata in una forma relativamente fissa. Si riscontrarono poi anche delle deformazioni, sebbene la storia rimanesse coerente e completa; le trasformazioni infatti tendevano a una razionalizzazione del fatto narrativo, eliminando gli elementi mitici e riducendo il contenuto ad uno schema convenzionale, che rifletteva l’esperienza famigliare delle abitudini e del costume di vita dei soggetti. Si erano cioè avute delle trasformazioni sia qualitative che quantitative.

– L’evocazione –

L’evocazione dei contenuti mnestici si può avere spontaneamente o attraverso una ricerca attiva del soggetto (come accade in occasione di una interrogazione scolastica).
Con l’affievolirsi della traccia mnestica, la curva dell’oblio col passare del tempo tende a stabilizzarsi, ma non raggiunge mai lo zero.
Nell’esperienza quotidiana, quando ci apprestiamo a studiare qualche cosa appresa molti anni prima e poi dimenticata, vediamo che il riapprendimento è più facile rispetto ad altro materiale di eguale difficoltà, ma completamente nuovo.
Questi contenuti mnestici dunque rimangono disponibili, anche se non possono essere richiamati a coscienza. La possibilità di richiamarli a coscienza dipende da un gran numero di variabili, le stesse che avevano influito sulla fissazione.

EMOZIONI E SENTIMENTI

L’emozione è uno stato particolare dell’individuo che si riflette

1. nell’esperienza che egli prova dentro di sè
2. in certe alterazioni nelle attività del suo corpo
3. nel suo comportamento esteriore.

Il sentimento è il “colore” che noi diamo allo stato emotivo.

Esperienza soggettiva dell’emozione

Quando una persona è in preda ad un particolare stato emotivo, prova certe sensazioni che possiamo sommariamente definire piacevoli (come gioia, orgoglio…) o spiacevoli (come paura, vergogna…). A volte tuttavia non risulta tanto facile dire se il proprio stato emotivo è piacevole o spiacevole (come nella meraviglia o nella sorpresa), oppure si assiste al paradosso in cui una emozione spiacevole è provata come positiva e desiderabile: è questo il motivo per cui, come è noto, il pericolo attrae, o per cui tante persone vanno a vedere film del terrore anche se sanno che poi avranno paura, e rimangono in uno stato di incresciosa tensione per tutta la durata dello spettacolo.

Alterazioni fisiologiche

Gli stati emotivi di una persona, in genere, sono osservabili anche esteriormente: direttamente, come quando si prende uno spavento e il cuore comincia a martellare più in fretta, o anche per mezzo di strumenti molto sensibili, che rilevano alterazioni del ritmo cardiaco più fini, che non riusciamo ad avvertire, provocati da un leggero stato di tensione.
Le reazioni dell’organismo agli stati emotivi interessano tutti gli apparati, non solo quello cardiaco: si hanno sbalzi della pressione arteriosa, variazioni del contenuto di ossigeno nel sangue, variazioni del ritmo e della profondità del respiro, alterazioni digestive, disturbi nelle secrezioni ghiandolari (aumento del sudore o dell’urina) e così via. Queste alterazioni organiche sono fenomeni comunissimi e non hanno alcuna conseguenza dannosa per l’individuo. Tuttavia un continuo stato di tensione o di allarme può far sì che tali reazioni divengano costanti, stabili, portando a uno stato patologico che non va trascurato (ipertensione arteriosa, infarto cardiaco, emicrania, asma…).
Siamo cioè di fronte a quelle che vengono chiamate malattie psicosomatiche: malattie organiche nelle quali i problemi psicologici sono la causa principale.

Comportamento esteriore

L’individuo in preda a un’emozione si comporta in un modo particolare e osservabile: piange, ride, urla, trema, impallidisce, è eccitato o in uno stato di quiete estatica, il suo volto assume le espressioni più varie, ha un modo di agire che può essere più organizzato del normale o completamente disorganizzato.

Quanto più l’emozione si fa intensa, tanto più il comportamento si disorganizza, diventa grossolano, con sempre maggiori restrizioni del campo sensoriale, e la persona perde il controllo della situazione. Ad esempio le fasi preliminari di una corrida hanno lo scopo di adirare al massimo il toro, il che rende più sicuro il lavoro del torero.

La moglie dell’astronauta Aldrin, alla notizia dell’arrivo del marito sulla Luna, non ha saputo trattenere la sua intensa emozione. In questo caso, molto probabilmente, non è facile stabilire se lo stato emotivo provato è piacevole o spiacevole: è verosimile che assieme alla gioia e all’orgoglio, sia presente anche un senso di preoccupazione per l’ignoto che il marito deve affrontare.

Come si differenziano le varie reazioni emotive e il loro modo di esprimersi?

Osservando il comportamento del neonato nei confronti di vari avvenimenti esteriori, si nota che l’unica risposta emotiva che egli esibisce è un eccitamento generale: si dimena in modo disordinato, agita le braccia, tira calci e spesso piange; non è la risposta specifica a un qualche stimolo particolare, ma un qualcosa che si ha, specie quando muta l’ambiente esterno (una luce o un rumore improvvisi, una repentina scossa della culla).

In seguito, tra il mese e il mese e mezzo di vita, questo eccitamento diffuso per quanto continui e dia segno di sè durante tutti gli anni a venire (manifestandosi con le attività sportive, i balli, ecc.), comincia a differenziarsi in reazioni emotive più specifiche.

La prima reazione che compare è quella di sofferenza: essa avviene in seguito alla fame o a condizioni dolorose e può essere accompagnata o no, dal pianto (presente fin dalla nascita), pur essendo caratterizzata da una diffusa tensione muscolare e da una alterazione del ritmo del respiro.

Poco dopo si distingue uno stato di piacere, quando il piccolo è soddisfatto nei suoi bisogni, il quale è rivelato dal sorriso, dall’emissione di suoni gutturali e dal rilassamento dei muscoli.

Così, già nei primissimi mesi di vita sono evidenti le due emozioni generali che saranno provate ed espresse durante l’esistenza futura.
Col passare del tempo, queste due emozioni si differenziano a loro volta in altri tipi di risposta, sempre più specifici. La sofferenza trova espressione in una varietà di stati emotivi quali l’ira, il disgusto, la paura o la gelosia; il piacere, pure, si differenzia e trova modo di esprimersi nell’esultanza, nella gioia, e così via.

Il processo di differenziazione e di affinamento degli stati emotivi non cessa con l’infanzia, ma continua per tutta la vita dell’individuo.

Testo di riferimento: Psicologia di Mario Farnè, Giuliana Giovanelli – Signorelli, Milano 1970

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