Nel 1810 Philippe Gurard deposita il brevetto del primo filatoio a umido dando così il via alla filatura del lino e a uno sviluppo industriale che nel 1873 si traduce in Italia nella nascita del Linificio e Canapificio Nazionale S.p.A. per volontà di Andrea Ponti.
Considerata una delle più antiche aziende europee e simbolo dell’eccellenza del Belpaese nella produzione di canapa e lino, le sue prime attività si concentrano sulla filatura a bagno e su quella a secco.

Nel 1876 risulta essere la terza società italiana quotata in borsa e procedendo nell’acquisizione di numerosi stabilimenti assume dimensioni nazionali (1920). Il boom economico e il clima politico favorevole tra gli anni 40 e 60 consolidano la sua crescita e la sua produzione per il mercato nazionale e internazionale.

FILATI E TESSUTI

Dopo essersi ricoperto per lungo tempo con rozze pelli scarnite, l’uomo giunse un giorno all’intuizione che l’avrebbe condotto alla filatura. I bioccoli della lana della pecora divennero sotto le agili dita della donna filo lungo, morbido e caldo, e questo filo teso e intrecciato su primitivi telai si trasformò in rozzo tessuto. Per secoli la lana fu l’unica fibra tessile conosciuta, fino ai tempi degli Egizi e della Grecia omerica, quando fece la sua comparsa il lino candido e finissimo, usato per indumenti di gran pregio.
Comparvero poi il bisso, fibra lucente e pregiata prodotta da un mollusco tipico del Mediterraneo, tanto caro ai patrizi romani, ma oramai così raro, la seta, monopolio dei mercati d’Oriente, e molto più tardi la canapa e il cotone, importati e diffusi in Europa da arabi e veneziani.
Intanto l’arte del filare e del tessere assumeva sempre maggiore importanza e bellezza. Nel Medioevo e nel Rinascimento l’Italia ebbe la supremazia in campo tessile, la filatura e la tessitura erano eseguite esclusivamente a mano da abilissimi artigiani.

….con il fuso e la conocchia, attenti al vorticoso girar dell’arcolaio, curvi sul telaio a intrecciare due distinti ordini di fili, trasversali fra loro: l’ordito, che ne determina la lunghezza, e la trama, che ne determina l’altezza e va a delimitar i bordi laterali con le cimose.

Un procedimento molto lungo e costoso, fino ai primi anni dell’ottocento, quando il lionese Joseph Marie Jacquard ideò e costruì il primo telaio meccanico che, qualche anno dopo, l’italiano Gaetano Bonelli semplificò ed elettrificò. Ebbe inizio così il periodo tessile industriale.


Tessitore al telaio – Vincent van Gogh (1884)

LE FIBRE TESSILI

Fin dai tempi più antichi l’uomo è stato capace di utilizzare dei prodotti fibrosi i quali opportunamente lavorati si prestavano molto bene ad essere trasformati in fili sottili, tenaci e flessibili. L’industria tessile li ha utilizzati per la fabbricazione dei filati, i quali, a loro volta, mediante particolari lavorazioni (tessitura) vengono trasformati in tessuti o maglie.

Le fibre tessili naturali sono quelle esistenti in natura, le tecnofibre sono quelle prodotte dall’uomo attraverso l’uso della chimica, si possono distinguere in:
– artificiali se prodotte a partire da polimeri organici di origine naturale (cellulosa ecc.),
– sintetiche se prodotte da polimeri di sintesi (il polimero di partenza non esiste già in natura ma viene sintetizzato dall’uomo),
– inorganiche se prodotte da minerali o sostanze inorganiche, cioè senza carbonio.

IL LINO

Coltivato in tutto il mondo fin dall’antichità, il lino simboleggia la luce. In India si diceva che l’aurora tessesse la camicia nuziale del suo sposo divino, il Sole, con i fili di lino. Per questo nella tradizione essi rappresentano i raggi del sole e sono simbolo di vita e di fertilità. Il lino è anche simbolo divino, veniva usato per le tuniche indossate dai sacerdoti e dalle vestali, e per il sudario dei defunti, come la sacra Sindone conservata nel Duomo di Torino, un lenzuolo di lino sul quale è visibile un’immagine che la tradizione cristiana identifica con Gesù, e il lenzuolo usato per avvolgerne il corpo nel sepolcro.

Il lino è una fibra molto pregiata, morbida, flessibile e resistente; fresco al tatto si caratterizza per essere un buon conduttore del calore e lascia quindi disperdere quello del nostro corpo, si presta perciò per l’abbigliamento estivo. Il puro lino però tende a stropicciarsi e a perdere freschezza facilmente, per cui si usa associarlo ad altre fibre (misto lino).
Esistono vari tipi di lino che differiscono per qualità, finezza, colore della fibra, con cui si possono ottenere tessuti molto diversi: tele rustiche, tessuti damascati per tovaglieria, bellissime tele, pregiate batiste, e filati per pizzi e merletti di gran pregio, famosi sono quelli belgi, francesi e italiani (Burano, Cantù, Abruzzi).

La fibra è ricavata da una pianta erbacea annuale, il Linum usitatissimum L. che appartiene alla famiglia delle Linaceae, coltivata ampiamente fin dall’antichità, sia per i suoi semi che per la sua fibra, in particolare in Europa e in Egitto.
Dalle varie parti della pianta si ricavano: tessuti, carta, medicinali, cordame (anche per le reti da pesca).
Dai semi di lino si ottiene sia la farina sia l’olio di lino, commestibile ma facilmente deteriorabile per cui deve essere di ottima qualità, contiene acidi grassi essenziali. I semi di lino hanno proprietà lassative ma come tutte le piante officinali va usato con cautela, può avere delle controindicazioni o interferire con l’assorbimento dei medicinali. L’olio di lino viene impiegato anche come ingrediente in prodotti per il legno (finitura) e nell’industria delle vernici come olio siccativo e diluente. È inoltre utilizzato dall’industria cosmetica nei saponi e in gocce, che applicate sulla lunghezza dei capelli li rende più elastici e previene la formazione delle “doppie punte”. Infine il lino è coltivato anche come pianta ornamentale da giardino.

 

LA CANAPA

Tra gli anni 40 e 50 del Novecento, nella pianura veneta non c’era famiglia contadina che non riservasse un pezzetto di terra per la coltivazione del cànevo (canapa) — così riferiscono le donne che a quel tempo erano bambine — preziosa pianta che si prestava ad essere facilmente coltivata, una risorsa importante per l’economia famigliare perchè una volta filata, oppure tessuta, poteva essere venduta per confezionare biancheria da cucina o lenzuola forti e resistenti,  che poi venivano lavate con la liscia o lisciva, una sostanza alcalina che si otteneva trattando con acqua bollente la cenere di legno o di carbone di legna e poi sciacquate al lavatoio.
Già. Ancora non esistevano i detersivi e le lavatrici.

La canapa è una fibra più o meno resistente a seconda se proviene dalla pianta maschile o da quella femminile. Da grezza emana un odore caratteristico, è fresca al tatto e può essere confusa con il lino, anche se è molto più ruvida e grossolana. Esistono diverse varietà di canapa: grossolane e scure quelle russe, più fini quelle giapponesi e indiane, ma le migliori del mondo sono considerate quelle italiane.
La canapa dà origine a prodotti di diversissimo uso: cordami, sacchi, canovacci, corde, tele da vela e da tenda; le tele da biancheria sono il prodotto più noto e antico, ma è impiegata con successo anche nel campo dell’abbigliamento e dell’arredamento: abiti e calzature estivi, borse, valigie molto resistenti, tovaglie multicolori facilmente lavabili, tele fini per biancheria, tendaggi, rivestimenti, tappezzerie, tappeti.

La fibra è ricavata da una pianta annuale, la Cannabis sativa L. che appartiene alla famiglia delle Cannabaceae, è originaria dell’Asia centrale, da cui fin dalla più remota antichità si diffuse in Cina, e poi in Europa durante l’espansione coloniale e navale del XVI secolo.
È una pianta che cresce anche su terreni difficili, oggi è coltivata in Francia, in Russia, nei paesi dell’Europa orientale, in Asia meridionale, mentre in Italia la sua coltivazione è praticamente scomparsa a causa della concorrenza delle fibre sintetiche (anni 50), nonostante fosse molto sviluppata in Emilia Romagna (in particolare Ferrara e Bologna) e in Campania (Napoli e Caserta) dove si produceva la migliore canapa del mondo.

La canapa è una materia prima, molto versatile può essere utilizzata in diversi settori: dal tessile all’edilizia (è un ottimo isolante), gli idraulici la utilizzano come guarnizione (stoppa), alla riconversione di terreni inquinati. Fino alla seconda metà del Novecento è stata la materia prima per la produzione di carta ottenuta dalla lavorazione dei residui legnosi e stopposi, era utile per produrre olio per l’illuminazione e mangime per il bestiame produttivo.

All’Expo Milano 2015 è stata esposta la prima bioplastica a base di canapa prodotta da una startup catanese, un progetto in fase sperimentale portato avanti in collaborazione con l’università di Catania, che guarda al passato per ideare un futuro sempre più green.

La Cannabis sativa o canapa utile

La Cannabis sativa fu classificata da Linneo (1707-1778), medico, botanico e naturalista svedese, considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi, ritenuta rigorosa ed esatta poichè a ciascun organismo vengono attribuiti due nomi (Nomenclatura binomiale): il primo si riferisce al Genere (uguale per tutte le specie che condividono alcuni caratteri principali) e l’altro alla Specie (nome specifico), segue la lettera L. che identifica il nome dello scienziato.
Successivamente fu riscontrata l’esistenza di tre varietà di Cannabis:

  • la sativa (o canapa utile) più diffusa nelle regioni settentrionali, ricca di fibre
  • la indica (o canapa indiana) tipica dei paesi a clima caldo e con maggiore contenuto di resina e principi attivi
  • la ruderalis (o canapa russa) varietà spontanea, infestante, che si sviluppa in zone caratterizzate da clima rigido

Fin dall’antichità le diverse varietà della canapa erano coltivate in tutto il mondo e utilizzate in vari settori.  A differenza dei paesi orientali e medio-orientali dove i suoi derivati vengono utilizzati per finalità mediche e/o in pratiche cerimoniali e religiose, in Europa la storia della canapa è prettamente legata al mondo tessile.


È importante precisare che in Italia la coltivazione e il possesso di Cannabis sono illegali salvo specifica autorizzazione.

La coltivazione industriale della Cannabis sativa, infatti, è consentita dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali sulla base del regolamento CE 1251/1999 e successive modificazioni, con la circolare ministeriale n.1 dell’8 maggio 2002, limitata a varietà di canapa certificata, appositamente selezionate per avere un contenuto trascurabile di THC.

Nota bene: Poichè il dpr 309/90 punisce tutti i comportamenti finalizzati alla diffusione delle sostanze stupefacenti, qualunque sia la loro tipologia o specie, compreso il proselitismo, va precisato che con quanto seguirà in questo post non si intende in alcun modo incentivare condotte vietate, tanto meno promuovere l’uso di stupefacenti, ma soltanto informare, prevenire e invitare alla riflessione gli eventuali lettori.

LA LEGALITÀ DELLA CANNABIS

Da paese a paese la legalità della Cannabis varia, e si differenzia rispettivamente al consumo, alla coltivazione e al commercio.
Negli Stati Uniti dove lo Stato Federale ha reso illegale da decenni l’uso e il possesso di marijuana, si è accesa una discussione sulla legalizzazione, visto che singoli Stati hanno provveduto in tal senso emanando delle norme circa l’uso, o per motivi terapeutici o a scopo ricreativo.

Il primo provvedimento risale al 1937 quando con il Marijuana Tax Act, emanato dal Congresso degli Stati Uniti d’America e firmato dal Presidente Delano Roosevelt, si volle impedire la coltivazione di qualsiasi tipo di canapa.
La legge non vietava espressamente il consumo, la compravendita o la coltivazione, ma prevedeva l’applicazione di una tassa e un complesso sistema burocratico che di fatto scoraggiava possessori e coltivatori. Chi non rispettava tale provvedimento veniva punito con multe salate o con il carcere.
In realtà si trattava di una strategia per rendere in qualche modo accettabile e possibile una legge proibitiva, un precedente del genere si era creato nel 1934 per arginare il fenomeno del gangsterismo: negli Stati Uniti non poteva essere vietata la libertà costituzionale di possedere un’arma da fuoco, così ne venne tassato pesantemente l’acquisto.

Nel 1961 con il Single Convention Drug Act (Convenzione unica sugli stupefacenti) l’ONU classifica ufficialmente la Cannabis come stupefacente.
Con la legge Comprehensive Drug Abuse Prevention and Control Act del 1970, approvata sotto la presidenza di Richard Nixon e tuttora in vigore, la marijuana e il suo principio attivo (THC) sono stati inclusi nella categoria più alta delle sostanze pericolose.

Nel corso del tempo diversi tentativi sono stati fatti per includerla nelle categorie inferiori. In diversi paesi sono in commerciofarmaci contenenti cannabinoidi, tra cui anche THC, e molti studi sono in atto vista la loro efficacia in molte patologie. Ma la legge rende complicata e rischiosa la coltivazione della Cannabis necessaria, da cui estrarre i principi attivi. Agli Stati che hanno adottato provvedimenti sulla legalizzazione della marijuana, lo Stato Federale ha diffuso un documento con delle direttive da seguire.

Negli Stati Uniti è la Food and Drug Administration (FDA), l’ente governativo che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici; in Europa le due aree sono suddivise:
l’EFSA è l’autorità europea per la sicurezza alimentare con sede a Parma, e
l’EMA per la sicurezza dei farmaci, con sede a Londra.

Per fare chiarezza:

– LEGALIZZAZIONE significa rendere ammissibile un atto prima illegale, che quindi viene depenalizzato.
– LIBERALIZZAZIONE indica un atto legislativo che riduce, alleggerisce le restrizioni precedentemente esistenti. È un termine che si presta ad essere frainteso, erroneamente equiparato alla libertà di poter fare quello che si vuole.

 

In Italia, negli ultimi anni diverse Regioni hanno approvato una Legge regionale che consente e disciplina, nel rispetto dei limiti derivanti dalla legislazione statale, l’uso terapeutico di farmaci con i principi attivi della Cannabis, specificatamente per alcune gravi patologie verso le quali è stata comprovata l’efficacia. Ma la procedura burocratica per ottenere questi farmaci è piuttosto complicata dato che in Italia non si può coltivare Cannabis Indica per scopi terapeutici (ma soltanto di ricerca). Il sistema sanitario regionale si trova quindi costretto ad acquistarli all’estero tramite il Ministero della Sanità, con maggiori costi spesso a carico del paziente. Peraltro la legislazione nazionale, che appare un po’ lacunosa, prevede che i farmaci a base di Cannabis possano essere prescritti soltanto «quando altri farmaci disponibili si siano dimostrati inefficaci o inadeguati al bisogno terapeutico del paziente» per cui l’iter burocratico risulta piuttosto lungo e complesso.
Un’eccezione a questa regola è quella per la Sclerosi multipla per l’efficacia accertata riguardo gli spasmi muscolari (crampi) e il dolore neuropatico (alterata percezione del dolore che risulta continuo e senza rimedio). Nel 2010 il tribunale di Avezzano ha stabilito che «è doveroso» per i pazienti affetti da sclerosi multipla ricevere medicine a base di cannabis, che devono essere rimborsate dal Servizio Sanitario Nazionale.

LA SCLEROSI MULTIPLA (SM)

Va precisato che la Sclerosi multipla (SM) si differenzia dalla Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) poichè sono due patologie ben distinte con un quadro clinico, evoluzione, prognosi  e  terapie molto diverse.