Essenziale nell’alimentazione umana, la farina diventa quell’elemento onnipresente che è il pane: quello che mangiamo in Europa e in America, modellato e lievitato, la tortilla messicana, il sottile pane orientale… da sempre l’uomo che coltiva i cereali li trasforma in farina.
Nei paesi ricchi il pane si produce con farina di grano il cui tenore di glutine favorisce la lievitazione. Ma tutti i cereali possono costituire la base del pane: segale, orzo, miglio, mais, riso e grano saraceno.
Come si produce la farina? Innanzitutto bisogna separare il chicco del cereale dal suo involucro. In seguito si riduce il cuore del chicco in farina grazie a una serie di frantumazioni seguite da stacciature. L’insieme di queste operazioni costituisce la macinatura.
Anticamente, il chicco veniva frantumato tra due grosse pietre. Più tardi i Romani inventarono il mulino, composto da due macine sovrapposte: l’una fissa e conica, l’altra mobile e girevole sulla prima. Questo mulino era azionato a mano.
I primi mulini ad acqua fecero la loro apparizione circa 2000 anni fa.
Ai nostri giorni, anche se i mulini ad acqua vengono ancora utilizzati, si usano piuttosto dei frantoi a cilindri. Queste apparecchiature permettono di produrre qualunque tipo di farina.
La denominazione di farina designa unicamente il “prodotto della macinatura del cuore del chicco di grano pulito ed industrialmente puro”.
In generale, quando si parla di farina ci si riferisce alla farina di frumento (di grano). Tuttavia esistono anche farine di segale, di grano saraceno, di avena, orzo, riso e miglio, così come farine di certi legumi, ad esempio di ceci.
In questo caso, il prodotto della macinatura verrà obbligatoriamente nominato con l’appellativo di “farina” seguito dal nome del cereale o del legume che è l’ingrediente di tale farina.
Oltre alla produzione del pane, la farina viene utilizzata anche per preparare dolci, biscotti, crêpes, paste, ecc. La si utilizza anche per amalgamare salse, minestre, spezzatini. In questo caso al posto della farina si possono usare le fecole, alcune delle quali si ottengono da piante esotiche e sono comunque molto usate in pasticceria.
LA FARINA DI FRUMENTO
Di tutti i tipi di farina, quella di frumento è la più conosciuta nei paesi occidentali: è la farina panificabile per eccellenza.
Frumenti utilizzati: si utilizzano principalmente tre tipi di frumento nella fabbricazione della farina.
Il ‘Triticum aestivum’, il grano ordinario che fornisce le farine di grano tenero impiegate per il pane, la pasta e i dolci;
il ‘Triticum monococcum’, un tempo coltivato dagli abitanti dei villaggi lacustri svedesi, cresce ancora nei paesi dell’ex Jugoslavia, in Africa del Nord e in certe parti dell’Asia.
il ‘Triticum durum’, il grano duro destinato essenzialmente alla produzione di paste alimentari.
Caratteristiche della farina: il vantaggio della farina di frumento sta nel fatto che contiene glutine, una miscela di proteine che ha la proprietà di assorbire l’acqua della farina.
Durante l’impastatura della farina e la sua trasformazione in pasta, grazie all’aggiunta di lievito, il glutine gonfia e concorre così alla fermentazione e al mantenimento della forma del pane sino alla cottura.
La percentuale di glutine nella farina di frumento varia secondo il tipo di grano utilizzato ed il luogo della sua coltivazione. Più la percentuale di glutine è elevata, meglio la pasta lieviterà. Ed è per questo motivo che la farina di frumento è parte degli ingredienti di quasi tutti i pani, quale che sia il tipo di farina utilizzato.
MALATTIA CELIACA
La malattia celiaca (sprue non tropicale, enteropatia da glutine, sprue celiaca) è un’intolleranza ereditaria al glutine, una proteina presente nel grano, nell’orzo e nell’avena, che provoca alterazioni caratteristiche della mucosa dell’intestino tenue, causando malassorbimento.
La malattia celiaca colpisce 1 soggetto su 300 in Italia e nell’Irlanda sudoccidentale ed è ancora estremamente rara in Africa, Giappone e Cina. Vi è una componente genetica, circa il 10% dei soggetti con malattia celiaca ha un parente stretto affetto da questa malattia. Si pensa che il glutine, una proteina presente nel grano e, in misura minore nell’orzo, nella segale e nell’avena, stimoli la produzione di alcuni anticorpi. Questi anticorpi danneggiano la mucosa interna dell’intestino tenue, causando un appiattimento dei vili. La ridotta superficie che ne risulta porta al malassorbimento delle sostanze nutritizie. Tuttavia, la normale superficie dell’intestino tenue, simile a una spazzola e la sua normale funzione sono ripristinate quando il soggetto smette di mangiare i cibi contenenti glutine.
Alcuni soggetti sviluppano i sintomi da piccoli, mentre ad altri ciò non accade fino all’età adulta. Nei bambini, i sintomi non compaiono fino all’introduzione nell’alimentazione dei cibi contenenti glutine.
Il glutine è così ampiamente utilizzato nei prodotti alimentari che risulta necessario un elenco dettagliato dei cibi da evitare e di consigli da parte di dietologi esperti. Il glutine per esempio di trova nelle minestre commerciali, nei sughi, nel gelato e nei panini.
Tratto da: Il manuale della salute per tutta la famiglia – Merck, Raffaello Cortina editore, Springer 2004
Per approfondire: Celiachia
Una cosa va detta: assumere una dieta senza glutine quando non si soffre di celiachia non ha alcun senso, se non quello di sviluppare gravi carenze nutrizionali.
Tutto ciò rende comprensibile la cautela suggerita dai pediatri nell’inserire nuovi cibi nel periodo dello svezzamento del bambino. Al contrario noi adulti, in genere, abbiamo la cattiva abitudine di dare piccoli assaggi dei più svariati cibi ai bambini molto piccoli, un po’ per commensalità, un po’ perchè in genere si ha troppa fretta che i bambini crescano (per stupirci poi di come ciò sia avvenuto così rapidamente. Dovremmo imparare a goderci di più il presente!).
Nota bene: questa non è una testata medica, le informazioni fornite da questo sito hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, pertanto occorre sempre fare riferimento al proprio medico di famiglia.
Differenti tipi e qualità di farina
Le farine si definiscono in base al loro tasso di estrazione: con ciò s’intende la quantità di farina ottenuta da 100 Kg di grano. A ciascun tasso corrisponde un dato tipo di farina.
La farina bianca: chiamata anche fior di farina, essa deriva, durante la prima macinatura, dal cuore farinoso del chicco quando è stato mondato dal cruschello (o dalla crusca) e dal germe e in seguito setacciato da buratti in metallo, seta o nylon; la miscela di farine raccolte dopo ogni setacciatura dà la farina bianca.
Il suo tasso d’estrazione è intorno al 75%. Il germe, o embrione, è stato eliminato anche se è ricco di vitamina E, dato che i suoi prodotti di fermentazione rendono più difficile la conservazione (irrancidisce velocemente). Le farine il cui tasso di estrazione supera l’82% non durano molto.
La farina si può sbiancare ulteriormente con altri additivi che sono spesso ad essa associati: tiamina, acido nicotinico, ferro o calcio.
La farina scura: contiene l’80-85% del chicco di grano, senza la crusca, ma con il germe.
La farina integrale: comprende l’insieme del chicco di grano e contiene la vitamina E. La crusca contenuta in questa farina costituisce un elemento essenziale in tutti i regimi dietetici.
La produzione di farina integrale si ottiene secondo procedimenti industriali moderni, o utilizzando vecchie macine di pietra, in questo caso sulla confezione apparirà la dicitura“macinatura con mole di pietra”. Si ritiene che questo procedimento permetta una migliore conservazione delle sostanze nutritive.
La farina di grano tenero: povera di glutine, è essenzialmente destinata alla pasticceria leggera e alla produzione di biscotti.
La farina di grano duro: oltre ai frumenti più conosciuti, esistono dei ‘grani pieni’ in cui il glutine è più elevato (America Settentrionale e Canada). Questa farina è utile nella fabbricazione di prodotti di panificazione fine, di paste sfoglie e di pane.
La semola di grano duro, si caratterizza per essere finemente granulosa, di colore giallognolo viene usata per le paste alimentari.
La farina macinata grossa (farinacciolo): contiene dall’80 all’85% del chicco separato dalla crusca.
La farina ordinaria: è quella tradizionale usata solitamente per pasticceria e in cucina.
La farina speciale con aggiunta di lievito: questa farina, a cui sono stati aggiunti lieviti chimici, è utile nella preparazione di ogni di dolci e torte. Esistono anche farine speciali alle quali il mugnaio aggiunge altri ingredienti o additivi: germe di grano, crusca, prodotti maltinizzati, farina di segale, orzo o soia.
In commercio la farina la troviamo classificata in:
Farina 00: è la farina bianca più comune, più raffinata, più povera di nutrienti, adatta per la preparazione di dolci.
Farina 0: il suo colore tende al giallo chiaro, è un po’ meno raffinata e scarsa di nutrienti, adatta per la preparazione del pane, delle pizze e delle focacce.
Tipo 1: è una via di mezzo tra la farina raffinata e quella integrale, più consistente dal punto di vista nutritivo rispetto alle precedenti, è adatta per la preparazione della pizza e delle piadine.
Tipo 2: definita anche farina semi-integrale, ha una consistenza più granulosa, ideale per la panificazione.
Integrale: con più elevate caratteristiche nutritive, la sua lavorazione richiede alcuni accorgimenti ed è ideale per la panificazione.
LE FARINE DI CEREALI
La farina d’avena: ottenuta dal chicco d’avena, si trova di tre tipi: macinata fine (la più usata), media o grossa. L’aggiunta di farina d’avena alla forma integrale o di frumento è apprezzabile.
L’avena è più dura di altri cereali ed è più ricca di proteine. Da qui la sua popolarità nei paesi freddi come la Scozia, dove l’ “haggis” (un insaccato tradizionale), i “bannocks” (pane piatto e rotondo), ecc. sono a base di farina d’avena e vengono serviti accompagnati dal whisky scozzese e miele di brughiera.
La farina di mais: questa farina bianca o giallo pallido ha una grana più grossa. Povera di glutine, serve soprattutto nella preparazione di pani sottili come le “tortillas” messicane. Sprovvista di niacina, una vitamina del complesso B molto importante, è meno nutritiva della farina di frumento.
La farina di miglio: un tempo era il cereale più importante in Europa, coltivata anche in Russia, Egitto e India.
Non è usata per farne pane o pasticceria fine, ma per preparare pani azzimi o dolci arrostiti. Con la farina di miglio aggiunta al semolino fine si prepara il couscous.
La farina d’orzo: povera di glutine, viene utilizzata per preparare pani duri e piatti. Nel XV secolo veniva usata come portata principale.
La qualità può essere migliorata con l’aggiunta di farina di frumento. Il suo gradevole gusto di noci aggiunge sapore ai pani al latte o ai biscotti salati. In Scozia viene usata nella preparazione dei “bannocks” e del “porridge” (una zuppa molto densa).
La farina di riso: molto fine, è composta di riso brillato e riso bruno: la si utilizza nella panificazione per spolverizzarne il pane.
Addizionata alla farina di frumento conferisce ai dolci un aspetto più uniforme e rende i biscotti più croccanti.
Poichè la farina di riso non ha bisogno di essere bollita, la si utilizza anche per ispessire preparazioni delicate che non reggerebbero la bollitura.
La farina di grano saraceno: è una farina scura, di gusto gradevole, non contiene glutine ed è perfetta per la preparazione di crêpes, focacce, farinate, pani azzimi e alcuni tipi di paste alimentari, come i pizzoccheri della Valtellina.
Benchè collocato commercialmente tra i cereali, il grano saraceno non appartiene alle Graminacee ma è una pianta erbacea annuale appartenente alla famiglia delle Poligonacee. Originario dell’Asia centrale, si coltiva nei paesi freddi, in Italia soprattutto nelle vallate alpine.
La farina di segale: di colore scuro, dà al pane nero e al “pumpernickel” (pane tipico della cucina tedesca) un bel colore cupo e il gusto del malto.
È molto popolare nell’Europa settentrionale ed orientale (la si utilizza nella preparazione del pane speziato il pain d’épices, del pane al miele, e dei croccanti pani scandinavi). Tuttavia è una farina povera di glutine e di qualità inferiore alla farina di frumento, per questo motivo si mescolano insieme per ottenere un pane ben lievitato.
La maizena: è una polvere fine, estratta dal chicco del mais, più morbida e più bianca della farina. Insapore, essa è soprattutto usata per far “legare” salse, minestre e spezzatini. La si impiega anche nella preparazione di prodotti di pasticceria fine o di biscotti, aggiungendola alla farina di frumento così da abbassarne la percentuale di glutine.
La polenta: è una varietà della farina di mais, a grana grossa, molto popolare nell’Italia settentrionale.
LE FARINE DI LEGUMINOSE
L’ “arrow-root”: è una fecola estratta dal rizoma disidratato di una pianta tropicale, la maranta (arundinacea). È una polvere fine e insapore, facilmente digeribile. In cucina serve soprattutto ad amalgamare le salse. Da preferire senz’altro alla farina di mais che è meno fine (ma rispetto alla quale va dimezzata la quantità indicata), quando si vuol ottenere una salsa leggera.
Se mescolata a del succo di frutta o sciroppo, si ottiene una specie di gelatina.
La farina di castagne: si ottiene dalle castagne seccate e frantumate. Si utilizza in Corsica e in alcune regioni italiane, per farne una farinata zuccherata e un dolce tipico profumato al rosmarino (castagnaccio).
La farina di ceci: si trova soprattutto nelle botteghe che vendono prodotti indiani. Di colore giallo pallido, ricca di proteine, serve a preparare il “nan”, un pane sottile e lievitato servito nei ristoranti indiani, o usato per ispessire le minestre.
La fecola di patate: estratta dalla patata frantumata e disidratata è una polvere bianca usata per amalgamare minestre e spezzatini. Forse sorprenderà sapere che essa è usata anche per la preparazione di dolci al cucchiaio. Il suo vantaggio è quello di ispessire i cibi senza la necessità di dover bollire, cosa che potrebbe rovinare altri ingredienti delle creme come le uova o la panna.
La farina di soia: estratta dal seme di soia, è una polvere di colore giallo, morbida, liscia, cremosa. Povera di amido è ricca di proteine, aumenta il valore nutritivo dei piatti. Mescolata alla farina di frumento (una parte di farina di soia per otto parti di farina di frumento), essa migliora la qualità delle vivande. In Cina viene usata nella preparazione di un formaggio vegetale, il “tofu”, e in Europa e negli Stati Uniti la si impiega talvolta al posto delle mandorle sminuzzate, perchè meno cara.
Tratto da: Io in cucina – Marshall Cavendish, Mepe 1988