Il palazzo di gelato

Una volta, a Bologna, fecero un palazzo di gelato proprio sulla Piazza Maggiore, e i bambini venivano di lontano a dargli una leccatina.
Il tetto era di panna montata, il fumo dei comignoli di zucchero filato, i comignoli di frutta candita. Tutto il resto era di gelato: le porte di gelato, i muri di gelato, i mobili di gelato.
Un bambino piccolissimo si era attaccato a un tavolo e gli leccò le zampe una per una, fin che il tavolo gli crollò addosso con tutti i piatti, e i piatti erano di gelato al cioccolato, il più buono.
Una guardia del Comune, a un certo punto, si accorse che una finestra si scioglieva. I vetri erano di gelato alla fragola, e si squagliavano in rivoletti rosa.
— Presto, — gridò la guardia, — più presto ancora!
E giù tutti a leccare più presto, per non lasciar andare perduta una sola goccia di quel capolavoro.
— Una poltrona! — implorava una vecchiettina, che non riusciva a farsi largo tra la folla, — una poltrona per una povera vecchia. Chi me la porta? Coi braccioli, se è possibile.
Un generoso pompiere corse a prenderle una poltrona di gelato alla crema e pistacchio, e la povera vecchietta, tutta beata, cominciò a leccarla proprio dai braccioli.
Fu un gran giorno, quello, e per ordine dei dottori nessuno ebbe il mal di pancia.
Ancora adesso, quando i bambini chiedono un altro gelato, i genitori sospirano: — Eh già, per te ce ne vorrebbe un palazzo intero, come quello di Bologna.

di Gianni Rodari – Favole al telefono, Einaudi 1962

GHIACCIO E NEVE

Pare che già prima del 500 a.C. i Cinesi sapessero come conservare il ghiaccio invernale per poterlo utilizzare in estate. Gli Imperatori indiani, pure, mandavano i loro servi sulle montagne per prendere neve e ghiaccio da mescolare al succo della frutta.
Un poeta greco vissuto ad Atene nel 500 a.C. racconta dell’uso di preparare bevande a base di limone, miele e melagrana con l’aggiunta di neve o ghiaccio.
Alessandro Magno, invece, fece creare delle buche profondissime nelle quali riporre neve pressata che veniva prelevata durante l’estate.
Plinio il Vecchio racconta che i Romani preparavano una crema gelata a base di ghiaccio, miele e succo di frutta. Gli Arabi in Sicilia mescolavano il succo alla neve dell’Etna chiamando il composto Sherbeth, che poi ha dato il nome all’attuale Sorbetto.

LA STORIA DEL GELATO


Venditore di sorbetti – stampa popolare inizio Ottocento

I gelati di origine più antica sono i sorbetti, che si ottengono con sciroppo di zucchero e polpa o succo di frutta. Il loro nome viene dal turco serbet, di qui l’attribuzione che spesso viene data all’Oriente circa la nascita di questo alimento.
Il gelato così come lo conosciamo e lo gustiamo oggi ha sicuramente origini italiane. Il gelato vero e proprio si ottiene raffreddando una crema di uova, zucchero, latte o panna e altri ingredienti a piacere che ne caratterizzano il sapore, e il merito di questa idea va solo ai pasticceri siciliani, che si specializzarono in questo genere di dolci rendendoli famosi in tutto il mondo.
Sempre la storia, infatti, vuole che sia stato un siciliano al seguito di Caterina de’ Medici a portare il gelato alla corte di Francia e sempre un siciliano, certo Procopio Cutelli, a far conoscere il gelato ai parigini nel 1660 aprendo il famoso e ancor oggi esistente ‘Cafè Procope’.

Dalla ricetta base del gelato si ottengono, mediante ulteriore lavorazione, varie preparazioni tra cui le più importanti sono:
• i pezzi duri: si preparano facendo congelare, a temperatura più bassa, gelati di gusto differente compressi in stampi che, a seconda della forma, prendono il nome di parfait (a forma cilindrica), bomba ( a forma sferica), stracchino e mattonella (a forma di parallelepipedo) e cassata;
• le torte gelate si ottengono alternando strati di gelato con pan di Spagna inzuppato, crema e panna montata.

Oggi il tipo di gelato più diffuso è senza dubbio quello preparato industrialmente anche se a livello qualitativo non può certo competere col gelato realizzato artigianalmente o con metodi casalinghi. Le ragioni di questo successo sono la praticità, la varietà di preparazioni e le garanzie igieniche in quanto esistono leggi che regolamentano la produzione e tutelano l’interesse dei consumatori.

Indubbio e senza pari è comunque il fascino del gelato fatto in casa preparato con le proprie mani e con ingredienti selezionati personalmente.
Il gelato realizzato con metodi casalinghi può essere preparato in due modi: completamente a mano o con la gelatiera. In ogni caso la preparazione base è sempre la stessa e cambia solamente la lavorazione durante l’indurimento e cioè la fase di passaggio da crema a gelato.

Si tratta comunque di una specialità tra le più gradite da servire al posto del dessert nella sequenza di un pranzo, oppure a merenda, con biscottini a piacere con particolare frequenza nei mesi caldi. Relativamente recente è l’uso di aggiungere un liquore al gelato. A questo proposito è consigliabile scegliere dei distillati dal sapore non troppo pronunciato come, ad esempio, il rum bianco e la vodka.

ALCUNE REGOLE PER LA RIUSCITA DEL GELATO

  • Tutti gli oggetti che si adoperano per fare e per servire i gelati devono essere raffreddati in frigorifero per almeno mezz’ora prima dell’uso.
  • La frutta per fare un sorbetto deve essere passata attraverso un setaccio di nylon o di acciaio inossidabile e mescolata subito dopo con succo di limone affinchè non annerisca.
  • Per ottenere delle belle palline di gelato con l’apposito arnese si deve lasciar raffreddare quest’ultimo in acqua miscelata a cubetti di ghiaccio.
  • Per levare il gelato dagli stampi senza deformarlo è sufficiente avvolgere il contenitore con un canovaccio inumidito d’acqua calda; si ottiene in tal modo un risultato immediato.

Tratto da: I tuoi menù – Idea Donna, I.G.D.A. Novara 1987

GENERAZIONI DI GELATAI

Nella storia del gelato italiano un capitolo a parte merita il paese di Setterone frazione di Bedonia, un centro di villeggiatura dell’appennino parmense nell’alta Val di Taro, che fu dominio del Ducato di Parma. Gli abitanti dediti all’agricoltura, vivevano del poco che l’ambiente offriva. Agli inizi del Novecento una famiglia emigrò in Inghilterra lavorando alla produzione e vendita di gelati per strada, utilizzando l’antica ricetta dei nonni, latte e uova in grandi contenitori di rame con attorno il ghiaccio tritato mescolato al sale. Aprirono così un varco ai propri compaesani che a loro volta emigrarono, e ai giovani delle generazioni successive che lasciarono il paese e andarono in giro per il mondo a fare gelati. Ogni anno in estate però i loro figli e nipoti tornano a Setterone, ricostruito dopo che ormai sembrava abbandonato, e lì fanno il gelato per la gioia dei turisti e dei loro bambini.


IL PARADOSSO DEI DUE GELATAI

Il paradosso dei due gelatai è un quesito di natura logica che rientra nel “Modello di Hotelling” elaborato da Harold Hotelling, statistico ed economista statunitense, relativo all’incidenza sulla concorrenza della localizzazione delle imprese e dei clienti nello spazio.

Su una spiaggia lunga 1 km ci sono due gelatai. Per non farsi concorrenza dividono la spiaggia in due zone e ciascuno si pone al centro della sua zona, risultando così a 500 metri di distanza l’uno dall’altro. In questo modo ogni bagnante non deve fare più di 250 metri per prendere il gelato.
A questo punto un gelataio decide di avvicinarsi un po’ verso il centro della spiaggia allo scopo di sottrarre al concorrente una parte dei clienti che si trovano a metà strada tra i due. Conseguentemente i bagnanti del lato esterno saranno costretti a fare più di 250 metri. L’altro gelataio se ne accorge e si sposta di pari distanza.
Il processo si ripete finché i due gelatai si trovano nello stesso punto in mezzo alla spiaggia.

Hotelling introdusse la nozione di competizione spaziale in un duopolio, secondo cui nello spazio fisico il potere di mercato di un’impresa è determinato sia dalla vicinanza agli acquirenti, sia dalla distanza fisica che la separa dalle altre imprese concorrenti. Egli afferma che quanto più le imprese sono distanti tra loro nello spazio fisico, tanto maggiore è il loro potere di mercato. L’eccessiva vicinanza, infatti, le mette in concorrenza l’una con l’altra, riducendo il potere di mercato di entrambe. Pertanto, secondo tale logica le imprese non tenderanno ad avvicinarsi eccessivamente tra di loro.

È un concetto che rappresenta una scelta razionale in campo economico, ma c’è chi lo applica anche in campo politico: così se durante le elezioni le coalizioni di destra e di sinistra (i due gelatai) per avere più voti (vendere più gelati) tenderanno a spostarsi verso il centro, ossia il loro programma politico evolverà verso posizioni centriste, programmi e candidati verranno percepiti come essenzialmente identici.
Sempre restando nella metafora, inoltre, i gelatai puntando a guadagnare consensi al centro, correranno il rischio di perdere i bagnanti agli estremi della spiaggia che, scoraggiati dall’eccessiva distanza, rinunceranno al gelato: questo dal punto di vista razionale spiegherebbe il fenomeno del crescente astensionismo.

IL GELATAIO – BARZELLETTA

Un bambino si presenta in una gelateria e chiede al gelataio:
«Ce l’ hai il gelato al carciofo?».
Il gelataio risponde: «No, quel gusto non ce l’ho, ma ho il pistacchio, la crema, la fragola, il gusto puffo, ecc. ecc…».
Allora il bambino senza dire niente esce e se ne va. La scena si ripete uguale per un mese.
Il gelataio che ci tiene molto ad accontentare i clienti, un giorno decide di preparare il gelato al carciofo.
Ne compra una cassetta intera e passa tutta la notte a preparare il gelato al carciofo, ma nonostante i suoi sforzi riesce ad ottenere solo un gelato amaro e cattivo; comunque ne fa una vaschetta e la inserisce tra gli altri gusti nel bancone, aspettando che il bambino venga a prendersi il suo gelato.
Sennonché passa tutto il giorno ma lui non si fa vedere.
È sera, è quasi l’ora di chiusura quando il bambino arriva e fa al gelataio: «Ce l’hai il gelato al carciofo?».
Il gelataio, tutto sorridente, risponde: «Si certo!»
e il bambino: «Hai sentito quanto fa schifo!?» 😅


Drink alla pesca con gelato

Ingredienti:

2 pesche
600 ml di succo di pesca
600 ml di acqua tonica
4 palline di gelato alla vaniglia

Preparazione:

Lavate bene le pesche e tagliatele a spicchi, mettete da parte 4 spicchi che vi serviranno per la guarnizione, sbucciate gli altri e tagliate a dadini.
In una caraffa diluite il succo di pesca con l’acqua tonica.
Versate in 4 bicchieri alti, aggiungete i dadini di pesca e mettete una pallina di gelato in ciascun bicchiere.
Guarnite ogni bicchiere con uno spicchio di pesca e servite subito.

Ricette di mamy

Brano tratto dal libro La fine è il mio inizio di Tiziano Terzani:

TIZIANO: Per me Firenze era un posto lontano. Ci andavo una volta ogni tanto con mio padre e mia madre, la domenica. Andavo, questa storia l’hai già sentita…
FOLCO: …a mangiare il gelato.
TIZIANO: No. Andavo a guardare i ricchi che mangiavano il gelato. Questa è una delle cose che mi ricorderò per tutta la vita. Tutto vestito “da domenica”, perbene, scarpe pulite – bisognava sempre lucidarsi le scarpe prima di uscire – con mia madre, e con mio padre in doppiopetto e cravatta, si andava a piedi da Monticelli fino in piazza della Signoria….
In piazza della Repubblica c’era un grande ristorante, Paskowski, che aveva i tavoli fuori, come ancora oggi, e attorno a questi tavoli c’era una siepe di bossolo messo in delle grandi casse per proteggere i clienti. E a me i miei genitori permettevano di sbirciare attraverso la siepe di bossolo per vedere i signori che mangiavano il gelato. Ora, voglio dire, noi si partiva da casa per guardare i signori che mangiavano il gelato! Per voi questo è inconcepibile, ma questa è stata la mia infanzia.

 

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