Si muore nell’ostinato tentativo di avere ragione.
Ma la ragione non è mai tutta da una parte. Per avere ragione si è disposti a tutto. Anche a guastare la vita propria e quella degli altri.
Io ho deciso.
Non voglio avere ragione. Voglio essere felice.
Luciana Littizzetto
One billion rising
se non ora quando…
☆
Sanremo
14 febbraio 2013
☆
Che dire…
Luciana Littizzetto
merita un post tutto per lei
una grande!
Ha dato voce alle urla silenziose di molte di noi
che non possono essere se stesse
che non hanno diritto a niente
tranne a quello che altri decidono per noi
Siamo in tante
siamo forti
siamo noi stesse
il mondo lo possiamo cambiare noi
se non ora, quando……
♥
SPEZZA LA CATENA
Sollevo le braccia al cielo
Prego in ginocchio
Non ho più paura
Io attraverserò quella soglia
Cammina, danza, sollevati
Cammina, danza, sollevati
Posso vedere un mondo dove tutte viviamo
Sicure e libere da ogni oppressione
Non più stupro, o incesto, o abuso
Le donne non sono proprietà
Tu non mi hai mai posseduta, neppure sai chi sono
Io non sono invisibile, sono semplicemente meravigliosa
Sento il mio cuore prendere la corsa per la prima volta
Mi sento viva, mi sento straordinaria
Danzo perché amo
Danzo perché sogno
Danzo perché non ne posso più
Danzo per arrestare le grida
Danzo per rompere le regole
Danzo per fermare il dolore
Danzo per rovesciare tutto sottosopra
È ora di spezzare la catena, oh sì
Spezzare la catena
Danza, sollevati
Danza, sollevati
Nel mezzo di questa follia, noi ci ergeremo
Io so che c’è un mondo migliore
Prendi per mano le tue sorelle e i tuoi fratelli
Cerca di raggiungere ogni donna e ogni bambina
Questo è il mio corpo, il mio corpo è sacro
Basta scuse, basta abusi
Noi siamo madri, noi siamo maestre,
Noi siamo bellissime, bellissime creature
Danzo perché amo
Danzo perché sogno
Danzo perché non ne posso più
Danzo per arrestare le grida
Danzo per rompere le regole
Danzo per fermare il dolore
Danzo per rovesciare tutto sottosopra
È ora di spezzare la catena, oh sì
Spezzare la catena
Danza, sollevati
Danza, sollevati
Sorella, non mi aiuterai? Sorella, non ti solleverai?
Danza, sollevati
Danza, sollevati
Questo è il mio corpo, il mio corpo è sacro
Basta scuse, basta abusi
Noi siamo madri, noi siamo maestre,
Noi siamo bellissime, bellissime creature
Danzo perché amo
Danzo perché sogno
Danzo perché non ne posso più
Danzo per arrestare le grida
Danzo per rompere le regole
Danzo per fermare il dolore
Danzo per rovesciare tutto sottosopra
È ora di spezzare la catena, oh sì
Spezzare la catena
Spezzare la catena.
♥
Break the chain – Tena Clark (2012)
Danzare sulle note composte da Tena Clark per dire che le donne vogliono un mondo sicuro e libero da ogni oppressione, danzare per affermare che le donne non sono una proprietà, danzare per dire il un sol coro “vogliamo fermare gli abusi, il dolore, rompere le catene”, danzare perché le donne sono forza, energia, danzare per prendere in carico il proprio destino.
La promotrice dell’evento mondiale è Eve Ensler, la drammaturga dei Monologhi della Vagina, poetessa, sceneggiatrice, regista statunitense e fondatrice del V-day, evento che lotta per dire basta alla violenza sulle donne. Oggi, di fronte all’aumento di stupri e femminicidi in tutto il mondo, ha voluto organizzare una manifestazione ancora più ambiziosa: One Billion Rising, alla quale stanno aderendo milioni di persone in tutto il mondo.
DA ROMA A KABUL
ballo contro la violenza sulle donne
Una donna su tre nel mondo subisce violenza. Un miliardo di donne che subiscono violenza è un’atrocità, ma un miliardo di donne che ballano è una rivoluzione!
14 febbraio 2013 – San Valentino, si balla contro la violenza sulle donne. È questo l’obiettivo della campagna “One billion rising”: un flash mob internazionale nel giorno degli innamorati per “sollevarsi” contro gli abusi ballando a ritmo di musica nelle piazze di tutto il mondo. Un elenco definitivo è impossibile: il numero di associazioni e gruppi che parteciperanno alla campagna One billion rising aumenta di ora in ora: L’iniziativa One Billion Rising (Un miliardo insorge) che ha raccolto l’adesione di 202 Paesi, oltre a 5.000 associazioni, innumerevoli ong e istituzioni, è sintetizzata dallo slogan “Un miliardo di donne stuprate sono un’atrocità, un miliardo di donne che ballano sono una rivoluzione“. Alle diverse manifestazioni a cui gli uomini sono invitati a partecipare – ha spiegato Eve Ensler – possono essere seguite attraverso il sito dell’evento: One Billion Rising Revolution
Un viaggio nel mondo delle donne a Teheran
Un reportage di Riccardo Valsecchi
16 dicembre 2010
“Credo che voi non sappiate proprio nulla di quello che succede qui e ciò che viene pubblicato dai vostri media è spesso il frutto di pregiudizi e ignoranza”.
Parole forti, che risuonano nel cielo oscuro sopra Bam, l’altopiano dove migliaia di giovani s’incontrano ogni sera per ammirare le luci di Teheran e fuggire dallo smog e dallo stress della capitale della Repubblica Islamica Iraniana. A esprimersi così è Leila, una giovanissima ragazza con un lungo hijab verde, come il colore della speranza, come le bandiere dei manifestanti durante le proteste seguite alle ultime elezioni presidenziali 2009, vinte ancora una volta dall’ultra-conservatore Ahmadinejad.
Leila non è per nulla una conservatrice: vive da sola, è laureata, parla un inglese perfetto, non si esime certo dal commentare negativamente l’operato del suo governo, che definisce “medioevale e prepotente”. Inoltre, in un paese dove la legge vieta alle donne ogni contatto con uomini del proprio ambito familiare, lei offre senza troppi problemi, ai viaggiatori stranieri conosciuti su internet tramite i social network, di fare da guida attraverso la città che il mondo occidentale dipinge come il centro del male di matrice islamica.
Ma qual è il senso delle parole precedenti allora?
Shirin Ebadi, avvocato e pacifista, è stata la prima donna iraniana, nonché musulmana, a ottenere, nel 2003, il premio Nobel per la pace in virtù del suo operato in difesa dei diritti umani. Dal novembre 2009 vive in esilio a Londra.
“Dopo la rivoluzione del 1979”, spiega Ebadi, “il governo approvò delle leggi discriminanti nei confronti delle donne. Per esempio, secondo la giurisprudenza iraniana il valore della vita di una donna è la metà di quello di un uomo. Ciò significa che se una donna e un uomo rimangono feriti in un incidente, i soldi che l’uomo riceverà come risarcimento per l’infortunio sarà il doppio di quello della donna. Inoltre, da un punto di vista legale, la testimonianza di due donne in un tribunale equivale a quella di un solo uomo.
Queste leggi, però, non rappresentano affatto la società iraniana: il 65% degli studenti universitari sono femmine e le donne costituiscono una componente attiva ai più alti livelli sociali, come dimostra la presenza all’interno del gabinetto presidenziale di Marzieh Vahid-Dastjerdi, ministro della Sanità. Le donne iraniane hanno acquisito il diritto di voto cinquant’anni or sono e da allora partecipano attivamente alla vita politica del Paese: attualmente tredici sono le deputate fra i 290 membri della Majlis, il Parlamento iraniano. Tantissimi sono poi i gruppi e le associazioni femministe attive sul territorio.”
Se da una parte, quindi, le donne iraniane, colte ed educate, ambiscono a sovvertire leggi che offendono la loro dignità femminile, dall’altra reclamano il diritto di scegliere il proprio futuro e di essere orgogliose della propria identità culturale.
Shadi Ghadirian è una fotografa iraniana di fama internazionale, i cui lavori sono esposti nei maggiori musei del mondo, dal British Museum di Londra al County Museum of Art di Los Angeles. Benché alcune delle sue opere più famose mettano in rilievo il ruolo contraddittorio della donna nella società in cui vive, come per esempio la Qajar Series, che consiste in portrait di donne vestite con abiti del XIX secolo accostate a oggetti moderni, quali mountain bike, quotidiani o Pepsi Cola, tutt’altro che rivoluzionario è il suo messaggio: “La mia arte non ha alcuna valenza politica, piuttosto sociale. L’accostamento d’antico e moderno ha un valore trascendentale che si rifà alla convivenza nella cultura iraniana, oggi come ai tempi della dinastia Qajar, di tradizione e innovazione. Se c’è una denuncia della condizione femminile nei miei lavori, non riguarda solo la società iraniana, ma piuttosto il mondo intero.
Forse nel vostro mondo le donne sono più rispettate che qui?”.
Non è dello stesso parere Akram, che trascorre le giornate nei Caffenet ad ammirare le capigliature stravaganti e i vestitini sciccosi delle coetanee in rete, lottando contro DNS e proxy che bloccano l’accesso alla maggior parte dei siti web. Ogni tanto Akram si gira e osserva i maschietti intorno che esibiscono pettinature all’ultima moda, stile “emo”; allora si tocca il velo e lo porta sempre più indietro, chiedendosi perché, invece, lei è costretta a tenere questo pezzo di stoffa sul capo.
Eppure anche Akram s’infuria quando la discussione tocca argomenti di natura religiosa: “Perché quando leggo i post e i commenti su internet, la religione islamica viene accusata di essere il male che affligge il nostro popolo?”
“Le leggi discriminatorie menzionate prima”, spiega ancora Ebadi, “sono state tutte approvate dopo la rivoluzione del 1979. Il governo asserisce che queste traggono origine dalla legge islamica, ma non è assolutamente vero, come testimonia il fatto che parecchi religiosi, quali l’Ayatollah Saneyi, l’Ayatollah Kadivar e l’Ayatollah Eshkavery rifiutano questa tesi. Il problema è che, non avendo potere politico, nessuno ascolta le loro parole. L’Iran è un paese a maggioranza islamica da secoli, ma è solo dopo la caduta dello scià che punizioni quali la lapidazione o l’amputazione sono state inserite nel codice penale. Dieci giorni fa, a Kermanshah, un uomo, accusato di furto, è stato amputato della mano, mentre il procuratore generale ha annunciato che ci saranno altri casi simili a breve. Numerosi sono gli oppositori a questo genere di pene, anche fra il clero. Insieme stiamo cercando di cambiare la legge, ma fino a ora non ci siamo riusciti.”
“Dopo le proteste del 2009”, continua il premio Nobel, “poco o nulla è cambiato per quello che riguarda la condizione delle donne. Anzi, molte attiviste, come Mansoorch Shojacee, Nasrin Sotodeh e Bahareh Hedayat, sono state processate per avere agito contro la sicurezza nazionale. La lotta per i diritti umani non ha avuto una svolta positiva, anzi la legge è diventata, se possibile, ancora più restrittiva.”
Ma in che modo la comunità internazionale può aiutare le donne iraniane?
“Raccontando ciò che realmente succede in Iran”, risponde Ebadi, “e sostenendo con la protesta le donne iraniane che lottano giorno dopo giorno contro la discriminazione. Certo è che un eventuale attacco militare – come si vocifera spesso sui media occidentali – non farebbe altro che peggiorare la situazione: il governo ne approfitterebbe per reprimere del tutto attivisti e movimenti d’opposizione, adducendo come scusa la sicurezza nazionale.”
Sahar ha ventiquattro anni e studia italiano. Anche lei veste verde smeraldo e guida la propria autovettura come una forsennata in mezzo all’incredibile traffico di Teheran. Le squilla il cellulare e la suoneria intona una canzone nota: la “Bella Ciao” partigiana, il canto popolare delle mondine padane adottato dalla Resistenza italiana durante la Seconda guerra mondiale. “È vero”, chiede Sahar innocentemente, senza comprenderne bene il testo, “che questa canzone è stata scritta per noi, per le donne iraniane?”. No, è stata scritta per tutte le donne del mondo che sognano la libertà, qualsiasi religione esse professino.
Fonte: gliitaliani.it
La rivoluzione è donna
Senza dimenticare che nei paesi dell’Africa del Nord i cambiamenti politici devono ancora tradursi in reali passi avanti per i diritti delle donne, Amnesty pone al centro dell’azione dell’8 marzo 2012 quattro paesi del Medio Oriente in cui le donne continuano a lottare per chiedere riforme e rispetto dei diritti umani: Arabia Saudita, Iran, Siria e Yemen.
“In tutta l’area del Medio Oriente e dell’Africa del Nord, le donne sono una forza ispiratrice del cambiamento e sfidano regimi repressivi per difendere i diritti umani fondamentali e promuovere le riforme e l’uguaglianza”, ha dichiarato Widney Brown, dell’organizzazione per la tutela dei diritti umani, “nella Giornata internazionale delle donne, Amnesty esprime solidarietà a queste donne coraggiose e sostiene la loro lotta per i diritti umani e la libertà. Vogliamo che sappiano che il mondo intero e’ con loro in questo momento storico”. In Iran le donne hanno avuto un ruolo determinante nelle proteste di massa promosse all’epoca delle elezioni del giugno 2009.
Fonte: giornalettismo
“Sorelle”
In un giorno molto caldo una giovane donna sposata andò in visita a casa di sua madre e, insieme, si sedettero su un sofà a bere the ghiacciato. Mentre parlavano della vita, del matrimonio, delle responsabilità e degli obblighi dell’età adulta la madre pensosa fece tintinnare i suoi cubetti di ghiaccio nel bicchiere e lanciò un’occhiata serena e intensa alla figlia:
“Non dimenticare le tue Sorelle!” raccomandò, facendo turbinare le sue foglie di the sul fondo di vetro, “esse saranno sempre più importanti man mano che invecchierai, non importa quanto amerai tuo marito, né quanto amerai i bambini che potrai avere: nella vita avrai sempre bisogno di Sorelle. Ricordati di viaggiare con loro ogni tanto; ricordati di fare delle cose con loro… ricordati che ‘Sorelle’ significa TUTTE le donne… le tue amiche, le tue figlie, e tutte le altre donne che ti saranno vicine. Tu avrai bisogno di altre donne, le donne ne hanno sempre bisogno”.
“Ma che strano consiglio! — pensò la giovane donna — Non mi sono appena sposata? Non sono appena entrata nel mondo del matrimonio? Adesso sono una donna sposata, per fortuna! Sono adulta!
Sicuramente mio marito e la famiglia cui stiamo dando inizio saranno tutto ciò di cui ho bisogno per realizzarmi!”.
Ma la giovane donna ascoltò sua madre e mantenne contatti con altre donne ed ebbe sempre più ‘sorelle’ ogni anno che passava.
Un anno dopo l’altro venne gradualmente a capire che sua madre sapeva molto bene di cosa stava parlando: stava parlando di come, mentre il tempo e la natura operano i loro cambiamenti e i loro misteri sulla vita di una donna, le sorelle sono il suo sostegno. Dopo più di cinquanta anni vissuti in questo mondo, questo è tutto ciò che ha imparato.
È TUTTO QUI, il tempo passa, la vita avviene, le distanze separano, i bambini crescono, i lavori vanno e vengono, l’amore scolorisce o svanisce, gli uomini non fanno ciò che speriamo, i cuori si spezzano, i genitori muoiono, i colleghi dimenticano i favori, le carriere finiscono.
MA… le Sorelle sono là!
Non importa quanto tempo e quante miglia ci siano fra voi, un’amica non è mai così lontana da non poter essere raggiunta. Quando dovrai camminare per quella valle solitaria — e dovrai camminare da sola — le donne della tua vita saranno sull’orlo della valle, incoraggiandoti, pregando per te, tenendo per te, intervenendo a tuo favore ed tendendoti con le braccia aperte all’estremità della valle.
A volte, infrangeranno persino le regole e cammineranno al tuo fianco, o entreranno e ti strapperanno da lì.
Amiche, figlie, nuore, sorelle, cognate, madri, nonne, zie, nipoti, cugine e famiglia estesa, tutte benedicono la tua vita!
Il mondo non sarebbe lo stesso senza donne.
Quando abbiamo cominciato questa avventura denominata femminilità non avevamo idea delle gioie o dei dispiaceri incredibili che avremmo avuto davanti. Né sapevamo quanto avremmo avuto bisogno le une delle altre. Ogni giorno, ne abbiamo ancora bisogno.
Passa questo messaggio a tutte le donne che ti aiutano a rendere la tua vita piena di significato.
Dal web – autore anonimo
In Egitto la prossima rivoluzione
la faranno le donne e sarà scientifica
di Ilaria Capua
27 marzo 2012
Il 4 marzo scorso me lo ricordo bene. Ero imbottigliata nel traffico che scorreva lento sul raccordo. Non era Roma, ma Il Cairo. E il fatto che fosse domenica non cambiava nulla. Per gli egiziani il giorno di festa è un altro. Per di più, era la prima volta che tornavo in Egitto dopo la rivoluzione che ha cambiato il paese. Non ero là per parlare di Primavera araba, ma di virus. Sono una scienziata.
Il mio laboratorio (presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie) collabora da molti anni con l’Egitto per studiare H5N1, il virus dell’influenza aviaria. Là, all’ombra delle piramidi, ormai è diventata una malattia endemica. A essere a rischio non sono solo gli allevamenti intensivi, ma anche le miriadi di persone che allevano i polli in casa.
In Egitto, possedere una gallina è come avere tra le mani una carta di credito. Le sue uova e la sua carne sono una piccola sicurezza per i nuclei familiari poveri e numerosi. Tutti ne vogliono una, e se le scambiano fra famiglie.
Succede anche al Cairo, nella parte vecchia della città. Qui 500mila persone vivono ammassate sui resti di un antico cimitero. Da lontano, i tetti delle case sembrano piccole discariche. Qua e là una sedia senza una gamba, un televisore sfasciato, una scarpa rotta. E uno stuolo di recinti con anatre e polli. Un focolaio di infezione direttamente sopra la testa. Lo stesso vale per le terrazze, invase da parabole satellitari e galline.
L’Egitto si è preso l’aviaria dal 2006, e non è mai riuscito a liberarsene.
Sul raccordo il traffico è davvero lento. Il tempo, invece, corre veloce. La mia ultima visita al Cairo è stata a ottobre 2010. Tre mesi dopo a Piazza Tahrir è arrivata la rivoluzione. Quello che è successo lo sappiamo tutti. L’Egitto ha scelto la sua strada verso la democratizzazione. Ma la caduta del regime non è stata indolore. Oltre alle vittime, sono scomparsi anche i programmi di monitoraggio delle malattie e ne ha sofferto l’organizzazione dei servizi sanitari. Così, l’aviaria ha avuto campo libero… continua
Ilaria Capua originaria di Roma, laureata in veterinaria a Perugia, specializzata a Pisa, è virologa, ricercatrice e Direttore del Dipartimento di Scienze Biomediche Comparate presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie di Legnaro (PD).
È balzata alla ribalta internazionale isolando coi suoi collaboratori, primo fra tutti Giovanni Cattoli, il primo virus africano H5N1, ma anche per essersi rifiutata di mettere tutto ciò che sapeva in un database privato ad accesso limitato su proposta dell’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità), anche se ciò poteva significare fama, finanziamenti, prestigio, soldi.
Invece ha deciso di condividere la scoperta aprendo la strada alla scienza Open Access, rendendo trasparenti i dati genetici dei virus influenzali a fronte di una minaccia epidemica con un appello pubblicato su Nature e sottoscritto da sette premi Nobel.
Oltre a coordinare un affiatato ed eterogeneo gruppo di giovani ricercatori italiani e stranieri che lavorano su progetti di ricerca internazionali, svolge un’intensa attività di sensibilizzazione dell’opinione pubblica su temi di condivisione dei dati scientifici a favore di una migliore e sempre più efficiente sanità pubblica.
Inclusa nell’elenco dei 50 migliori scienziati a livello mondiale (SciAm50) nel 2007, “Revolutionary Mind” nel 2008 secondo la rivista americana Seed, la prima donna a ricevere il prestigioso Penn Vet World Leadership Award nel 2011, è autrice di numerose pubblicazioni scientifiche nel campo delle malattie infettive e virali.
Ilaria Capua: le mie battaglie per la scienza
Parole di donne
Scrivere non è certamente facile. Ma oggi scrivere in Iraq diventa una vera impresa, quando si conoscono le innumerevoli difficoltà, materiali ed etiche, causate dalla guerra – le guerre – e soprattutto dall’embargo. D’altronde, l’attività dell’editore è quasi una missione impossibile in un Paese dove manca carta, inchiostro, pezzi di ricambio per stampanti. E soprattutto manca quella bella rosa dai petali splendenti, ovunque agognata: la libertà di espressione.
Laggiù, dopo aver messo a letto i bambini, le donne scrivono nell’oscurità di eterne interruzioni di elettricità. L’ispirazione raggiunge occhi affaticati e spenti. Occhi che non possono permettersi una matita di kajal importata, perché ha un prezzo esorbitante: come cento biro, tre polli o ottanta gallette di pane. Insomma, l’intero stipendio di un mese!
Inaam Kachachi – Parole di donne irachene – Il dramma di un Paese scritto al femminile
Le donne dagli occhi grandi guardano il mondo con meraviglia ed entusiasmo, con rabbia, tormento e determinazione, con voglia di vivere e di combattere.
Le donne dagli occhi grandi sono tante, tutte affascinanti, ciascuna con la propria unica e particolare bellezza concentrata in un particolare del viso, in una ciocca di capelli, nel modo di incedere, di parlare o di sorridere.
Le donne dagli occhi grandi amano con passione, fanno dell’oggetto del loro desiderio il centro della propria vita, pronte a sacrificarsi, a mentire, a negare se stesse, a fare le valige e partire.
Donne per le quali “l’amicizia tra uomini e donne è un bene imperdonabile”, donne che hanno “un tale subbuglio nel cuore” che per ventilarlo lasciano le porte aperte, “così che chiunque poteva entrare e chiedere affetto e favori senza neppure bussare”, donne che danno baci “di quelli che le donne innamorate regalano perché non sanno più dove metterli.”
Angeles Mastretta, Mujeres de ojos grandes (Donne dagli occhi grandi)
GIORNATA MONDIALE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE