Quando vien la Candelora,
da l’inverno semo fora;
ma se piove o tira vento,
de l’inverno semo dentro.
Un proverbio quello della Candelora, che indica il ritorno della luce così come della bella stagione. Un detto popolare che si riallaccia alle tradizioni celtiche.
IL CALENDARIO CELTICO
Il calendario celtico era regolato sia dal ciclo solare che da quello lunare. Il ciclo solare scandiva l’anno in due fasi, segnate da:
- la festa di Samhain (tra il 31 ottobre e il 1 novembre) con cui aveva inizio la parte oscura dell’anno, e
- la festa di Beltane (attorno al 1 maggio) che dava inizio alla parte luminosa dell’anno.
Ognuna di queste due fasi principali era ulteriormente suddivisa in due parti uguali segnate rispettivamente da:
- la festa di Imbolc (1 febbraio) dedicata alla purificazione e alla rinascita che celebrava la dea Madre e la nascita degli agnelli; e
- la festa di Lugnasad (1 agosto) dedicata alla fertilità della terra, si festeggiava la mietitura e il nuovo raccolto.
Nella mitologia celtica era una fanciulla, Brigit a portare la luce.
BRIGIT
Il nome della dea deriva dal gaelico breo che significa fuoco, in relazione alla luce del Sole che torna. È una divinità trina, accompagnata dalle sue due sorelle, per rafforzare l’idea del suo enorme potere.
È colei che porta la luce, non solo intesa come luce diurna, ma anche come illuminazione della mente. È infatti una dea che patrocina il sapere, le arti e e tutto ciò che ha a che fare con il pensiero creativo e con la conoscenza.
Nel cattolicesimo venne sincretizzata con Santa Brigida che visse una straordinaria esperienza mistica ricca di rivelazioni, e Santa Lucia che veniva invocata per la protezione degli occhi e il cui nome deriva dal latino lux, lucis e vuol dire luce.
Intorno all’anno 474 d.C. il patriarca di Roma Gelasio volle sostituire i pagani Lupercali, una festività romana in cui si accendevano le antiche fiaccole rituali e si celebrava intorno al 14 febbraio (40 giorni dopo l’Epifania), con la festa cristiana della Candelora, che nel VI secolo fu anticipata da Giustiniano al 2 febbraio.
È una festività comune alle Chiese d’Oriente e d’Occidente e coincide con la presentazione di Gesù al Tempio di Gerusalemme secondo quanto era prescritto dalla Legge giudaica per i primogeniti maschi, che simultaneamente comportava anche la purificazione della puerpera.
È il luogo dove avviene l’incontro tra Gesù Bambino e il vecchio Simeone di cui parla l’apostolo Luca. La festa nel mondo greco ha appunto il nome di hypapanti (incontro).
Il tempo dell’Antica Alleanza che sta per finire, è il tempo nuovo della Chiesa dei popoli.
Ciò che qui è espresso è più dell’eterno ciclo di morte e nascita: è più del fatto consolante che al declino di una generazione ne segue sempre un’altra, con nuove idee e speranze. Se così fosse, questo bambino non rappresenterebbe nessuna speranza per Simeone, ma solo per se stesso. Invece è di più: è speranza per tutti, perché è una speranza al di là della morte.
Simeone chiama il bambino “luce per illuminare le genti”. Sulla base di queste parole si celebra il giorno liturgico come una festa delle luci. La luce calda delle candele.
Joseph Ratzinger
La festa della Candelora è così chiamata popolarmente perché durante il rito si usa benedire le candele, simbolo della “luce per illuminare le genti”, prima di accenderle e portarle in processione.
Se l’antichissima festività pagana esprimeva elementi magici, anche scaramantici, in tempi più recenti ha avuto grande importanza nell’anno contadino: dopo i tre giorni della merla, i più freddi dell’anno, finiva la pausa invernale e si cominciava a pensare alla bella stagione e ai nuovi raccolti.
E come recita un altro detto popolare del basso Lazio:
“Febbràr, gliù sol rà ogn vàr”
(Febbraio, il sole entra da ogni spiraglio)
Foto personale
Del proverbio della Candelora esistono numerose varianti dialettali, alcune anche molte diverse tra loro, ma tutte accomunate dal medesimo fine: la capacità di prevedere la fine dell’inverno.
Ciò accomuna molte culture e tradizioni, come quelle negli Stati Uniti e in Canada dove il 2 Febbraio si festeggia il “Giorno della Marmotta” che consiste nell’osservare il rifugio di una marmotta. Se questa emerge una volta risvegliata dal letargo, e non vede la sua ombra perché il tempo è nuvoloso, l’inverno finirà presto; se invece vede la sua ombra perché è una bella giornata, si spaventerà e tornerà di corsa nella sua tana, e l’inverno continuerà per altre sei settimane.
In alcune regioni italiane il proverbio della Candelora cita come protagonista simbolico l’orso, il lupo o il leone.
Il Giorno della marmotta divenne una tradizione negli Stati Uniti grazie ai popoli di lingua germanica emigrati in Pennsylvania a partire dai primi anni dell’Ottocento. Giunti in America, questi popoli mantennero buona parte delle loro tradizioni legate alla meteorognostica, parola complicata per indicare i sistemi di previsione non scientifici del tempo basati su segni e particolari eventi naturali. In Europa la tradizione voleva che si usassero i tassi o gli orsi, mentre in Pennsylvania si affermò la tradizione più pratica legata all’osservazione del comportamento di una marmotta.
da ilPOST
Questa tradizione è alla base del film Ricomincio da capo (Groundhog Day) del 1993 diretto da Harold Ramis.
Phil Connors (Bill Murray), un meteorologo un po’ spiritoso della TV, per il quarto anno deve recarsi a Punxsutawney in Pennsylvania (Stati Uniti) dove si tiene l’antichissima Festa della marmotta. Deve girare l’ennesimo reportage e spera sia l’ultimo, perchè lui ha altre ambizioni.
È un avvenimento molto importante il Giorno della marmotta per la piccola cittadina, dove ogni anno tutta la popolazione è in fermento e si riunisce in trepida attesa. A lui, invece, risulta tutto un po’ banale, specie la pomposità con cui il sindaco annuncia il pronostico per la fine dell’inverno che farà la marmotta, che peraltro si chiama anch’essa Phil!
Una volta l’anno tutti gli occhi della nazione si rivolgono verso questo ridente centro della Pennsylvania, in attesa della marmotta prodigio. Sto parlando di Punxsutawney Phil, il più famoso meteorologo del mondo, un vero maestro. Secondo la leggenda sa predire l’arrivo di una primavera precoce. La domanda fondamentale che dobbiamo farci oggi è se Phil fischierà la fortuna. Ogni anno è la stessa pantomima, il sindaco picchia la porta con il suo bastone, tirano fuori il grosso topo, parlano con lui e il topone risponde.
Altezzoso e un po’ sarcastico Phil Connors si appresta a fare il suo dovere desideroso di andarsene via il prima possibile. Ma sta arrivando una bufera di neve, le strade vengono chiuse e le linee interurbane risultano interrotte per cui a Phil non resta che rassegnarsi a rimanere, e sopportare i disagi. Ma qualcosa accade.
Il mattino seguente Phil si sveglia alla stessa ora, nella stessa camera d’albergo, sulle stesse note di I Got You Babe di Sonny & Cher trasmesse dalla radiosveglia, durante la colazione incontra le stesse persone, tutto si ripete come come in un déjà vu. E così per i giorni successivi. Sembra che il tempo si sia fermato.
E se non ci fosse un domani?
Oggi non c’è stato..!
Una volta compreso che nulla cambia tranne quello che decide lui di cambiare, che tanto il giorno dopo tutto ritorna come prima, comincia ad affrontare ogni nuova giornata con spregiudicatezza e spavalderia …anche barando, specie con Rita (Andie MacDowell) la nuova produttrice che sa prendere la vita con sano entusiasmo, la quale anziché fare i corsi di giornalismo ha preferito studiare le liriche francesi del diciannovesimo secolo.
Ma come si usa dire, il gioco è bello fin che dura poco… e la cosa comincia a prendere una brutta piega.
È lo stesso loop temporale che imprigiona Filippo Fontana in una piccola isola delle Canarie, personaggio magistralmente interpretato da Antonio Albanese nel film È già ieri del 2004 diretto da Giulio Manfredonia. Un remake molto ben riuscito della pellicola statunitense.
Leda
Then put your little hand in mine
There ain’t no hill or mountain we can’t climb
Babe
I got you babe
I got you babe
Allora metti la tua piccola mano nella mia
Non c’è nessuna collina o montagna
che non potremmo scalare
Tesoro
Io ho te tesoro,
io ho te tesoro
Ogni giorno io mi sveglio nello stesso letto
qui a Punxsutawney ed è sempre il 2 febbraio,
e tutto scorre come il giorno precedente.
Lo sventurato
tutto concentrato su se stesso
in vita rinuncerà alla fama e alla gloria
morendo doppiamente
andrà a finire anch’esso nel fango
da cui un giorno è sorta la sua storia.
Senza commemorazioni,
senza onori
e senza canti.
Sir Walter Scott