Il mestiere del giornalista

Il fatto di oggi lo devi mettere in un contesto o non capisci niente. Per questo prepararsi è importantissimo, se non capisci la storia non capisci l’oggi. Se fai la cronaca racconti delle balle, racconti quello che vedi al microscopio, quando invece ci vuole il cannocchiale.

La formazione di un giornalista non è certo facile, ed è per questo che sono contro tutte le scuole di giornalismo, fanno il contrario di quello che dico io, perchè ti insegnano le tecniche, ti insegnano come incominciare un pezzo, come finirlo bene, come mandarlo svelto. Ci vuole invece una preparazione eclettica e quella te la devi fare da solo con una cultura che viene dalla storia, dall’economia, e che non impari nella facoltà di giornalismo. È assurdo andarci. È come andare a scuola di poesia… che impari… chi ti insegna a fare il poeta?!

Bisogna capire cosa c’è dietro ai fatti, per poterli rappresentare.

Sai, (i miei) erano i tempi eroici del giornalismo. Prima che il giornalismo maledettamente distrutto dalla televisione nel suo tentativo di imitarla, è stato costretto a diventare spettacolo. In quegli anni si scriveva davvero. Purtroppo la televisione riducendo i tempi dell’attenzione che l’uomo riesce ormai a dedicare a una cosa, oltre all’orribile problema, uguale dovunque, della sovraofferta di tutti quei prodotti che sono lì a disposizione perchè tu abbia “la scelta”, ha fatto sì che i giornali siano diventati dei contenitori in cui dentro c’è di tutto. Ma solo per l’attenzione di tre minuti. Come uno spot televisivo, in cui tutto si perde nel grande minestrone delle cose che ti arrivano dal mondo.
Oggi è impossibile scrivere cose lunghe come si scrivevano un tempo. Allora quale è la tendenza… fare spettacolo! Non cercare di andare in profondità… fare una sceneggiata! Un bigolino con la foto… una storia sbalorditiva… Basta! Chiuso! Non se ne parla più.
Questo è un grande svilimento anche della missione giornalistica.

…fin dall’inizio ho imparato che attraverso un piccolo episodio racconti una grande storia, perchè la storia raccontata attraverso un’esperienza personale, attraverso il piccolo aneddoto della vita di un uomo, di un villaggio, può spiegare molto di più che se scrivi: “…Ieri seimila morti.” Seimila morti nessuno li vede, ma un morto che ha famiglia, che ha bambini, quello, impressiona.

Sai volevo raccontare agli altri quello che gli altri non vedono, non sentono, di cui non sentono l’odore.

Lo vedi alla televisione, persino i morti non ti fanno impressione, persino il sangue coloratissimo sembra quasi una cosa non vera; ma un altro conto è se ne parli con la partecipazione di te che lo hai visto, questo cambia tanto le cose perchè trasferisci una tua emozione al lettore, e questo l’ho capito ben presto.

Essere giornalista mi pareva una grande e importante funzione, e secondo me, lo sarebbe ancora se si riuscisse a fare del vero giornalismo. Ma il problema è che tutto si è inquinato: la vicinanza al potere, la necessità della protezione del potere hanno creato una situazione che non è più quella di un tempo, in cui la forza del giornalismo era la sua indipendenza.
Sai, una indipendenza anche economica. Quando i giornali dipendono dalla pubblicità, come succede in Italia, e la pubblicità è in mano a chi ha il potere politico, come puoi essere libero? Quando i giornali sono posseduti dalle grandi aziende contro le quali non potrai mai scrivere e che hanno i loro interessi politici… come fai a fare del vero giornalismo?

di Tiziano Terzani, La fine è il mio inizio, 2006

 

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