San Valentino e gli innamorati

Oh! Valentino vestito di nuovo,
come le brocche dei biancospini!
Solo, ai piedini provati dal rovo
porti la pelle de’ tuoi piedini;

porti le scarpe che mamma ti fece,
che non mutasti mai da quel dì,
che non costarono un picciolo: in vece
costa il vestito che ti cucì.

Costa, ché mamma già tutto ci spese
quel tintinnante salvadanaio:
ora esso è vuoto; e cantò più d’un mese
per riempirlo, tutto il pollaio.

Pensa, a gennaio, che il fuoco del ciocco
non ti bastava, tremavi, ahimè!,
e le galline cantavano, Un cocco!
ecco ecco un cocco un cocco per te!

Poi, le galline chiocciarono, e venne
marzo, e tu, magro contadinello,
restasti a mezzo, così con le penne,
ma nudi i piedi, come un uccello:

come l’uccello venuto dal mare,
che tra il ciliegio salta, e non sa
ch’oltre il beccare, il cantare, l’amare,
ci sia qualch’altra felicità.

VALENTINO
di Giovanni Pascoli

Ecco una delle poesie che una volta si imparavano a memoria a scuola. Era un cruccio per gli studenti, ma a quei tempi, per quanto possibile, si era “usi ubbidir tacendo…”, come dice il motto dei nostri carabinieri. Non voglio discutere se era un bene o un male passare dei pomeriggi interi a ripetere continuamente una o due pagine di versi (e poi alzarsi un po’ prima alla mattina per “ripassare”). Posso dire solo che nell’età adulta è stato per me un grande piacere scoprire nella mia memoria dei bellissimi brani di poesia e poterli ripetere dentro di me, meditando su di essi, in qualsiasi momento della giornata. Un po’ come capita con le musiche della nostra giovinezza, ma – almeno per me – con maggior soddisfazione perché la poesia è musicalità delle parole, intima e profonda, che non ha bisogno di strumenti.

di r.b. ( scacchi.cavarzere.it )

Giovanni Pascoli (1855 – 1912) poeta italiano, scrisse la poesia Valentino che fa parte dei “Canti di Castelvecchio” dedicati alla madre del poeta. Riprendono il motivo georgico e quello della tragedia familiare: all’età di dodici anni perde il padre, ucciso da una fucilata sparata da ignoti perdendo così quella condizione di benessere economico di cui godeva la famiglia è costretta a lasciare la tenuta che il padre amministrava. Nell’arco dei sette anni successivi, Giovanni perderà la madre, una sorella e due fratelli.
Valentino è un’opera concepita come un viaggio nel nuovo mondo del Pascoli, la casa, l’orto e il giardino di Castelvecchio, fuori dal quale continua a scorrere in un paesaggio di ombre e nebbia la vita del mondo. Tema principale è la povertà e il valore delle cose e si conclude con la speranza di una possibile altra felicità.

14 febbraio
FESTA DEGLI INNAMORATI

Le origini della festa

Gli antichi romani erano un popolo di contadini e pastori: piante e animali avevano un’importanza fondamentale presso le loro comunità. Gran parte delle divinità pagane infatti avevano il compito di favorire ora il raccolto, ora la semina, ora la tosatura e così via di seguito.
Le celebrazioni in onore degli dei, quindi, si svolgevano in periodi legati ai ritmi della terra e della vita agricola, per propiziare ora quello ora questo evento.

I LUPERCALI

Il 14 febbraio, a Roma, venivano inaugurati i “Lupercali“, le festività in onore di Luperco, la divinità che secondo la tradizione sorvegliava le greggi e le proteggeva dall’assalto dei lupi.
Il culto di Luperco era molto importante ed i suoi sacerdoti, i luperci, godevano di un gran prestigio. Difatti, erano ammessi al sacerdozio in onore del dio soltanto i membri delle famiglie più importanti della città.
I Lupercali si tenevano nei dintorni della grotta sacra a Luperco, che si trova ai piedi del Palatino, la grotta in cui secondo la leggenda furono trovati i gemelli Romolo e Remo allattati da una lupa.
Qui i sacerdoti sacrificavano animali, pare fosse usanza che, coperti i fianchi con uno straccio di pelle, corressero intorno al colle colpendo i passanti. Molti di loro chiedevano di ricevere i colpi dei luperci, e tra loro in particolare le donne adulte, poiché si riteneva che così sarebbero potute rimanere incinte.

Nel corso delle celebrazioni dei Lupercali, la comunità si purificava e si preparava ad accogliere la primavera ed i suoi frutti. Inoltre era una cerimonia tesa a propiziare la fecondità della terra, degli animali e dell’uomo, alle porte della primavera, quando tutta la natura si risveglia.
I Lupercali rimasero una ricorrenza importante per i Romani, anche dopo l’avvento del Cristianesimo.
Quest’antico rito pagano fu celebrato fino al V° secolo dopo Cristo, quando subentrò una nuova festa, cristiana questa volta: San Valentino, la Festa degli Innamorati.

La storia di San Valentino

San Valentino nacque nel 175 d.C. a Terni, una piccola città non lontana da Roma. Valentino in vita ebbe molto a cuore il destino degli innamorati, che in lui trovarono sempre un consigliere fidato ed un amico sincero. Si narra che fu lui il primo religioso a celebrare l’unione tra un pagano ed una cristiana.

Le sue spoglie, recuperate da tre suoi discepoli, furono portate nella città ed ora riposano nella Basilica, dove migliaia di cristiani si recano a visitarle ogni anno.

Il giardino della casa di San Valentino era un luogo di gioia ed amore, dove spesso gli abitanti della città di Terni si recavano, per ricevere i preziosi consigli del santo.
Particolari ed abituali frequentatori del giardino erano i bambini della zona, che lì si recavano per giocare. Valentino, rallegrandosi della loro spensieratezza e della loro purezza, spesso si fermava ad osservarli, soprattutto per essere certo che non corressero pericolo alcuno.
Quando il sole iniziava a tramontare, egli si recava tra loro e a ciascuno regalava un fiore, che i bambini avrebbero dovuto portare alle loro mamme. Un piccolo stratagemma, per essere certo che i fanciulli si dirigessero subito a casa, senza far troppo tardi!

Il Cioccolentino di Terni

San Valentino è il Patrono di Terni, dove ogni anno si tiene il Cioccolentino: una manifestazione che riunisce la bontà del cioccolato e della pasticceria alla passione e all’amore proprio durante il periodo di San Valentino.

Terni si trasforma in un importante luogo d’incontro per tutti gli appassionati di dolcezze con i vari stand lungo le vie della città, spettacoli ed eventi vari, in cui i più piccoli potranno elaborare con le proprie mani ricette a base di cioccolato; i più grandi potranno seguire approfondimenti sull’arte pasticcera.

Tratto da: Regione Umbria

I simboli della festa

In questa romantica festività è rito scambiarsi dei doni. L’amore è fatto di tanti piccoli gesti, è un susseguirsi di sentimenti che si fondono fino essere l’uno il completamento dell’altro. Come oro raffinato dal fuoco anche il nostro amore deve essere raffinato affinché possiamo vivere l’uno dell’altro ma nello stesso tempo essere due persone con caratteri e a volte pensieri diversi ma che messi insieme si completano.

(nichybi su Yahoo Answers)

Il cuore rosso

simbolo per eccellenza della vita, dell’amore

Le rose rosse

Una leggenda racconta che Valentino, il santo, donò una rosa per far riconciliare due giovani che litigavano e disse ad entrambi di stringerla tra le mani… poco dopo i ragazzi se ne andarono via riappacificati.
La rosa rossa è anche simbolo della Dea Venere, la dea dell’amore.
Il rosso è inoltre il colore che da sempre simboleggia la passione, l’amore, l’eros.

Il bacio Perugina

È l’unico cioccolatino che ha saputo entrare anche nella storia d’Italia con un romanticismo inaspettato. Nasce negli anni 20 del Novecento e si afferma nel tempo come simbolo d’amore, di sentimenti e di emozioni.


La storia del bacio Perugina

Ma cosa c’entra il Bacio Perugina con Luisa Spagnoli, nota in tutto il mondo per aver dato vita al celeberrimo marchio di abbigliamento?

Ebbene… forse non tutti sanno che la “mamma” del bacio Perugina è proprio lei!

Ma riprendiamo la storia dal principio: siamo nel 1922, Francesco Andreani, Leone Ascoli, Annibale Spagnoli e Francesco Buitoni sono i soci fondatori che nel 1907 hanno dato vita alla storica fabbrica della Perugina. La leggenda vuole che Luisa Spagnoli, moglie di Annibale, aiutando il marito in fabbrica, aveva notato che durante la lavorazione dei cioccolatini venivano buttati via chili di briciole di nocciole. Da qui nacque l’idea di impastare i frammenti di nocciola con il cioccolato. Ciò che ne venne fuori fu uno strano cioccolatino tempestato di frammenti di nocciole, dalla forma irregolare, quasi a ricordare l’immagine di un pugno chiuso, dove la nocca più sporgente era rappresentata da una nocciola intera.

Fu proprio questa forma particolare a conferire all’odierno Bacio il suo primo nome: Cazzotto!

Il cioccolatino era buonissimo e riscosse immediatamente un successo clamoroso dovuto sia al sapore molto gradevole che alla particolarissima forma, tuttavia sebbene il nome fosse certamente originale, Giovanni Buitoni non era convinto che fosse una buona idea proporre dei cioccolatini da regalare con il nome di “cazzotti”. Decise così di ribattezzare la sua “creazione” con un nome più dolce e certamente più consono alle occasioni del suo utilizzo.
Nasce il “Bacio” Perugina che si porta dietro tutta una serie di slogan legati a gesti affettuosi e a momenti d’amore; il Bacio Perugina diventa il simbolo per eccellenza del pensiero affettuoso.

L’immagine del Bacio venne affidata a Federico Seneca, direttore artistico della Perugina negli anni ’20.
Attraverso la sua rielaborazione del quadro di Francesco Hayez “Il bacio”, creò la scatola blu con l’immagine dei due innamorati e fu sempre sua l’idea di inserire i cartigli contenenti le frasi d’amore che ancora oggi caratterizzano lo storico cioccolatino.

Tratto dal sito di eurochocolate

Ama l’uomo che ti chiama Bella invece di Sexy,
ama l’uomo che ti telefona solo per sentire la tua voce,
l’uomo che ride e piange con te,
che ti pensa prima di addormentarsi e quando si sveglia,
che ti abbraccia senza motivo,
che ti prende come sei e non vuole cambiarti,
che se sbaglia cerca di rimediare
senza che glielo chiedi tu,
che cerca di capirti,
che non gli importa se ingrassi o dimagrisci,
che ti domanda che cosa vuoi mangiare oggi
o se hai già mangiato
che prenda la tua mano di fronte ai suoi amici
che ti dica quanto è fortunato ad averti.

(Anonimo)

♥♥

Ti parlerò d’amor – Wanda Osiris (1944)

Breve storia sul cioccolato

Il nome del “nobile alimento” deriva dallo spagnolo chocolate, che a sua volta trae origine dal termine azteco chocolatlxocolatl.
Derivato dai frutti della pianta del cacao, originaria del centro-america, era già ben conosciuto ai tempi dei Maya, che gli attribuivano grande importanza. In realtà all’epoca dei Maya non esisteva ancora il cioccolato nelle forme che conosciamo oggi, e i frutti della pianta venivano utilizzati per produrre una bevanda, lo xocolatl appunto, molto aromatica e un po’ amarognola, a cui venivano riconosciute proprietà stimolanti e meravigliose, si credeva fossero addirittura magiche.

Anche il naturalista svedese Linneo, nel ‘700, a causa delle proprietà della pianta di Cacao e dei suoi frutti, chiamò il cioccolato Theobroma, che in greco significa “cibo degli dei“.
I primi a coltivare la pianta di Cacao furono probabilmente i Maya; da questi la coltura si diffuse in tutto il centro-America, tramite i Toltechi e successivamente gli Aztechi. La pianta del cacao è molto sensibile alle variazioni climatiche, e anche al giorno d’oggi la coltivazione è ristretta alla fascia equatoriale; i principali produttori si trovano in Africa occidentale (Ghana, Costa d’ Avorio, Camerun, Nigeria,…) e nel centro-sud America (Salvador, Guatemala, Colombia, Ecuador, Brasile, …); altri produttori minori sono in Indonesia, Filippine e Nuova Guinea.

Il cioccolato è stato importato in Europa relativamente di recente, intorno al diciassettesimo secolo, e solo allora gli fu data la forma che oggi è forse la più comune: la tavoletta. Da allora il cioccolato e i dolci a base di cacao si sono moltiplicati e diversificati, e oggi possiamo gustarci una tavoletta di fondente o un gianduiotto, la meravigliosa pralineria belga, una fetta di Sacher Torte o semplicemente una bella tazza di cioccolata calda, magari con un bel po’ di panna montata.

In Italia è soprattutto a Torino che si afferma il culto e la produzione del cioccolato di qualità. Sempre in Piemonte, ad Alba questa volta, Pietro Ferrero inventa un’altra delizia del palato, il “gianduia“, ottenuto amalgamando cacao e pasta di nocciole.
Oggi nel capoluogo piemontese hanno sede alcune delle più note cioccolaterie e pralinerie, anche se il primato di “Capitale del Cioccolato” le viene conteso da Perugia, sede da qualche anno di una specifica manifestazione sul tema, che si tiene agli inizi di ottobre.

Il cioccolato, delizia del palato per milioni di estimatori, è oggi uno dei prodotti dolciari per eccellenza in tutte le varie forme che la sua versatilità gli consente di assumere, dalle classiche tavolette di cioccolato fondente, al latte, bianco, al caffè eccetera, ad una varietà pressochè infinita di cioccolatini di tutte le forme e dimensioni.
Prodotto mescolando cacao, burro di cacao e zucchero, può venire aromatizzato con l’ introduzione di altri ingredienti, tipicamente le nocciole, il caffè, le mandorle o altri ancora.

È necessario tuttavia fare attenzione alla presenza nell’impasto di altre sostanze (ora purtroppo ammesse a causa di una sciagurata Direttiva europea) come i grassi vegetali sostitutivi del burro di cacao (ad esempio olio di palma o burro di karitè) che impoveriscono il gusto e l’aroma del cioccolato vero, ed hanno il solo scopo di arricchire ulteriormente le multinazionali che controllano il Mercato mondiale del cioccolato e dei suoi derivati (infatti tali grassi vegetali sostitutivi hanno un costo decisamente inferiore rispetto al burro di cacao).

La banca del cioccolato

In tempi di concentrazioni bancarie, in cui ogni giorno si sente parlare di finanza, scalate, lotte di potere eccetera eccetera, un’iniziativa come la “Banca del Cioccolato” suscita quantomeno curiosità. Una banca, originale, dolce e… buona che rientra in un progetto promosso da Chococlub – l’Associazione Italiana Amatori Cioccolato nata nel 1998 e capitanata da Davide Ferrero. Il progetto vede coinvolti artigiani e ditte industriali e si pone come scopo quello di regalare un sorriso ai bambini, agli anziani ed ai disabili che, pur potendo mangiare cioccolato, si trovano in ospedale o in centri di assistenza. Tutto ciò perchè il cioccolato (ormai su di ciò la scienza è concorde) è un “creatore di felicità“, e genera, in chi lo mangia, benessere e miglioramento dell’umore (noi che siamo degli appassionati cioccolatomani non possiamo che confermare).

 

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