Carnevale di Venezia

Il Carnevale veneziano è uno dei più antichi e affascinanti d’Europa, forse proprio per lo scenario stesso fatto di calli, ponti, piazzette e “sotoporteghi”, che si presta a tale rappresentazione. Nel corso del XVIII° il travestimento e i giochi in incognito con utilizzo di maschere erano parte integrante della vita quotidiana veneziana.
Al tempo della Serenissima il Carnevale iniziava ufficialmente il 26 dicembre e raggiungeva il suo apice il martedì grasso, prima del mercoledì delle Ceneri.

La moda veneziana di indossare delle maschere comportava una serie di vantaggi e libertà, che dovevano far sembrare Venezia un vero e proprio paradiso ai molti visitatori stranieri.

Il gioiello più prezioso

Chiunque sia stato qui
porta nel suo cuore il gioiello più prezioso,
l’immagine di Venezia.
Vedi Napoli e muori. E poi vai a Venezia per risorgere.
Dicono che ogni qualvolta Dio voglia fare un’ispezione
nel giardino dell’Eden, si rechi prima a Venezia.
Venezia è come una donna.
Tutto quello che si dirà di lei sarà vero.
Della donna in età balzachiana si sa già tutto.
Ma cosa si sa della donna in età veneziana?
A Venezia si ritorna perché offre l’amore.
Ma non perdona il tradimento.
Si dice che nella sua vita precedente Atlantide fosse Venezia.
Vi sono Atlantidi dai molti volti.
Ma solo una di essi porta la maschera di Venezia.

Mieczysław Kozłowski

I cittadini ordinari che indossavano i tradizionali costumi di carnevale si sentivano esattamente allo stesso livello dei ricchi patrizi. Ricchi e poveri festeggiavano insieme in città e anche l’astuto Senato, che riconosceva in questo una perfetta valvola di sfogo per tutti i tumulti sociali, decretò che nessuno di coloro che indossava una maschera era inferiore ad un altro. Persino i giocatori d’azzardo utilizzavano la maschera per rimanere in incognito e pure le donne, protette dalla maschera si sentivano libere di organizzare i loro incontri segreti.

La maschera quindi divenne condizione necessaria per sfuggire dalla vita di tutti i giorni e inventare una nuova personalità, permettendo di agire in totale libertà.
È la Venezia di Giacomo Casanova scrittore, avventuriero e grande seduttore veneziano famoso per le sue continue tresche amorose.

Il saluto che risuonava di continuo nell’atto di incrociare un nuovo “personaggio” era semplicemente: «Buongiorno signora maschera.»
La partecipazione gioiosa e in incognito a questo rito di travestimento collettivo era, ed è tuttora, l’essenza stessa del Carnevale. Un periodo spensierato di liberazione dalle proprie abitudini quotidiane e da tutti i pregiudizi e maldicenze, anche nei propri confronti. Si faceva tutti parte di un grande palcoscenico mascherato, in cui attori e spettatori si fondevano in un unico ed immenso corteo di figure e colori.
(wikipedia)

Durante il Carnevale la Piazza San Marco diveniva il centro dei festeggiamenti, ma anche i campi minori e le strade principali erano invase da persone che danzavano, cantavano e facevano scherzi. E allora San Marco, definita da molti come il salotto più bello del mondo, si trasformava in un’immenso salone da ballo e in prossimità della piazza apparivano nella nebbia fantastici palcoscenici galleggianti. L’ultimo giorno, il martedì grasso, il Carnevale raggiungeva il suo apice e una processione di maschere attraversava il Canal Grande, centinaia di lanterne si riflettevano nell’acqua dei canali e Venezia stessa si trasformava in un unico grande teatro.
Con la caduta della Repubblica alla fine del XVIII° secolo, l’utilizzo della maschera ebbe un repentino declino, fino a scomparire completamente.

Dopo tutto, una bugia cos’è?
Nient’altro che la verità in maschera.

George Gordon Byron

Le Leggi e le Maschere

Il più antico documento riguardante l’utilizzo delle maschere a Venezia è datato 2 maggio 1268: in questo documento veniva proibito agli uomini in maschera di praticare il gioco delle “ova” (lancio di uova riempite di acqua di rose). Dai primi del ‘300 cominciarono ad essere promulgate nuove leggi che mettevano dei “paletti” all’inarrestabile decadimento morale dei Veneziani del tempo.
Il legiferare limitativo del Carnevale inizia con un decreto del 22 febbraio 1339 che proibisce alle maschere di girare di notte per la città. Un decreto, che può far capire quanto libertini erano i Veneziani del tempo, è quello del 24 gennaio 1458: questo proibisce agli uomini di introdursi, mascherati da donne, nei monasteri per compiervi multas inhonestates. Sempre nello stesso “settore”, è interessante il decreto del 3 febbraio 1603, atto a ripristinare la moralità nei conventi, proibendo di entrare in maschera nei parlatori delle monache.
Più volte sono stati promulgati decreti per impedire alle maschere di portare con sè armi o strumenti atti a ferire, così come vengono promulgati decreti al fine di impedire alle maschere di entrare nelle chiese, ed estendono lo stesso obbligo a tutti i cittadini che si introducevano nelle sacrestie con abiti indecenti.

Un anno importante è il 1608, e precisamente nella data del 13 agosto, nel quale viene emanato un Decreto del Consiglio dei Dieci, uno dei massimi organi di governo della Repubblica di Venezia dal 1310 fino alla sua caduta, avvenuta nel 1797, che aveva il compito di vegliare sulla sicurezza dello Stato. In tale Decreto risulta che ormai la maschera è usata per molti periodi dell’anno, tanto da creare seri problemi alla Repubblica.
Per evitare le pessime conseguenze di questo malcostume, viene fatto obbligo a qualsiasi cittadino, nobile o forestiero, di non usare la maschera se non nei giorni del Carnevale e nei banchetti ufficiali. Le pene inflitte, in caso di trasgressione del decreto, sono pesanti: per gli uomini la pena era di 2 anni in carcere, di servire per 18 mesi la Repubblica vogando legato ai piedi in una Galera, nonché di pagare 500 lire alla cassa del Consiglio dei Dieci. Per quanto riguarda le donne meretrici che venivano trovate in maschera, queste venivano frustate da S. Marco a Rialto, poste in berlina tra le due colonne in Piazza S. Marco e venivano bandite per quattro anni dal territorio della Repubblica Veneta: oltre a ciò dovevano pagare 500 lire alla cassa del Consiglio dei Dieci.

Dopo cinquant’anni dal decreto del 1608, il 15 gennaio viene pubblicato un proclama del Consiglio dei Dieci, dove si ribadiva il divieto alle maschere di portare armi e veniva altresì proibito di andare mascherati all’interno di luoghi sacri e veniva espressamente proibito di mascherarsi con abiti religiosi. In quello stesso decreto veniva proibito l’uso dei tamburi prima di mezzogiorno e vietati i balletti di qualsiasi tipo, al di fuori del periodo di Carnevale.
Vista l’usanza di molti nobili Veneziani che andavano a giocare d’azzardo mascherati per non essere riconosciuti dai creditori, nel 1703 vengono proibite per tutto l’anno le maschere nelle case da gioco.

Con due differenti decreti (negli anni 1699 e 1718) viene proibito l’utilizzo della maschera durante la Quaresima e durante le festività religiose che capitavano durante i giorni del Carnevale.
Nel 1776, una nuova legge, atta a proteggere l’ormai dimenticato onore di famiglia, proibiva alle donne di recarsi a teatro senza maschera, con la bauta, tabarro e volto.

Dopo la caduta della Repubblica, il Governo Austriaco non concedette più l’uso delle maschere, se non per feste private o per quelle elitarie, come ad esempio la Cavalchina della Fenice: un gran ballo in maschera  che si teneva ogni anno al teatro La Fenice, la cui tradizione risale agli inizi dell’Ottocento e rappresentava uno degli eventi mondani più esclusivi del Carnevale di Venezia.

Sotto il dominio austriaco oramai la città rappresentava solo una piccola provincia dell’Impero, senza più libertà. Ma con il secondo governo austriaco fu permesso di nuovo di utilizzare le maschere durante il Carnevale.

Durante il periodo carnevalesco a Venezia vi erano attrazioni di ogni genere: giocolieri, acrobati, musicisti, danzatori, spettacoli con animali e varie altre esibizioni, che intrattenevano un variopinto pubblico di ogni età e classe sociale, con i costumi più fantasiosi e disparati. I venditori ambulanti vendevano ogni genere di mercanzia, dalla frutta di stagione ai ricchi tessuti, dalle spezie ai cibi provenienti da paesi lontani, specialmente dall’Oriente, con il quale Venezia aveva già intessuto stretti e preziosi legami commerciali sin dai tempi del famoso viaggio di Marco Polo lungo la Via della Seta.

Uno dei travestimenti più comuni nel Carnevale antico rimasto in voga ed indossato anche nel Carnevale moderno, è sicuramente la Baùta indossata sia dagli uomini che dalle donne, garantiva il totale anonimato e la particolare forma della maschera sul volto assicurava la possibilità di bere e mangiare senza doverla togliere.

Gli spettacoli mascherati finanziati dai nobili e allestiti nei teatri privati della città, erano riservati a un ristretto numero di persone. Con lo sviluppo e la richiesta di questo genere artistico, dalla metà del cinquecento a Venezia aprirono numerosi altri piccoli teatri, rivolti anche ad un pubblico popolare. Nel seicento si svilupparono vere e proprie attività legate al mondo della commedia teatrale, delle arti sceniche e dell’artigianato dei costumi e delle maschere.
I cosiddetti mascareri, divennero veri e propri artigiani realizzando maschere di fogge e fatture sempre più ricche e sofisticate, vennero riconosciuti ufficialmente come mestiere con uno statuto del 10 aprile 1436, conservato nell’Archivio di Stato di Venezia. Utilizzavano materiali quali argilla, cartapesta, gesso e garza, e decorazioni con disegni, ricami, perline e piumaggi.

Emersero numerosi e talentuosi autori teatrali, diventando celebri rappresentando opere sempre più raffinate e complesse. La definizione di Commedia dell’Arte nasce proprio a Venezia e risale al 1750, quando il drammaturgo e librettista Carlo Goldoni lo introduce all’interno della sua commedia Il teatro comico.

Feste e tradizioni

Il Corteo delle “Marie” © Italo Greci/Unionpress

La Festa delle Marie è di origini antichissime, si hanno notizie solo a partire dal 1039, ma si presume sia stata introdotta nel 943. Nel giorno della purificazione di Maria, il 2 febbraio, a Venezia era usanza celebrare il giorno della benedizione delle spose.
Venivano scelte 12 fanciulle tra le più povere e belle della città, alla loro dote contribuivano con una donazione i nobili di Venezia e il Doge. Pare che nel 943 dei pirati rapirono le fanciulle, ma ecco che dei
valorosi veneziani con in testa il Doge stesso, riuscirono a liberarle e a recuperare le loro doti. Per commemorare la vittoria sui pirati nacque la Festa delle Marie, il corteo delle Marie, sfilando in una processione di barche attraversava i rii della città.

Nel corso degli anni la modalità della festa e il numero delle Marie è cambiato più volte. In un’occasione furono sostituite con delle sagome di legno per evitare che il desiderio di vedere le bellezze femminili prevalesse sulla tradizione religiosa;  ma i veneziani protestarono con lancio di sassi e ortaggi. Nel 1379 la Feste della Marie venne soppressa, salvo poi essere ripresa nel 1999 con alcune varianti.

Il Volo dell’Angelo trova le sue origini verso la metà del Cinquecento, quando tra le varie manifestazioni e spettacoli organizzati in città, un giovane acrobata turco riuscì, con il solo ausilio di un bilanciere, a salire alla cella campanaria del campanile di San Marco camminando nel frastuono della folla sottostante in delirio, sopra una lunghissima corda che partiva da una barca ancorata sul molo della Piazzetta. Lungo la discesa, invece, raggiunse la balconata del Palazzo Ducale, porgendo gli omaggi al Doge. Dopo il successo di questa spettacolare impresa, subito denominata Svolo del turco, divenne cerimonia ufficiale per molti anni.
Finché non si cimentarono nell’impresa anche giovani veneziani al posto dei funamboli di professione, con  spericolatezze e variazioni, tra cui il dotarsi di ali, da qui il nuovo termine il Volo d’Angelo.

Nel 1759 il volo finì in tragedia, un acrobata si schiantò al suolo e l’esibizione venne vietata e sostituita con una colomba di legno che nello stesso tragitto si apriva e liberava sulla folla fiori e coriandoli. Prese per questo il nome Volo della Colombina.

Dall’edizione del 2001 si è passati nuovamente alla vecchia formula del Volo dell’Angelo, sostituendo la Colombina con una splendida fanciulla.

Nel 1979, un gruppo di giovani veneziani amanti del teatro e della cultura, ebbero la buona idea di far rinascere l’antico Carnevale. Adesso i visitatori che ogni anno affollano Venezia l’ultimo week-end prima dell’inizio della Quaresima sono più di 500.000.

L’identità delle persone si fa di nuovo confusa e riemerge inevitabilmente la difficoltà di distinguere fra realtà e illusione e fra passato e presente.

La serenissima – Rondò Veneziano (1981)

 

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