Paganesimo

Il Paganesimo è una delle forme di religiosità più antiche al mondo, si ritiene sia nato dalla combinazione di più culti animistici europei e anche americani. La sua evoluzione procedette poi nel corso dei secoli, giungendo a costituire quella che fu la religiosità basata su:

  • la teologia (che cerca di rispondere alle domande sull’origine e il fine ultimo del cosmo),
  • la cosmologia (studio del cosmo in termini di spazio, tempo e materia)
  • la filosofia (che cerca di dare risposte sul senso del mondo e dell’esistenza umana) delle grandi civiltà del passato.

ANIMISMO

L’Animismo, dal latino “soffio” o “anima”, è una concezione della realtà secondo la quale nelle cose risiede un principio vitale, o anima.
L’idea che alcuni eventi siano determinati da forze esterne e soprannaturali, che possono essere previsti e modificati da incantesimi o visioni, fa parte della nostra vita fin dai tempi preistorici. Si presume che nelle popolazioni antiche, tali pratiche aiutassero ad affrontare e accettare ciò che era ignoto e misterioso.
L’animismo è considerato una fase primitiva dello sviluppo sociale, una funzione simbolica ancora oggi presente nelle attività infantili con cui si ha la possibilità di sperimentare in una dimensione magica, il far finta di…
Tale pratica permette all’individuo di animare oggetti e personaggi inanimati che obbediscono alle leggi dei suoi desideri. In tal modo l’immaginazione supplisce l’assenza degli oggetti e dei personaggi o trasforma le loro fattezze a misura della realtà magica che l’individuo vuole rappresentarsi.

Per approfondire: Il pensiero magico

ANIMISMO PRIMITIVO

Fin dall’era paleolitica si credeva che una forza magica e sacra permeasse ed agisse in qualunque cosa, che ogni evento ed oggetto possedesse delle particolari intenzioni e volontà, buone o cattive, manifestando una sorta di “occhio immateriale” e di energia cosmica che si rivolgeva costantemente verso gli uomini in forme propizie o nefaste, a secondo dei casi. Tale animismo primitivo faceva sì che l’uomo fosse immerso in una realtà allo stesso tempo mitica e magica, sacrale e materiale, una realtà trascendente che lo attraeva e lo spaventava.

Nello stato mitico l’essere è unitario; non c’è distinzione tra sacro (ciò che è divino) e profano (ciò che è terreno), tra naturale e soprannaturale. L’uomo primitivo vive nello spazio del sacro, ma un sacro vissuto, non concettualizzato.

Egli non conosce l’instabilità dell’uomo moderno che ha perduto il suo luogo ontologico e non fa che andarne alla ricerca. L’uomo primitivo si sente al suo posto al centro della realtà, non abbastanza cosciente di sé per volersi diverso da quanto sia.

di Georges Gusdorf

PRIME FORME DI RELIGIONE

Da questa concezione unitaria iniziò a svilupparsi progressivamente la prima forma di religione in senso ampio: si andò verso una distinzione tra la normale vita quotidiana e profana e il rapportarsi con il sacro, inteso come una sfera ben distinta fatta di spiriti immateriali.
La morte non era considerata come un evento naturale inevitabile, ma una conseguenza di fenomeni violenti e nefasti. Ne derivò la credenza che lo spirito (mana) dei defunti potesse sopravvivere dopo la morte, e potesse interagire con il nostro mondo terreno e con le persone ancora viventi. Da qui i primi riti magici e le sepolture rituali di defunti, affinchè lo spirito liberato dal corpo non potesse ritornare (100.000 a.C.).
Con un lento processo di sviluppo mentale durato milioni di anni, si acquisì una coscienza collettiva della nostra mortalità come destino naturale degli esseri viventi, facoltà sconosciuta a qualunque altra forma di vita animale sulla Terra.

In molti animali, specialmente quelli evoluti e che hanno una vita sociale, c’è l’evidente consapevolezza della morte altrui, che spesso dà luogo a sofferenza. [..] Tuttavia ciò che solo l’uomo riesce a fare è il ragionamento che se un essere uguale a me muore, allora prima o poi toccherà anche a me. Manca cioè, negli animali, la coscienza della propria morte

di Danilo Mainardi, etologo, su Focus Extra

Un’ipotesi plausibile suggerisce che la credenza nella sopravvivenza dopo la morte, fosse generata o rinforzata dal mondo onirico: sogni ed incubi che riguardavano persone estinte, indussero a credere che potessero sopravvivere nella sfera degli spiriti, che prendeva vita di notte. Solo la magia poteva proteggere i vivi dai morti e trasformare gli spiriti in alleati. Il culto dei defunti e le modalità seguite per la sepoltura, oltre ad avere un grande valore simbolico, erano una vera e propria pratica sacro-religiosa collettiva.

Parallelamente assieme al culto dei morti andarono affermandosi altre pratiche di religione in senso ampio e a carattere tribale.

IL TOTEMISMO

I gruppi sociali del paleolitico attribuivano la discendenza del loro clan ad un unico e mitico antenato, di regola un animale considerato particolarmente forte e coraggioso (orso, leone, ecc). In tal modo si stabiliva sia l’identità collettiva della tribù che la differenza con le altre limitrofe, attingendo risorse ed energia dalla potenza magica posseduta dal presunto antenato-animale.

LO SCIAMANESIMO

È un insieme di pratiche magiche attraverso le quali la figura dello sciamano/sciamana, uomini e donne dotati di particolari poteri magici, potevano “viaggiare” in stato di trance nel mondo degli spiriti, utilizzando i grandi poteri di quest’ultimi a vantaggio dei clan preistorici in cui operavano.

Si è ancora lontani dal concetto di divinità, che produsse una nuova tipologia di religione sviluppatasi intorno al mistero della fecondità (di cui peraltro non si conosceva la dinamica concreta) e sul potere di donare la vita, religione che si focalizzò nel culto della Dea Madre (27.000 a.C).

IL CULTO DELLA DEA MADRE

La Venere di Willendorf (Vienna)

Le famose statuette femminili del paleolitico, una delle prime forme di arte umana, costituiscono allo stesso tempo la più antica testimonianza dell’origine e dello sviluppo della prima forma conosciuta di religione (in senso stretto) della nostra specie.
Simboli religiosi che sintetizzano ed esprimono la nuova sacralità femminile, un culto perpetrato da molte civiltà e che diede origine a nuove concezioni mitologiche del mondo.

Le divinità femminili quasi subito assunsero un carattere bivalente, a volte raffigurate anche sotto forma di animali quali il gufo, l’avvoltoio, il bisonte femmina o la giumenta. Infatti la Dea Madre diventò anche Messaggera e Dea della Morte, seppur svolgendo anche questo ruolo mistico in qualità di rigenerazione della stessa vita, attraverso il processo di trasfigurazione dalla morte in vita. Il tema della morte già elaborato con il culto dei defunti, venne così ripreso in una diversa prospettiva, un’attività rituale celebrata dalle sacerdotesse. Il culto della Dea Madre si identifica come una religione pacifica ed egualitaria, anche tra i due sessi.

MADRE TERRA

Con il passaggio al periodo neolitico contraddistinto da attività quali l’agricoltura e l’allevamento, la Dea Madre mutò parzialmente volto e venne in parte affiancata da divinità maschili, seppur in posizione nettamente subordinata. Divenne divinità della Fertilità della Terra, simbolo del ciclo vitale della vegetazione (nascita, fioritura, morte); simultaneamente acquistarono grande importanza gli aspetti legati alla fecondità di uomini e animali, l’abbondanza dei raccolti, la fioritura delle piante e i processi della crescita. La rappresentazione del mutamento delle stagioni si intensificò, manifestandosi nei rituali estivi/invernali o primaverili/autunnali e nella comparsa dell’immagine di una madre/sorella e di un particolare Dio maschile, spirito della vegetazione che nasce e muore.

Via via il culto della Dea Madre cedette il passo a un universo parallelo “divino” e sacrale, una religione basata sul culto della forza, più propriamente maschile, elaborato e riprodotto dalle popolazioni indoeuropee. Con la pastorizia nomade e l’appropriazione delle risorse naturali da parte di una minoranza del genere umano, apparvero le prime divisioni in classi e lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, perpetrato dai guerrieri e i loro capi che comandavano e razziavano aggredendo popoli pacifici (9000 a.C).
Le divinità femminili ebbero un ruolo subordinato di spose di grandi dèi guerrieri, oppure di fanciulle prive di ogni >potere concreto ed apprezzate solo per le loro doti estetiche ed erotiche.

MITI E LEGGENDE

I popoli tendevano a raccontare attraverso elaborate mitologie allegoriche quei misteri sul divino, a cui spesso venivano iniziati profondamente soltanto gli ordini sacerdotali. Le mitologie sono delle favole, metafore che servivano a spiegare alle popolazioni rozze concetti alti e sublimi; dietro la scorza mitologica si nascondeva sempre un sapere teologico profondo.
Le religioni che in seguito vennero definite pagane, contribuirono consistentemente alla formazione delle culture dei vari popoli, come quella celtica, quella egizia, la greca, la mesopotamica, la nordica, la precolombiana, la romana e quella slava.

Il Paganesimo è stata la forma più autentica di venerazione delle forze della Natura, quella Natura che folgorava, inondava, sbocciava e fruttificava davanti agli occhi ingenui di una umanità ancora pura e aperta all’ignoto. Le donne e gli uomini che per primi lodarono le forze del mondo si avvicinarono ad esse con estremo rispetto, senza vanto e senza superbia.

di Monica Casalini

C’era un grumo di fango prima che noi respirassimo
C’era un mito prima che il mito iniziasse…
Da esso nasce la leggenda…

Il mito nasce dall’esigenza degli Antichi di risolvere il mistero dell’esistenza. Quando nella civiltà greca si afferma l’orientamento filosofico razionale, si tenta di dare anche al mito una spiegazione razionale e pertanto attendibilità storica. Leggende e tradizioni hanno quindi come protagonisti dèi, semidei, ninfe, eroi e mostri complementari, di cui un numero preponderante è collocato nell’isola di Creta, l’isola più grande della Grecia e patria di Zeus (conosciuto come Giove nella religione dell’Antica Roma), il più importante degli dei dell’Olimpo.
Il Mito è quindi un racconto non vero, ma che racconta grandi verità. Al di là dell’episodio narrato e del personaggio di cui celebra le gesta, può essere interpretato e ricondotto in qualche misura alla storia e alla cultura del paese d’origine.

LA NASCITA DEL MITO DEGLI DEI

All’infuori del popolo ebraico, che era monoteista, tutti gli altri popoli antichi erano politeisti o idolatri.

La pratica dell’idolatria consiste nell’adorazione da parte di uno o più fedeli di una rappresentazione iconografica, l’idolo, di una divinità come se l’oggetto in sé fosse sacro.

Questi popoli raccontavano dei loro dèi storie meravigliose, che furono appunto chiamate Miti. Le antiche religioni politeiste erano nate dai sentimenti della paura e dello stupore degli uomini primitivi di fronte ai fenomeni della natura; non potendo dare loro una spiegazione gli attribuivano una volontà e persino una figura simile a quella umana. Così nacquero, ad esempio, i miti del fuoco, del giorno e della notte.

LA MITOLOGIA GRECA

Pur presentando motivi comuni con altre mitologie, quella greca ha una sua identità specifica. Tale specificità sopravvive nella cultura moderna attraverso figure che spesso troviamo nella letteratura e nelle arti figurative (pittura e scultura); anche nelle fiabe spesso sopravvivono schemi narrativi e situazioni derivanti dal mito.
La mitologia greca oltre ad essere bella, è anche ben ordinata e coerente: i miti che questo popolo aveva inventato vennero ben presto rielaborati dai suoi poeti, divennero musa ispiratrice di molti, basti pensare ad Esiodo e Omero.

I popoli nel creare i propri miti furono guidati dalla spontaneità del sentimento religioso; dei loro dèi si limitarono a raccontare gli eroismi, i miracoli, le grandezze, le grazie agli uomini buoni, le punizioni agli empi.
Furono i poeti, più tardi che, colte tali leggende dalla bocca stessa del popolo, vollero trasformarle in poesia eliminando le contraddizioni, attribuendo delle connessioni tra un mito e l’altro, dando un ordine all’intricata matassa. Infine per abbellire, rendere più divertente e più efficace il loro racconto, trascurarono l’aspetto religioso che originariamente aveva ispirato i miti, tanto che spesso attribuirono alle divinità gesta e atteggiamenti fin troppo “umani” e ben poco degni di un dio.

LA NASCITA DEL MITO DEGLI EROI

I miti degli Eroi nacquero dal culto per i morti. Il culto dei morti deriva da un sentimento di affetto per i cari scomparsi e da una misteriosa intuizione che chiunque è passato per la morte, è da essa santificato. Di qui dunque la religione delle tombe e il culto che tanto in Grecia quanto a Roma, sebbene in forma diversa, ogni famiglia attribuiva al suo capostipite e a tutti i suoi morti, invocandoli in ogni momento lieto o doloroso, e per avere il loro aiuto o consiglio.
I Romani, ad esempio, concepivano le divinità come incorporee e invisibili e avevano per i morti un culto tutto intimo, di carattere familiare, senza attribuire loro alcun mito. Ogni famiglia aveva il culto del suo capostipite Lar, e degli altri antenati Lari, che adoravano insieme ai Penati, divinità che presiedevano all’unione e alla conservazione delle famiglie.
I Greci avevano anche essi il culto degli antenati ma avevano un sentimento della famiglia meno forte di quello dei romani, preferivano la vita all’aperto a quella delle quattro mura domestiche, l’agorà (la piazza) alla casa. In Grecia si sviluppò meno il culto domestico e più quello pubblico, e soprattutto si sviluppò la religione dei fondatori di città o di quei defunti che avevano dato alla loro città maggiore gloria con le loro gesta, coloro che i Greci chiamarono Eroi.
Come per gli dèi, così agli Eroi i Greci attribuirono molti miti e li adorarono come semidei. In ogni città, accanto al culto degli dèi, si venne formando il culto degli eroi, intorno ai quali la tradizione aveva dato vita a intricatissime leggende.

I Pagani. Simboli del Paganesimo

 

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