Foto di Monica Volpin da Pixabay

Il Cadore è  una regione storico-geografica italiana che si trova in gran parte in provincia di Belluno (Veneto), e in provincia di Udine per quanto riguarda il solo comune di Sappada (Friuli-Venezia Giulia). È interamente appartenente alla zona montuosa delle Dolomiti Orientali.

In tempi antichi nel territorio del Cadore si insediarono gli Euganei, e successivamente i Paleoveneti (VI-V secolo a.C.), arrivarono poi le tribù celtiche e quelle germaniche, e le diverse culture si fusero inevitabilmente tra loro.

In epoca alto-medievale piccoli villaggi di etnia latina si riunirono in Comunità, dette Regole, in cui il territorio veniva gestito come proprietà collettiva e amministrato in modo diretto e  autonomo dalle Regole stesse.

Venne così ad essere istituita nel 1338 la Magnifica Comunità di Cadore, un organo di autogoverno in cui l’organizzazione delle Comunità e l’unione delle Regole venivano disciplinate dagli Statuti cadorini (raccolta di ordini e consuetudini).
Dal 1420 la Magnifica Comunità rimase a lungo sotto la protezione della Repubblica di Venezia ottenendo un’ampia autonomia amministrativa, gestita attraverso le forme autoctone di governo previste dagli Statuti cadorini.
Il governo della Comunità risiedeva a Pieve di Cadore presso il Palazzo della Magnifica Comunità di Cadore nel quale si riunivano i membri eletti dalle 27 Regole (Comunità di villaggio dotate di propri statuti).

Con la Guerra della Lega di Cambrai, una lega formatasi nel 1508 con la coalizione della monarchia asburgica, spagnola e francese per frenare l’espansione veneziana, il Cadore perse l’allora Ampezzo di Cadore che venne annesso al territorio del Tirolo asburgico. Un distacco politico che perdurerà fino al 1918, quando con la fine della Prima guerra mondiale e la ripartizione del dissolto Impero austro-ungarico, il territorio dell’Ampezzo verrà annesso all’Italia.

La sconfitta della Repubblica di Venezia inflitta da Napoleone Bonaparte, comportò che i territori della Magnifica Comunità di Cadore venissero ceduti all’Austria insieme al resto dell’odierno Veneto, con il Trattato di Campoformio del 1797.
Questi territori ritornarono quindi sotto il dominio francese quando Napoleone, assunto il potere in Francia e divenuto imperatore dei francesi nel 1804, si incoronò Re d’Italia nel 1805.
La Magnifica Comunità ed il sistema delle Regole vennero soppressi con l’introduzione del codice napoleonico: il primo codice civile moderno con cui si aboliva la tradizione giuridica dell’Ancien Régime, il Feudalesimo e il potere assoluto dei monarchi, confermando le principali conquiste della rivoluzione sulla base dei princìpi illuministici della borghesia. Un codice che successivamente confluirà nel codice civile italiano del 1865.

Alla caduta di Napoleone nel 1814 seguì l’accordo delle potenze vincitrici al Congresso di Vienna. Il Cadore come il resto del Veneto venne annesso all’Austria, che costituì il nuovo Regno del Lombardo-Veneto.
Durante il Risorgimento italiano, al termine della Terza guerra d’indipendenza il Veneto passerà sotto il sabaudo Regno d’Italia nel 1866.

La Magnifica Comunità fu quindi ricostituita nel 1875 per volere dei Comuni cadorini, come ente morale (istituzione cui è riconosciuto il carattere di persona giuridica) col compito di conservare e promuovere l’unità spirituale e culturale della regione. Ne fanno tuttora parte 22 Comuni delle Dolomiti bellunesi.

Le risorse del territorio

Il turismo rappresenta una grande risorsa per il Cadore, insieme al territorio boschivo per la fornitura di legname di cui si avvalse anche la Repubblica di Venezia, quando nel 1463 la Magnifica Comunità cadorina donò con atto scritto la foresta di Somadida alla Serenissima per le alberature delle sue navi. Fin da allora è un’area naturale protetta, e per la peculiarità della flora e della fauna presenti dal 1972 è stata elevata a “Riserva naturale orientata e biogenetica” dello Stato.

Un’altra importante risorsa del territorio è il patrimonio idrico, notevole è infatti il numero di laghi, alcuni  anche artificiali come quello di Auronzo e quello del Comelico, creati per produrre energia idroelettrica.
Risorsa che contribuì non poco a fare del Cadore la culla dell’occhialeria italiana conosciuta in tutto il mondo.

È il 1878 quando a Calalzo di Cadore nasce la prima fabbrica artigianale di lenti all’interno di un mulino con macchinari mossi da energia idraulica. Gli artefici sono Angelo Frescura, venditore ambulante di occhiali di produzione tedesca e francese,  suo fratello Leone e Giovanni Lozza, abile artigiano nella meccanica e arrotino ambulante, che insieme costituiscono una società. L’attività prende il via con la molatura e il montaggio di lenti su occhiali metallici.
Tutto il materiale proviene dall’estero, ma l’obiettivo è quello di recuperare quell’arte in cui si distinsero soprattutto i vetrai veneziani di Murano. Sebbene, infatti, i primi a sperimentare soluzioni a un problema antico lamentato già ai tempi dei Romani furono gli Arabi e i Cinesi, in Occidente è del 13° secolo l’invenzione dei primi rudimentali strumenti per migliorare la vista, così che anzichè avvicinare la lente a ciò che si voleva guardare la si poneva davanti agli occhi. Si ritiene molto presumibile che ciò sia accaduto nelle fornaci che la Repubblica Serenissima dal 1100 aveva confinato nell’isola di Murano per mantenere segreta l’arte della produzione vetraria.

A Pieve di Cadore il Museo dell’occhiale, nato negli anni 50 e inaugurato nel 1990, testimonia l’evoluzione storica e tecnologica degli occhiali e degli oggetti legati all’ottica fino ai giorni nostri.

Negli anni di fine Ottocento gli abitanti del Cadore si sentivano spesso isolati durante i mesi invernali e paralizzata la loro economia che risultava fortemente penalizzata. Ma dovettero attendere fino al 1911, quando dopo varie vicissitudini finalmente presero il via i lavori della Linea ferroviaria Belluno-Calalzo, inaugurata nel 1914 e gestita dalla Rete Ferroviaria Italiana.
La linea lunga 44 km a binario unico non elettrificata, è stata potenziata dal 2018 e ulteriori miglioramenti sono previsti in vista delle Olimpiadi Invernali di Cortina 2026.

Dal 1921 la zona potè avvalersi anche della Ferrovia delle Dolomiti che partiva da Calalzo per giungere fino a Dobbiaco, unendo così le province di Belluno e Bolzano.

LA FERROVIA DELLE DOLOMITI

La ferrovia costruita dal Genio militare, inizialmente venne gestita dall’Esercito italiano e per un certo periodo anche dall’Esercito austriaco. Dal 1924 la concessione per l’esercizio della linea venne affidata alla Società Ferrovia delle Dolomiti.

Il “trenino delle Dolomiti”, così veniva chiamato, ebbe un ruolo fondamentale nelle Olimpiadi Invernali del 1956 che si svolsero a Cortina d’Ampezzo trasportando un continuo flusso di persone.
Terminati i giochi il declino fu inesorabile a causa del calo di traffico, in parte vi contribuì anche la motorizzazione privata  che si stava sviluppando proprio in quegli anni. Le conseguenti riduzioni di personale, la mancanza di investimenti e la scarsa manutenzione, che causò l’unico incidente mortale avvenuto nel 1960, fecero il resto. Oltretutto le abbondanti nevicate dei mesi invernali fermavano spesso la linea creando notevoli disagi.

Dal 1961 per collegare Dobbiaco con Cortina si optò per una linea di autobus, e l’anno successivo il servizio ferroviario per quella tratta cessò definitivamente. Il tracciato della ferrovia divenne in seguito un percorso per sci da fondo in inverno e una pista ciclabile in estate.
Il restante servizio prestato dalla Ferrovia delle Dolomiti per il trasporto di persone e merci andò via via riducendosi, fino a cessare definitivamente nel 1964.

La linea elettrificata lunga 65,379 km a binario unico (con raddoppi e tronchetti in alcune stazioni), si snodava su un percorso di montagna spettacolare. Partendo da Calalzo il treno attraversava una serie di gallerie e di ponti sui torrenti, correndo poi su un tratto a strapiombo delimitato da un lungo muretto, si apriva quindi alla vista dei viaggiatori un paesaggio vallivo, e lo sfrecciare di prati e pascoli fino alla stazione di Cortina, principale località intermedia della ferrovia, proseguendo poi imperterrito attraverso i boschi e costeggiando i laghi fino a Dobbiaco.

Nel 1929 con il passaggio dai treni a vapore a quelli a trazione elettrica, fu possibile ridurre notevolmente i tempi di percorrenza e aumentare il numero dei treni.

 

I lavori della ferrovia iniziati nel 1917 dal Genio militare italiano, una delle specialità delle Forze armate, si interruppero dopo la disfatta di Caporetto avvenuta nello stesso anno. Nel primo dopoguerra la linea rimase in completo abbandono fino all’inizio del 1919 quando il genio militare intervenne a completare l’opera, attivando la linea l’anno successivo.

Il Cadore offre molti percorsi escursionistici, tra cui l’Alta via delle Dolomiti.

ALTE VIE

Le Alte Vie sono percorsi escursionistici in quota lungo sentieri segnalati che vanno da rifugio a rifugio. Sono suddivisibili in più tappe, restando in quota anche più giorni.
Ogni Alta Via varia per grado di difficoltà, ed è alla portata di escursionisti dotati di un minimo di equipaggiamento e di pratica della montagna. Lungo il tragitto si trovano malghe, bivacchi e rifugi a cui appoggiarsi.

L’Alta Via delle Dolomiti consta di otto percorsi, che offrono l’occasione di godere appieno della bellezza unica delle Dolomiti patrimonio mondiale dell’UNESCO.

Molti sono i rifugi alpini presenti nella zona, raggiungibili attraverso i vari percorsi escursionistici.

RIFUGI ALPINI

Nati nella seconda metà dell’Ottocento, i rifugi alpini offrivano un punto di riparo per i viandanti che un tempo attraversavano le Alpi. Diventarono poi punti di appoggio per gli alpinisti, e si moltiplicarono con la fondazione delle grandi società alpine.
Da costruzioni rudimentali, si venne sviluppando tutta una particolare tecnica di costruzione di rifugio a salvaguardia anche del territorio.
In Italia la maggior parte dei rifugi sono proprietà del Club Alpino Italiano, ed alcuni dell’Associazione Nazionale Alpini.

È possibile fare trekking e raggiungere i rifugi anche con gli Anelli panoramici delle Dolomiti, percorsi circolari divisi per gruppo montuoso e per difficoltà.