“I nostri anni hanno accelerato, come in altri aspetti del vivere, le diversificazioni sia sul piano tossicologico, con le droghe sintetiche e l’espansione del consumo di cocaina, sia sul versante interpretativo: sono gli anni della cultura dell’addiction; delle dipendenze patologiche; all’interno di uno stesso spettro, vengono riconosciute diverse forme di comportamento compulsivo (gioco, shopping, internet, disturbi alimentari) – ammette Alessandro Dionigi in “Vecchie e nuove dipendenze” (Clueb, Bologna 2010) –Emerge la tendenza alla consumopatia come sfondo del vivere, come elemento non secondario della civiltà ipermoderna in cui esistiamo. Il fenomeno droga invade la popolazione globale, molti soggetti che la consumano si collocano in una quotidiana normalità e non si riconoscono in rappresentazioni e spiegazioni degli anni precedenti”.
di Giuseppe Maria Silvio Ierace,
Estratto dall’articolo: Vecchie e nuove dipendenze – psicoinsieme.it
Trovare un diamante su una strada fangosa
Racconti zen
Gudo era l’insegnante dell’imperatore del suo tempo. Però viaggiava sempre da solo come un mendicante girovago. Una volta, mentre era in cammino verso Edo, il centro culturale e politico del shogunato, si trovò nei pressi di un piccolo villaggio chiamato Takenaka. Era sera e pioveva a dirotto. Gudo era bagnato fradicio. I suoi sandali di paglia erano a pezzi. In una casa colonica vicino al villaggio vide quattro o cinque paia di sandali su un davanzale e decise di comprarne un paio.
La donna che gli vendette i sandali, vedendolo così bagnato, lo invitò a passare la notte lì in casa. Gudo accettò con molti ringraziamenti. Entrò e recitò un sutra davanti al reliquiario della famiglia. Poi la donna lo presentò a sua madre e ai suoi figli. Notando che avevano tutti un’aria afflitta, Gudo domandò se fosse accaduta qualche disgrazia.
«Mio marito gioca d’azzardo ed è un beone» gli spiegò la padrona di casa. «Quando gli capita di vincere si ubriaca e diventa manesco. Quando perde si fa prestare i soldi dagli altri. A volte, quando è ubriaco fradicio, non rincasa nemmeno. Che posso fare?».
«Lo aiuterò io» disse Gudo. «Ecco un po’ di denaro. Procurami un gallone di vino buono e qualcosa di stuzzicante da mangiare. Poi andatevene a dormire. Io resterò in meditazione davanti al reliquiario».
Quando, intorno alla mezzanotte, il marito della donna rincasò completamente ubriaco, si mise a berciare: «Ehi, moglie, io sono a casa. Non c’è niente da mangiare?».
«Qualcosa ce l’ho io» disse Gudo. «Sono stato sorpreso dalla pioggia, e tua moglie mi ha gentilmente invitato a passare qui la notte. Per ringraziarla ho comprato del pesce e un po’ di vino, sicché puoi gustarne anche tu». L’uomo fu tutto contento. Bevve subito il vino e si sdraiò sul pavimento. Gudo rimase in meditazione accanto a lui.
Quando il marito si svegliò la mattina dopo, non ricordava più nulla della sera prima. «Chi sei? Di dove vieni?» domandò a Gudo che stava ancora meditando.
«Sono Gudo di Kyoto e sto andando a Edo» rispose il maestro di Zen.
L’uomo provò un’immensa vergogna. Non la finiva più di scusarsi con l’insegnante del suo imperatore.
Gudo sorrise. «In questa vita tutto è instabile» spiegò. «La vita è brevissima. Se tu continui a giocare e a bere, non ti resterà il tempo di fare altro, e farai soffrire anche la tua famiglia».
Fu come se la coscienza del marito si ridestasse da un sogno. «Come potrò mai compensarti di questo meraviglioso ammaestramento? Lascia che ti accompagni e che porti la tua roba per un pezzo di strada».
«Come vuoi» acconsentì Gudo.
I due si misero in cammino. Dopo tre miglia Gudo disse all’uomo di tornare indietro. «Altre cinque miglia soltanto» lo pregò quello. Continuarono a camminare.
«Ora puoi tornare indietro» disse Gudo.
«Faccio ancora dieci miglia» rispose l’uomo.
«Adesso torna indietro» disse Gudo quando ebbero percorso le dieci miglia.
«Voglio seguirti per tutto il resto della mia vita» dichiarò l’uomo.
In Giappone, gli odierni insegnanti di Zen discendono da un famoso maestro che fu il successore di Gudo. Il suo nome era Mu-nan, l’uomo che non tornò mai indietro.
Videopoker e slot machine:
la febbre del gioco diventa mania.
Ma lo Stato incentiva i “ludopatici” con nuove licenze
Nuove licenze per le slot machine
Un regalo ai “soliti” dieci concessionari
Il giro d’affari del gioco legale in Italia è di 42 miliardi di euro. Come per il beauty contest, il governo potrebbe fare un’asta pubblica per impedire che i big del settore (Bplus, Sisal e Lottomatica) ottengano le concessioni gratuitamente
Sinceramente a volte sono davvero senza parole… non si sa più cosa sia il ritegno e la vergogna.
Sono cresciuta in un ambiente famigliare in cui mi è stato insegnato che i soldi facili non portano mai a niente di buono, occorre guadagnarsi quello che si ha, e solo così lo si saprà apprezzare e usare con parsimonia e discernimento.
Data questa premessa, nell’ambiente in cui ho vissuto il gioco d’azzardo è sempre stato considerato negativo, opinione supportata dal fatto che lo stesso Stato italiano LO VIETA con una legge.
Ieri ho sentito al Tg della decisione di alcuni bar di non tenere più le slot machine e questa notizia mi ha fatto davvero molto molto piacere e ben sperare che ci sia finalmente una presa di coscienza delle contraddizioni che viviamo nell’attuale società.
Non sono riuscita a farmi una ragione riguardo questa contraddizione, e trovo molto ipocrita che lo Stato da un lato per legge vieti il gioco d’azzardo e dall’altro il Governo lo promuova e lo incentivi addirittura allo scopo di rimpinguare le casse.
E poi, ciliegina sulla torta… ti fa pure la morale, suggerendo di non farsi prendere la mano, perchè lo sa che ti potresti fare male. Te lo dice pure, così tutti se ne lavano le mani e pure la coscienza: è affare tuo, No!? Così all’ipocrisia si aggiunge pure la beffa.
Io la chiamerei presa per il c**o e devo dire che ogni volta che sento questo messaggio alla TV mi indigno veramente.
Con solidarietà penso alle vittime e alle loro famiglie, che vivono le conseguenze di quella che ormai è stata dichiarata una vera e propria dipendenza. Mi è capitato persino di vedere persone, che pur vivendo del sussidio del Comune avendo perso il lavoro, si giocano tutto nel videopoker, o acquistano file di gratta e vinci… ho visto una mia conoscente spendere una fortuna tra lotto e gratta e vinci e so per certo che non naviga nell’oro… oppure padri di famiglia che non fanno in tempo a portare a casa lo stipendio perchè se lo mangiano prima al gioco, o peggio, che si rivolgono agli usurai.
Oltretutto se guardiamo bene, è come pagare le tasse di nuovo, senza neanche rendersene conto!
Senza contare infine che molti di quei soldi dovranno essere riconvertiti per curare chi ha questa dipendenza e quindi siamo al solito paradosso del cane che si morde la coda.
Ma ha senso fare queste scelte per un popolo che andrebbe tutelato e non sfruttato?
Sono scelte fatte senza pudore, in nome del dio denaro che può tutto, tutto e di più, ma allora a questo punto si possono anche istituire le case di tolleranza, no? Così con la scusa di controllare le malattie si può incentivare la prostituzione, che è vietata dalla Legge italiana e magari suggerire di non esagerare… AH! Poi si dovranno pretendere pure le quote blu, per rispettare le pari opportunità sia maschili che femminili…
Leda
La dipendenza dal gioco d’azzardo sta diventando un fenomeno dilagante.
Non più relegato all’interno del casinò, ha di fatto invaso le tabaccherie, affollate sempre più di slot-machine. In queste piccole Las Vegas, succursali delle grandi case da gioco, si possono perdere anche cifre consistenti.
Basterebbe ricordare il caso del Gratta e Vinci, che andrebbe ribattezzato Gratta e Perdi.
Vittorino Andreoli, I segreti della mente, 2013