La Vespa. Un mito per molte generazioni

La Vespa della Piaggio è diventata un fenomeno di costume che, apparendo in alcuni film, si diffuse in tutto il mondo.

Come in Vacanze romane del 1953 diretto da William Wyler, interpretato da Gregory Peck e Audrey Hepburn. Un film che capovolge la storia di Cenerentola, è la Hepburn infatti ad essere una principessa in visita a Roma, la quale per sfuggire alle incombenze a cui il suo ruolo la obbliga, si defila e gira per la città in incognito desiderosa di provare un po’ di vita “normale”, come scorazzare a bordo della Vespa di Joe, un giornalista americano conosciuto per caso, che lavora per un’agenzia romana e che l’aiuterà a esaudire il suo desiderio.

In Vespa è il titolo del primo dei tre episodi del film Caro diario del 1993, scritto e diretto da Nanni Moretti che interpreta se stesso a bordo di una Vespa, mentre attraversa i quartieri popolari di una Roma estiva e semideserta, assorto in riflessioni su l’Italia conformista degli anni 50. L’episodio si conclude sul posto dove è stato ammazzato Pasolini e dove sorge il monumento a lui dedicato, dimenticato.
Chiuso un periodo se ne apre un altro, con i successivi episodi in cui gli adulti sono insoddisfatti, distratti, non sanno educare i propri figli, dominati dalla televisione, dalle interminabili soap opera. Un diario aperto, un film autobiografico su una società ormai incapace di dare delle risposte adeguate ai problemi delle persone, abituate a loro volta a delegare ogni cosa agli altri, anche la propria salute, senza prendersene cura in prima persona.

È a bordo di una Vespa che Silvia Broome rischia di essere investita. Silvia è un’interprete che lavora presso l’ufficio delle Nazioni Unite a New York e casualmente ha udito una strana conversazione durante la quale misteriose persone parlano di un complotto e di un assassinio.
È la protagonista del film The Interpreter del 2005 con Nicole Kidman e Sean Penn, l’ultimo film girato da Sydney Pollack ed è anche la prima pellicola alla quale sia stata concessa l’autorizzazione a filmare delle scene all’interno del Palazzo di Vetro dell’ONU, dall’allora Segretario Generale Kofi Annan.
La trama e i personaggi del film sono inventati, ma il dittatore, la sua linea politica e le caratteristiche del paese nella finzione, per molteplici aspetti si avvicinano molto alla realtà dello Zimbabwe e del suo leader Robert Mugabe, grande oppositore degli Stati Uniti e della Gran Bretagna.

Curiosa è anche la foto fuori scena di Charlton Heston e Stephen Boyd mentre in abiti storici si spostano sul set di Cinecittà a Roma in sella a  una Vespa, durante le riprese del film Ben-Hur.
Il colossal statunitense è ispirato all’omonimo romanzo del generale Lew Wallace, da cui erano già stati tratti due film, uno del 1907 e l’altro del 1925, divenuti punti di riferimento del cinema muto.
Si narra la storia di Judah Ben-Hur (Giuda in italiano), principe ebreo tradito dal suo vecchio amico d’infanzia, il tribuno romano Messala. Ben-Hur troverà la sua vendetta in occasione della grandiosa corsa delle quadrighe al Circo di Gerusalemme, una delle più spettacolari scene d’azione della storia del cinema.
Tutta la vicenda si svolge al tempo e nei luoghi in cui visse Gesù Cristo, che, interpretato da Claude Heater, compare tre volte senza mai essere mostrato in volto.
È stato il film premiato con il maggior numero di Oscar, ben 11, e ha mantenuto tale record in solitaria per 38 anni, fino all’uscita di Titanic nel 1997.

VESPA CHE PASSIONE!

Nel corso degli anni sorsero un po’ ovunque i Vespa club, che organizzando manifestazioni locali contribuirono a diffondere la passione per la Vespa.
Nel 1949 viene istituito il Vespa club d’Italia, si organizzarono raduni, gincane e gare di regolarità riservati alle Vespe prima in Italia e poi in Europa.

Nel 1951 ispirandosi alla mitica Mille Miglia automobilistica, si disputa con partenza e arrivo a Brescia la prima edizione della 1000 km Vespistica, denominata “Audax” per evidenziare le difficoltà del percorso rispetto al mezzo. L’iniziativa si ripete in altre regioni italiane, in modo non continuativo per 9 edizioni fino al 1970, per poi rinascere nel 2011 grazie al “sogno” del Vespa Club Mantova, determinato a far rivivere le emozioni di un Audax impegnativo, dopo 41 anni di assenza dal mondo Vespa.

Nel 1954 a Parigi si inaugura l’Eurovespa, il primo raduno annuale a cui partecipano Vespisti di tutta Europa, negli anni a seguire si svolge di volta in volta in tutte le nazioni europee per coinvolgere il maggior numero di appassionati possibile, ai quali rimarrà spesso un ricordo indelebile anche l’aspetto avventuroso della trasferta stessa verso il luogo di raduno.
L’ultima edizione dell’Eurovespa si è tenuta a Torino nel 2006 in coincidenza con il 60° compleanno della Vespa, e ha registrato una presenza record di iscritti non solo europei, ma provenienti da più parti del mondo, tenendo nel contempo a battesimo il neonato Vespa World Days che ne erediterà i trascorsi, ponendosi come obiettivo il promuovere, raccogliere e coordinare tutte le organizzazioni vespistiche del mondo. La prima edizione si è tenuta nel 2007 a San Marino e quest’anno nel mese di maggio (2016) tornerà per la quinta volta in Francia, e precisamente a Saint Tropez, incantevole località della Costa Azzurra.

I raduni rappresentano anche l’occasione per constatare la versatilità della Vespa, la due ruote che meglio si presta e si è prestata, a elaborazioni personali come le selle personalizzate o l’aggiunta di sidecar, famose le verniciature particolari o l’aggiunta di cromature, l’impianto Hi-Fi incorporato nel bauletto, in versione militare con colore mimetico e altro ancora. Tutto ciò rendeva la Vespa un modello unico, in un periodo storico in cui tutto era più semplice e più creativo, ci si poteva sbizzarrire con “invenzioni” o soluzioni che non dovevano essere sottoposte a prove, collaudi e omologazioni varie, che sono formalità certamente necessarie se finalizzate alla salvaguardia della sicurezza, non quando invece camuffano il tentativo di alimentare un settore specifico di vendita. In quest’ultimo caso oltre che a rappresentare un oltraggio al comune senso del pudore (di giustizia), stroncano ciò che più contraddistingue, e spesso salva, l’essere umano: la creatività.

Riguardo ai raduni, non venne trascurato nemmeno l’aspetto turistico della Vespa, partecipare ai raduni equivaleva a conoscere luoghi nuovi, fare nuove amicizie, e soprattutto godere del paesaggio che un’andatura a 80 km/h ti permette di fare, girando per il mondo. Il Giro dei tre mari ha questo senso.

Il Giro dei Tre Mari

Organizzato dalla Piaggio dal 1952 al 1956 nel sud d’Italia, inizialmente era una manifestazione lunga una settimana, che aveva carattere agonistico e vedeva protagonisti la Vespa e decine di piloti che si sfidano tra Adriatico, Jonio e Tirreno, toccando Puglia, Calabria e Campania (e a volte perfino la Liguria).

Con il nuovo millennio Il Giro dei tre mari è tornato a rivivere grazie al Vespa Club di Bari e al Moto Club Peperosso di Lecce, in forma non competitiva, ma come testimonianza di una passione condivisa di uno stile di vita, del viaggio low-cost sulle due ruote, una formula che ha stimolato la curiosità e la partecipazione di appassionati di tutta Italia, ma anche di tedeschi, inglesi e francesi.
Unica regola: la  Vespa o lo scooter deve avere cambio meccanico a manubrio.

La manifestazione è aperta anche alla Lambretta, altro marchio molto famoso.

LA LAMBRETTA

È uno scooter prodotto dalla Innocenti, azienda meccanica fondata negli anni Trenta dall’imprenditore toscano Ferdinando Innocenti, specializzata nella fabbricazione di elementi in ferro per ponteggi, i famosi tubi Innocenti in acciaio, ancora oggi molto usati.
La fabbrica viene bombardata e completamente distrutta durante la Seconda guerra mondiale, per cui nell’attesa della ricostruzione si vuole elaborare un progetto, di quella che diventerà la grande concorrente della Vespa, lo scooter di maggior successo dell’epoca.
Se ne occupano due ingeneri aeronautici:
per la parte meccanica Pier Luigi Torre che assieme ad Alessandro Marchetti, un altro pioniere dell’Aviazione italiana, aveva progettato negli anni Venti l’idrovolante S.55X con cui Italo Balbo realizzò la seconda trasvolata atlantica del 1933;
e per il telaio e il design Cesare Pallavicino già progettista della Breda, una società italiana che operava nei settori metalmeccanico, e della Caproni, una delle più importanti aziende aeronautiche italiane.

Nel 1947 lo scooter viene battezzato Lambretta dall’artista Daniele Oppi, prendendo spunto dal fiume Lambro che scorre nel quartiere Lambrate di Milano, dove sorgono gli stabilimenti di produzione della Innocenti. Dal 1949 con il marchio Lambretta vengono prodotti anche motocarri, successivamente denominati Lambro.
L’enorme successo fa sì che la Lambretta viene costruita su licenza anche in Argentina, Brasile, Cile, India e Spagna.

Nel frattempo a causa di difficoltà economiche, dal 1959 la Innocenti ha iniziato a produrre auto per la British Motor Corporation, casa automobilistica inglese, con la grande famiglia delle Mini.
Alla morte di Ferdinando Innocenti nel 1966 subentra il figlio Luigi che all’inizio degli anni Settanta separa le tre divisioni: attività meccanica, fabbricazione motocicli, fabbricazione automobili, e vende la divisione meccanica pesante che subisce una fusione entrando a far parte dell’IRI.

La produzione delle Lambrette viene spostata prima in Spagna e poi in India, e la gestione demandata al governo Indiano tramite uno stabilimento di Stato: la SIL – Scooters of India Limited che detiene tuttora i diritti sul marchio “Lambretta” pur avendone cessato la produzione da tempo.

In Italia la produzione della Lambretta cessa nel 1971 e la catena di montaggio nel 1972 viene venduta al governo indiano.

Nel 1976 stabilimento e marchio della  Innocenti confluiscono  nella GEPI e quindi rilevati dal gruppo De Tomaso Industries Inc. che rimette subito in produzione le Mini ampliando e innovando la gamma. Alla fine degli anni Ottanta i bilanci della casa milanese sono in attivo.
Ma nel 1990 una forte crisi investe il gruppo De Tomaso che cede le quote dell’Innocenti alla FIAT, che ne diviene ben presto proprietaria. Il marchio, di proprietà del Gruppo FCA, a oggi non è più stato utilizzato.

 

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