Il principio di autodeterminazione dei popoli fu proposto con la rivoluzione francese e successivamente sostenuto da statisti quali Lenin e Wilson come valore indispensabile ad assicurare un’ordinata convivenza e una pace duratura tra le nazioni.

L’autodeterminazione è la facoltà dell’individuo di fare scelte autonome e indipendenti.

Il diritto all’autodeterminazione dei popoli è il riconoscimento della capacità di scelta autonoma ed indipendente dei popoli nel gestire la loro esistenza, salvaguardare la loro sopravvivenza, consentendo il dialogo tra culture diverse.

La Carta delle Nazioni Unite stipulata nel 1945, esprime tale principio come tutela dei popoli da abusi e violazioni dei diritti umani fondamentali, da forme di oppressione e di dominazione sia interne (forme di governo) che esterne qualificate come crimini internazionali, quali: la dominazione coloniale, l’occupazione straniera e i regimi di segregazione razziale (apartheid) gravemente lesivi dei diritti umani fondamentali.
L’autodeterminazione si basa quindi sui principi di democrazia e libertà delle persone applicati all’interno del proprio stato e con cui lo stato si colloca nel sistema delle relazioni internazionali, al fine di perseguire la pace universale. Dal punto di vista concreto l’autodeterminazione di un popolo ha senso se esistono alcune prerogative, ossia la condivisione di elementi in comune, quali la lingua, la cultura, la storia, il territorio e la volontà di vivere ed essere riconosciuto come popolo.

Altresì l’UNESCO nel 1989 fa riferimento al termine popolo come a un gruppo di esseri umani che ha una tradizione storica comune, un’identità etnica, un’omogeneità culturale, un’identità linguistica, affinità religiose e ideologiche, legami territoriali, una vita economica comune. Deve desiderare di essere identificato come un popolo o avere la coscienza di esserlo, e avere istituzioni o altri mezzi per esprimere le proprie caratteristiche comuni e il desiderio di identità.

Il principio di autodeterminazione non può implicare però lo smembramento o la dissoluzione di stati sovrani che assicurano e rappresentano i diritti fondamentali della collettività compresa nel proprio territorio, la cui integrità politica e territoriale è peraltro tutelata dal diritto internazionale.
Pertanto la Carta delle Nazioni Unite, a garanzia di un’uguaglianza dei diritti dei popoli, non riconosce al popolo un diritto ad autodeterminarsi, ma bensì un obbligo per gli Stati a conformarsi a tale diritto nei rapporti reciproci, predisponendo adeguate misure perchè ciò avvenga in forma pacifica e graduale.

 

UNESCO

L’UNESCO ((United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization)) in italiano l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, è stata fondata durante la Conferenza dei Ministri Alleati dell’Educazione (CAME) che si è svolta tra il 1° e il 16 novembre 1945.

Già nel 1942 si manifestò tra i ministri europei, e per iniziativa della Gran Bretagna, l’esigenza della creazione di un organismo sovranazionale in grado di diffondere la cultura della pace, di promuovere la comprensione tra le nazioni con l’istruzione, la scienza, la cultura, la comunicazione e l’informazione per promuovere “il rispetto universale per la giustizia, per lo stato di diritto e per i diritti umani e le libertà fondamentali” quali sono definite e affermate dalla Carta dei Diritti Fondamentali delle Nazioni Unite.

La Costituzione dell’UNESCO è stata firmata il 16 novembre 1945 e la sua entrata in vigore è del 4 novembre 1946, dopo la ratifica da parte di venti Stati, l’Italia ne entra a far parte nel 1947. La sede mondiale si trova a Parigi.
L’UNESCO sponsorizza progetti  e cooperazioni internazionali, al fine di conservare il patrimonio culturale e naturale del pianeta e per preservare i diritti umani. Una delle missioni dell’UNESCO è anche quella di mantenere una lista di patrimoni dell’umanità, importanti culturalmente o dal punto di vista naturalistico, la cui conservazione e sicurezza è ritenuta importante per la comunità mondiale e di lottare contro il traffico illecito dei beni culturali.

 

D’altro canto la storia insegna che la convivenza tra popoli culturalmente molto diversi sotto lo stesso tetto non è cosa facile, in Stati come la Cecoslovacchia e la Jugoslavia, dove sono avvenute drammatiche pulizie etniche, le notevoli differenze mai colmate infine hanno portato alla loro disgregazione. Una vicenda particolare è la storia del popolo basco.

 

IL POPOLO BASCO

Il popolo basco che abita le aree di Euskal Herria, regione geografica situata a cavallo dei Pirenei sui confini tra Francia e Spagna, pur essendo un gruppo etnico rimasto sempre unito grazie a una propria cultura, in particolare per una lingua propria, quasi mai è stato unito territorialmente essendo la regione politicamente divisa tra territorio francese (è parte dell’Aquitania, regione della Francia sud-occidentale) e territorio spagnolo (compresa nelle due comunità autonome dei Paesi Baschi e delle Navarra).
Storicamente le città basche hanno sempre cercato di salvaguardare la propria autonomia, che, pur essendo assoggettate alle Corone di Spagna e Francia, ebbero modo di mantenere con fueros, una serie di norme consuetudinarie locali, che cessarono per la parte francese con la rivoluzione, e per la parte spagnola durante il 1800.
All’autonomia ritornarono con la Seconda Repubblica spagnola e con l’affermarsi del nazionalismo basco, il cui Partito nasce nel 1894.

Ma con la guerra civile spagnola (1936-1939) che porta al potere il generale Francisco Franco, si instaura in tutta la Spagna un regime di dittatura che sopprime e reprime ogni manifestazione di autonomia.
Nel 1952 nasce un nuovo movimento nazionalista chiamato Ekin (Agire), fondato da un gruppo di giovani baschi occidentali che voleva dare nuova forza alla causa basca. Nel 1958, nel Partito nazionalista basco più moderato, avviene una scissione e il movimento prende il nome Euskadi Ta Askatasuna (Paese Basco E Libertà), meglio noto come ETA, che si accosterà alla lotta armata verso la metà degli anni sessanta con azioni di guerriglia e una lunga lista di attentati che non si fermeranno dopo la morte di Franco (1975) e il ritorno graduale alla democrazia e allo sviluppo del paese.
Con l’approvazione della nuova Costituzione nel 1978, viene riconosciuto il diritto storico e si cerca un compromesso tra centralizzazione e federalismo con l’instaurazione delle comunità autonome.

In differenti epoche storiche il popolo basco è stato soggetto a diaspora, un gran numero di baschi è emigrato in altre zone del mondo sia per motivi economici che politici. L’intraprendenza e abnegazione al lavoro permise loro di scalare le classi sociali, andando a ricoprire ruoli d’elite, personalità come Isabel e Salvadore Allende, Gabriela Mistral, Pablo Neruda, Che Guevara, Evita Peron.
Due cose che possono essere attribuite ai baschi: la Compagnia di Gesù e la Repubblica del Cile in cui emigrarono moltissimi baschi in differenti epoche storiche, sia per motivi economici che politici, sviluppando particolarmente i settori dell’allevamento, della pesca marittima e del commercio.