Cassius Clay (1942-2016) è un pugile americano, uno tra i più famosi e apprezzati sportivi della storia noto come Muhammad Ali, nome assunto dal 1964, quando decise di convertirsi all’Islam.
Nato a Louisville, in Kentucky venne educato dal padre, insieme al fratello più piccolo Rudolph, secondo gli insegnamenti di Marcus Garvey, un attivista politico afroamericano della prima metà del Novecento. A 12 anni Cassius, avendo subito il furto della sua bicicletta comprata da poco, cominciò a frequentare una palestra; intendeva, una volta scoperto il ladro, dargli una lezione, ma prima doveva imparare a difendersi prendendo lui qualche lezione e fu subito notato per il suo talento.
Ebbe così una brillante carriera da dilettante vincendo la medaglia d’oro per i pesi mediomassimi alle Olimpiadi di Roma nel 1960.
L’anno successivo passando al professionismo, per allenarsi si trasferì temporaneamente a Miami dove iniziò a frequentare una moschea e a conoscere gli attivisti della Nation of Islam, il movimento musulmano per i diritti dei neri guidato da Malcolm X.
Il primo importante avversario che Cassius Clay si trovò ad affrontare da professionista fu Sonny Liston nel 1964, un pugile potente e aggressivo piuttosto temuto per la sua ben nota “brutalità”. Il ventiduenne Clay era dato per sfavorito, ma la sua agilità, la sua capacità di schivare i colpi e dieci anni in meno gli permisero di strappare a Liston, sorprendendo tutti, il titolo mondiale dei pesi massimi.
Il giorno successivo Clay dichiarò di essersi convertito all’Islam, di aver aderito alla Nation of Islam e di aver cambiato il suo nome in Muhammad Ali.
Come era d’uso, fu accordato l’incontro di rivincita con Sonny Liston. Fu questo uno dei suoi più famosi incontri: disputato nel Maine nel 1965 terminò alla prima ripresa dopo appena un minuto, con Liston al tappeto colpito da un pugno di Ali. Un pugno che verrà denominato the phantom punch (il pugno fantasma), tanto rapido e a breve distanza da risultare poco visibile. Divenne famosa la foto con Liston steso al tappeto e Ali che lo incitava a riprendere a combattere.
Sorse il dubbio che l’incontro fosse stato combinato con la mafia per una faccenda di scommesse o si temesse un attentato durante il match, essendo Ali affiliato alla Nation of Islam ed essendo stato assassinato Malcolm X circa tre mesi prima.
La fama di Muhammad Ali è anche legata al suo rifiuto di combattere nella Guerra in Vietnam, pare disse: «Non ho niente contro i vietcong, nessuno di loro mi ha mai chiamato negro». Il suo diniego gli costò una condanna a cui fece ricorso, gli venne impedito di lasciare il paese e non combatté per tre anni e mezzo, riprendendo le attività solo a 29 anni.
Figura carismatica, divenne un’icona e punto di riferimento per gli afroamericani, distinguendosi anche per le sue azioni umanitarie.
Dopo la sua lunga assenza, Muhammed Ali ritornò sul ring nel 1971 al Madison Square Garden di New York combattendo contro il detentore del titolo mondiale dei pesi massimi Joe Frazier, dopo 15 durissimi round Ali conobbe la sua prima sconfitta. L’incontro, che è stato definito “The Fight of the Century”, l’Incontro del Secolo, è considerato uno dei più avvincenti della storia del pugilato.
In un periodo in cui il mondo della boxe era particolarmente seguito e i campioni godevano ovunque di molta celebrità, le sfide assumevano il carattere di eventi spettacolari. Così quando nel 1973 Joe Frazier inaspettatamente perse il titolo a Kingston, capitale della Giamaica, combattendo contro George Foreman, un avversario allora poco noto, l’anno successivo venne organizzato lo scontro tra Muhammad e Foreman a Kinshasa, nello Zaire (ex Congo belga), passato alla storia come The Rumble in the Jungle (la rissa nella giungla).
Di fronte a un pugile più giovane e molto potente Ali, che aveva allora 32 anni e da tre aveva perso il titolo mondiale, di nuovo fu dato per sfavorito dalla stampa, ma aveva dalla sua parte tutto il pubblico africano per il quale rappresentava un simbolo. Ali colse di sorpresa tutti, persino i suoi allenatori, cambiando tattica e disorientando prima l’avversario e poi mettendo in pratica per la prima volta la strategia del rope-a-dope: anzichè attaccare, incitava e provocava Foreman, incassando i colpi ammortizzandoli sulle corde elastiche del ring e quando l’avversario appariva sfinito dava seguito a una serie fitta di colpi. Messo al tappeto, Foreman stremato venne dichiarato sconfitto per KO all’ottava ripresa.
Il match venne trasmesso intorno alle 3 di notte da Tele Capodistria (emittente jugoslava, oggi slovena), in lingua italiana con la telecronaca di Sandro Damiani. In quell’epoca in Italia a causa della crisi petrolifera del 1973, era entrato in vigore il decreto sulla “austerity” finalizzato al risparmio energetico, e tra i vari provvedimenti aveva imposto l’interruzione della programmazione RAI prima della mezzanotte.
Nel 1975 a Manila capitale delle Filippine, Ali affrontò nuovamente Joe Frazier, l’incontro divenuto famoso con il nome di “Thrilla in Manila” fu molto duro ed estenuante a causa anche del clima afoso. Prima dell’inizio della quindicesima e ultima ripresa l’allenatore di Frazier vedendolo distrutto gettò la spugna, Ali ormai allo stremo ottenne così la vittoria per KO tecnico.
Seguì poi un declino della sua carriera pugilistica, ormai prossimo al ritiro per età e forma fisica Ali nei suo ultimi incontri perse velocità e subì violentissimi colpi ritenuti probabile causa della sua malattia: nel 1984 gli viene diagnosticato la malattia di Parkinson.
Commosse il mondo quando apparve alle Olimpiadi di Atlanta del 1996 come ultimo tedoforo (l’ultimo della staffetta che porta per un tratto la fiamma olimpica che brucia per tutto il periodo di celebrazione dei Giochi Olimpici e viene estinta nella cerimonia di chiusura). Nel 2012 presenziò anche alle Olimpiadi di Londra e fu uno dei portatori ufficiali della bandiera olimpica alla cerimonia d’apertura, nonostante fosse evidente lo stadio avanzato del Parkinson.
Dal 1998 Ali cominciò a collaborare con l’attore Michael J. Fox (il Marty McFly protagonista della trilogia di Ritorno al futuro), anche lui affetto da Parkinson, per aumentare la consapevolezza della gente verso questa patologia e con la Michael J. Fox Foundation for Parkinson’s Disease per sensibilizzare e incoraggiare le donazioni per la ricerca.
Di lui si disse:
“Vola come una farfalla e punge come un’ape”
MALATTIA DI PARKINSON
Il Parkinson è una malattia degenerativa del sistema nervoso, a evoluzione lenta ma progressiva.
Solitamente esordisce in modo subdolo e ha un decorso graduale. Le cause della malattia di Parkinson non sono ancora note.
Parkinsonismo
Il Parkinsonismo è una sindrome caratterizzata dalla presenza di tutti o quasi i sintomi della malattia di Parkinson, può insorgere come complicanza di una encefalite virale o essere secondario ad altre malattie degenerative, farmaci (per esempio gli antipsicotici) o tossine, che interferiscono o bloccano l’attività della dopamina e di altri neurotrasmettitori.
L’uso di MPTP (narcotico sintetico prodotto per caso dai consumatori di sostanze illecite nel tentativo di sintetizzare l’oppiaceo meperidina) può provocare una condizione di parkinsonismo improvviso, grave e irreversibile nei giovani. Altre cause comprendono lesioni strutturali cerebrali (come tumori e ictus) e traumi cranici, soprattutto i colpi ripetuti in un incontro di pugilato.
Tratto da: Il manuale della salute per tutta la famiglia – Merck, Raffaello Cortina editore, Springer 2004
Per approfondire: La malattia di Parkinson
Nota bene: questa non è una testata medica, le informazioni fornite da questo sito hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, pertanto occorre sempre fare riferimento al proprio medico di famiglia.