Crêuza è stato il miracolo di un incontro simultaneo fra un linguaggio musicale e una lingua letteraria entrambi inventati. Ho usato la lingua del mare, un esperanto dove le parole hanno il ritmo della voga, del marinaio che tira le reti e spinge sui remi. Mi piacerebbe che Crêuza fosse il veicolo per far penetrare agli occhi dei genovesi (e non solo nei loro) suoni etnici che appartengono alla loro cultura.»
Fabrizio De André
Creuza de mä – Fabrizio De André (1984)
L’album Creuza de mä realizzato in collaborazione con Mauro Pagani, è interamente cantato in genovese, idioma della Repubblica di Genova, tuttora vivo, che è stato per molti secoli (approssimativamente dal Basso Medioevo fino al XVII secolo, il secolo dei genovesi) una delle parlate più usate per la navigazione e gli scambi commerciali nel Bacino del Mediterraneo.
Una scelta che andava contro tutte le regole del mercato discografico di quegli anni, e inaspettatamente fu accolta con successo da pubblico e critica, segnando una svolta nella storia della musica italiana ed etnica in generale.
De André sottolinea il fatto che il ligure, una lingua a lui così tanto famigliare, durante secoli di commerci, scambi e viaggi si è arricchito di numerosissime parole provenienti da lingue quali greco, arabo, spagnolo, francese, inglese e altre.
Crêuza o crosa, è un termine che in genovese indica una mulattiera di mare, un sentiero segnato, una specie di sentiero suburbano delimitato da due muri, da due confini di proprietà.
Fabrizio De Andrè ha tentato una strada interessante: recuperare come si diceva nella nostra generazione, le radici.
Gianni Minà