Essere in un luogo in cui nessuno può collocarti

Per le persone che hanno il gusto della solitudine, essere in un luogo in cui nessuno può collocarti precisamente è una gioia rara: forse sta tutto lì anche il piacere dei viaggi.

di Cesarina Vighy


Cesarina Vighy, nata a Venezia nel 1936, esordisce come scrittrice nel 2009 all’età di settantatré anni con L’ultima estate, un romanzo dai forti spunti autobiografici, vincitore del Premio Campiello opera prima. È già gravemente malata di sclerosi laterale amiotrofica (SLA), muore nel maggio del 2010, due giorni dopo l’uscita del suo secondo libro, Scendo. Buon proseguimento, un addio in forma epistolare costruito con un corpus di mail spedite realmente a familiari e amici.


Riflessioni: qualche anno fa mi soffermai a leggere sul Web un articolo di Paolo Brogi, giornalista, scrittore e blogger italiano, pubblicato sul Corriere della Sera, in cui ne annunciava la morte tracciandone un breve profilo. Un articolo molto toccante, molto indicativo della mentalità arida di certi medici.

Ne riporto alcuni passi significativi:

Cesarina Vighy, Titti per gli amici, era malata di Sla da sei anni e il suo primo romanzo era già stato un inno alla vita.
Coltissima, grande amante degli aneddoti e delle storie, era riuscita a raccontare la sua malattia con la mano incantata di una vera, grande scrittrice. Nell’immane sforzo di affrontare la malattia era capace di una singolare ironia:

Venerdì sera mi sono coricata da semi-sconosciuta e il mattino dopo ero il “caso Cesarina Vighy”! Veramente, quando si annunciò la mia rara malattia – scriveva il 22 aprile 2009, alla vigilia del Campiello – mi lasciai scappare dalla bocca che avrei preferito essere appunto, più un caso letterario che un caso clinico».

Nella lettera ad un amico del dicembre 2007, già scriveva:
«Un barone della medicina, da me interpellato circa le cause che avrebbero provocato la mia malattia mi ha risposto di girare la richiesta al Padre Eterno! Quanto alla cura, non c’è, quindi non devo prendere niente (tranne gli psicofarmaci per stare un po’ tranquilla) e sperare che il decorso sia il più lento possibile. Dopo di che, ci ha scucito trecento euro (senza rilasciare fattura) perché eravamo due amici, altrimenti erano quattrocento»

Articolo completo)

SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA (SLA)

La SLA è una malattia del motoneurone (MND) ed è conosciuta anche come malattia di Lou Gehrig, dal nome del famosissimo giocatore statunitense di baseball che ne fu colpito, o malattia di Charcot dal nome del neurologo francese che, per primo alla fine del 1800, la scoprì. Sebbene in questo lungo periodo di tempo siano stati realizzati importanti progressi nel campo della ricerca, rimane ancora una malattia per molti aspetti ignota. Il significato letterale è: raggrinzimento (sclerosi) della porzione laterale (laterale) del midollo spinale e perdita del trofismo o nutrimento muscolare (amiotrofica).

È una rara patologia degenerativa dei motoneuroni, cioè delle cellule nervose localizzate nella corteccia cerebrale (1° motoneurone o motoneurone centrale), nel midollo spinale e nel tronco dell’encefalo (2° motoneurone o motoneurone periferico), responsabili del movimento di tutta la muscolatura volontaria. Il primo motoneurone si trova nella corteccia cerebrale e trasporta il segnale nervoso attraverso prolungamenti che dal cervello arrivano al midollo spinale; il secondo è invece formato dalle cellule nervose che trasportano il segnale dal midollo spinale ai muscoli.

La degenerazione progressiva dei motoneuroni nella SLA conduce alla loro morte. Quando i motoneuroni muoiono, la capacità del cervello di muovere il muscolo è irrimediabilmente perduta. Compromessa così l’azione volontaria dell’atto muscolare, i pazienti, nelle fasi successive della malattia, arrivano alla paralisi completa.
Tuttavia, nella maggior parte dei casi la mente e le capacità intellettive rimangono inalterate.

 

La forza interiore di chi è affetto da SLA, per quanto smisurata ed eroica possa essere, non ce la farebbe a reggere da sola alla progressiva devastazione della malattia, se non fosse continuamente sorretta dall’amore dei famigliari, dall’affetto degli amici, ma anche e soprattutto dall’impiego degli strumenti idonei e indispensabili alla sopravvivenza.

Andrea Camilleri


Una malattia di frontiera

La SLA è una malattia di frontiera. È spesso utilizzata come paradigma della complessità che impone importanti scelte di vita…
Simonetta Tortora, responsabile della comunicazione di Viva la Vita onlus, intervista il dott. Mario Sabatelli, Responsabile del Centro SLA del Policlinico Agostino Gemelli di Roma.

INTERVISTA INTEGRALE (molto interessante, anche dal punto di vista deontologico del medico curante)

Le scoperte recenti sono il risultato di una collaborazione fra Europa, di cui gli italiani hanno avuto un ruolo importante, e Stati Uniti. Lo sviluppo di consorzi dove si mettono insieme idee, casistiche, dati e fondi rappresenta sicuramente uno strumento eccezionale.

3 giugno 2014

Viva la Vita onlus è un’associazione laica che riunisce malati e familiari colpiti da questa terribile malattia ed è costituito da un gruppo di lavoro impegnato e attivo nel miglioramento dell’assistenza domiciliare, nelle attività di formazione e informazione sulla SLA. Lo sforzo dell’Associazione è quello di garantire alle persone malate la possibilità di vivere la propria vita senza l’ossessione della malattia, senza l’incubo continuo e assillante della morte che incombe, senza i sensi di colpa nei confronti dei familiari, con la possibilità di continuare a “pensare ad altro”, guardando al mondo intorno a sè come tutti gli altri esseri umani.


«Eccoci qua dopo anni di quiete che si potrebbero chiamare anni felici se solo sapessimo, mentre la si vive, che quella è la felicità».

di Cesarina Vighy, da L’ultima estate

 

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