Premessa: il Reggae come evoluzione dello Ska

Lo Ska è una musica dalla ritmica in levare, sviluppatasi tra gli anni 50 e i 60 in Giamaica.
Il culmine del periodo ska fu nel 1962, anno in cui il paese ottenne l’indipendenza, liberandosi dal colonialismo inglese. Questa nuova musica divenne così il tramite per esprimere l’ottimismo e le speranze di una vita migliore del popolo giamaicano.

È un genere musicale ispirato proprio all’R&B di New Orleans che i giamaicani sentivano alle radio provenienti dagli Stati Uniti. Si tratta quindi di un miscuglio tra Rhythm and Blues e Soul. Altre influenze potevano provenire dal jump blues e da altri stili caraibici come il jazz afro cubano, big band swing, pocomania, ed altre musiche folkloristiche religiose locali.

Lo Ska fu quindi il precursore del Raggae, il cui nome  fu coniato da Clue J (Cluett Johnson), il bassista dei Blues Blasters, che proponeva ai chitarristi del gruppo di far fare alle loro chitarre una sorta di “ska-ska-ska”.
Secondo Clue J infatti, “ska” non è altro che l’onomatopea del rumore che fa la chitarra quando le si leva l’operato. In parole povere, a differenza del ben più noto Rock, lo ska originale predilige le note semplici della chitarra rispetto alle sue svariate possibilità di distorsione.

Risultando stimolante, veloce ed energica, nacque come musica per ballare.
Musicalmente, lo Ska era caratterizzato da un battito sulla seconda e quarta battuta (4/4) e con la chitarra sulla seconda, terza e quarta battuta. Le band ska tradizionali presentavano generalmente basso, batteria, chitarra, tastiere e fiati (in particolare sassofono, trombone e tromba).

Secondo alcune teorie, a causa delle caldissime estati giamaicane il ritmo dello Ska rallentò, dando vita a generi come il Rocksteady e il Reggae.
Col progredire del tempo si ebbero vari revival ed evoluzioni del genere, determinando diverse forme di ska: First Wave Of Ska…Ska Original con gruppi come Skatalites, Hepcat, Slakers, Tokyo Ska Paradise Orchestra.

Verso la fine degli anni ’70 nel Regno Unito si sviluppò un forte revival che comprende: Second Wave Ska… Bad Manners, The Specials, Madness
Third Wave of Ska… che unisce molti stili differenti del rock, con ritmi e strumentazione propria dello ska, come ad esempio lo Ska Punk. I gruppi che più rappresentano questo genere: The Toasters, Bim Skala Bim, Let’s Go Bowling, Rancid, Reel Big Fish.

Poi ci sono tipologie di ska contaminate da altri generi:
Swing Ska (Skavoovie & The Epitones, Los Hooligans)
Ska Jazz (Articles, Jazz Jamaica, Ska-J)
Rocksteady (Giuliano Palma and The Bluebeaters, Madness)
Ska Reggae (Roy Paci & Aretuska)


Niño Soldado – Ska-P (2002)

…passando per il Rocksteady

L’estate del 1966 fu una stagione particolarmente calda e rese difficoltoso suonare e ballare lo Ska, così il ritmo venne rallentato, Nacque così il Rocksteady.

In termini semplici, questo genere risultava come uno Ska rallentato per metà, con la cassa sulla terza battuta come nello stile One Drop, e nel quale il trombone, il sassofono ed in genere i fiati vennero lasciati in secondo piano, venendo messi in ombra dal piano, e attribuendo al basso un ruolo predominante.
Spesso nel Rocksteady veniva usata la kalimba, uno strumento a percussione tipicamente caraibico costituito da parti in metallo. Questa variante lasciava il ruolo principale alla ritmica, quindi al basso e alla batteria.
Altre influenze presenti nel genere, come nello Ska, sono il mento, l’R&B americano e il jazz, ma soprattutto il soul.

Ball of Fire – The Skatalites – (1997)

Molti sostengono che il nome del genere venne ispirato al brano “The Rock Steady” di Alton Ellis, all’epoca molto popolare in Giamaica.
I testi in questo genere erano socialmente e politicamente più maturi rispetto allo Ska, e le sonorità si basavano particolarmente sulle armonie, specialmente in gruppi come The Heptones, The Gaylads, The Dominoes, Desmond Dekker & the Aces, e The Wailers. Altri artisti di spicco erano Alton Ellis e Ken Boothe, così come Desmond Dekker con il suo grande successo “007 Shanty Town”.

In questo periodo all’interno del circuito si notò che non servivano particolari capacità per diventare un produttore, ma piuttosto una buona disponibilità economica. Questi due motivi bastarono per provocare dei cambiamenti nel business, ma collegato a questi vi era l’interesse per l’innovazione della musica. Tutto ciò provocò la rivoluzione, che fu parte del processo di evoluzione della musica giamaicana.

Con un ritmo più blando e i temi sociali e di protesta, il Rocksteady verso la fine degli anni sessanta ebbe una sua evoluzione proprio in quel genere conosciuto poi come Reggae, che diventò la musica più seguita.

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Il Raggae trae elementi dalla musica popolare giamaicana (Mento, Calypso) agli influssi R&B, jazz e soul nordamericani in voga negli States.

Sulle origini del termine “Reggae” esistono diverse versioni, solitamente la più accreditata attribuisce ai Toots & The Maytals il merito della diffusione del termine con la pubblicazione del loro brano “Do The Reggay” del 1968, come per altro sostengono loro stessi. Anche se in realtà il termine “reggay” era già stato usato per descrivere una danza in voga in Giamaica e non era associato allo stile di musica poi riconosciuto come Reggae.

Altri ritengono che derivi da “regga“, il nome di una lingua parlata dall’antica civiltà dei Bantu, affacciata sul Lago Tanganica, in Africa. Altri ancora che significhi una storpiatura di “streggae,” che nello slang di Kingston è sinonimo di prostituta. Secondo Bob Marley, la parola è di origine spagnola e significa “la musica del Re“. Secondo Alton Ellis il termine nacque dal fatto che la chitarra suonava in un modo simile alla parola ‘re-ggae, re-ggae’ (imitando la lenta chitarra ritmica del reggae).
Secondo alcuni vecchi musicisti dell’epoca invece, la parola stava per la descrizione del ritmo stesso. Hux Brown, chitarrista degli Skatalites disse: “era solo per scherzare, una presa in giro sul fatto che significasse un ritmo grezzo o rozzo (“ragged” rythm) e un’intesa col corpo”.


Sunshine Girl – Dandy Livingstone (1972)

Nel Reggae il basso risulta predominante, mentre la chitarra è meno incisiva, pur essendo presente. In una delle prime sessioni di registrazione di questo nuovo genere, venne usato l’organo e la chitarra ritmica per creare un altro tipo di sound. Il nuovo genere presentava un ritmo dall’andamento più spezzato e convulso rispetto al suo predecessore.

La musica giamaicana era un fenomeno del ghetto ed era spesso associata alla violenza e alle gang di teppisti, ma l’album di Jimmy Cliff Wonderful World Beautiful People (1969) unì il reggae con la filosofia “pace e amore” del Movimento Hippy.

Con l’avvento del culto rasta, capeggiato da Bob Marley, il primo reggae morì definitivamente. Marley trasformò il reggae non solo sotto l’aspetto musicale e ritmico, ma lo diffuse come culto vero e proprio, cambiando notevolmente quelle che erano le radici pure di questo specifico sound.


Stir it up – Bob Marley (1967)

Nel giugno 1980 il reggae arriva prepotentemente in Italia con i due concerti di Torino e Milano di Bob Marley, mettendo nel corso degli anni solide radici.

Già dall’anno successivo emergono le prime band reggae in Italia, come gli Africa Unite, i Pitura Freska con il dialetto veneziano, e negli anni a seguire Casinò Royale, Sud Sound System, Garden House, Radici nel Cemento, Reggae National Tickets e Franziska e altre ancora.


Cose difficili – Casino Royale (1995)

La peculiarità che particolarmente ha contraddistinto la musica reggae prodotta in Italia nel corso degli anni, è stato l’utilizzo del dancehall/raggamuffin da parte delle band e posse, coniugando ritmi giamaicani con i vari dialetti italiani le cui tematiche spesso sono di denuncia sociale, di legalità e antimafia, di legalizzazione della canapa, di rispetto del diverso e soprattutto, a differenza di quella recente giamaicana, dichiaratamente anti-omofoba.


Close To You – Maxi Priest (1990)

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