I barbari furono migranti, le cui origini si riconducono alla fusione fra gruppi di origine indoeuropea ed elementi autoctoni di origine paleolitica. Le tribù germaniche tra cui Sassoni, Franchi, Alemanni, Vandali, Goti, Unni, a partire dalla seconda metà del IV secolo, furono protagoniste di vere e proprie invasioni barbariche all’interno dei confini dell’Impero Romano d’Occidente, che era ormai al suo declino. I territori fertili dell’Impero e la ricchezza della civiltà romana furono dapprima oggetto di frequenti scorrerie e saccheggi, poi di vere e proprie migrazioni di intere popolazioni e nelle ex province romane andarono a formarsi i vari Regni latino-germanici.
Finì così definitivamente il cosiddetto Mondo Classico (o evo antico) e l’Europa si apprestò ad entrare nel Medioevo.
I LONGOBARDI
I Longobardi, una popolazione germanica che nel 568 attraversò le Alpi guidati da re Alboino, si insediarono nella penisola italica dando vita a un regno indipendente, organizzato in ducati e con Pavia come capitale. Fu una potenza di rilievo europeo finchè nel 774 fu sconfitta dai Franchi guidati da Carlo Magno.
Il sistema sociale longobardo era a carattere gerarchico e organizzato in fare (gruppo omogeneo di famiglie originarie dallo stesso clan) con funzioni anche militari, a capo delle quali vi era il duca, un comandante politico e militare. Inizialmente essi respinsero ogni commistione con la popolazione italica che comprendeva Romani e Bizantini, salvaguardando i tratti che distinguevano la loro cultura, ma progressivamente si fusero con essi ponendo le basi per la nascita e lo sviluppo della società italiana dei secoli successivi.
Dediti al Paganesimo dell’antichità, i Longobardi veneravano la stirpe dei Vani, divinità legate alla fertilità e alla terra della Mitologia nordica. Ad essa si accostò il culto degli Asi, divinità guerriere assoggettate a Odino, dio della guerra, assimilate da altre popolazioni germaniche.
Entrando in contatto con la cultura romana e bizantina essi si accostarono al Cristianesimo ariano, una dottrina elaborata in Oriente da Ario (256-336), monaco e teologo cristiano di Alessandria d’Egitto, il cui concetto della Trinità, che ancora non era stato ben definito, contrastava con quello di altre comunità cristiane. L’Arianesimo infatti riconosceva la natura (o sostanza) divina del Padre e del Figlio, ma non le poneva sullo stesso piano: il Figlio, pur essendo perfetto come creatura, era stato comunque creato dal Padre e quindi andava subordinato ad esso.
Occorre precisare che dal 313 in tutti i territori dell’Impero Romano d’Oriente e d’Occidente era consentita la libertà di culto.
EDITTO DI MILANO
Con l’Editto di Milano (313) dal nome della capitale della parte occidentale dell’Impero romano, i due Augusti, Costantino per l’Occidente e Licinio per l’Oriente, avevano sottoscritto un accordo in vista di una politica religiosa comune alle due parti dell’impero. Si diede così piena applicazione al primo editto di tolleranza dei cristiani firmato due anni prima da Galerio (Editto di Serdica), ponendo ufficialmente fine alle persecuzioni insieme alla libertà di costruire luoghi di culto.
Dopo gli accordi di Milano, la politica religiosa verso i cristiani passò dalla tolleranza al sostegno della nuova religione.
La Chiesa cattolico-romana si pose come comunità di credenti aperta a tutti, indipendentemente dall’appartenenza di ognuno ed espressione di una religione universale. In origine il significato del termine cattolico, così come viene esplicitato nel Credo niceno, si riferiva al termine greco καθολικός, che significa propriamente “completo”, “tutto insieme”.
CONCILIO DI NICEA
Ma le polemiche trinitarie creavano continui dissidi all’interno della Chiesa, e temendo che potessero minare l’ordine e la governabilità dello stesso Impero romano, di cui era divenuta un’istituzione portante, l’imperatore Costantino I volle favorire il confronto per arrivare a un chiarimento. Nel 325 convocò e presiedette il Concilio di Nicea, il primo concilio ecumenico, ossia il primo a cui parteciparono tutte le comunità cristiane, durante il quale furono stabiliti una data per la Pasqua cristiana, un determinato numero di canoni (regole) e si arrivò a riaffermare il concetto di consustanzialità: identità di sostanza del Padre e del Figlio. Un dogma in base al quale fu elaborata una formula di fede: il Credo niceno, successivamente ampliato e recitato tuttora nella liturgia cristiana.
Pertanto Ario fu condannato all’esilio ma la sua dottrina sopravvisse in Oriente in una versione più moderata, e si diffuse verso nord tra i popoli germanici.
EDITTO DI TESSALONICA
Nel 380 gli imperatori Graziano, Teodosio I e Valentiniano II (quest’ultimo all’epoca aveva solo nove anni), con l’Editto di Tessalonica (l’odierna Salonicco in Grecia) dichiararono il Cristianesimo secondo i canoni del Credo niceno, come la religione ufficiale dell’Impero Romano, proibendo in primo luogo l’arianesimo e secondariamente anche i culti pagani.
Alle le due sedi episcopali di Roma e Alessandria d’Egitto venne riconosciuto il primato in materia di teologia.
Per la prima volta una verità dottrinale veniva imposta come legge dello Stato. Conseguenze dell’editto furono un inasprimento delle proibizioni verso i culti pagani e i loro aderenti, dando il via a una vera e propria persecuzione.
L’Impero rinnovato, non più tardo-romano ma greco-bizantino, riuscì a mantenere i territori residui (Anatolia, Tracia, isole del Mediterraneo, enclavi nei Balcani e in Italia), per lo più di cultura greca, con piccole e relative perdite territoriali.