L’Alchimia è una disciplina teorica e applicata che, attraverso lo studio di presunte corrispondenze, affinità, influssi fra ogni componente visibile e invisibile del cosmo, si proponeva di giungere alla trasmutazione di metalli vili (per esempio il piombo) in metalli nobili (innanzi tutto l’oro) e, simultaneamente, alla trasmutazione fisica e psichica dello studioso-operatore (l’alchimista) da una condizione di umanità “vile” a una di umanità “nobile” o “aurea”.
(Enciclopedia Garzanti di Filosofia – 1990)

Nei tempi antichi esisteva una comprensione delle leggi naturali molto più grande di quella odierna. Gli dei dell’antico Egitto o dell’Olimpo Greco-Romano non furono che figure simboliche, rappresentanti forze naturali colte in varie fasi del processo di creazione e dissoluzione delle forme visibili, le cui epopee o cicli epici celavano la spiegazione di fenomeni complessi, di segreti non altrimenti raffigurabili per menti semplici e poco avvezze ad elaborazioni astratte, ma straordinariamente sensibili alle suggestioni di immagini antropomorfe che riproducevano, in chiave misterica, le gesta di eroi e dei umanizzati.
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Quando i successori di Pietro eressero la Chiesa di Cristo sulle macerie dell’Impero Romano, sembrò che anche gli antichi insegnamenti misterici andassero perduti, sepolti sotto il peso intollerabile dei dogmi, liquefatti dal fuoco corrompente dei roghi… [vedi Ágora, ndr] L’Europa, in quello stesso istante, fulcro dell’antica civiltà, sprofondava nelle caligini oscure dell’ignoranza e della superstizione.
Tuttavia, nel tentativo di creare una liturgia della Chiesa, molti riti e simbolismi pagani, indicanti le verità eterne, vennero introdotti nel Rituale Romano, mentre l’insegnamento esoterico, trasmesso da pochi Maestri, veniva reso incomprensibile tranne per coloro che vennero giudicati degni.
Nacque cosi l’Alchimia, che non si proponeva di risolvere un problema chimico bensì spirituale, anche se gli sperimentatori, avidi di ricchezze, ne fraintesero il senso dell’enunciato fondamentale, cercando di convertire il vile piombo in oro, ma obliando che il piombo di cui si parlava non era che la mente dell’uomo; mentre l’oro alchemico non era quello convertibile in moneta sonante, ma l’oro dell’Intelligenza Mercuriale privata di ogni impurità metallica, ovvero del pensiero corrotto da influenze emotive, psicologiche e sensoriali.

di Roberto Fabbroni, da Come Vivere la Morte. In occidente si è perso il significato di questo evento!

Nel linguaggio alchemico il passaggio di un metallo o di un uomo dalla condizione “vile” a quella “nobile” significa una maturazione verso la pienezza della propria essenza segreta, una rigenerazione, al compimento della quale ogni metallo diverrebbe il metallo per eccellenza (l’oro) e ogni uomo l’uomo per eccellenza, emancipato (come l’oro) da impurità, corruttibilità, durata limitata di vita. (Enciclopedia Garzanti di Filosofia – 1990)

Un cammino personale