La nostra paura più profonda
non è di essere inadeguati.
La nostra paura più profonda,
è di essere potenti oltre ogni limite.
E’ la nostra luce, non la nostra ombra,
a spaventarci di più.
Ci domandiamo: “Chi sono io
per essere brillante, pieno di talento,favoloso?”
In realtà chi sei tu per non esserlo? Siamo figli di Dio.
Il nostro giocare in piccolo,
non serve al mondo.
Non c’è nulla di illuminato
nello sminuire se stessi cosicchè gli altri
non si sentano insicuri intorno a noi.
Siamo tutti nati per risplendere,
come fanno i bambini.
Siamo nati per rendere manifesta
la gloria di Dio che è dentro di noi.
Non solo in alcuni di noi:
è in ognuno di noi.
E quando permettiamo alla nostra luce
di risplendere, inconsapevolmente diamo
agli altri la possibilità di fare lo stesso.
E quando ci liberiamo dalle nostre paure,
la nostra presenza
automaticamente libera gli altri.
LA MEDITAZIONE
di Nelson Mandela
Un personaggio storico, una di quelle persone che in vita facevano già parte della leggenda, alla stregua di Michail Gorbačëv o Fidel Castro. Nelson Mandela infatti è stato ed è il simbolo del Sudafrica, appellativo che si è conquistato in un’intera vita spesa alla lotta contro l’apartheid ed alla conquista della libertà per il suo popolo. Quello che ha sempre colpito in lui è la sua statura morale e la convinzione con cui ha vissuto la propria vita in favore degli altri.
Figlio di un capo della tribù Thembu (e quindi, secondo il sistema di caste tribali vigente in Africa, di origini aristocratiche), Nelson Rolihlahla Mandela nacque il 18 luglio 1918. Dopo aver seguito gli studi nelle scuole sudafricane per studenti neri conseguendo la laurea in giurisprudenza, nel 1944 entrò nella politica attiva diventando membro dell’ANC (African National Congress), partito politico sudafricano che fu fondato nel 1912, ispirandosi alla non-violenza ghandiana, per promuovere i diritti politici dei neri al di là delle divisioni etniche. Guidò per anni campagne pacifiche contro il cosiddetto “Apartheid”, ossia quel regime politico che favorisce, anche sul piano legale e giuridico, la segregazione dei negri rispetto ai bianchi.
Del 1960 è l’episodio noto come “Il massacro di Shaperville”, che segnò una battuta d’arresto dell’attività politica dei movimenti di resistenza; la polizia aprendo il fuoco su un gruppo di manifestanti africani provocò la morte di 69 persone. In seguito l’intera associazione fu messa al bando e dichiarata fuorilegge. Mandela, insieme gli altri esponenti rimasti, dà vita ad una frangia militarista, decisi a rovesciare il regime e a difendere i propri diritti con le armi. Venne arrestato nel 1962 e condannato all’ergastolo nel 1964 insieme ad altre sette persone.
La più alta testimonianza dell’impegno politico e sociale di Mandela la si ritrova proprio nel discorso pronunciato di fronte ai giudici del tribunale, prima che questi pronunciassero il loro verdetto:
“Sono pronto a pagare la pena anche se so quanto triste e disperata sia la situazione per un africano in un carcere di questo paese. Sono stato in queste prigioni e so quanto forte sia la discriminazione, anche dietro le mura di una prigione, contro gli africani… In ogni caso queste considerazioni non distoglieranno me, né altri come me dal sentiero che ho intrapreso. Per gli uomini, la libertà nella propria terra è l’apice delle proprie aspirazioni. Niente può distogliere loro da questa meta. Più potente della paura per l’inumana vita della prigione è la rabbia per le terribili condizioni nelle quali il mio popolo è soggetto fuori dalle prigioni, in questo paese… non ho dubbi che i posteri si pronunceranno per la mia innocenza e che i criminali che dovrebbero essere portati di fronte a questa corte sono i membri del governo”.
Durante gli anni della prigionia, Mandela divenne il simbolo della lotta al segregazionismo in tutto il mondo, tanto che non solo dall’interno ma anche da parte di molti paesi esteri furono operate pressioni sul governo sudafricano per la sua liberazione. In occasione del suo settantesimo compleanno, nel 1988, uno spettacolare concerto di musica rock tenutosi a Londra fu trasmesso in più di cinquanta paesi.
Ma ci vollero molti anni prima che le cose in Sudafrica cambiassero realmente. Nel 1990 in seguito alle pressioni internazionali Nelson Mandela venne liberato e l’ANC, il movimento africano per la lotta all’apartheid, tornò alla legalità. S’impegnò quindi a trattare con il governo, fautore di una politica di progressiva apertura nei confronti della maggioranza nera che sfociò nella democratizzazione del paese e nella fine all’apartheid.
Nel 1993 fu insignito del premio Nobel per la pace insieme all’ultimo presidente bianco del Sudafrica, F. W. de Klerk, “per il loro lavoro, per la fine pacifica del regime dell’apartheid e per aver posto le basi per un nuovo Sudafrica democratico”. L’anno dopo, durante le prime elezioni libere del suo paese (a cui potevano partecipare anche i neri), Mandela viene eletto Presidente del Sudafrica.
Resterà in carica fino al 1999, preferendo poi concentrarsi sull’impegno umanitario e in particolare sulla lotta contro l’AIDS – uno dei problemi più drammatici del nuovo Sudafrica – attraverso la Nelson Mandela Foundation.
Da diversi anni Mandela aveva problemi di salute, le sue condizioni si erano aggravate da tempo. Mandela morì a Johannesburg giovedì 5 dicembre 2013 all’età di 95 anni generando grande commozione e solidarietà in tutto il mondo.
Hugh Masekela, Mandela (Bring him back home)