“Non si può ricordare qualche cosa a cui non si è pensato
e di cui non si è parlato con se stessi”
Hannah Arendt
Un tema a lei caro era come comprendere “la catastrofe storico politica del Novecento” che era stata per molti aspetti la tragedia della sua vita. E in particolare la filosofa si chiede se esistano dei modi di essere umani, di vivere umanamente in quei periodi storici che possiamo chiamare con Brecht “tempi bui”.
Hannah Arendt sottolinea come proprio il terrore, elemento fondante di ogni regime, annienti i rapporti interindividuali e quindi distrugga la politica quale condizione di vita comune. Il campo di concentramento è il luogo simbolo di ogni meccanismo totalitario, rende visibile di quale orrore sia capace l’essere umano.
Ella ci indica, quindi, come indispensabile alternativa la «riscoperta della politica», non quella istituzionale e dei palazzi del potere, ma quella che coinvolge ciascuno di noi, nella misura in cui sentiamo il bisogno di vivere insieme, di «essere in comune». Per questo è necessario impegnarsi a conquistare quegli spazi di libertà, senza i quali non si ricostruisce la “polis” dell’uomo. Impegnarsi appunto anche in tempi bui, evitando quella che la Arendt chiama “l’emigrazione interiore”; in Germania, infatti, (ma non solo) c’erano state persone che “si comportavano come se non appartenessero più a quel paese, che si sentivano come emigrati [..] che si erano ritirati nell’invisibilità del pensare e del sentire“.
“L’insegnante si qualifica per conoscere il mondo e per essere in grado di istruire altri in proposito; mentre è autorevole in quanto, di quel mondo, si assume la responsabilità.
Di fronte al fanciullo è una sorta di rappresentante di tutti i cittadini adulti della terra, che indica i particolari dicendo: ecco il nostro mondo.”
Hannah Arendt
L’AMICIZIA PER HANNAH ARENDT
La filosofa ripercorrendo il pensiero del filosofo illuminista Gotthold Ephraim Lessing, ri-legge il concetto di amicizia evidenziandone il valore politico, quale ci proviene dai Greci, in particolare da Aristotele. Il filosofo, infatti, parla dell’amicizia tra i cittadini come “una delle condizioni di benessere della città”, e la filosofa aggiunge:
“per i Greci l’essenza dell’amicizia consisteva nel discorso. Essi sostenevano che solo un costante scambio di parole poteva unire i cittadini in una polis […] Chiamavano filantropia questa umanità che si realizza nel dialogo dell’amicizia, poiché essa si manifesta nella disponibilità a condividere il mondo con altri uomini”.
L’amicizia presuppone, quindi, la nozione di umanità e insieme il radicarsi nel mondo. Dove si realizza, infatti, un’amicizia pura lì si “produce una scintilla di umanità in un mondo divenuto inumano”. Dice ancora:
“Oggi siamo abituati a vedere nell’amico solo un fenomeno di intimità, in cui gli amici aprono la loro anima senza tener conto del mondo e delle sue esigenze”.
Per la filosofa il colloquio intimo in cui gli individui parlano di se stessi deve aprirsi al dialogo che:
“per quanto intriso del piacere relativo alla presenza dell’amico si occupa del mondo comune, che rimane ‘inumano’ in un senso del tutto letterale finchè delle persone non ne fanno costantemente un argomento di discorso tra loro”.
L’amicizia, quindi non è per la Arendt separata dal mondo, ma è: «essere e pensare con la mia propria identità dove io non sono; non generica immedesimazione, né accattivante empatia, ma dal sé fare spazio all’altro, con il proprio concreto esistere intraprendere il viaggio politico e pubblico verso la diversità in me e fuori di me, accettando il cambiamento di ciascuno/a che ne deriverà”.
La filosofa, quindi, auspica per tutti:
«il dono dell’amicizia, con l’apertura al mondo, infine con l’amore genuino per il genere umano».
Questo modo di concepire la nostra “umanità” ci permette di “dialogare con un maomettano convinto, un ebreo pio o un cristiano credente”.
di Emilia de Rienzo
da Quattro passi con i filosofi, – Hanna Arendt
Ho apprezzato questa visione dell’amicizia. Ho degli amici e delle amiche carissime con cui condivido molto della mia vita. Certamente mi sono state vicine nei momenti difficili in cui avevo bisogno del loro sostegno, ma il nostro legame si rinforza quando condividiamo l’impegno civile. Discutiamo insieme i problemi, cerchiamo insieme risposte nella certezza che non possono che essere parziali, e il nostro dialogo è a volte acceso, ma sempre rispettoso delle idee dell’altro che vengono sempre prese in seria considerazione come alternativa o complemento della propria. posizione. Questo confronto continuo ci rende davvero più “umani” in un mondo dove proprio come dice la Arendt “ci confrontiamo costantemente con quelli che sono sicuri di avere ragione”.
Ci rende più umani perché il confronto ci stimola, ci incoraggia ad “agire nel mondo” ognuno nel proprio ambito e nelle proprie possibilità, ci fa uscire insomma da una posizione di indignazione passiva, ci immunizza da quell’atteggiamento che ci fa sentire “impotenti” e lascia quindi libera strada proprio a chi vorremmo combattere.
Ed è proprio questa amicizia che ci invita all’impegno, ma prima ancora alla discussione rispettosa che bisognerebbe insegnare ai nostri giovani e studenti.
Emilia de Rienzo
dal blog Pensare in un altra luce
Hannah Arendt (1906-1975) è stata una filosofa, storica e scrittrice tedesca naturalizzata statunitense. La privazione dei diritti civili e la persecuzione subite in Germania a partire dal 1933 a causa delle sue origini ebraiche, unitamente alla sua breve carcerazione contribuirono a far maturare in lei la decisione di emigrare. Il regime nazista le ritirò la cittadinanza nel 1937, quindi rimase apolide fino al 1951, anno in cui ottenne la cittadinanza statunitense.
Inoltre lavorò come giornalista e maestra di scuola superiore e pubblicò opere importanti di filosofia politica. Rifiutò sempre di essere categorizzata come filosofa, in quanto preferì che la sua opera fosse descritta come teoria politica piuttosto che come filosofia politica.
Arendt difese il concetto di «pluralismo» in ambito politico. Grazie al pluralismo, il potenziale per la libertà politica e l’uguaglianza tra le persone si sviluppano. Importante è la prospettiva di inclusione dell’altro, ovvero di ciò che ci è estraneo. Politicamente, le convenzioni e le leggi dovrebbero funzionare per modalità pratiche livelli appropriati, e quindi tra persone ben disposte. Come risultato dei suoi assunti teorici, Arendt si trovò contro la democrazia rappresentativa, che criticò fortemente, preferendole un sistema basato sui consigli o forme di democrazia diretta.
Spesso tuttavia continua a essere studiata soprattutto come filosofa, a causa delle sue analisi critiche su filosofi come Socrate, Platone, Aristotele, Immanuel Kant, Martin Heidegger e Karl Jaspers, insieme ai maggiori rappresentanti della filosofia politica moderna come Machiavelli e Montesquieu. Principalmente grazie al suo pensiero indipendente, alla teoria del totalitarismo (Theorie der totalen Herrschaft), ai suoi lavori sulla filosofia esistenziale e alla sua rivendicazione della discussione politica libera, la Arendt detiene un posto centrale nei dibattiti contemporanei.
Come fonti delle sue disquisizioni utilizza, oltre a documenti filosofici, politici e storici, anche biografie e opere letterarie. Questi testi vengono interpretati letteralmente e in rapporto con il suo pensiero personale. Il suo sistema di analisi – in parte influenzato da Heidegger – contribuisce a renderla una pensatrice originale, trasversale ai diversi campi del sapere e specialità accademiche. La sua evoluzione personale e il suo pensiero mostra un elevato grado di sovrapposizione.