Virtù, vizi e peccati


I Sette Peccati Capitali – Museo del Prado di Madrid

Sulla terra, in quasi tutte le epoche, le persone che meritavano di diventare dei veri iniziati erano divise in tre categorie.

Gli iniziati appartenenti alla prima categoria erano coloro che grazie alla loro sofferenza volontaria ed al loro sforzo cosciente arrivavano ad un grado superiore dell’ESSERE; ad essi veniva attribuita la qualifica di “SANTI”.

Alla seconda categoria appartenevano coloro che, grazie agli stessi fattori, acquistavano una somma considerevole di nozioni di ogni genere, e i loro nomi erano preceduti dal titolo di “SAPIENTI”.

Per gli appartenenti alla terza categoria, i quali grazie sempre agli stessi fattori conquistavano l’ESSERE ed arrivavano al contempo alla conoscenza di molte verità oggettive, i loro nomi venivano associati alla qualifica di “SAGGI”.

Da “Incontri con uomini straordinari” di Georges I. Gurdjieff


VIZI E VIRTÙ

La vera essenza dell’uomo più che in ciò che dice, appare in ciò che fa, come agisce.
Egli può evolvere o involvere:

l’EVOLUZIONE si ottiene attraverso l’impegno e il sacrificio nel riconoscere e nel lasciarsi guidare dai tesori che sono già chiusi in noi, le VIRTÙ;

l’INVOLUZIONE si ottiene semplicemente lasciandosi andare nella corrente del permissivismo e della smoderatezza, il VIZIO.

Conoscere le virtù e i vizi è un inizio per imparare a conoscere se stessi e a dare spessore alla propria interiorità.

LE VIRTÙ


Le Virtù – Giotto, Cappella degli Scrovegni (Padova)

La virtù è ciò che adorna e nobilita l’uomo fisicamente e moralmente. È valore, forza, perché la fortezza é base di ogni virtù e non esiste virtù ove non è contrasto.
È l’abito di operare onestamente la disposizione dell’anima a fare il bene e schivare il male; concretamente è ogni buona qualità dell’anima opposta al vizio.

Prudenza: é la saggezza, la capacità di discernere tra ciò che è bene e ciò che è male. Da essa nasce il buon consiglio e l’intelligenza.

Fortezza: è il coraggio nel compiere determinate scelte tra ciò che si deve fare e ciò che si deve evitare, e in ciò che non si può nè scegliere, nè evitare. É la forza spirituale nel sopportare le avversità, il dolore fisico o morale, nel non cedere davanti a ostacoli o contrasti. Da essa nascono l’incrollabilità e la tensione (sforzo intellettuale).

Temperanza: è la moderazione nel saper stare nel giusto mezzo in tutte le proprie manifestazioni. Una virtù morale che consiste nel regolare con saggezza equilibrio il soddisfacimento dei bisogni e appetiti naturali: é regola e freno. Da essa nascono l’amore dell’ordine (nel senso di funzionale e conveniente) e la disciplina.

Giustizia: la rettitudine, il saper discriminare tra ciò che é giusto e ciò che non é giusto contro tutte le parzialità. Una virtù che consiste nella volontà di riconoscere e rispettare i diritti altrui attribuendo a ciascuno ciò che gli é dovuto secondo la ragione e la legge. Da essa nascono l’equità (interpretazione umana e non letterale della giustizia) e la probità (onestà e integrità morale).

Fede: è credere con piena fiducia e aderire con intelligenza, sorretta dalla Grazia, alla verità della parola di Dio. Si basa su intimi convincimenti, opinioni elaborate personalmente, sui principi guida che stanno alla base delle nostre azioni. Una virtù che perfeziona l’Intelletto.

Carità: è l’affetto per il prossimo chiunque esso sia. La gioia del condividere, del prendersi cura gli uni degli altri. Il mutuo soccorso.

Speranza: è la fiduciosa attesa in una coscienza universale. Le gocce pure che si moltiplicano in una distesa di acqua limpida, la piccola luce che rischiara il buio, ognuno di noi è parte dell’universo.

Le prime quattro sono le virtù cardinali, già note ai filosofi antichi, in particolare a Platone (Repubblica, 427a) e Cicerone (De officiis, I, 5) e trasmesse al Medioevo da S. Ambrogio. Denominate anche virtù umane principali, riguardano essenzialmente l’uomo e costituiscono i pilastri di una vita dedicata al bene. È necessario fare un duro lavoro per acquisirle, occorre allenarsi costantemente per conquistare un “controllo” sulle proprie manifestazioni, e questo si può fare solo se si viene disillusi dalle apparenze del mondo e si trovano poi le informazioni giuste per imparare a conoscere se stessi. Da esse nascono la magnanimità, il buon consiglio, la tolleranza, la perspicacia, la continenza.

Si differenziano dalle tre virtù teologali, che invece riguardano Dio. Fede, carità e speranza per la dottrina Cristiana sono abiti infusi nell’uomo da Dio (Divine). Sono virtù innate nell’uomo, o più precisamente sono in embrione, ma mentre in alcuni si sviluppano verso la coscienza, in altri (causa anche la non educazione) prendono una via che li porta alla ricerca di falsi valori e al materialismo.

Dal tempo in cui l’uomo iniziò a vivere sulla terra, dal tempo di Adamo in poi, cominciò a formarsi in lui, con l’aiuto di Dio, della Natura, e di tutti i suoi compagni vicini, un organo la cui funzione è la COSCIENZA MORALE. Tutti gli uomini hanno quest’organo, e chiunque è guidato da esso vive automaticamente secondo i comandamenti di Dio. Se le nostre coscienze fossero chiare, e non sepolte, non ci sarebbe bisogno di parlare di morale, poiché consciamente o inconsciamente tutti si comporterebbero in conformità con i comandamenti di Dio. Fortunatamente la Coscienza Morale é ricoperta da una sorta di crosta che può essere forata soltanto dall’intensa sofferenza; allora la coscienza parla. Ma dopo un poco l’uomo si arresta e l’organo viene ancora una volta ricoperto e sepolto.

Georges I. Gurdjieff (Belzebù)

La coscienza – É la facoltà immediata di avvertire, comprendere, valutare i fatti che si verificano nella sfera dell’esperienza individuale o si prospettano in un futuro più o meno vicino. E’ vista come “il guardiano” “la vocina misteriosa” che guida ad ottenere il GIUSTO INTELLETTO o RETTA RAGIONE e perciò è Divina.

L’esperienza – È venire in cognizione (CONOSCERE) provando e riprovando. Io TENTO. È la conoscenza acquisita mediante il contatto con un determinato settore della realtà .
I frutti dell’esperienza si possono cogliere soltanto nel momento in cui si comincia a capire, in altro caso essa diviene perfettamente inutile.

Le TRE VIRTU’ SUPERIORI che si riferiscono alla COSCIENZA perfezionano la VOLONTA’.

La volontà – È lo sforzarsi dell’animo a conseguire o ad allontanare una data maniera d’essere. Una facoltà propria dell’uomo di tendere con decisione e piena autonomia alla realizzazione di fini determinati, di natura spirituale, per il superamento della nostra natura animale.

La Volontà vera esiste soltanto quando un solo IO governa, quando c’é un “padrone” nella casa. Un uomo comune non ha “Padrone”. Egli é governato ora dalla mente, ora dai sentimenti e ora dal corpo. Spesso l’ordine arriva dall’apparato formatorio e ancora più spesso quest’uomo riceve gli ordini dal centro sessuale. La libera VOLONTÀ é la funzione del PADRONE in noi. La nostra VOLONTÀ é la SUPREMAZIA di un DESIDERIO su un ALTRO.

Georges I. Gurdjieff (Quarta via)


I VIZI


I Vizi – Giotto, Cappella degli Scrovegni (Padova)

Il vizio è un’abitudine, un comportamento ripetitivo che non promuove la crescita interiore, nobile e spirituale, ma al contrario la distrugge. Spinge l’individuo ad un comportamento nocivo per se stesso e per l’altro. È un’imperfezione sia del corpo che dell’anima che devia dal retto sentiero.
Se per le virtù occorre un duro lavoro, per i vizi, che sono la loro negazione, non è necessario fare alcunché e lasciarsi semplicemente andare per “godersi” ogni cosa che si desidera.

L’imprudenza – (Stoltezza per Giotto) È l’agire senza tener conto delle norme di sicurezza dettate dalla ragione o dall’esperienza. Azioni che manifestano (ostentano) noncuranza per rischi e pericoli e ogni possibile pericolosa conseguenza. Da essa nasce il mal consiglio e la stupidità.

La viltà – (Incostanza) È lo scarso valore e pregio del sè nel rifiutare di affrontare pericoli o responsabilità per codardia o pavidità. Essa nasce dalla paura, dall’instabilità e da un insieme di volubilità e incoerenza.

L’intemperanza – (Ira) È la mancanza di moderazione nella ricerca di appagamento di istinti e bisogni. Un’incontinenza che si rivela sempre dannosa sul piano personale o sociale. Da essa nascono:
il disordine (confusione, sregolatezza),
l’indisciplina (mancanza di un ordine interiore dettato da ciò che si è imparato e assimilato),
l’ostinazione (persistere al di là del ragionevole e dell’opportuno)
la caparbietà (ostinazione cocciuta e testarda).

L’ingiustizia – (Ingiustizia) È la violazione, deliberata o no del diritto o delle legittime aspirazioni altrui. Per diritti si intendono sia quelli sanciti dalla Legge, sia quelli riconosciuti dalla ragione e dalla morale. Da essa nasce la prevaricazione (reato di chi abusa del proprio potere per trarne illeciti guadagni; l’uscire dai limiti dell’onesto e del giusto, contravvenire alle norme della morale) e l’abuso (uso smodato e cattivo di ogni cosa. Uso di un diritto o di un potere per fini diversi da quelli per i quali è stato riconosciuto).

Infedeltà – È il cedere alle false credenze e all’adorazione di idoli (idolatria). Essa genera schiavitù e falsi miti, impedisce di vedere la verità.

Invidia – È il desiderio delle cose altrui e porta a guardare il prossimo con occhi malevoli. Essa genera avarizia.

Disperazione – Lasciandosi andare alla desolazione rifiutando la speranza, si è inevitabilmente condannati a soffrire e a vivere le pene dell’inferno.

“Quel deficit di speranza e di fiducia nella vita costituisce il male “oscuro” della moderna società occidentale”

Benedetto XVI nel Te deum di fine anno 2007 fa riferimento alla depressione che attanaglia l’uomo in un’epoca di ricchezza materiale ma di povertà spirituale.

Negli affreschi della Cappella degli Scrovegni, che si trova nel centro storico di Padova ed è considerata uno dei capolavori dell’arte occidentale, Giotto dopo la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli (Pentecoste), illustra la Rivelazione divina: l’uomo ora sa ed è di fronte alla scelta del bene o del male, del suo destino terreno e ultraterreno (concetto di libero arbitrio).

Virtù e Vizi si fronteggiano a coppia, a rappresentare un duplice percorso di salvezza per l’umanità, laica e religiosa, terrena e ultraterrena.
Il primo percorso porta alla guarigione dei vizi tramite le virtù cardinali opposte, che sono virtù morali e intellettuali, conducendo l’umanità alla Giustizia. La perfetta centralità della Giustizia, che Giotto pone come simbolo del Paradiso Terrestre e, dunque, della felicità terrena.
Il secondo percorso porta alla pratica delle virtù teologali. Per aspirare al Paradiso celeste occorrono gli insegnamenti divini, la rivelazione della Verità che supera e trascende la ragione umana.
Le fonti di un simile straordinario disegno sono individuate in alcuni passi di diverse opere di Sant’Agostino.

*Immagini prese dal web

I SETTE PECCATI CAPITALI

Definiti da Aristotele gli “abiti del male“, i vizi al pari delle virtù, derivano dalla ripetizione di azioni che formano nel soggetto che le compie una sorta di “abito” che lo inclina in una certa direzione.

peccati capitali hanno origine dall’EGOISMO, ossia l’amore eccessivo per se stessi e per i propri interessi, anche a discapito degli altri.

1) La Superbia

Amore di sé spinto fino all’eccesso nel considerarsi principio e fine del proprio essere disconoscendo la propria condizione di creatura. Desiderio irrefrenabile di essere superiori, fino al disprezzo di ordini, leggi, rispetto altrui.

Il superbo ostenta sicurezza e cultura e sminuisce i meriti altrui. La sua posizione psicologica è però più complessa: non sempre è realmente convinto di possedere tutte le qualità che lui stesso si attribuisce. Teme delusioni e insuccessi perché rivelerebbero la triste verità che egli stesso sospetta, quella di essere in realtà un mediocre, un normodotato, di rientrare nella media.

Dici troppo spesso IO. Io qua, io là…

2) L’accidia o acedia

Torpore malinconico, indolenza, inerzia nel vivere e nel compiere opere di bene. Ma anche pigrizia intellettuale che ci lascia senza reazioni né pensieri davanti all’agitazione di un mondo che abbiamo rinunciato a capire.

L’accidioso indugia voluttuosamente nell’ozio e nell’errore. Sa quali siano i suoi impegni, ma pur di non assolverli, ne ridimensiona la portata, autoconvincendosi che si tratti di piccolezze e che rimandarle non comporti conseguenze gravi.

Sei pigro? Tutto è brutto, tutto fa schifo, tutto è noioso… ma forse sei tu che vedi tutto così…forse sei tu che hai messo gli occhiali neri.

3) La Lussuria

Incontrollata sensualità, desiderio irrefrenabile del piacere sessuale fine a se stesso. La lussuria non è soltanto la semplice dedizione ai piaceri sensuali, ma riguarda qualsiasi eccesso vizioso o peccaminoso, equo disprezzo della specie umana spesso enfatizzata dai mass media, perfino verso i ragazzi.

Lussurioso è soprattutto chi diventa schiavo dei proprio bassi impulsi. La lussuria diventa un vizio quando il costante volgersi del pensiero al desiderio impedisce il normale svolgimento delle incombenze quotidiane.

Tutto e subito, finché funziona, finché non si rompe

4) L’Ira

Risentimento incontrollato e minaccioso, più o meno durevole e manifesto negli atti e nelle parole, che ci fa vedere il prossimo come causa dei nostri mali. Si può tradurre in un irrefrenabile desiderio di vendicare violentemente un torto subito.
L’ira non è l’occasionale esplosione di rabbia: diventa un vizio in presenza di un’estrema suscettibilità che fa sì che anche la più trascurabile delle inezie sia capace di scatenare una furia selvaggia.

L’iracondo infatti non è in grado di frenare i propri istinti che vanno ad alimentare una preesistente avversione che il soggetto sente verso qualcun altro, verso qualcosa o addirittura verso se stesso.

Prima ti arrabbi e poi ci pensi. La tua prima preoccupazione, automatica, è “a chi dare la colpa”. E giù parolacce, se non botte.

5) La Gola

Abbandono ed esagerazione nei piaceri della tavola, e non solo. Il peccato di gola non è solo la mera ingordigia o la smodata consumazione di cibo, ma anche il lusso alimentare, la predilezione per la cucina raffinata, la propensione a cibarsi esclusivamente di pietanze pregiate e costose.

Viene scambiata e passata per una cosuccia naturale alla quale non ci si può andare contro, ma che bisogna bensì assecondare.

Mangi per vivere o vivi per mangiare? Qui la zavorra, il peso.. diventi tu! Saper aspettare, imparare a rinunciare alla caramella in più… significherà saper resistere a tentazioni ben più difficili.

6) L’Invidia

Malanimo provocato dalla vista dell’altrui soddisfazione. Desiderio di poter godere dello stesso bene che altri possiedono, il bene altrui viene percepito come male proprio.

L’invidioso non possiede, ma vorrebbe avere. Invece che a pensare a migliorarsi vorrebbe semplicemente ottenere tutto quello che vuole senza sforzo, per un bisogno superficiale, senza una reale necessità. La felicità degli altri è fonte di personale frustrazione. Sminuisce i successi altrui e li attribuisce alla fortuna o al caso o sostiene che siano frutto di ingiustizia.

In fondo in fondo hai paura degli altri, che siano giudicati meglio di te. Affondiamo tutti piuttosto.”

7) L’Avarizia

Ci impedisce di rinunciare alla minima particella di noi stessi.
È l’egoistico ritegno nello spendere e nel donare. Estremo contenimento delle spese non perché lo imponga la necessità, ma per il gusto di risparmiare fine a se stesso.
Spesso viene confusa con l’avidità, che è il desiderio insano di possedere in senso generale, oggetti, cose, denaro e tutto quello che si può o si pensa di poter possedere.
L’Avarizia conduce ad una lunghissima serie di peccati, che possono essere: la menzogna, il tradimento, il sospetto, il furto, la rapina, lo spergiuro, l’usura, l’inganno, il gioco d’azzardo, il menefreghismo verso il prossimo, la frode, la violenza, il rifiuto della misericordia.
L’avidità del denaro è la radice di tutti i mali.

L’avaro si sente un virtuoso e si descrive con aggettivi delicati ed equilibrati: prudente, attento, oculato, parco.

La tua parola d’ordine è MIO

Nel nostro mondo ci sono perciò due modi per vivere la vita:

vivere secondo natura, che é tipico dell’Uomo ed é possibile soltanto con lo sviluppo della VOLONTA’, mediante lo sforzo o fatica cosciente e la sofferenza volontaria. Coloro che la mettono in pratica svilupperanno il loro “secondo corpo”, attraverso il quale, quando é definitivamente perfezionato dall’Intelletto, saranno in grado di percepire direttamente la Realtà cosmica;

vivere contro natura, deriva dalla separazione della volontà in stimoli contrapposti. Una persona che vive in questo modo viene controllata dall’attrazione e dalla repulsione, da simpatie e antipatie, nonché dall’alternarsi di stati attivi e passivi.
Uno stato del genere è normale per le creature animali meno evolute, ma è anormale per l’uomo.
Certamente é più facile e non richiede sforzi, ma un uomo che vive così é separato dalla coscienza e a meno che non sia un’anima perduta, avvertirà un senso di disagio e cercherà disperatamente una via d’uscita.

Georges I. Gurdjieff (Vita reale)

LA DONNA E IL PECCATO

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