La parola piangere – Gianni Rodari

Questa storia non è ancora accaduta, ma accadrà sicuramente domani. Ecco cosa dice.
Domani una brava, vecchia maestra condusse i suoi scolari, in fila per due, a visitare il Museo del Tempo Che Fu, dove sono raccolte le cose di una volta che non servono più, come la corona del re, lo strascico della regina, il tram di Monza, eccetera.
In una vetrinetta un po’ polverosa c’era la parola “Piangere”.
Gli scolaretti di Domani lessero il cartellino, ma non capivano.
– Signora, che vuol dire?
– È un gioiello antico?
– Apparteneva forse agli Etruschi?
La maestra spiegò che una volta quella parola era molto usata, e faceva male. Mostrò una fialetta in cui erano conservate delle lacrime: chissà, forse le aveva versate uno schiavo battuto dal suo padrone, forse un bambino che non aveva casa.
– Sembra acqua – disse uno degli scolari.
– Ma scottava e bruciava – disse la maestra
– Forse la facevano bollire prima di adoperarla?
Gli scolaretti proprio non capivano, anzi cominciavano già ad annoiarsi. Allora la buona maestra li accompagnò a visitare altri reparti del Museo dove c’erano da vedere cose più facili come: l’inferriata di una prigione, un cane da guardia, il tram di Monza, eccetera, tutta roba che nel felice paese di Domani non esisteva più.

Gianni Rodari – dal libro “Favole al telefono“, Einaudi 1962

 

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