In Italia non è possibile procedere alla sepoltura o alla cremazione di un defunto senza specifica autorizzazione. Non sono gratuite, salvo i casi di salma di persona indigente o appartenente a famiglia bisognosa o per la quale vi sia disinteresse dei familiari, e i costi variano a seconda dei regolamenti tariffari approvati dalle singole amministrazioni locali.
Per chi professa altre religioni oltre a quella cattolica, sono previste specifiche aree nei cimiteri, ma pare che tale disposizione sia rimasta spesso inapplicata.

La sepoltura

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In Italia due sono le forme previste di sepoltura: per inumazione, quella più antica, (seppellimento sotto terra) o per tumulazione (seppellimento in loculi costruiti in muratura).
L’apposita autorizzazione viene rilasciata a titolo gratuito dal competente ufficiale di stato civile secondo una specifica procedura.

Esiste anche la sepoltura privilegiata in un luogo diverso dal cimitero in casi speciali per onorare la memoria di chi si è distinto per eccezionali ruoli o gesta. Deve essere comunque autorizzata con apposito decreto dal Ministro della sanità, e osservate le norme stabilite dal regolamento di polizia mortuaria.

Praticata dai popoli fin dall’antichità era ritenuta di fondamentale importanza dagli Egizi che usavano sarcofagi in tombe che erano vere e proprie stanze; dai Greci che ritenevano i defunti non sepolti destinati a vagare senza fine; dai Romani che con gran rispetto per i defunti praticavano una cerimonia funebre simile a quella praticata in seguito dai cristiani; dagli Etruschi tra cui era diffusa la sepoltura nelle tombe a pozzo che contenevano le ceneri del defunto, soppiantate dalle tombe a fossa destinate all’inumazione e quindi dalle tombe a camera o a più camere collegate da corridoi, che in alcuni casi erano delle vere e proprie opere artistiche.

La sepoltura tradizionale in Italia sta ormai rappresentando un problema ambientale poichè richiede una grande quantità di spazio che soprattutto nelle grandi città non può essere ampliato.

La cremazione


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La cremazione prevede che il corpo sia bruciato e i frammenti ossei successivamente polverizzati e quindi raccolti in un’urna che viene consegnata ai parenti.

In Italia la cremazione è comparsa per la prima volta nella Legge sanitaria del 1887. Attualmente è disciplinata dal Regolamento di polizia mortuaria (D.P.R. n. 285/1990) e dalla Legge n. 130/2001. Ogni procedimento di cremazione deve essere autorizzato dal sindaco del comune in cui è avvenuto il decesso e viene eseguita da personale appositamente autorizzato dall’autorità comunale.
La cremazione può essere richiesta anche dallo stesso defunto per via testamentaria. È fondamentale in ogni caso la chiara manifestazione di volontà mediante atto scritto.

È previsto che le urne cinerarie riportino il nome della persona defunta, e secondo le sue volontà espresse siano affidate ai famigliari o accolte in un apposito edificio nel cimitero, possono essere collocate anche in spazi dati in concessione ad enti morali o privati.

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L’incinerazione è una pratica che ha origini antiche. Nel mondo orientale e greco fa le sue prime apparizioni col declinare della civiltà micenea. Omero descrive nell’Iliade la cremazione di Patroclo, morto in duello contro Ettore.

Diffusa anche nel mondo etrusco, ellenico e romano, in alcune culture questo rito è unico o prevalente, in altre lo ritroviamo invece congiunto all’inumazione. A Roma durante l’epoca repubblicana, come in Atene, ambedue i riti sono in uso ma mentre il popolo minuto veniva inumato per economia, l’incinerazione era più propria delle famiglie nobili.
Nella Roma imperiale l’incinerazione venne poi progressivamente abbandonata con il propagarsi del Cristianesimo; tra i primi cristiani e gli ebrei infatti venne sostanzialmente osteggiata perchè considerata una pratica pagana.

Era credenza dei pagani che le pire innalzate avrebbero permesso alle anime dei defunti una più facile migrazione, e poichè gli antichi procedimenti non portavano alla incinerazione completa dei cadaveri, i resti e le ceneri venivano posti in un’urna che veniva accolta nei sepolcri.
Nelle varie epoche si ritiene che la combustione costituisse il mezzo di purificazione più rapido e completo, specie quando vi erano moltitudini di cadaveri simultaneamente presenti, ad esempio dopo una battaglia, una peste o una carestia, o dove c’era una paura imminente di diffusione di malattie dai cadaveri, la cui inumazione avrebbe richiesto troppo tempo.

La Chiesa cattolica, pur ribadendo la preferenza per la sepoltura nel cimitero o in altro luogo sacro ritenendo che con essa si mostri una maggiore stima verso i defunti, da decenni non è contraria alla cremazione a differenza di altre religioni, come quella ebraica e cristiana ortodossa e parte dell’Islam.
Non è permessa invece la dispersione delle ceneri dei defunti, né la loro conversione in ricordi commemorativi, in pezzi di gioielleria o in altri oggetti. Vi è la tendenza infatti a proporre di convertire i resti cremati del defunto in un diamante come ricordo perpetuo, presentandola come un’innovativa forma di sepoltura.

Il Parlamento italiano con la Legge n. 130/2001 ha disciplinato la cremazione e la dispersione delle ceneri. Con la modifica dell’articolo 411 del codice penale viene dichiarato che la dispersione delle ceneri non costituisce reato, purchè autorizzata dall’ufficiale dello stato civile sulla base di espressa volontà del defunto. La dispersione è consentita in aree appositamente destinate all’interno dei cimiteri, in natura (come in mare, lago, fiume, bosco) o in aree private all’aperto con il consenso dei proprietari, lontano dai luoghi abitati, e non può dar luogo ad attività aventi fini di lucro.