Lo zucchero contenuto nell’uva si trasforma, con la fermentazione, in alcol e gas carbonico. Questo fenomeno naturale, conosciuto da molti secoli, non è più affidato al caso: grazie ai progressi fatti dall’enologia ci sono ora, per controllarlo, tecniche sofisticatissime.

La fermentazione

Nei migliori vigneti l’uva matura viene ancora raccolta manualmente, ma generalmente si procede a questa operazione meccanicamente. Arrivati al pigiatoio, i grappoli raccolti vengono privati dei graspi, cioè della parte legnosa, poi schiacciati meccanicamente: il vecchio metodo di pigiatura con i piedi, praticato per millenni, è oramai solo una curiosità storica.

A seconda che si voglia produrre del vino rosso oppure bianco, i metodi di vinificazione differiscono. Nel primo caso, il succo viene messo a fermentare nel tino insieme ai semi e alle bucce. Sono, infatti, le bucce a colorare il vino: il succo dell’uva è sempre incolore.
Il vino fermenta poi per tre o quattro settimane: più la fermentazione è lunga, più il vino sarà colorato, tannico e di lunga conservazione.
Nel caso dei vini bianchi, invece, si fa fermentare il succo dell’uva da solo, per due o tre settimane. Dato che, appunto, il succo del vino non ha colore si può ottenere del vino bianco con l’uva nera, come, peraltro, si fa comunemente in alcune regioni.
I vini rosati sono sempre prodotti con uva scura, ma dopo qualche ora, quando ha raggiunto il colore ricercato, il vino viene travasato senza le bucce e finisce di fermentare in un altro tino.
Prima di iniziare la fermentazione si può, se lo si desidera, eliminare i lieviti naturali che si trovano sulla pelle dei chicchi e sostituirli con lieviti di coltura che convengono meglio al tipo di vino che si vuol produrre.

La quantità di zucchero naturale contenuto dall’uva è un fattore determinante; se la stagione è stata poco soleggiata l’una può avere un tasso di zucchero insufficiente per produrre un vino la cui gradazione alcolica basti a garantirne la pienezza e la buona conservazione. Si può, in questo caso, aggiungere una certa quantità di zucchero. Questo provedimento viene chiamato inzuccheramento.
La fermentazione del vino rosso continua finchè tutto lo zucchero si trasforma in alcol; il vino nuovo viene poi trasferito in un altro tino, dove incomincia a stabilizzarsi.
Le bucce dell’uva rimaste nel tino, ancora inzuppate di vino, vengono in seguito pressate per ottenere un vino più scuro e più rude, che si aggiunge al primo nelle proporzioni giudicate giuste per il tipo di risultato ricercato.

L’invecchiamento

La tappa seguente consiste nel mettere il vino nuovo in botti di quercia per lasciarlo maturare. Per i vini bianchi la procedura è diversa: la fermentazione può essere fermata volontariamente in qualunque momento per lasciare al vino una certa quantità di zucchero e ottenere un vino amabile. Il vino viene poi filtrato prima di essere imbottigliato.
In certi casi il produttore miscela vari vini di origine o di annate diverse, sia per migliorare la qualità del prodotto, come nel caso dello champagne, sia per permettere la produzione di grandi quantità di vino con caratteristiche costanti.

Le ultime tappe: imbottigliamento, tappatura, etichettatura, sono sempre più frequentemente fatte a macchina.
Per finire, nel caso in cui si desideri lasciar maturare il vino prima di commercializzarlo, questo viene conservato dal suo produttore o dal rivenditore per alcuni anni. I vini destinati al consumo immediato sono invece messi subito sul mercato.

Il vino, poesia della terra

Viti e vitigni

L’ARTE DELLA DEGUSTAZIONE DEI VINI

Per godere di tutte le qualità dei grandi vini è bene conoscere alcune regole per degustarli. Ecco alcuni principi basilari da rispettare e che vi aiuteranno ad apprezzare di più i vini che avete scelto.

Prima di iniziare la degustazione bisogna controllare che il vino sia alla temperatura giusta e che sia servito in bicchieri impeccabilmente puliti e privi di qualsiasi odore di detersivo.

La prima fase consiste nello scegliere un bicchiere adatto al vino da degustare. Una volta versato, si deve dapprima esaminare la limpidezza del liquido impugnando il bicchiere per il piede e inclinandolo al di sopra di una superficie bianca bene illuminata. Deve risultare limpido e brillante in ogni caso, che si tratti di vino rosso, di vino rosé o di vino bianco. Un aspetto torbido o smorto in genere è indice di un vino vinificato male, le cui qualità lasciano a desiderare. Alcuni vini rossi già invecchiati possono avere questo aspetto, senza però che per questo il loro valore sia messo in discussione, quando il deposito contenuto nella bottiglia è stato agitato qualche istante prima. In questo caso è necessario lasciare riposare alcuni minuti.

Il colore

Il colore è una fonte di informazione preziosa. Per essere in grado di giudicare il colore di un vino, bisogna farlo alla luce del sole. L’illuminazione artificiale tende ad alterare i colori.
Tenendo il bicchiere inclinato a 45° al di sopra di una superficie bianca, si può, esaminandone il bordo, giudicare il colore esatto del vino. I vini rossi molto giovani hanno sempre un colore violaceo. Con il passare del tempo diventa più rosso per prendere successivamente una colorazione rosso mattone. I vini rossi ricavati da annate buone, dunque meglio costituiti, presentano in genere un colore più sostenuto e più intenso degli altri. Il loro colore si evolve con maggior lentezza e le colorazioni scure o rosso mattone appaiono più tardi.
I vini Beaujolais, ad esempio, tendono ad assumere un colore violaceo, mentre quelli di Borgogna prodotti con il pinot nero sono di un rosso rubino molto schietto. Alcuni vini hanno un colore talmente scuro da sembrare quasi neri. Tra gli altri è questo il caso del Chateauneuf-du-Pape.
Il colore dei vini bianchi è anch’esso variabile a seconda della fattura e dell’età del vino. I vini bianchi secchi, come il Gavi o i vini tedeschi della Mosella, sono molto pallidi con qualche tenue riflesso verde. I vini bianchi dell’Alsazia e dell’Italia centrale hanno un aspetto molto più giallo e diventano color paglia, quasi dorati. I vini dolci come il Vin Santo toscano assumono con gli anni quasi un colore oro vecchio, se non addirittura ambrato.

L’odore

Dopo aver essaminato il colore del vino, si tratta ora di apprezzarne l’odore o ciò che comunemente si chiama il “naso” del vino. L’aspetto olfattivo del vino svela a poco a poco tutti i lati della sua personalità.
Gli odori presenti in un vino variano a seconda della sua provenienza, della natura del terreno sul quale era coltivata la vite e soprattutto a seconda della varietà di vitigni utilizzati. Tutti questi elementi insieme danno una tavolozza di sfumature pressochè illimitata: spesso si dice che i Bordeaux emanano un profumo di ribes nero, di cedro, di peperone dolce o di menta. Al Sangiovese si associa il profumo dei frutti rossi come la ciliegia e il lampone. I vini del Chianti sono famosi per il loro bouquet di viola e vaniglia.
Per quanto riguarda l’olfatto, i vini bianchi sono ancor più legati alle caratteristiche dei vitigni di origine. I riesling tedeschi pastosi emanano spesso un profumo di pesca o di albicocca, mentre i riesling dell’Alsazia hanno spesso odore di selce. I vini bianchi prodotti con il vitigno sauvignon, come per esempio i Sauvignon del Collio, si contraddistinguono per il loro odore d’erba. I vini ricavati dal vitigno chardonnay sono caratterizzati da un odore di pane tostato molto piacevole. In questo campo il vitigno più originale è il gewurztraminer atesino che dà dei vini che rievocano profumi di spezie miste.

Il gusto

Per gustare appieno un vino, bisogna riempirsi la bocca con una buona sorsata e “masticarla” per qualche secondo. Contemporaneamente si lascia una specie di camera d’aria tra la lingua e il palato in modo che i profumi del vino possano raggiungere le vie respiratorie dalla cavità della bocca.
Le papille gustative percepiscono quattro sensazioni: il dolce (sulla punta della lingua), l’acidità (sui lati della lingua), il salato (anch’esso sui lati della lingua, ma più indietro), e l’amaro (in fondo alla bocca). La disposizione di questi diversi centri di percezione spiega perchè la sensazione di dolce sia la prima ad essere colta quando si assaggia un vino e perchè alcuni vini lascino un “retrogusto” amaro.
Le altre sensazioni sono dunque di natura meccanica, sia che si tratti della densità del liquido – i vini pastosi o liquorosi sono sempre più sciropposi e più consistenti – o del tannino contenuto nei vini rossi. Quest’ultimo provoca una sensazione astringente alle gengive e alle pareti interne delle guance.
È proprio dei buoni vini presentare un equilibrio perfetto tra la pastosità e l’acidità, in modo che questi elementi formino un insieme omogeneo e armonioso. I buoni vini devono anche lasciare nella bocca, per dieci, dodici secondi da quando sono stati inghiottiti, un profumo. Questo fenomeno è chiamato “persistenza aromatica del vino”.

Testo di riferimento:
Io in cucina, Guida dei vini – Marshall Cavendish, Mepe 1988

Pane e vino

La volpe e i grappoli d’uva