LA TERAPIA ELETTROCONVULSIVANTE (TEC)

Comunemente nota come elettroshock, è un intervento che consiste nell’induzione di convulsioni nel paziente per mezzo di una scarica di corrente elettrica che viene fatta passare tra due elettrodi applicati alle tempie che arriva al cervello.
Fu introdotto negli anni trenta da Ugo Cerletti, neuropsichiatra autore di importanti studi, di particolare importanza quelli sulla epilessia sperimentale, culminati nell’ideazione dell’elettroshock (1938), che realizzò in collaborazione con Lucio Bini, suo aiuto; una tecnica che venne applicata su larga scala come terapia per molte malattie mentali. Con l’introduzione degli psicofarmaci il trattamento elettroconvulsivante è progressivamente caduto in disuso.

David and Lisa è un film drammatico del 1962, interamente girato in bianco e nero dal regista Frank Perry. Ispirato ad un romanzo di Theodore Isaac Rubin, il film racconta del giovane David Clemens (Keir Dullea), affetto da afefobia, ovvero il terrore di essere toccato da altri, che viene internato dalla madre che vuole sbarazzarsi di lui.
David vive una serie di problematiche finché non fa amicizia con la giovane Lisa Brand (Janet Margolin), affetta da sdoppiamento della personalità: quando è Lisa è capace di esprimersi solo in versi, quando è Muriel è incapace di proferire parola e si esprime solo scrivendo. David riesce a trovare il modo di comunicare con lei e tra i due nasce un sentimento puro che li sosterrà vicendevolmente, dimostrando che con l’amore si può.

L’effettiva utilità e opportunità dell’elettroshock è tutt’oggi molto dibattuta, alcuni reparti psichiatrici guidati da fautori di questo trattamento lo praticano ancora. Il suo ambito d’applicazione è limitato ad alcune tipologie di disturbi gravi in cui si sono riscontrati oggettivi miglioramenti in seguito al trattamento, o per cui altre terapie sono inapplicabili, o come presidio di urgenza.
Questa tecnica, che viene praticata in Europa nella cosiddetta “macellazione pietosa” degli animali e, in caso di arresto cardiaco, per ripristinare il battito con l’ausilio di un defibrillatore, ha comunemente una fama negativa sia a causa dell’abuso e della pratica aggressiva che se ne è fatta in passato (i pazienti venivano sottoposti senza anestesia), sia per la presentazione che ne è stata a volte data in letteratura e cinematografia.

«Era la psichiatria biologica oggettivante – spiega lo psichiatra basagliano triestino Peppe Dell’Acqua – la stessa delle contenzioni e della lobotomia. Pratiche a cui in America furono sottoposti anche pazienti eccellenti come Rosemary Kennedy, sorella di John, lobotomizzata a 23 anni perché troppo vivace».


LA LOBOTOMIA

Detta anche leucotomia prefrontale, è un intervento chirurgico che recide le connessioni nervose da e per la corteccia prefrontale, la parte più anteriore dei lobi frontali.
I primi tentativi di applicazione risalgono alla fine del 1800, ma fu il neuropsichiatria portoghese António Egas Moniz ad eseguire la prima leucotomia prefrontale in Europa, al fine di rendere ‘docili’ i pazienti cronicamente agitati, con allucinazioni, autodistruttivi o violenti. Il suo metodo, che gli valse il Premio Nobel per la medicina nel 1949, prevedeva la trapanazione in vari punti del cranio e la distruzione della sostanza bianca dei lobi frontali mediante iniezioni di alcol all’interno di essi.
La procedura venne poi perfezionata negli Stati Uniti nel 1936 dal neurologo americano Walter Freeman, che preferì usare il termine lobotomia perché comprendeva non solo la distruzione delle vie nervose nella sostanza bianca, ma anche la distruzione di alcune cellule neurali nei lobi frontali. Il suo metodo consisteva nel raggiungere attraverso i dotti lacrimali lo strato osseo appena al di sopra della palpebra, che trapassava con un punteruolo chirurgico, una sorta di rompighiaccio detto orbitoclasto, mosso energicamente al fine di danneggiare il lobo frontale.
Una tecnica molto approssimativa, in seguito definita barbarica, applicata come misura terapeutica radicale per pazienti schizofrenici, nella terapia di alcune forme di dolore e anche nell’intento di attenuare comportamenti antisociali. Divenne comunque molto popolare negli anni Quaranta del secolo scorso praticata su migliaia di persone anche ambulatoriamente, avvalorata da molti studi e dai media. Persino la sorella di John Fitzgerald Kennedy, Rosemary, fu lobotomizzata da Freeman, operazione che la lasciò in stato vegetativo per il resto della sua vita. La discutibilità delle premesse teoriche e delle conseguenze dell’intervento ha provocato aspre polemiche, e in alcuni stati oggi la lobotomia è proibita.

Con l’elettroshock viene placato McMurphy (Jack Nicholson), protagonista di Qualcuno volò sul nido del cuculo un film memorabile del 1975 diretto da Miloš Forman, egli si ribella all’austera disciplina imposta da Mildred, la caporeparto dell’ospedale psichiatrico, dove è trattenuto momentaneamente per accertare la natura dei suoi disturbi mentali. Il suo comportamento anticonformista e indisciplinato crea scompiglio e sobilla gli altri degenti, destando la loro ammirazione e rendoli consapevoli che malgrado la propria malattia, hanno comunque una loro dignità da far valere. In particolare McMurphy entra in amicizia con Billy Bibit, un ragazzo introverso e affetto da balbuzie che subisce continue violenze psicologiche da parte di Mildred, e con il “Grande Capo” Bromden, un nativo di gigantesche dimensioni, che poi scopre si finge sordomuto e rinuncia alla sua libertà perchè troppo spaventato dal mondo esterno. Ma quando McMurphy realizza che da lì non uscirà facilmente, la situazione precipita e lo porterà a subire una lobotomia.

Qualcuno volò sul nido del cuculo è il secondo dei tre film nella storia del cinema ad aver vinto tutti e cinque gli Oscar principali (miglior film, miglior regista, miglior attore, miglior attrice, migliore sceneggiatura non originale), insieme ad Accadde una notte di Frank Capra (1934), un film sul viaggio (“on the road”) che ha ispirato una serie infinita di film che ne hanno replicato la struttura ed i personaggi; e a Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme (1991) in cui il malvagio dottor Hannibal Lecter (Anthony Hopkins) ex psichiatra e criminologo, detenuto nel manicomio criminale con l’accusa di aver ucciso alcuni suoi pazienti e di averne divorato i corpi (Hannibal the Cannibal), viene interpellato dall’FBI per trovare il modo di catturare un serial killer. Ma solo Clarice Starling (Jodie Foster), promettente recluta dell’FBI, riesce a aver trovare la chiave per ottenere la sua collaborazione: la sincerità.
Il film Qualcuno volò sul nido del cuculo è tratto dal romanzo omonimo di Ken Kesey, pubblicato nel 1962 e tradotto in italiano nel 1976 da Rizzoli Editore, l’autore scrisse il libro in seguito alla propria esperienza da volontario all’interno del Veterans Administration Hospital di Palo Alto, in California. L’intento era quello di denunciare il trattamento inumano e discriminatorio cui erano sottoposti i pazienti ospitati nelle strutture ospedaliere statali, atteggiamento alimentato dalla paura dell’aggressività che caratterizza talvolta la malattia mentale.

«Sa cos’è la lobotomia transorbitale? Mettono a KO il paziente con l’elettroshock, poi entrano nell’occhio con un punteruolo e tirano fuori delle fibre nervose. Rende i pazienti molto più ubbidienti, trattabili.
È una barbarie, inconcepibile»

È la dottoressa Rachel Solando spiega a Teddy, l’agente dell’FBI (Leonardo DiCaprio) ciò che succede all’Ashecliff Hospital, di Shutter Island, specializzato nella cura di criminali malati di mente, dove l’agente sta investigando su un caso di una paziente scomparsa.

«Cosa sarebbe peggio? Vivere da mostro o morire da uomo per bene?»

Dal film Shutter Island del 2010 di Martin Scorsese