Premessa: in breve sull’Hip Hop

L’Hip Hop è un genere musicale che nacque nei primi anni Settanta nel Bronx, un malfamato e povero distretto di New York a nord di Manhattan, abitato principalmente da afroamericani, dove la sera dell’11 agosto 1973 venne organizzata la prima festa Hip Hop dal dj di origini giamaicane Kool Herc, al secolo Clive Cindy Campbell.
Furono proprio i dj a sviluppare questo genere, sperimentando con i giradischi e mixando dischi funky e soul per far sì che la gente non smettesse di ballare. Passando da un disco all’altro senza pause e senza sfumare, si giocava con la parte strumentale dei pezzi.

Alla radio sfumavano le canzoni, Kool Herc invece aveva inventato un modo rivoluzionario: faceva suonare la parte delle canzoni funk in cui c’erano solo la batteria e il basso su due vinili identici sui due piatti della sua postazione. Poi, con il mixer passava da uno all’altro, riportando sempre indietro uno dei due dischi alla parte strumentale, che quindi veniva ripetuta in circolo creando di fatto una nuova canzone.

da “La storia dell’hip hop è cominciata così” – Il Post.it


Call Me Herc – Dj Kool Herc 

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L’Hip Hop a quel tempo era un genere nuovo, la musica non ancora cantata aveva i suoi interpreti nei dj.

Il beatmaking è colui che realizza una base (il beat) con vari metodi e strumentazioni.

Il beat è in genere creato usando un campionamento con porzioni di altre canzoni, tagliate, velocizzate o rallentate e manipolate a seconda dell’esigenza.
A questi brani campionati possono essere aggiunti altri suoni composti dal beatmaking stesso, oppure avvalersi di suoni generati da sè con un sintetizzatore o con strumenti veri, creando così melodie del tutto originali.

Cantare su quelle basi non risultava facile, specie per i dj che erano troppo impegnati con i giradischi, per cui chi iniziò a rappare negli anni successivi su quelle basi, il Master of Ceremonies (MC) divenne presto una figura centrale in questo nuovo genere musicale.


The Adventures of Grandmaster Flash on the Wheel of Steel – Grandmaster Flash & The Furious Five (1981)

A trasformare il giradischi in uno strumento vero e proprio è stato il rapper Grandmaster Flash, il cui vero nome è Joseph Saddle. Fin da ragazzo era appassionato di tutto ciò che era elettronico e produceva un suono. La sua tecnica consisteva nel far girare con la mano i dischi in vinile riportandoli a un determinato punto dove cominciava il beat, che nel disco aveva contrassegnato con un pennarello, per far sì che il passaggio da un disco all’altro si intersecasse in modo perfetto e non si capisse dove iniziava l’uno e dove finiva l’altro.

Si potevano creare loop infiniti dello stesso pezzo di una canzone: una cosa che sarebbe tornata utile, diciamo, nei successivi quarant’anni di musica. La soluzione era fare una cosa che in teoria non si doveva fare: toccare e scarabocchiare i vinili, li rovinava. Ma era l’unico modo.
…facendo girare con la mano i vinili veniva fuori un suono strano e molto musicale: ma in realtà l’invenzione dello scratch, come viene chiamata la tecnica, se la contendono in diversi.

da “C’era Grandmaster Flash a Milano – ilpost.it


Planet Rock – Afrika Bambaataa & Soulsonic Force (1982)

Altro famoso rapper e disc jockey statunitense, ritenuto uno dei primi e più importanti musicisti del genere hip hop è Afrika Bambaataa, pseudonimo di Kevin Donovan. Egli campionando e remixando il puro funk con un pizzico di musica elettronica degli Yellow Magic Orchestra (YMO), un gruppo musicale giapponese, e un po’ di Germania, con suoni dei Kraftwerk, contribuì a inventare l’Electro rap, uno stile che sarà destinato a caratterizzare molta musica degli anni Ottanta.

Ma è verso la fine degli anni Settanta che arriva il primo grande successo discografico, si tratta di Rapper’s delight della Sugarhill Gang del 1979, in cui è chiaramente riconoscibile l’utilizzo come base di alcune sezioni strumentali del ritornello di Good Times degli Chic, uno dei brani più campionati nella storia della musica Rap e Hip-Hop. Egli contribuì a diffondere l’Hip Hop anche nel resto degli USA e in Europa.


Rapper’s Delight – The Sugarhill Gang (1979)

A partire dai primi anni Novanta il genere Hip Hop entra in molte classifiche musicali e oggi è diffuso in tutto il mondo, in vari stili.

Una serie televisiva statunitense intitolata “The Get Down”, creata da Baz Luhrmann e Stephen Adly Guirgis e pubblicata su Netflix nel 2016, racconta questo mondo degli anni Settanta e come la musica si seppe evolvere ed espandere in altri generi, senza una fine.

Il Movimento culturale

In un’epoca di crisi economica generale, negli Stati Uniti il degrado, l’estrema povertà, le violenze, l’alcolismo, il razzismo e la diffusione della droga erano problemi che riguardavano non solo il Bronx, ma anche altre zone della città come Brooklyn, il Queens e Harlem. In questi distretti si andarono a formare numerose bande giovanili per garantirsi un minimo di sicurezza, come nel film “I guerrieri della notte”, o per perpetrare a loro volta la violenza diventando delle gang criminali che imponevano la propria legge.

L’Hip Hop rappresentò una risposta creativa al disordine sociale di quegli anni. Cuore del movimento è il fenomeno dei Block Party: le feste di strada, in cui i giovani afroamericani e latinoamericani interagiscono suonando, ballando e cantando.
Altre forme d’arte vennero a collegarsi a questo genere musicale, come la breakdance e i graffiti. Si ebbe così una evoluzione in un movimento culturale che ebbe un forte impatto sulla musica, sulla danza e sulla moda a livello globale.

L’Hip hop è anche stile di vita. Oltre ad avere come punto di riferimento il Rap, comprende anche un’altra disciplina o arte: il breaking, uno stile di danza metropolitana eseguita per le strade da neri e portoricani.
Accompagnata dalla break music, concitata, dura e spesso ridotta alla sola ritmica, la breaking è una danza da marciapiede di carattere acrobatico che richiede movenze sincopate e articolazioni snodate.

Altra arte legata all’Hip hop è il Writing (graffiti), espressione artistico-trasgressiva realizzata dai gruppi giovanili metropolitani sui muri della città e nelle stazioni della metropolitana con scritte, affreschi e decorazioni. Si pone come espressione diretta di una creatività che si sottrae alle mediazioni imposte dalle forme artistiche tradizionali.

Nel campo del graffitismo il writer americano Keith Haring (1958-1990) eleva questa forma espressiva ad arte riconosciuta.

Nel 1989 a Pisa sulla parete del Convento di S. Antonio Abate, Haring dipinge il grande murale ‘Tuttomondo’ (nella foto)  dedicato alla pace universale.

All’Hip Hop in occasione del 44esimo anniversario, Google ha dedicato un doodle:

“L’11 agosto 1973, un DJ nome di Kool Herc organizzò una festa nel leggendario Bronx. Quel giorno la musica cambiò per sempre… dal Doodle di Google

 

Per contrastare la violenza esercitata dalle gang, Afrika Bambaataa nel 1974 volle fondare la Universal Zulu Nation Family Of Funk, nota più semplicemente come Zulu Nation allo scopo di portare la pace fra i gruppi micro-criminali, veicolare un messaggio positivo e fornire ai giovani che si avvicinavano alla cultura Hip Hop delle indicazioni etiche. Una guida per arginare piaghe sociali come la droga e il crimine, soprattutto tra i giovani.

Il movimento si è diffuso in tutto il mondo grazie alla Zulu Nation e ai Black Power (potere nero), gruppi di persone dalla pelle scura unite dall’orgoglio per le proprie origini che hanno iniziato a diffondere il loro valori e il loro credo tramite radio.

PRINCIPI DELLA FILOSOFIA HIP HOP

  1. Sapere che la tua sincerità e il tuo coraggio di parlare sono la tua ricchezza più grande.
  2. Vivere con la consapevolezza che le tue mani, le tue parole, la tua vernice, sono al tempo stesso mezzo espressivo e arma mortale.
  3. Aiutare un fratello che si trova in difficoltà senza curarti di come stai tu e di quanto possa mettere nei guai te, questa azione.
  4. Spingerti ogni giorno ad un limite più alto, nella tua disciplina. Fare pezzi più belli, scrivere basi più potenti ed espressive.
  5. Studiare studiare studiare, osservare l’opera di altri, non per copiarla, ma per ammirarne la tecnica.
  6. Essere originale in tutto, sempre, a costo di subire insulti da chi ti osserva.
  7. Fregarti di cosa pensa qualunque essere umano al di fuori della tua bolla di amicizie.
  8. Vedere carta, muri grigi e silenzio come spazi ancora liberi, pronti per essere riempiti con la tua espressione personale.

Questo per me è l’Hip Hop.

Di sicuro non sono i dissing, non sono i baggy, non sono i cappellini.
I vestiti oversize si comprano.
Lo stile no.

di Heow – Answers Yahoo

In Italia fanno parte della categoria Old School, vecchia scuola Dj Enzo, The Next One, Kaos One, Dj Gruff, Deda, Neffa, i Colle Der Fomento (creatori del Funk Romano, nuovo stile italiano), Lou-x (produce musica di sommossa anti-polizia), costoro, hanno seguito fino in fondo le basi gettate dalla Zulu Nation e hanno fatto sì che questa cultura sbocciasse anche in Italia, mischiandosi anche ad altri generi e veicolando messaggi generazionali.


Ciò che diceva la Zulu Nation, ovvero che la conoscenza è alla base del sapere e del produrre, non viene quasi più preso in considerazione.
Possiamo quindi sperare che la situazione nel nostro Paese si risollevi un po’.



Ring Ring – Fabri Fibra (2013)

 


Baby K – Non cambierò mai ft. Marracash (2013)

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ALTRI GENERI MUSICALI

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