Un appuntamento annuale coniuga un diffuso mezzo di trasporto con la passione sportiva: il Giro d’Italia. Il giornalista Tullo Morgagni aveva già “inventato” due future classiche del ciclismo: il Giro della Lombardia e la Milano-Sanremo, quando nel 1909, con La Gazzetta dello Sport, organizza una corsa a tappe che attraversa l’Italia, anticipando il Corriere della Sera.
Il 13 maggio, alle tre di notte, parte da piazzale Loreto a Milano la prima tappa di 397 km fino a Bologna. Il primo a tagliare il traguardo è Dario Beni. Dopo otto tappe (una ogni due/tre giorni perché la Gazzetta è in edicola il lunedì, il mercoledì e il venerdì) il primo vincitore del Giro d’Italia è Luigi Ganna, un muratore di Varese, primo nella classifica a punti. Montepremi della prima edizione è di 25.000 lire. 

(Almanacco)

Il Giro d’Italia è una corsa a tappe maschile di ciclismo su strada, ideata dal giornalista Tullo Morgagni, che si svolge lungo le strade italiane con cadenza annuale. Occasionalmente il percorso può interessare località al di fuori dai confini italiani.
Istituito nel 1909, da allora si è sempre disputato, salvo che per le interruzioni dovute alla prima e alla seconda guerra mondiale. Mentre il luogo di partenza è in genere ogni volta diverso, l’arrivo, salvo eccezioni come Firenze, Verona e Roma, è a Milano, città ove ha sede La Gazzetta dello Sport, il quotidiano sportivo che organizza la corsa sin dalla sua istituzione.

Il Giro è una delle tre corse a tappe più importanti del calendario, e l’Unione Ciclistica Internazionale l’ha inserito nel suo circuito professionistico insieme alle altre due grandi corse internazionali, il Tour de France e la Vuelta a España.
Storicamente è da ritenersi la seconda corsa a tappe più prestigiosa dopo quella francese, anche se, a cavallo tra gli anni quaranta e cinquanta (al tempo dei duelli Coppi-Bartali) e durante gli anni settanta, il prestigio e il numero di grandi ciclisti iscritti portarono il Giro ad avere un’importanza quasi pari a quella del Tour.

LA STORIA DEL GIRO D’ITALIA

La prima edizione del Giro risale al 1909: partita il 13 maggio, alle ore 2.53, da Milano, si concluse ancora a Milano dopo 8 tappe per complessivi 2.448 chilometri, con la vittoria di Luigi Ganna. La lista completa dei partecipanti al 1º Giro è tutt’oggi sconosciuta nonostante sia considerato un documento storico.
Nell’organizzazione del Giro La Gazzetta dello Sport anticipò di poco il Corriere della Sera, che stava per lanciare l’iniziativa.
Il leader della classifica generale indossa ogni giorno la maglia rosa, lo stesso colore del quotidiano che organizza la corsa, La Gazzetta dello Sport; il miglior scalatore indossa una maglia verde, mentre il primo nella classifica a punti indossa una maglia rossa (dal 2010, fino ad allora era stata di colore ciclamino). Oltre a queste casacche, nel corso degli anni sono state messe in palio una casacca che di volta in volta ha contraddistinto l’ultimo in classifica (maglia nera), una per il miglior giovane (maglia bianca), oppure, come è accaduto negli ultimi anni, la maglia azzurra, la cosiddetta maglia dell’intergiro, traguardo volante posto di solito a metà tappa, (espediente con il quale gli organizzatori hanno pensato di rendere più movimentata la corsa dalle prime battute). Dal 2007 è tornata la maglia per il miglior giovane, considerata da ciclisti e addetti ai lavori molto significativa.
Il record di vittorie è condiviso da 3 ciclisti, ognuno con 5 vittorie, gli italiani
Alfredo Binda, vincitore tra il 1925 e il 1933,
Fausto Coppi, vincitore tra il 1940 e il 1953 e
il belga Eddy Merckx, che vinse tra il 1968 e il 1974.
Per quel che riguarda le vittorie di tappa, il record appartiene al velocista toscano Mario Cipollini, che nell’edizione del 2003 riuscì a superare il record di 41 vittorie che dagli anni ’30 apparteneva ad Alfredo Binda; a quest’ultimo rimangono i record di vittorie di tappa in una stessa edizione, 12 tappe su 15 nel 1927, e di vittorie di tappa consecutive, ben 8 nel 1929.

1909-1930: I PIONIERI DEL CICLISMO

Nel primo Giro d’Italia vi furono 8 tappe fra il 13 e il 20 maggio che videro i migliori ciclisti dell’epoca affrontarsi nella corsa rosa: Giovanni Gerbi, Giovanni Rossignoli, Luigi Ganna, Carlo Galetti, Eberardo Pavesi, Giovanni Cuniolo ed il francese Lucien Petit-Breton. I dispacci telegrafici che venivano appesi in Piazza Castello per consentire ai tifosi di seguire l’evolversi della corsa erano l’unico modo per avere aggiornamenti, salvo attendere il giorno successivo e la lettura del giornale. Il vincitore portava a casa 5.250 lire e l’ultimo classificato riceveva 300 lire.
I maggiori protagonisti nei primi anni furono Ganna e Galetti e dopo alcune annate interlocutorie e l’inizio della Prima guerra mondiale si ebbero diversi protagonisti che diventeranno delle leggenda quali Costante Girardengo, Giovanni Brunero, Alfredo Binda e Gaetano Belloni. Girardengo, Brunero e Belloni vinsero i primi cinque Giri d’Italia dopo la guerra ma nell’edizione del 1925 si affrontarono Girardengo, Brunero, Belloni (già vincitori della corsa rosa) ed il giovane Binda che prevalse distanziando i rivali di diversi minuti. Tra il 1926 e il 1929 Binda trovò solo Brunero come valido rivale e riuscì a vincere tre giri consecutivi lasciando a Brunero solo l’edizione del 1926. Il dominio di Binda era tanto forte che gli organizzatori della corsa rosa decisero di non farlo partecipare al Giro d’Italia 1930, riconoscendogli comunque un premio pari a quello che sarebbe spettato al vincitore, cioè 22.500 lire.
La partenza del Giro fu posta per tutte le edizioni a Milano tranne nel 1911 e nel 1929 (a Roma) e nel 1930 (a Messina) mentre l’arrivo fu piazzato ancora a Milano ad eccezione del Giro 1911, dove l’arrivo fu a Roma e nel 1912 dove l’arrivo fu disposto a Bergamo.


Costante Girardengo e Alfredo Binda

1931-1955: EPOCA D’ORO DI COPPI E BARTALI

Armando Cougnet, vero ideatore e fac totum del Giro d’Italia fin dalla sua fondazione e fino al 1948, decise nel 1931 di istituire per il leader della corsa un simbolo che lo rendesse riconoscibile a prima vista in mezzo al folto plotone. Fu così introdotta la maglia rosa, che venne vestita da Learco Guerra per primo, al termine della prima tappa del Giro 1931 tra Milano e Mantova.
Nel 1933 invece si decise di premiare chi più di altri primeggiava sulle vette, e si diede il là al Gran Premio della Montagna, con quattro salite che assegnavano punti. A vincere fu Binda, che transitò davanti a tutti su tutte le quattro salite designate e vinse anche quel Giro, dopo due anni di sfortunati ritiri.
Dal 1934 vinsero Guerra, Vasco Bergamaschi, Gino Bartali, Giovanni Valetti, Fausto Coppi e Fiorenzo Magni. In particolare Coppi dimostro la sua forza al Giro 1949 nella tappa Cuneo-Pinerolo dove riuscì ad attaccare sul primo dei cinque colli della frazione, il Colle della Maddalena, sorprendendo il suo diretto avversario Gino Bartali. A pochi chilometri dalla Maddalena scattò anche Bartali e la corsa si spezzò con pochi corridori ad inseguire Coppi e Bartali. I corridori affrontarono Vars, Izoard, Moncenisio e Sestriere incontrando diverse difficoltà meccaniche che fecero perdere molto tempo ai ciclisti. A fine tappa Coppi vinse con più di dieci minuti su Bartali e quasi venti su Alfredo Martini, terzo classificato.
Nel 1950 Hugo Koblet vinse la corsa divenendo il primo corridore straniero a vincere il Giro d’Italia. Altri successi andarono a Magni e a Coppi dopodiché fu nuovamente un corridore svizzero, Carlo Clerici a vincere la corsa rosa, conquistando una sola tappa. L’ultimo successo dell’epoca d’oro andò a Magni.
Nell’epoca d’oro il Giro iniziò e terminò quasi sempre nella città sede della Gazzetta dello Sport, ovvero Milano, eccetto nelle edizioni del 49′ dove la partenza fu fissata a Palermo e l’arrivo a Monza, nel 50′ dove l’arrivo fu previsto a Roma e nel 54′ quando fu ancora Palermo sede di partenza del Giro. Sia nel 50′ sia nel 54′, ovvero quando la partenza della corsa fu Palermo la vittoria finale andò a ciclisti svizzeri.


Fausto Coppi e Gino Bartali

1956-1978: DOMINIO STRANIERO

Dal Giro d’Italia 1956 comincia un vero e proprio dominio straniero che vede le vittorie di Charly Gaul, Jacques Anquetil in mezzo quelle degli italiani Gastone Nencini, Ercole Baldini, Arnaldo Pambianco e Franco Balmamion.
Dopo le vittorie di Vittorio Adorni e Gianni Motta davanti allo sfortunato Italo Zilioli (tre secondi posti in tre anni) incomincia una nuova era che vede contrapporsi il Cannibale Eddy Merckx e Felice Gimondi: il belga vincerà 5 giri in 7 anni mentre Gimondi trionferà in 3 occasioni; in mezzo i successi dello svedese Gösta Pettersson e di Fausto Bertoglio. Dopo i successi dei belgi Michel Pollentier e Johan De Muynck incominciò una nuovo dualismo.
In questo periodo la città destinata ad ospitare la partenza fu cambiata annualmente tra il 1960 ed il 1978 solo in due edizioni Milano ospitò l’inizio della corsa; anche l’arrivo fu cambiato quasi ogni anno ma era quasi sempre stabilito a Milano.


Felice Gimondi e Eddy Merckx

1979-1990: DUALISMO SARONNI-MOSER E L’ARRIVO DI HINAULT

A soli 21 anni Giuseppe Saronni vince il Giro d’Italia davanti a colui che diventerà il suo più grande rivale Francesco Moser. Negli anni 80′ arriva al Giro d’Italia il transalpino Bernard Hinault che parteciperà a tre giri vincendoli tutti. Giovanni Battaglin, Saronni e Moser si spartiranno gli altri successi uno a testa nella prima metà degli anni 80′. Nella seconda metà degli anni 80′ le vittorie della corsa rosa andranno a Roberto Visentini, all’irlandese Stephen Roche, allo statunitense Andrew Hampsten, al francese Laurent Fignon e a Gianni Bugno.

In questo periodo solo in tre edizioni Milano ospitò l’arrivo del Giro ma non fu mai fissata la partenza nel
capoluogo lombardo.

1991-1999: INDURAIN E L’ERA DEL PIRATA

Nella prima metà del 90′ furono molti i duelli fra Gianni Bugno, Claudio Chiappucci e Franco Chioccioli ma, dopo le vittorie al Tour de France, fu lo spagnolo Miguel Indurain a dominare la corsa italiana conquistando le tappe a cronometro, specialità nella quale era maestro e difendendosi in salita.
Nel 1994 il Giro vide un grande spettacolo: vi erano alla partenza Bugno, Chiappucci, il detentore Indurain non in perfette condizioni ed i giovani Evgenij Berzin, Pavel Tonkov e Marco Pantani oltre ad una sfilza di velocisti del calibro di Ján Svorada e di Djamolidine Abdoujaparov. Dopo le tappe per velocisti arrivarono le salite dove Pantani si mise in mostra conquistando Merano e l’Aprica. Berzin lasciandosi dietro i rivali, conquista il suo unico Giro d’Italia.
Dopo i successi di Tony Rominger, Tonkov e Ivan Gotti è l’anno del pirata, che batte Tonkov e conquista Giro d’Italia e Tour de France.

Nel Giro del 1999 Marco Pantani riparte come favorito, a poche tappe dalla fine della corsa è in testa. Ma a Madonna di Campiglio viene sospeso dalla corsa per 15 giorni perchè dai controlli pare che i valori dell’ematocrito nel sangue siano risultati di poco superiori alla soglia consentita. Controlli sui quali si sta ancora cercando di far luce, così come sulla morte di Marco Pantani avvenuta nel 2004 per un’overdose di cocaina.
Il Giro andò a Gotti che bissò il successo del 1997.

Pur non subendo la squalifica per Pantani, uno dei più forti ciclisti del mondo, l’episodio segnò la fine della sua carriera, a cui fece seguito un periodo di depressione.

AGGIORNAMENTO: dalle intercettazioni su un pregiudicato risulta che il test sia stato manipolato per volere della Camorra, per un giro di scommesse clandestine: “troppi soldi puntati sul Pirata vincente”!

Per approfondire:  Perché si riparla di Marco Pantani

Tra il 1991 e il 1999 Milano non fu mai ospite della partenza del Giro ma l’arrivo fu sempre disposto a Milano.
Nel 1996 il Giro partì da Atene, in Grecia e nel 1998 partì da Nizza in Francia.

IL NUOVO MILLENNIO


2000-2005: LE VITTORIE DI SIMONI E SAVOLDELLI

Nel 2000 il Giro prese il via da Roma per celebrare il Giubileo e vede vincitore Stefano Garzelli.
Nel 2001 la corsa presenta 22 tappe ed un solo giorno di riposo. Prima della tappa Imperia-Santuario di Sant’Anna di Vinadio vi furono lunghe perquisizioni anti-doping dei NAS che tennero svegli per tutta la notte i ciclisti che si rifiutarono l’indomani di partire. Il Giro fu vinto da Gilberto Simoni.
Nel 2002 la corsa partì nei Paesi Bassi e percorse Germania, Belgio, Francia e Lussemburgo per celebrare l’Unione Europea.
Il rientro in Italia vide trionfare Stefano Garzelli: il giovane sembrava stare in grande forma, ma il giorno dopo fu trovato positivo ad un test antidoping, e fu conseguentemente squalificato. Lo stesso per Simoni, squalificato per una positività alla cocaina e Casagrande per scorrettezza, ma quest’ultimo trionferà l’anno successivo.
L’edizione del 2002 vede anche Mario Cipollini (nella foto sotto), soprannominato ‘Re Leone’ per la sua folta chioma, e in seguito ‘Super Mario’, mettere a segno sei vittorie di tappa, ottenendo così il suo record di tappe vinte al Giro d’Italia.
Considerato uno dei migliori velocisti di tutti i tempi, con ben 42 tappe, tutte in volata, ottenute tra il 1989 e il 2003 batte il precedente record (41 vittorie) che resisteva dagli anni trenta ed apparteneva ad Alfredo Binda.

Nel 2004 l’edizione del Giro partiva col ricordo della tragica scomparsa di Pantani, avvenuta pochi mesi prima. Damiano Cunego fu il vincitore del Giro e Alessandro Petacchi vinse ben nove tappe in volata.
Il 2005 vede conquistare la maglia rosa Paolo Savoldelli.

2006-2010: I SUCCESSI DI BASSO E CONTADOR

Il Giro nell’edizione 2006 partì da Seraing in Belgio in memoria dei minatori morti nel 1956. Ivan Basso si scatenò dominando la corsa e vinse così il Giro.

Nel 2007, sedici anni dopo si ripartì ancora dalla Sardegna, con una cronosquadre da Caprera a La Maddalena, per ricordare i 200 anni dalla nascita di Giuseppe Garibaldi. Si impose Danilo Di Luca che ne risultò vincitore.

Nel 2008 Il Giro partiva dalla Sicilia. Lo spagnolo Alberto Contador chiuse la tappa finale di Milano con la vittoria.

L’edizione 2009 è quella del centenario che vede la partenza a Venezia concludendosi a Roma. Denis Men’šov, nonostante una caduta, riuscì a mantenere il vantaggio e a vincere così il suo primo Giro. La classifica verrà poi riscritta dai giudici, a causa delle squalifiche per doping di Di Luca che perse il secondo posto e di Pellizotti il terzo posto.

L’edizione 2010 partì da Amsterdam, Paesi Bassi. Ivan Basso vince il suo secondo Giro.

2011-2013: GLI ANNI DI SCARPONI E NIBALI

L’edizione 2011, quella dell’Unità d’Italia, partì da Torino. Al terzo giorno la tragedia sconvolse il Giro: lungo la discesa dal Passo del Bocco il ciclista belga Wouter Weylandt cadde ad alta velocità e, nonostante i soccorsi, morì poco dopo. I consueti festeggiamenti di fine tappa vennero annullati, e la frazione successiva neutralizzata.
Il favorito Alberto Contador staccò tutti e vestì la maglia rosa. La successiva squalifica per doping del vincitore, divenuta ufficiale nel febbraio del 2012, ha dato la maglia rosa a tavolino a Michele Scarponi.

INIZIO, FINE E SCONFINAMENTI DEL GIRO

Per circa mezzo secolo il Giro è iniziato e finito a Milano, città dove ha sede la Gazzetta dello Sport. Anche se con sporadiche eccezioni, questa è stata la regola fino al 1960, da quell’anno, il luogo di partenza è cambiato ogni volta.
Per alcuni periodi anche il luogo d’arrivo è cambiato, ma dal 1990 è stato ripristinato il tradizionale arrivo a Milano, con un circuito da ripetere più volte che funge da passerella finale.

Il Giro si svolge prevalentemente in Italia, ma non di rado sono inserite partenze o conclusioni di tappa all’estero, specialmente nei paesi confinanti o prossimi come San Marino, Francia, Principato di Monaco, Svizzera, Austria e Slovenia. Alcune tappe si sono svolte anche in Olanda, Belgio, Germania e Grecia.

I PATRON

Dalla sua nascita ad oggi, in quattro hanno ricoperto la carica di direttore del Giro d’Italia:

• dal 1909 al 1948: Armando Cougnet
• dal 1949 al 1992: Vincenzo Torriani
• dal 1993 al 2003: Carmine Castellano
• dal 2004: Angelo Zomegnan


Commento: il ciclismo in Italia è sempre stato molto sentito, tanto che, se per i calciatori c’erano le figurine, molti volti del ciclismo figuravano nelle palline di plastica con cui giocavamo sulla sabbia ed era ambito avere quelle dei campioni. Da ragazza in un’edizione del Giro d’Italia vidi i ciclisti sfrecciare sulla strada davanti casa ed è stato molto emozionante respirare quell’aria di attesa, l’incitamento della folla e assistere a tutta l’organizzazione che c’era prima e durante la tappa.
Il ciclismo, anche se non eri un appassionato, lo si seguiva comunque, sentivi le telecronache alla TV anche quando stavi fuori a giocare, ne parlava la gente, i miti sopravvivevano al passare del tempo, era una vera e propria passione. Poi qualcosa l’ha oscurato, non sono un’esperta di questo sport, ma ho percepito il cambiamento: è diventato un business. Qualche talentuoso in passato mi ha detto di aver rinunciato al passaggio alla categoria professionisti perchè ciò significava dover assumere particolari sostanze, per poter mantenere i ritmi ed essere in grado di raggiungere determinati risultati, a conferma di ciò che è avvenuto. E così è successo anche per il Tour de France com’è descritto in questo articolo e in molti altri sport, dove si è arrivati anche a una maniacale ossessione tecnicistica stravolgendo quello che il vero spirito dello sport, che non è quello di creare dei mostri, ma di infiammare gli animi, di unire le persone nel vedere un sogno realizzarsi attraverso il talento di chi questo sport lo fa con sacrificio e passione. È un’epoca la nostra in cui l’uomo è diventato una macchina, la quale se non garantisce un determinato standard viene sostituita ed eliminata. Una condizione davvero alienante, di sfruttamento, senza contare che così chiunque può fare qualsiasi cosa, eliminando la specificità delle doti di un campione e alimentando così l’opportunismo a discapito del merito. Che poi le scorciatoie si sa, comportano sempre un prezzo da pagare e la vittoria spesso ha un sapore amaro.
Interessante l’iniziativa di coinvolgere altri paesi spostando le tappe di partenza e di arrivo. Di primo acchito viene da chiedersi il perchè, visto che è una manifestazione prettamente italiana, ma considerata dal punto di vista della nostra appartenenza all’Europa e dal fatto che vi hanno sempre partecipato ciclisti di ogni stato, ha un suo senso e un suo significato intrinseco.

Leda


Il bandito e il campione – Francesco de Gregori (1993)