Il termine “pagano” deriva dal latino pagānu(m) dove indica il “civile”, il “campagnolo”, contrapposto al “militare”. Pagānus deriva a sua volta dal termine sempre latino di pāgus “villaggio”.
Nel III secolo la religione politeista si era fortemente trasformata sulla spinta dell’insicurezza dei tempi e dell’influsso dei culti di origine orientale, le sue caratteristiche pubbliche e ritualistiche avevano sempre più perso di significato di fronte ad una più intensa e personale spiritualità permeata su un unico essere divino, fondamento delle religioni monoteiste. I seguaci del politeismo si riunirono nei villaggi per cercare di entrare in contatto il meno possibile con la vita delle città, dove andava affermandosi il Cristianesimo, che divenne la religione ufficiale dell’Impero Romano.
Molti dei simboli e rituali pagani vennero assorbiti, mescolandosi o sovrapponendosi a quelli cristiani.
Il termine “pagano” assunse l’accezione di non cristiano, così come il termine barbaro indicava il non romano. Fu con l’epoca rinascimentale e moderna che perse qualsiasi accezione negativa e ritornò ad essere generalmente utilizzato per indicare, restringendone nuovamente il campo, solo le religioni antiche praticate nell’Europa e nell’America centrale.
Con il termine “gentili” (dal latino gens, cioè popolo), paragonabile a ethnicoi in greco e goim in ebraico, furono designate le genti non giudaiche (e quindi pagane) partecipi dei costumi e della cultura greca nel mondo romano.
LA CROCE O CARRO SOLARE
La croce (o carro) solare è un simbolo antichissimo che rappresenta la devozione verso l’astro al quale più di tutti, l’uomo deve la propria esistenza. In epoca preistorica il processo della conoscenza permise mano a mano di rispondere a molte delle domande che oggi ci appaiono scontate.
Capire il meccanismo di una qualsiasi cosa era una conquista straordinaria, da cui poteva dipendere la sorte di un’intera popolazione. O di un’intera specie.E’ perciò chiaro che quando gli uomini capirono che il sole non solo fornisce l’alternanza del giorno e della notte, ma anche delle stagioni e della crescita nei campi, cominciarono a considerarlo sin da subito una presenza sovrannaturale. E il passo verso la divinità fu molto breve: appena cioè si formò nell’uomo il pensiero-forma del divino.Da quel momento in poi ogni popolazione, ogni tribù, ogni persona considerò il Sole quale divinità suprema, reggitrice dei Cieli e dei destini umani. Dal Sole dipendeva ogni aspetto della vita umana e il suo eterno ciclo rappresentava la sicurezza della stabilità, la certezza che qualsiasi cosa fosse accaduta, il Sole sarebbe comunque risorto il giorno dopo portando calore e vita per tutti. Il Sole era di fatto invincibile, d’altronde era un Dio, ed è proprio per questa sua formidabile invulnerabilità che le eclissi solari erano viste come un terribile presagio di sventura.
di Monica Casalini
Il cerchio rappresenta l’elisse che la Terra disegna intorno al Sole, i quattro punti uniti da due rette perpendicolari sono i solstizi (invernale-estivo) e gli equinozi (primaverile-autunnale). Ogni cultura antica aveva la propria divinità solare, perciò tale simbolo è presente ovunque nel mondo, seppur con realizzazioni stilistiche differenti.
IL NEOPAGANESIMO
Nelle varie epoche fu tentata più volte una fusione tra la teologia e la cosmologia pagane con il Cristianesimo, perciò incontriamo spesso affinità tra riti pagani e riti cristiani. Si ridestò anche un nuovo interesse per la cultura classica, come nell’Alto Medioevo e di nuovo nel Rinascimento con lo studio della mitologia antica, sebbene il carattere interpretativo fosse ancora su base cristiana e non tendesse a ricercare nei miti il loro significato allegorico originario. Parallelamente iniziò a svilupparsi anche una filosofia naturalistica, basata sulla percezione mistica della natura.
In Europa il Paganesimo non scompare del tutto, ma rimane latente fino all’epoca moderna, mentre rimane fede principale in Asia e Africa. Le religioni pagane ortodosse, cioè quelle fedeli alla regola, hanno come caratteristica fondamentale la continuità nei confronti della loro forma più antica.
Oggi i nomi gentili, gentilitas e Gentilismo vengono utilizzati, privati dei loro significati etnici, per indicare quel ramo del Paganesimo moderno o Neopaganesimo che tende a rifarsi il più fedelmente possibile alle antiche religioni pagane precristiane, utilizzando la ritualistica originale pervenuta al giorno d’oggi.
Erroneamente si è portati ad associare le divinità pagane delle foreste, come Pan e la figura del satiro, al maligno, ma sia nel Paganesimo che nel Neopaganesimo non esiste la figura maligna del satana/diavolo biblico, pertanto non vi è alcuna attinenza con il culto definito satanismo. Così come per il pentacolo di cui è stato travisato il vero significato.
IL PENTACOLO
Il Pentacolo o Pentagramma è la stella a cinque punte che accompagna la storia dell’uomo da circa 5500 anni e forse più.
Successe dopo lunghissime osservazioni astronomiche che un astrologo mesopotamico (all’epoca non c’era distinzione tra astronomia e astrologia) si accorse che il Pianeta Venere, durante il suo lungo girovagare nella volta stellata, disegnava un enorme stella a cinque punte intorno al sole. Il fenomeno si ripeteva identico a se stesso ogni 8 anni…
Il pentagramma divenne da subito il simbolo delle divinità femminili dell’epoca e delle città che esse proteggevano, poichè anticamente era d’uso che ogni città avesse una divinità tutelare che proteggesse i cittadini da guerre, carestie, malattie e altre disgrazie.
Da quel momento il pentagramma cominciò a comparire ovunque, anche accanto alle squadre e ai compassi dei primi architetti. Pitagora era ossessionato dal Pentagramma e dalla sua perfezione naturale che compariva nella matematica così come nella biologia. Acquisì anche altri significati, divenne espressione dell’esoterismo, ossia delle dottrine e insegnamenti riservati a una cerchia ristretta di discepoli. Misteri liturgici e i riti iniziatici per lo più riservati alle donne, si trattava quindi di conoscenze legate all’uso delle erbe, alle connessioni naturali tra il ciclo femminile e le 13 lunazioni, e via dicendo.
Il pentacolo rappresenta l’Equilibrio Cosmico, ovvero la perfetta fusione degli opposti maschile e femminile e le cinque punte simboleggiano i Cinque Elementi: Acqua, Fuoco, Terra, Aria e Spirito.
Altre interpretazioni fanno riferimento al celebre Uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci appare evidente come il pentagramma possa essere la rappresentazione schematizzata di un corpo umano con braccia e gambe divaricate. Il cerchio che attornia il pentagramma sta poi a simboleggiare l’infinito e la relazione che accomuna l’uomo all’infinitezza dell’universo e alla sua valenza mistica, ovvero la Divinità.
Per noi pagani esso é l’essenza ultima del potere della Natura, dell’Equilibrio Cosmico, della Perfezione Divina e di tutto ciò che essa regala a questo mondo. Lo usiamo per benedire, proteggere, consacrare e rendere migliore tutto ciò che ci circonda. Siamo fieri portatori moderni di un antico potere che sembra quasi vivere di vita propria, che ad ogni epoca si ripropone nuovamente diverso e pur sempre identico a se stesso, di generazione in generazione. La sua onnipresenza sconfigge l’idea di tempo e di spazio, confermando palesemente che il concetto di archetipo é insito nella natura umana e una volta assorbito non possiamo farne più a meno.
di Monica Casalini, “Il Pentagramma. Simbologia e utilizzo nei millenni“, Anguana Edizioni.
LE STATUE DELL’ISOLA DI PASQUA
I Moai sono le mitiche statue che si trovano a Rapa Nui, meglio conosciuta come l’Isola di Pasqua, situata nell’Oceano Pacifico, al largo delle coste del Cile. L’isola vulcanica soprannominata dai suoi stessi abitanti “L’ombelico del mondo”, è avvolta in un’aura di mistero come i ben 638 moai sparsi lungo le coste.
Secondo la credenza popolare essi rappresenterebbero dei capi tribù indigeni defunti, il cui “mana” (potere sovrannaturale) avrebbero permesso ai vivi di prendere contatto con il mondo dei morti. Molti vennero abbattuti nel corso dei secoli cessando così la venerazione degli avi, che fino ad allora rappresentava la tradizione più importante della popolazione indigena.
Al posto degli avi si cominciò a venerare l’Uomo-uccello (in polinesiano: Tangata manu): un essere per metà uomo e per metà uccello.
Si racconta che ogni primavera le singole tribù dell’isola sceglievano un guerriero che doveva partecipare al rito dell’uomo-uccello, che consisteva nel tuffarsi in mare dallo strapiombo del vulcano Rano Kao, percorrere a nuoto un tratto di mare frequentato dagli squali, e raggiungere l’isolotto di Motu Nui. Qui il guerriero doveva raccogliere un uovo appena deposto dall’uccello sacro e riportarlo a terra, e scalando una scogliera da brivido tanto è scoscesa, portare l’uovo integro presso il Gran Sacerdote. Chi riusciva per primo nell’impresa diveniva il nuovo uomo-uccello fino alla primavera successiva, quando il rituale si sarebbe ripetuto.
I moai sono statue monolitiche, ossia ricavate e scavate da un unico blocco di tufo vulcanico. Non sono tutte uguali: piu’ era importante il personaggio e più era alta la statua, visti da vicino si notano differenze anche nell’espressione del viso. Alcuni sembrano avere un’acconciatura o dei copricapo ricavati da un tipo di tufo di colore rossastro, il motivo del colore pare essere dovuto all’usanza nelle feste ufficiali di tingersi i capelli di rosso (pigmento ricavato dalle piume di un certo pollo sacro, rossastro). Tutti originariamente avevano gli occhi con la pupilla di ossidiana circondata da una sclera di corallo bianco. Alcuni moai sono stati restaurati alla fine del secolo scorso e recenti scavi hanno evidenziato che c’è un corpo sotto alle teste che sporgono.
Nella cava Ranoraraku, che e’ un gigantesco cratere coperto interamente da fiori, giacciono in piedi, o sdraiati, o ancora spuntando appena dal terreno oltre 300 moai! Sono tutti rivolti verso il mare tranne 7, che danno le spalle guardando verso l’interno a proteggere il villaggio. Alcune leggende raccontano che rappresentino i 7 navigatori eroi che portarono lì il primo colonizzatore, Hotu Matua con il suo popolo.
Secondo la leggenda infatti, il sacerdote di Hotu Matua (un re di un’isola delle Marchesi), che era un veggente e interpretava i sogni, una notte fece 2 sogni: in uno vide una grande tormenta che avrebbe distrutto l’isola e in un’altro vide se stesso che camminava sulla spiagga di un’altra isola, che avrebbe potuto ospitare la sua gente. Così iniziarono i preparativi per trovare quest’isola e scampare all’uragano incombente. Hotu Matua prese dunque questi 7 navigatori e le famiglie a lui fedeli e parti’, arrivando a Rapa Nui.
Questi navigatori, pero’, sarebbero dovuti tornare alle loro famiglie. Non potendolo fare perche’ morirono prima, vennero omaggiati con questo altare, che e’ disposto proprio in direzione delle Isole Marchesi.