Finzione e interpretazione della realtà

di Alessandra Basile

Le maschere rappresentano – in una visione buffa e triste al contempo – vizi e difetti, sogni e ambizioni, ma anche quei disagi umani che, una volta estremizzati, vengono facilmente derisi.

E non è così raro che in una maschera si possano riconoscere alcuni aspetti di noi stessi. Per questo ne restiamo colpiti, anche se a volte fatichiamo ad ammetterlo.
Dietro ad una maschera si può anche nascondere un desiderio di auto-difesa nei confronti dell’Anima, per proteggere la propria intimità esponendo solo i lati più esteriori.
Si potrebbe definire ciò… “recitare”, ossia fingere una personalità diversa dalla propria. Ma questo non vuol dire essere attori, perché l’attore non finge ma interpreta raccontando una verità.
Ricordo a tal proposito l’episodio di un noto regista che, ad una ragazza speranzosa di conoscere il suo parere sulla propria esibizione a teatro, rispose di avere apprezzato la sua grande capacità di recitare ma la definì comunque una pessima attrice.

L’abilità di un attore non dipende quindi dalla sua capacità di fingersi qualcun altro, perchè nel momento stesso in cui deve identificarsi col proprio personaggio, ne cerca prima di tutto la verità interiore, e solo in un secondo momento esamina gli aspetti esteriori, al fine di dargli vita propria, e viverlo fino in fondo. Tuttavia è necessario mantenere saldo il contatto con la realtà perché, se l’identificazione fosse totale, all’attore non resterebbe che la pazzia.
Per fare un esempio si dice che la bravissima Vivien Leigh, dopo le riprese di “Via col vento”, non fosse più riuscita a staccarsi dalla sua Rossella O’hara. (articolo completo)

Un aneddoto

Nello studio di un celebre psichiatra si presentò un giorno un uomo apparentemente ben equilibrato, serio ed elegante. Dopo alcune frasi, però, il medico scoprì che quell’uomo era intimamente abbattuto da un profondo senso di malinconia e da una tristezza continua ed assillante.
Il medico iniziò con grande coscienziosità il suo lavoro terapeutico e, al termine del colloquio, disse al suo nuovo paziente:
“Perché non va al circo che è appena arrivato nella nostra città?
Nello spettacolo si esibisce un famosissimo clown che ha fatto ridere e divertire mezzo mondo: tutti parlano di lui, perché è unico. Le farà bene, vedrà”.
Allora quell’uomo scoppiò in lacrime, dicendo:
“Quel clown, …sono io”.

“C’è una cosa che mi preoccupa tantissimo… ed è: come faccio a capire quando è ora di recitare la mia parte? Quand’è che posso essere realmente me stessa? Io fingo perché spesso non me la sento di mostrarmi come sono, un po’ come se questo non dovesse piacere agli altri. Non so, forse è una preoccupazione che tutti hanno, forse anche gli altri vorrebbero non dover sembrare sempre più furbi, più forti di quel che sono“

(April, 14 anni)

 

Valeri Turilov (Clown Durilov), meglio conosciuto dagli amici come “il Russo” era un artista fenomenale, abile nel fare qualsiasi cosa gli veniva proposto. Ma il suo talento non è mai stato valorizzato come avrebbe dovuto essere, perché nella società in cui viviamo abbiamo praticamente perso il valore delle parole come libertà di espressione e democrazia, parole di cui il russo non ha mai potuto godere, né dell’una né dell’altra. Egli aveva una sua filosofia di vita e una democrazia interiore. Consapevole di non recare danno a nessuno seguiva sempre il suo istinto e venne più volte perseguito dalle autorità come il peggiore dei criminali. “Il Russo” è morto all’età di 33 per cause naturali… e fa una certa rabbia che un talento di tale portata sia rimasto un nessuno. Molto spesso vediamo gente di successo che vale 4 soldi. Chi lo conosceva sa bene che il suo posto sarebbe stato ad alti livelli, ma “il Russo” era una persona semplice, poco gli importava avere denaro o successo, gli piaceva la vita povera, ciò a cui teneva era poter esprimere il proprio talento, in pace e nonostante la persecuzione della polizia lo fece fino all’ultimo. Mi appello a tutti gli artisti che possono leggere questo messaggio.

Siate ciò che sentite veramente, non siate robot, non fatevi ingannare cedendo a qualcosa che non vi piace, solo così potrete essere liberi veramente, come lo era “il Russo”. “Il Russo” è morto povero è vero … ma un minuto della sua esistenza autentica vale molto di più di una vita di menzogna.

Dal testo di Antonio Labella

LA TERAPIA DEL SORRISO

Il sorriso è una modalità con cui affrontare il mondo e il clown usa questa modalità, usa la terapia del sorriso. Non occorre essere tutti dei clown……ma averne lo spirito sì! Uno spirito che spinge a scoprire le cose belle che si hanno dentro e poi a comunicarle, uno spirito per migliorare la qualità della vita, per affrontare dimensioni che la quotidianità limita. Lo spirito clown serve a comunicare gioia e speranza a chi l’ha persa, a illuminare con un sorriso il buio che colpisce molte persone. Oggi sempre più spesso si sente parlare di comicoterapia, “terapia della risata” o in modo più raffinato di gelotologia (dal greco ghelos, risata) che è appunto lo studio metodologico del ridere in relazione alle sue potenzialità terapeutiche. Essa prende le mosse dai più recenti studi di PsicoNeuroEndocrinoImmunologia (PNEI) e tende a ricercare e sperimentare modalità relazionali che, coinvolgendo positivamente l’emotivo della persona, attraverso complessi meccanismi neuro-endocrini ne facilitano l’equilibrio immunitario da un lato. E le abilità relazionale dall’altro. In una parola la salute psico-fisica.

L’Associazione “Ci Ridiamo Sù” dedica la maggior parte della propria opera nelle situazioni di disagio, anche grave, proprio là dove sofferenza, dolore e paura trovano maggiore espressione, immettendo le emozioni positive (di cui il ridere è una delle più potenti, in particolare se coniugato con l’amore ed il senso della comunità) nei processi di terapia e riabilitazione al fine di migliorare la qualità della vita delle persone e della comunità. [..]
Il lavoro del Clown Dottore e del Volontario del sorriso dell’associazione riassume in sé le caratteristiche del clown, dell’animatore, dell’attore d’improvvisazione, del burattinaio, dell’affabulatore, del mago, ecc… avendo però strutturato la propria professionalità appositamente per operare in ospedale e in luogo di cura o disagio sociale. Di conseguenza la sua prestazione ha il carattere dell’intervento occhi negli occhi con la persona in difficoltà, sia esso bambino o adulto, in una vera e propria terapia di sostegno, con il segno morbido di chi ha appreso ad operare in situazioni difficili con duttilità e flessibilità, per avere quel certo rapporto in quel certo momento con quel certo bambino. Suo compito è sdrammatizzare le pratiche sanitarie, mutare segno alle emozioni negative, quali paura, rabbia, delusione, tristezza, farle esprimere, gestirle e virarle al positivo, verso il sorriso, il coraggio, la speranza, la gioia, il riso.

!RIDERE PER VIVERE! è una Federazione Internazionale nata nel 2004 e raggruppa varie Associazioni dislocate in più Regioni d’Italia. Opera nel campo della gelotologia (comicoterapia, clown terapia) mediante la figura professionale del Clown Dottore (Clown sociosanitario) e del Volontario del Sorriso.

 

Ogni due anni il Regno Unito celebra il Red Nose Day. La giornata del naso rosso è un evento nazionale a sostegno di Comic Relief un’associazione di volontariato che dal 1985 si occupa di lotta alle carestie e di tutelare i diritti dell’infanzia in una settantina di Paesi nel mondo.

Ciò che contraddistingue il Red Nose Day è il modo in cui questo evento ha saputo radicarsi nella cultura popolare britannica. Mentre alla radio, su internet e in televisione imperversano sketch inediti dei comici più noti del Paese e i singoli pop registrati per l’occasione, gli uffici, le fabbriche, le scuole e le strade britanniche si riempiono di iniziative create ad hoc per la giornata.
I cittadini inglesi, gallesi, scozzesi e nord irlandesi sembrano non vedere l’ora di concedersi 24 ore di buonumore smarcandosi dalle formalità e dalle convenzioni sociali. Il tutto per raccogliere fondi con l’obiettivo di «fare qualcosa di divertente per denaro», come ha invitato a fare lo slogan del Red Nose Day 2011.

Tutto è cominciato nel 1985, quando Comic Relief venne fondata dal produttore cinematografico e sceneggiatore Richard Curtis (suoi i soggetti di film inglesi di successo come Quattro matrimoni e un funerale o Notting Hill nonché la co-ideazione del personaggio di Mr Bean) sulla scia emozionale delle immagini che documentavano la carestia in corso in Etiopia, così come accadde per il Live Aid di Bob Geldof.
Fu però nel 1988 che nacque l’idea di istituire una giornata ufficiale destinata alla raccolta di fondi per l’associazione con tanto di diretta televisiva ed eventi distribuiti sul territorio potendo contare sin dall’inizio sul sostegno e sulla partecipazione di molte celebrità del cinema, della televisione e della musica pop anche grazie alle amicizie di Curtis.
Da subito il fil-rouge di questa iniziativa divenne il naso rosso da pagliaccio, forse in omaggio alla figura del medico statunitense Patch Adams, ideatore della clownterapia e divenuto noto nel mondo grazie all’omonimo film interpretato nel 1998 da Robin Williams.

Estratto dell’articolo “Inglesi, presi per il naso” di Lorenzo Berardi

«L’humour è un eccellente antidoto allo stress. Poiché le relazioni umane amorevoli sono cosi salutari per la mente, vale la pena sviluppare un lato umoristico. Ho raggiunto la conclusione che l’umorismo sia vitale per sanare i problemi dei singoli, delle comunità e delle società. Sono stato un clown di strada per trent’anni e ho tentato di rendere la mia vita stessa una vita buffa. Non nel senso in cui si usa oggi questa parola, ma nel senso originario. “Buffo” significava buono, felice, benedetto, fortunato, gentile e portatore di gioia. Indossare un naso di gomma ovunque io vada ha cambiato la mia vita»

Patch Adams

Patch Adams
Terapia del sorriso

Divenuto popolare in tutto il mondo grazie al film basato sul suo personaggio, interpretato sullo schermo da un sempre travolgente Robin Williams, Hunter (Patch) Adams, è il dottore a cui si deve l’invenzione di una terapia tutta particolare: quella del sorriso.
Vero e proprio clown della sala d’aspetto (un appellativo che non ha nulla di denigratorio ma che anzi lo nobilita), Adams ha iniziato il suo praticandato rispolverando il vero senso del giuramento di Ippocrate e dandogli nuovo senso, ossia nella convinzione che “la salute dovrebbe essere costituita da un’interazione d’amore con l’essere umano non una transazione d’affari“.

Patch Adams è nato il 28 maggio 1945 a Washington, DC ma subito si è trasferito con la famiglia nella Virginia del Nord dove ha frequentato la George Washington University, laureandosi brillantemente nel 1967.
Dopo i grandi successi fra le corsie d’ospedale sparse qua e là, questo formidabile personaggio ha poi fondato e diretto il Gesundheit Institute, una comunità medica olistica (propugnatrice cioè di una medicina propensa a tener conto di tutti gli aspetti dell’essere umano, quindi anche quelli psicologici ed emotivi) ed ha fornito medicine gratuitamente a migliaia di pazienti sin dal 1971.

Tratto da: biografieonline

Patch Adams
di Tom Shadyac
USA, 1998
Genere: Commedia
Cast: Robin Williams, Daniel London, Monica Potter, Philip Seymour Hoffman, Bob Gunton, Peter Coyote, Harold Gould, Josef Sommer, Irma P. Hall, Frances Lee McCain, Harve Presnell, Daniella Kuhn, James Greene, Michael Jeter, Bruce Bohne
Produzione: BARRY KEMP, MIKE FARRELL, MARVIN MINOFF, CHARLES NEWIRTH PER UNIVERSAL PICTURES
Distribuzione: UNITED INTERNATIONAL PICTURES – UNIVERSAL VIDEO

di Giancarlo Zappoli

Il giovane Patch Adams, dopo diversi tentativi di suicidio, viene ricoverato in un ospedale psichiatrico in cui il disinteresse nei confronti dei pazienti regna sovrano. La situazione non sarà diversa alla Facoltà di Medicina a cui si iscrive. Il preside Walcott è un individuo decisamente cinico. Patch non sopporta tutto questo e, quando potrà occuparsi in prima persona di un ospedale, ribalterà la prospettiva. Travestimenti da clown, terapia del buonumore, attenzione vera nei confronti dei pazienti divengono la pratica quotidiana. Robin Williams gigioneggia senza freni in un film che si ispira alla realtà ma che non dimentica gli stereotipi.

Fonte: mymovies.it

IL CLOWN DOTTORE

La figura del clown dottore è una figura che sposa, all’interno del suo operato, competenze di tipo artistico (quelle del clown, del mimo, l’affabulazione, l’uso della marionetta, l’improvvisazione teatrale..) ed altre competenze di tipo psico-socio-sanitarie (psicologia dell’età evolutiva, psicologia relazionale, igiene ospedaliera, norme di sicurezza privacy..).

Il suo operato si colloca all’interno di contesti come ospedali, case di riposo, centri di ricovero, cura e riabilitazione per anziani, diversamente abili, minori, carceri, hospice etc.. nel rispetto dei contesti di riferimento ed in stretta collaborazione con l’equipe socio-sanitaria che vi opera.
Il clown dottore non svolge attività di animazione, ma mette in atto una coterapia di sostegno volta ad accogliere lo stato d’animo specifico del momento del paziente, dei suoi familiari e del personale socio-sanitario con cui collabora.

La Federazione Nazionale Clown Dottori riunisce organizzazioni no profit che da anni operano in strutture sociosanitarie e ospedaliere su tutto il territorio italiano.
Il clown dottore della FNC riceve una preparazione volta a formare dei professionisti di settore, anche qualora si presti servizio volontario.

Cosa c’è di più bello del far ridere un bambino malato?
Leda


Preghiera del clown – Totò (1953)

 

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