Foto personale
Il correre sempre più velocemente é diventato il nostro modo di essere. Tutto é ormai una corsa. Si vive senza più fare attenzione alla vita. Si dorme e non si fa caso a quel che si sogna. Si guarda solo la sveglia. Siamo interessati solo al tempo che passa, a farlo passare, rimandando al poi quel che si vorrebbe davvero. Sul “poi”, non sull’ “ora”, si concentra l’attenzione.
Ormai nessuno ha più tempo per nulla.
Le scuse per non fermarsi a chiederci se questo correre ci fa più felici sono migliaia e, se non ci sono, siamo bravissimi a inventarle.
Da ragazzo ho conosciuto uomini che avevano tempo. Erano i pastori dell’Orsigna nell’Appennino toscano, dove andavo in vacanza. Stavano per ore con un filo d’erba in bocca, distesi su un prato in cima a un monte a guardare da lontano il loro gregge e a riflettere, a sognare, a formulare dei versi che a volte scolpivano nelle pietre delle fonti o cantavano la domenica nelle gare di poesia attorno a una damigiana di vino. In India tutti hanno tempo e spesso hanno anche una qualche semplice riflessione da spartire con chi passa, come l’uomo che su una strada di campagna ha un misero baracchino per fare il tè. Te lo porge in una ciotola di terracotta e ti insegna a scaraventarla poi al suolo facendoti notare che torna a essere parte della terra… con cui si faranno nuove ciotole. Come succede anche con noi.
Tratto da Un altro giro di giostra – Viaggio nel male e nel bene del nostro tempo, 2004