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«C’era un medico, nel Giappone antico, che aveva passato molti anni a studiare i metodi di combattimento. Voleva scoprire il segreto della vittoria ma era insoddisfatto, perché alla fine in ogni sistema a prevalere era la forza, o la qualità delle armi, o espedienti ignobili. Questo significava che per quanto uno si allenasse e studiasse le arti marziali, per quanto fosse forte o preparato, avrebbe sempre potuto trovare un altro più forte, o meglio armato, o più scaltro, che l’avrebbe sconfitto»…
«Insomma, questo medico era avvilito, perché non faceva progressi nella sua ricerca. Un giorno d’inverno era seduto vicino ad una finestra, mentre fuori nevicava da ore. Guardava fuori, seguendo i suoi pensieri. Tutto il paesaggio era imbiancato, con tanta, tantissima neve. I prati, le rocce, le case erano coperti di neve. Ed anche gli alberi. I rami degli alberi erano carichi di neve, e a un certo punto il medico vide il ramo di un ciliegio che cedeva per il peso della neve, e si spezzava. Poi successe la stessa cosa con una grossa quercia. Era una nevicata mai vista»…
«Nel parco, un po’ più lontano dalla finestra, c’era uno stagno e intorno dei salici piangenti. La neve cadeva anche sui rami dei salici, ma non appena cominciava ad accumularsi, quei rami si piegavano e la neve cadeva a terra. I rami dei salici non si spezzavano. Vedendo quella scena il medico provò un improvviso senso di esultanza e si rese conto di essere giunto alla fine della sua ricerca. Il segreto del combattimento era nella non-resistenza. Chi è cedevole supera le prove; chi è duro, rigido, prima o poi viene sconfitto, e spezzato. Prima o poi troverà qualcuno più forte.
Ju-jitsu significa: arte della cedevolezza. Il segreto era la cedevolezza»…
«Ovviamente bisogna intendersi su cosa significhi cedevolezza. Significa resistere fino ad un certo punto, e poi sapere esattamente in quale momento cedere, e sviare la forza dell’avversario, che alla fine si ritorce contro di lui. Il segreto dovrebbe essere nel saper trovare il punto di equilibrio fra resistenza e cedevolezza; cedevolezza e resistenza; debolezza e forza. Il principio della vittoria dovrebbe essere tutto qui. Fare esattamente il contrario di quello che l’avversario si aspetta, e che a te verrebbe naturale, o spontaneo. Qualunque cosa significhino queste due parole».
Già, pensai. Vale anche per altro. Fare esattamente il contrario di quello che l’avversario si aspetta, e che a te stesso verrebbe naturale o spontaneo. Qualunque cosa significhino queste due parole.
da: Ad occhi chiusi di Gianrico Carofiglio
Le Arti Marziali
Le arti marziali non sono un’arte violenta, ma esclusivamente difensiva. Non bisogna infatti “agire” attaccando, ma semplicemente adattare la nostra azione a quella dell’avversario. La morbidezza e la cedevolezza sono qualità essenziali in questa pratica. Non bisogna opporsi alla forza dell’avversario, ma bisogna utilizzare la sua forza per batterlo.
(Enciclopedia del kung fu Shaolin)
Le tecniche di difesa a mani nude provenienti in particolare dalla Cina, attraverso l’isola di Okinawa giunsero in Giappone e subirono delle profonde modifiche influenzate dalla cultura giapponese, in particolare dal budō (apprendimento di un’etica morale), dallo zen (arte della meditazione) e dalla religione scintoista (originaria del Giappone).
In principio le arti marziali avevano lo scopo di rendere l’individuo un temibile combattente, ma successivamente osservando l’evoluzione dei praticanti, si constatò che la persona a volte modificava il proprio atteggiamento, migliorando diversi aspetti della propria personalità. Ciò era dovuto al costante e duro allenamento, all’imminente pericolo di morte che costringeva il praticante a una profonda introspezione e a condurre una vita dalla quale doveva cancellare tutto il superfluo, per valorizzare solo l’essenziale, avendo ben presente che in ogni istante era in gioco la vita.
Sincerità, rettitudine, costanza, rispetto, autocontrollo, sono i principi di perfezionamento e fanno parte delle regole di base del praticante, principi che non sono molto distanti da quelli occidentali.
Anche il modo di usare il corpo influisce sulla personalità.
L’equilibrio fisico e mentale è essenziale, prima di iniziare un’azione occorre essere preparati, pronti. Mettere tutto me stesso: cuore, fisico e mente nell’azione porta a un equilibrio (shin ki tai) tra ciò che sono, ciò che vorrei essere e quello che faccio apparire all’esterno.
Porsi l’obiettivo costante di impegnarsi al 100 per cento, fa comprendere che il 99 per cento è più vicino allo 0 per cento, che al 100. Cercare di colpire con la massima velocità, potenza, equilibrio, un punto vitale del compagno e arrestarsi un attimo prima di colpirlo fa acquisire un grande autocontrollo e un notevole rispetto del prossimo.
dal Maestro Giuseppe Perlati (fikta.it)
*Immagine Pixabay