LE PAURE DEI BAMBINI
La paura, insieme alla rabbia, è una delle prime emozioni che compaiono nei bambini.
Si tratta di un’emozione legata al processo del crescere, fa parte della vita. Ogni emozione, anche quella negativa, ha un suo significato. Per questo è importante poterle riconoscere per comprenderle piuttosto che combatterle a tutti i costi o peggio negarle.
La capacità di superare piccoli e grandi momenti di paura, consente alla personalità di crescere rafforzandone l’autostima.
La paura del buio, tipica nei bambini dai 2 ai 4 anni, ha a che fare con la fatica a separarsi dal noto, da ciò che si riconosce come familiare perché rassicurante e prevedibile.
La cosiddetta “angoscia dell’estraneo” che compare nei neonati verso l’ottavo mese di vita è l’indicatore di sviluppo che segnala la progressiva integrazione di attività mentali che permettono al neonato di distinguere coloro che si prendono cura di lui da tutti gli altri. In questa fase compaiono diffidenza e timore verso persone non familiari. L’ambiente familiare ha la fondamentale funzione di rassicurare e proteggere il bambino così da favorire una possibilità esplorativa sicura. Il bambino, potendo contare sulla presenza emotiva e fisica dei genitori, impara dall’esperienza affrontando i momenti di paura.
La paura del buio che si manifesta più avanti con l’età, serve a proiettare su di essa i sentimenti scomodi che animano il mondo interiore del bambino. Man mano che il bambino cresce e impara a riconoscere ciò che non lo fa stare bene con l’aiuto dei propri genitori, anche la paura del buio diminuisce fino a sparire completamente.
Quando ci si trova davanti a manifestazioni eccessive di paura che non giustificano la reazione di fronte a certi stimoli, può essere utile ai genitori interrogarsi sul significato di questo disagio che il bambino sta vivendo. Spesso i bambini, specie se sono molto piccoli, comunicano il loro mondo emotivo attraverso il linguaggio del corpo e non è automatico decifrarne il messaggio sottostante. Quando non si sa bene cosa spaventa, fa stare bene sentire la vicinanza fisica dei genitori, soprattutto del genitore omologo (dello stesso sesso del figlio), il riferimento d’amore primario per lo strutturarsi dell’identità del bambino. L’abbraccio del genitore omologo, con il suo calore e sostegno, manda al bambino un messaggio di sicurezza, di fiducia, di speranza utile per affrontare la paura.
Le fiabe piacciono molto ai bambini, nonostante gli elementi paurosi, come streghe malvagie e mostri, in esse contenuti. Attirando l’attenzione su certi pericoli ambientali (non allontanarsi dai genitori, non accettare caramelle dagli sconosciuti) hanno la funzione di dissuadere il bambino dal correre troppo rischi. E’ difficile valutare l’efficacia pedagogica della maggior parte delle favole in commercio, tuttavia possono essere adattate dai genitori nelle varie situazioni per rassicurare, infondere fiducia, contenere emotivamente e orientare, come strumento di comunicazione da utilizzare a seconda dei bisogno del bambino. E’ un modo molto mirato di utilizzarla. La fiaba letta dal genitore o costruita insieme al figlio, diventa uno strumento di comprensione della realtà del bambino e dei sentimenti ad essa associati. Perché la fiaba possa essere utile, è importante che parli di emozioni, che in quel preciso momento non riescono a trovare espressione diretta nel bambino perché non ha ancora parole per esprimerle. In questo modo diventa più facile non solo riconoscere i timori interiori ma anche condividerli.
EMOZIONI E LA TV
A differenza delle fiabe che possono essere adattate dai genitori con fini precisi, la televisione spesso propone immagini violente, anche nel contesto di programmi per l’infanzia.
La realtà che viene teletrasmessa è solamente un pezzo di realtà non l’unica esistente ma la modalità con cui viene propinata la notizia (con la sua insistenza, il suo linguaggio, i suoi toni) fa sì che chi non ha ancora gli strumenti, come i bambini, per fare ragionamenti critici rispetto a quello che sta vedendo, rischia di generalizzare ciò che vede e sente, suscitando vissuti di angoscia e paura. Mi riferisco soprattutto alle notizie del telegiornale. Il bombardamento televisivo di notizie sui rapimenti dei bambini, le uccisioni, mina la fiducia nei genitori. Il bambino, soprattutto quello piccolo, penserà che tutti i genitori si comportano così. Fortunatamente su 50 milioni di abitanti queste notizie sono un’eccezione, ma si sa che l’importante è fare notizia! Perché non si parla in televisione delle mamme che ogni giorno fanno il loro dovere, accompagnano i loro figli a scuola, li abbracciano e li riempiono di baci? L’etica nella televisione non guasterebbe anche se al giorno d’oggi sembra un’utopia.
Da un punto di vista strettamente educativo, certe frasi associate a certe immagini, è meglio proprio non farle sentire ai bambini, per esempio quando si mangia. Si può scegliere, in alternativa, di proporre un momento di televisione da vedere insieme per vedere cosa viene trasmesso e parlarne. Se il bambino sente angoscia o paura, si spegne la televisione.
Diventa importante non lasciare soli i bambini di fronte a scene angoscianti ma dare loro la possibilità di elaborare le emozioni, i pensieri che suscitano in loro certe parole o immagini che vengono trasmesse alla televisione.
La paura più grande dei bambini è quella di essere separati e abbandonati dall’amore dei genitori. Ogni volta che il bambino ha la possibilità di
attingere alla risorsa d’amore primaria, cioè il genitore omologo, cresce in lui il senso di fiducia e sicurezza, premesse indispensabili al processo di emancipazione personale. Avendo interiorizzato il legame d’amore che porta dentro, il bambino diventa in grado di raggiungere autonomia e stima di sé.
Dottoressa Corinna Favia