Ho le mani vuote e ne sono ben lieto

Avete perso la vostra vita,
dicevano guardando le mie mani vuote;

e nessuno intendeva il Dio che danzava nel mio cuore

Louise Cattiaux

Ne parlavo ieri sera con mia moglie, prendendo a spunto una sua collega “votata” al lavoro, circa il fatto che spesso le persone giudichino e siano giudicate per quanto possiedono, per quanto ostentano, per “dove” sono arrivate, senza dubitare che magari per loro la felicità sia altro. E’ un effetto collaterale, come per certi medicinali, della società in cui viviamo, il mito della performance, dello status, dei risultati ottenuti a mo’ di biglietto da visita nei confronti del mondo.

Si guardano le mani degli altri e da ciò
traiamo conclusioni su chi si ha di fronte

Mi vengono alla mente altre poche righe che credo rendano bene la cosa:

“Il carattere di una persona
è come tratta coloro dai quali non può avere nulla”

Mi pare che sì, renda l’idea, parli di quella umanità che dovrebbe essere cosa altra rispetto alla convenienza, al baratto che spesso si insinua nei rapporti, magari anche in questi “virtuali”, in cui ad esempio si rischia di smerciare “attenzione” chiedendone altrettanta in cambio. Cose così.

Ho le mani vuote e ne sono ben lieto.

Testo di Parolesensasuono


A mani vuote rivolgersi a un altro. A mani vuote tornare da un altro. Vedo molto “ego” intorno a me, in ogni campo d’esperienza. Un succhiare continuo, un vampirizzare per ottenere linfa vitale e apprezzamento. Che bello sarebbe se, davvero, a mani vuote si riuscisse semplicemente a essere… senza nulla pretendere, senza voler risplendere.

di Eletta senso

Io non possiedo nulla, tranne me stessa: quello che sono è tutto quello che ho. Anche le mie mani sono vuote, libere…forse è questo che veramente serve per poter dare qualcosa agli altri… una carezza, per esempio.

di Riyueren


CANTO DI NATALE

La vigilia di Natale Ebenezer Scrooge, ricco e avaro finanziere di Londra considera il Natale solo una perdita di tempo, mentre sta rincasando gli sembra di intravedere specchiato nel battiporta del portone il volto del defunto socio in affari Jacob Marley, morto sette anni prima, visione che lo turba profondamente. Durante la notte riceve la visita di tre fantasmi del Natale: passato, presente e futuro.
Lo spirito del Natale passato lo metterà di fronte alle scelte che ha compiuto, a ciò che ha dimenticato e a ciò che ha rinunciato. Scrooge rimane turbato di fronte alla visione di se stesso in preda all’egoismo, agli errori che ha fatto, ma il passato non si può cambiare.


Il fantasma del Natale passato

Gli fa visita quindi lo spirito del Natale presente, con il quale si rende conto che molte persone seppur nella miseria, riescono a vivere momenti di felicità solo nello stare insieme.

Scrooge si ritrova sperduto nella nebbia, ma arriva il terzo spirito, quello del Natale futuro, con il quale assiste a diverse scene il cui argomento è la morte di un vecchio tirchio, deriso da tutti.

Indietreggiò dal terrore, perché la scena era mutata ed ei toccava quasi un letto, un letto nudo, senza cortinaggio, sul quale, sotto un lenzuolo sdrucito, giaceva qualche cosa d’avviluppato, il cui silenzio stesso parlava terribilmente.
Oh! fredda, rigida, spaventevole Morte! rizza qui il tuo altare, vestilo di tutti i tuoi terrori. Qui davvero è il tuo regno! Ma se quel capo fosse amato, riverito, onorato, non un capello ne potresti strappare pei tuoi biechi disegni, non un tratto del viso rendere odioso. Non è già che quella mano non sia grave e che non ricada abbandonata; non è già che il cuore e il polso non battano; ma quella mano era aperta, generosa, leale; ma quel cuore era bravo, caldo, affettuoso; ma quel polso era di un uomo. Colpisci, Ombra, colpisci pure! Schizzeranno dalla ferita le sue buone azioni e si spargeranno pel mondo come semi di vita immortale!
Nessuna voce pronunciò queste parole all’orecchio di Scrooge, eppure egli le udì mentre guardava a quel letto. Se quest’uomo rivivesse, ei pensava, quali cure lo assorbirebbero? L’avarizia, la crudeltà, l’ingordigia? Una bella ricchezza gli hanno guadagnato, davvero!
– Spirito! – disse, – questo luogo è orrido. Uscendone, non m’uscirà di mente la sua terribile lezione, credimi. Andiamo via! –

Ebezener Scrooge si ritrova nel suo letto e scopre che è mattina presto: il Natale ha fatto il suo ingresso. C’è ancora tempo…

Le azioni umane adombrano sempre un certo fine,
che può diventare inevitabile, se in quelle ci si ostina.
Ma se vengono a mutare, muterà anche il fine.

Liberamente tratto da Canto di Natale di Charles Dickens, 1843


Canto di Natale di Topolino
Titolo originale: Mickey’s Christmas Carol
USA, 1983
Genere: Animazione, fantastico
Regia: Burny Mattinson
Interpreti: (voci dell’originale) Mario Milita, Claudio Trionfi, Franco Latini, Laura Boccanera (il film è stato ridoppiato nel 1990)
Colonna Sonora: Irwin Kostal
Produzione: Walt Disney Productions
Distribuzione: Buena Vista Distribution Company

È un cortometraggio animato della serie Mickey Mouse tratto dal racconto di Charles Dickens Canto di Natale (1843), con Topolino nel ruolo di Bob Cratchit e Paperon de’ Paperoni in quello del suo omonimo e ispirazione Ebenezer Scrooge (“Scrooge McDuck” è infatti il suo nome originale). Molti altri personaggi Disney, in primo luogo dall’universo di Topolino, Robin Hood e Le avventure di Ichabod e Mr. Toad, vennero distribuiti per tutto il film.

Canto di Natale di Topolino fu in gran parte un adattamento animato di un musical audio del 1974 della Disneyland Records intitolato An Adaptation of Dicken’s Christmas Carol. Il musical era caratterizzato da simili dialoghi e cast di personaggi, ad eccezione dei fantasmi dei Natali passati e del Natale futuro.

Questo fu il primo cortometraggio della serie Mickey Mouse prodotto in oltre 30 anni. Con l’eccezione delle riedizioni, Topolino non era apparso nelle sale cinematografiche dall’uscita del corto Topolino a pesca nel 1953. Anche molti personaggi aggiuntivi visti nel film non erano apparsi al cinema per diversi decenni. Il film fu anche l’ultima volta che Clarence Nash doppiò Paperino. Nash era l’unico doppiatore originale nel film, poiché Walt Disney (Topolino) e Pinto Colvig (Pippo) erano morti negli anni ’60, Cliff Edwards (Grillo Parlante) e Billy Gilbert (Willie il gigante) nel 1971, e Billy Bletcher (Gambadilegno) nel 1979.

Il film fu nominato per un Oscar al miglior cortometraggio d’animazione ai Premi Oscar 1984, ma perse a favore di Sundae in New York. Era la prima nomination per un cortometraggio di Topolino da Topolino e la foca (1948).

Film che ho visto e rivisto un sacco di volte diversi anni fa in cassetta VHS, la storia seppur triste mantiene un certo ritmo e non cade nel patetico, anzi, è un ottimo spunto per riflettere e discutere, sia per i grandi che per i piccoli. Non per niente ogni Natale ai miei figli torna in mente per i contenuti e per la simpatia dei personaggi.
Al termine del film erano inclusi due divertentissimi cortometraggi L’albero di Natale di Pluto e Provviste per l’inverno con i mitici, indimenticabili Cip & Ciop.


L’albero di Natale di Pluto

Un altro adattamento cinematografico molto d’effetto, del racconto Canto di Natale di Charles Dickens, è A Christmas Carol, un film fantastico del 2009 diretto da Robert Zemeckis. È stato prodotto dalla Walt Disney Pictures e realizzato in CGI utilizzando la tecnica della performance capture.

Zemeckis ha più volte ribadito che Canto di Natale è una delle sue storie preferite soprattutto in tema di viaggi temporali. Per questa pellicola ha deciso di riutilizzare la tecnica denominata cattura del movimento già mostrata in Polar Express e La leggenda di Beowulf.
Questo film nell’opportuna versione era adatto alla proiezione sul gigantesco schermo IMAX.

Curiosità – Quando Scrooge manda via lo Spirito del Natale passato, coprendolo con il suo spegnitoio, e viene scaraventato in cielo, la sua sagoma passa, volteggiando, davanti alla Luna. Questo è un chiaro omaggio alla famosa scena di E.T. l’extraterrestre.

 

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