Il paradosso della vita moderna è che trascorriamo gran parte della nostra vita fuori di noi per trovare stimoli che ci facciano sentire in pace e appagati. Invece, abbiamo già dentro ciò che perseguiamo, a livello spirituale. E allora, perché non scegliamo di sentirci in pace, affettuosi e felici a volontà? Perché ci è stato insegnato a credere che il sentire sia un nome, che è qualcosa che ti accade, contrariamente alla verità, e cioè che il sentire è un verbo, qualcosa che si fa.
Le emozioni primarie sono semplici ed immediate ed hanno la caratteristica di portare rapidamente ad una soluzione del problema che le ha causate. Sono intense ed allo stesso tempo prive di esagerazioni: si autolimitano da sole sia nel tempo che nello spazio che nell’intensità. Provocano negli altri una naturale comprensione e compassione.
Le emozioni fondamentali vengono espresse universalmente, cioè da tutti in qualsiasi luogo, tempo e cultura attraverso modalità simili.
Tratto da: scienzeducazione
Perché ridiamo e perché piangiamo?
Ovunque, nel mondo, si ride e si piange allo stesso modo. È un linguaggio universale, innato. Non c’è bisogno di impararlo. Di fronte a una certa situazione il cervello invia dei segnali che producono una serie di contrazioni dei muscoli facciali e della respirazione, provocando vocalizzi e lacrimazioni. Alcuni individui sono più reattivi, altri meno. Alcuni trattengono le emozioni, altri meno. Ma a tutti è capitato di scoppiare a piangere o a ridere in maniera irrefrenabile e prorompente. Ridere e piangere rappresentano un antichissimo strumento per comunicare, per esprimere gioia, dolore, piacere di stare insieme, sofferenza, richiesta di aiuto.
Piero Angela – Superquark
Daniel Goleman sostiene che l’intelligenza emotiva comprende competenze fondamentali per affrontare la vita con successo: autocontrollo, entusiasmo, perseveranza e capacità di automotivarsi.
Questo vuol dire che la capacità di pensare e di comunicare dipende dal sentire e dal capire/comprendere anche ciò che accade dentro di noi; riuscire a tradurre in parole ciò che sentiamo su un piano emotivo significa appropriarsi dell’emozione. In altre parole, avere il potere di agire cognitivamente sull’emozione e, di conseguenza, poterla gestire e dirigere, anziché esserne gestiti e in balìa. Accade infatti che se si vive un trauma è tanto più difficile superarlo quanto più non si è in grado di integrare quella esperienza nella propria vita, ossia di darle un senso, una giustificazione, in altre parole di accettarlo e andare avanti. (psicoworking)
Daniel Goleman (1946) è uno psicologo, scrittore e giornalista statunitense.
Si è laureato ad Harvard, specializzandosi in “Psicologia clinica e sviluppo della personalità”. A lungo ha scritto sul New York Times di temi concernenti la neurologia e le scienze comportamentali.
L’opera più conosciuta di Goleman è “Intelligenza emotiva” (Emotional Intelligence) del 1995. In questo libro l’autore afferma, tra l’altro, che la conoscenza di se stessi, la persistenza e l’empatia sono elementi che nascono dall’intelligenza umana, e sono quelli che probabilmente influenzano maggiormente la vita dell’uomo. Spesso queste capacità, che vanno a costituire l’intelligenza emozionale, venivano sottovalutate, ignorate o non considerate come elemento rilevante nel computo del noto ma ridimensionato quoziente d’intelligenza (QI)
Saper gestire le proprie emozioni è un’abilità irrinunciabile
per chi desidera essere felice.
The Heart
COS’È L’EMPATIA
Il termine inglese empathy, coniato da Titchener agli inizi del ’900 indicava quel processo attraverso il quale gli esseri umani tendono ad “umanizzare” gli oggetti, attribuendo a questi ultimi sentimenti e valori tipicamente umani. Inizialmente il termine “empatia” faceva dunque riferimento all’utilizzo dei sentimenti per comprendere gli oggetti non animati; successivamente questa valenza venne estesa ad opera degli psicologi agli altri esseri umani, acquisendone il significato odierno.
Ai nostri giorni per empatia intendiamo la capacità di un essere umano di percepire lo stato d’animo ed i sentimenti di un’altra persona, positivi o negativi che siano, realizzando quindi una sintonia emotiva nei suoi confronti, la quale permette di condividerne i vissuti interiori e le emozioni autentiche, spesso differenti da quelle espresse verbalmente e gestualmente.
LA DIFFERENZA TRA COMPASSIONE ED EMPATIA
Capita frequentemente che i due termini vengano usati in modo indifferente, tuttavia il loro significato è diverso.
La compassione si verifica quando si prova pena per una persona, a causa per esempio della sua condizione sociale od economica, anche in assenza di un legame emotivo con essa, che possa portare alla condivisione dei suoi vissuti interiori.
L’empatia non va neppure confusa con la simpatia o con gli altri sentimenti di natura positiva che possono essere provati nei confronti delle altre persone: essa prescinde dall’esistenza di tali sentimenti positivi, tant’è che è possibile provare empatia anche per un criminale, per esempio.
Tratto da: nienteansia
EMPATIA
Intuizione del mondo interiore
L’empatia è la focalizzazione sul mondo interiore dell’interlocutore, è la capacità di intuire cosa si agiti in lui, come si senta in una situazione e cosa realmente provi al di là di quello che esprime verbalmente.
L’empatia è la capacità di leggere fra le righe, di captare le spie emozionali, di cogliere anche i segnali non verbali indicatori di uno stato d’animo e di intuire quale valore rivesta un evento per l’interlocutore, senza lasciarsi guidare dai propri schemi di attribuzione di significato.
Comprensione empatica e intellettuale
Differenze
La comprensione intellettuale si concentra sui fatti, indaga come stiano realmente le cose e ricostruisce l’esatta dinamica dell’accaduto. La comprensione empatica è più sottile e complessa di quella intellettuale e richiede una sensibilità molto fine e rara per essere attuata.
Componenti dell’empatia
Trasparenza, comprensione empatica e accettazione incondizionata
La trasparenza è l’accordo tra i sentimenti manifestati e quelli realmente provati. Se l’interlocutore percepisce trasparenza, si apre con fiducia, altrimenti si chiude difensivamente.
Trasparenza non significa rivelare impulsivamente tutti i sentimenti, ma implica il non simulare un sentimento quando in realtà se ne prova un altro, perché l’interlocutore capterebbe la dissonanza.
La comprensione empatica consiste nell’immedesimarsi nell’interlocutore per comprendere il suo punto di vista, senza assumerlo come proprio, ma mantenendo l’autocontrollo: un infermiere che si calasse nei panni del malato lasciandosi sopraffare dal dolore per le sue sofferenze renderebbe il malato emotivamente più abbattuto invece di offrirgli un sostegno.
L’accettazione incondizionata consiste nell’ astensione da valutazioni, da approvazioni o disapprovazioni e da correzioni. La comprensione empatica implica la sospensione dei giudizi morali suoi sentimenti riferiti dall’interlocutore: l’ascoltatore non ne misura la conformità alle norme, né indica il modo giusto di comportarsi, né illustra la situazione oggettivamente per indurre l’altro a rendersi conto di non averla affrontata con la dovuta maturità.
L’ascolto empatico non impone una direttiva, ma pone l’altro nella condizione di esplorarsi per trovare la sua verità.
Tratto da: Intelligenza Emotiva/empatia
Una scuola ragionevolmente emozionante