La Falsità dava in affitto le stanze ad ore. Era costretta a lavorare dopo aver sperperato tutto il patrimonio che una sua lontana parente le aveva lasciato, perché figlia unica e non maritata: la Dignità.
L’Arroganza era la frequentatrice più assidua di quelle stanze bellissime i cui balconi si affacciavano tutti sul mare. Poi c’erano loro, le due gemelle, bruttine a dire il vero, con quel lungo naso e le gambe corte e storte: le Bugie.
Esse erano inseparabili, le trovavi ovunque come le zanzare d’estate, in ogni stanza; pensavi che se ne fossero andate e invece… comparivano in tutti gli angoli e la situazione era dubbia: o le stanze erano affollate da specchi, o loro si moltiplicavano, fatto sta che erano in due, ma sembravano dieci, cento, mille, e la cosa strana era che pagavano solo per due.
E poi c’era lei: Ipocrisia, dalla parvenza bellissima, sempre stesa a prendere il sole, abbronzatissima, tacchi alti in qualsiasi situazione, però, a dire il vero, a vederla da vicino, non era proprio così bella. Innanzi tutto il sole, al quale non piaceva affatto, le aveva regalato, sotto quella perfetta abbronzatura, un bel solco di rughe, e poi… puzzava di miscuglio di creme e profumi che sotto il sole estivo e cocente, evidentemente si squamavano. Comunque, bella o no, di sicuro alla fine, rimaneva sempre da sola.
Quella tarda sera pioveva forte. Un temporale fine giugno, spaventoso. Il vento si era impegnato molto sbatacchiando gli alberi e quelle povere barche sul molo, che da ore danzavano assieme alle onde, quando completamente bagnata e con le scarpe ormai andate, arrivò una fanciulla dalla bellezza e freschezza veramente rare: Amicizia.
Subito Falsità si preoccupò di darle una stanza e le raccomandò di fare una doccia calda per evitare di prendersi un malanno, ma già con occhio esperto ed attento aveva fotografato le linee perfette del corpo, che notevoli, si rivelavano attraverso i vestiti bagnati e incollati addosso.
Le Bugie si avvicinarono preoccupate e si offrirono di aiutarla nell’asciugatura dei capelli, ma sapevano bene che la corrente elettrica ancora non era tornata.
Ipocrisia disse che non aveva mai visto una fanciulla così bella ed elegante in quell’albergo e si dichiarò pronta a cederle la sua camera se non ce ne fossero state di libere e adatte alla sua persona, ma sapeva benissimo che a parte le presenti nominate, quel luogo dalle camere a ore, era del tutto disabitato.
Per cena, il vento prese a cessare, il mare si acquietò, il sole, un po’ scontroso prese ad uscire, e come per incanto, il rombo di una macchina ruppe quel silenzio fino ad allora interrotto solo dal movimento delle posate e dei bicchieri, e scese Lui, dalla falcata lunga, decisa e allo stesso tempo delicata e sicura: Affetto.
Affetto entrò nella sala da pranzo, tutte le signore presenti, sorrisero e con gli occhi lo invitarono ognuna al proprio tavolo, ma Lui, cercava solo chi non vedeva in quella grande stanza, poi lo scricchiolio proveniente dalla scala, lo fece voltare di scatto, la vide, e subito le andò incontro:
– Ho fatto il possibile per venirti a prendere con la macchina, ma sono arrivato alla stazione con notevole ritardo e tu eri già andata via, tuttavia non mi rassegnavo, ho chiesto informazioni ed ho capito che non potevi essere che qui.
Non ci fu nessuna risposta, Amicizia si era cambiata d’abito, tamponata i capelli con l’asciugamano e ringraziando uscì con quel suo profumo naturale, sottobraccio ad Affetto.
Signore e signorine, rimasero davanti ad una tavola ricca di pietanze ormai fredde, e mai come in quel momento, sentirono forte la presenza sottile di: Invidia.
La falsità conosce molte fughe e sa nascondersi con abilità, l’amicizia, quella vera, rimane sempre al suo posto, anche se il farlo, comportasse farsi un po’ male.
Sandra Carresi