Il senso della nostra identità in evoluzione

Testo tratto da Noi e il nostro corpo – scritto dalle donne per le donne, 1974

Trovarsi fra donne è stato esaltante. Ci siamo riunite per nostra scelta e volontà, e per la prima volta ci siamo sentite libere. Fino ad allora il centro della nostra vita erano sempre stati gli uomini: ora invece ci sembrava “legittimo” il bisogno che avevamo l’una dell’altra. A scuola la maggior parte di noi, aveva avuto un rapporto d’amicizia con altre donne, ma lo aveva considerato solo transitorio, pensando che la vita vera sarebbe stata incentrata sul maschio. Era lo schema tradizionale e non ci aspettavamo altro. Ora, giovani donne adulte, sentivamo la mancanza di amicizie femminili profonde. La grande famiglia tradizionale offriva alle donne la possibilità di avere contatti stretti con altre donne perchè al suo interno inconsciamente esse si aiutavano, mettendo in comune esperienze e conoscenze. Ma la maggior parte di noi non viveva più in famiglia e sentiva la necessità di creare lo spazio e l’occasione di trovarsi con altre donne.
Trovarci insieme e lavorare per cambiare la nostra vita all’inizio ci ha spaventate, perchè significava ammettere che non eravamo completamente soddisfatte. Sapevamo che avremmo dovuto fare un serio esame di noi stesse e avevamo paura, paura dell’ignoto. Alcune di noi pensavano che impegnarsi nel movimento femminista avrebbe indebolito il legame che ci univa ai nostri uomini, ai figli, al lavoro, al nostro modo di vita – insomma che avremmo perso il controllo della nostra vita.

Poi ci siamo rese conto che questa paura era infondata. Nessuno avrebbe potuto toglierci ciò che non volevamo cedere: ci riunivamo unicamente per nostra volontà, con la speranza di riuscire a sentirci persone più complete.
Come è avvenuto nella maggior parte dei gruppi femminili, parlammo delle nostre esperienze di vita insistendo sul ruolo femminile.
Scopo di questa introspezione e analisi del nostro passato era creare una base da cui partire per cambiare il modo di considerare e percepire noi stesse. Da questa nuova consapevolezza sarebbe poi nata una nuova coscienza di ciò che significa essere donne. Per questo lavoro abbiamo cercato un ambiente che ci fosse favorevole: un posto dove potessimo parlare, lavorare insieme e riflettere ad alta voce. Forse la cosa più valida per ciascuna di noi è stata l’aver imparato a sentirci a nostro agio nel parlare a titolo personale e nell’essere noi stesse.
All’inizio avevamo paura di svelare segreti personali. Ciascuna pensava di poter essere soggetto di derisione, rifiuto, incomprensione o pettegolezzo da parte delle altre. Molte erano già amiche prima dell’inizio del gruppo e noi avevamo paura di parlare apertamente dei nostri rapporti con gli uomini. I nostri timori verso le altre donne erano esagerati, poichè risultò che, come donne avevamo molte cose in comune e che fra noi potevano esserci rapporti più autentici se comunicavamo in modo più diretto e sincero. D’altra parte scoprimmo anche che ci vuole tempo, in un gruppo, per sentirsi a proprio agio ed essere fiduciose. Se non lo eravamo voleva forse dire che avevamo anche paura di rifiutarci a vicenda, di vedere in altre donne quello che non volevamo vedere di noi stesse. Ci siamo rese conto che, proprio perchè donne, eravamo state educate ad essere gentili, a far piacere a tutti e che non ci eravamo mai permesse di provare sentimenti ambivalenti verso noi stesse e gli altri. Capire queste cose ci ha rese più sincere con noi e con gli altri.

Parlando della nostra vita, scoprimmo che la maggior parte di noi, durante l’adolescenza, aveva sprecato molto tempo e molte energie nel combattere se stesse per diventare altruiste, dolci, passive e dipendenti, in attesa che i nostri principi azzurri ci venissero a cercare. Con la fine dell’adolescenza la maggior parte di noi aveva risolto il conflitto conformandosi al ruolo femminile e soffocando le caratteristiche che erano incompatibili con tale ruolo, cioè indipendenza, attività, collera e fierezza. Queste qualità, che sarebbero state in contrasto con la nostra “femminilità”, abbastanza logicamente erano definite dalla nostra società “maschili”.

Sin dall’inizio delle nostre conversazioni scoprimmo quattro modelli culturali di femminilità che in un certo modo avevamo accettato: la donna inferiore, la donna passiva, la donna oggetto, la donna esclusivamente moglie e madre. Nelle nostre prime discussioni ci rendemmo subito conto della violenza che con questi concetti avevamo usato su di noi, dei limiti che ci eravamo poste con l’essere passive e dipendenti senza alcuna identità propria.
Gradualmente, aiutandoci l’una con l’altra, abbiamo cominciato a ritrovare la nostra identità. La passione che ci ha animate nel far ciò scaturiva dalla gioia di scoprire in noi qualità umane che fino ad allora erano state tabù.

Tutte abbiamo conosciuto un momento in cui rifiutammo la nostra vecchia immagine per identificarci esclusivamente nella nuova. E per un certo tempo abbiamo stravolto la nostra personalità assumendo un atteggiamento costantemente irato o orgogliosamente indipendente. Ci sembrava quasi di avere nuove personalità e dovevamo scoprire quali fossero. Ma alla fine ci siamo rese conto che il rifiuto dei nostri attributi “femminili” era semplicemente un modo diverso di accettare i valori sessisti della nostra civiltà. Così, insieme con una nuova energia, è nato in noi il desiderio di affermare e rivendicare ciò che è nostro.

Non vogliamo assolutamente diventare uomini: siamo donne e siamo fiere di esserlo. Ma reclamiamo il diritto di possedere qualità umane tradizionalmente definite “maschili” e di integrarle con quelle “femminili” e diventare in tal modo persone più complete. Ciò libererà anche gli uomini dalla costrizione a essere virili, ruolo, questo, altrettanto limitativo del nostro. In breve, vogliamo creare un ambiente umano in cui ogni qualità trovi un terreno fecondo per germogliare e svilupparsi in ogni persona.

La nostra sensazione di valere meno degli uomini era profondamente radicata in noi. Di fronte ai nostri coetanei maschi ci siamo scoperte ad attribuire più valore a ciò che dicevano gli uomini, che a ciò che dicevamo noi, a ciò che facevano gli uomini più che a ciò che facevamo noi. Abbiamo vissuto come se ci fosse qualcosa di intrinsecamente inferiore a noi.
Ci esaltava scoprire che quello che credavamo un senso di inferiorità personale, di fatto era un’opinione comune a tutte. Si trattava di un problema culturale più vasto, e cioè: nella nostra società il potere è diviso in modo disuguale; gli uomini, per il fatto che detengono il potere, sono considerati superiori e noi, che abbiamo meno potere, siamo considerate inferiori. Dobbiamo cambiare i rapporti di potere tra i sessi, così che ciascun sesso abbia uguale potere e le qualità di ciascuno siano giudicate in base ai meriti e non più in termini di potere. Sebbene il problema non sia di facile soluzione, la situazione è tuttavia modificabile non essendo fondata su elementi biologici.
Sappiamo che ogni giorno soffriremo nel riconoscere la divergenza tra le nostre idee e la realtà quotidiana, nel constatare la resistenza a cambiare e l’opposizione maschile, nel riscoprire che le strutture sociali esterne non ci sostengono. Tuttavia ci muoviamo in una direzione precisa.

Esaminando la nostra vita ci siamo accorte che anche noi vivevamo rapporti di potere disuguali con gli uomini:
non ci siamo mai aspettate molto piacere dal rapporto sessuale;
non abbiamo mai preso seriamente in considerazione ciò che chiedevamo ai nostri medici;
non ci siamo mai aspettate che gli uomini cambiassero la loro vita in funzione della paternità dopo che avevamo messo al mondo un bambino per entrambi;
non ci siamo mai aspettate che anche gli uomini si preoccupassero del controllo delle nascite;
non ci siamo mai prese cura del nostro corpo come se fosse una cosa importante;
non abbiamo mai tenuto in grande considerazione il sostegno e il conforto che le altre donne ci davano quando ne avevamo bisogno.
L’elenco è senza fine.
È stato esaltante scoprire la forza, la bellezza e la potenza delle donne. Abbiamo cominciato a sentirci più fiere e più orgogliose di noi stesse.
Abbiamo cominciato a capire che la nostra debolezza in realtà era la nostra forza. Abbiamo cercato di diventare autonome.
Abbiamo capito il valore – oltre che i limiti, che accettiamo semplicemente in quanto “umani” – insito nel saper essere estroverse, educatrici, passive, dipendenti. Ovviamente quando scegliamo di esserlo.

 

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