C’era una volta in un paese tra i monti un vecchio mercante che viveva solo, non si era mai sposato e non aveva più nessun amico.
Per tutta la vita si era dimostrato avido e avaro, aveva sempre anteposto il guadagno all’amicizia e ai rapporti umani. L’andamento dei suoi affari era l’unica cosa che gli importava. Di notte dormiva pochissimo, spesso si alzava e andava a contare il denaro che teneva in casa, nascosto in una cassapanca. Per avere sempre più soldi a volte si comportava in modo disonesto e approfittava dell’ingenuità di alcune persone. Ma tanto a lui non importava, perchè non andava mai oltre le apparenze. Non voleva conoscere quelli con i quali faceva affari. Non gli interessavano le loro storie e i loro problemi. E per questo motivo nessuno gli voleva bene.
Una notte di dicembre, ormai vicino a Natale, il vecchio mercante non riusciva a dormire e dopo aver fatto i conti dei guadagni, decise di uscire a fare una passeggiata. Cominciò a sentire delle voIl vischio èci e delle risate, urla gioiose di bambini e canti. Pensò che di notte era strano sentire tanto chiasso in paese.
Si incuriosì perchè non aveva ancora incontrato nessuno, nonostante voci e rumori sembrassero molto vicini. A un certo punto cominciò a sentire qualcuno che pronunciava il suo nome, chiedeva aiuto e lo chiamava fratello. L’uomo non aveva fratelli o sorelle e si stupì. Per tutta la notte, ascoltò le voci che raccontavano storie tristi e allegre, vicende familiari e d’amore. Venne a sapere che alcuni vicini erano molto poveri e che sfamavano a fatica i figli; che altre persone soffrivano la solitudine oppure che non avevano mai dimenticato un amore di gioventù.
Pentito per non aver mai capito che cosa si nascondeva dietro alle persone che vedeva tutti i giorni, l’uomo cominciò a piangere. Pianse così tanto che le sue lacrime si sparsero sul cespuglio al quale si era appoggiato. E le lacrime non sparirono al mattino, ma continuarono a splendere come perle. Era nato il vischio.
Fiaba del Trentino
IL VISCHIO
Il vischio è un sempreverde, il cui nome latino è Viscum album, ed è una pianta cespugliosa che cresce soprattutto in inverno sui tronchi e sui rami di alberi come pioppi, querce e tigli.
Necessita infatti di una pianta ospite per l’approvvigionamento dell’azoto, mentre le sue foglie verdi sono in grado di compiere la fotosintesi.
Ha fiori gialli, i suoi frutti sono bacche sferiche bianche o giallastre traslucide non commestibili per l’uomo, mentre se ne cibano gli uccelli nel periodo invernale che le disperdono trasportandole; i semi contenuti possono quindi germogliare se si insediando tra le intercapedini di un ramo di una pianta ospite.
L’interno della bacca è gelatinoso e colloso, un tempo veniva usato per preparare una colla che serviva per catturare gli uccelli, una pratica che oggi è illegale, considerata bracconaggio.
Probabilmente da questo prendono origine alcuni modi di dire entrati nel linguaggio comune: come “rimanere invischiati” in certe situazioni, “essere vischiosa” nel senso di persona poco chiara e trasparente, o/e che sta tenacemente attaccata a qualcuno o a qualcosa.
Il vischio viene adoperato per fini ornamentali, anche per l’erboristeria, già le antiche popolazioni nordeuropee gli attribuivano importanti doti curative. Un aspetto su cui si stanno interessando recenti studi della ricerca medica in campo antitumorale e immunostimolante.
Tante sono le leggende legate al vischio e anche tradizioni molto antiche: come i celti, ad esempio, che lo chiamavano oloaiacet e lo consideravano insieme alla quercia, un pianta sacra e dono degli dei. Secondo una leggenda nordica, invece, teneva lontane disgrazie e malattie.
L’usanza di appendere all’uscio di casa un rametto di vischio si perde nelle lontane terre del nord Europa, popolate dai celti e dai mitici sacerdoti druidi.
Questi, vi associavano prima di tutto una forza magica, in grado di far deporre le armi ai nemici che si sarebbero incontrati in prossimità del vischio; proprio per tale ragione rappresenta oggi un augurio di serenità e pace, e l’appenderlo alla porta di casa dona armonia a tutti i suoi abitanti.
La leggenda del bacio sotto al vischio
La leggenda trae le sue origini proprio dalla Mitologia nordica e dalla dea Frigg, sposa del dio Odino, dea dell’amore, simbolo della felicità coniugale e della fertilità, e madre di Baldr, considerato il migliore fra gli dei che splende di luce propria.
Si narra che Baldr, il figlio bello e luminoso, buono e saggio della dea Frigg e di Odino, vide in sogno la sua morte imminente. La dea Frigg invocò allora gli elementi Fuoco, Acqua, Terra, Aria e tutti gli animali di vegliare sull’amato figlio, ottenendo la loro protezione e quella di tutte le piante. Tranne una che viveva sospesa a metà tra il cielo e la terra: il vischio.
Quando Loki, dio ingannevole e perfido lo scoprì, intrecciò i rami del vischio e ne ricavò un dardo appuntito. Poi si recò ad Asgard, la dimora degli dei, e con l’inganno convinse Hodr, dio cieco dell’inverno e fratello di Baldr, a scagliare il dardo colpendo involontariamente il fratello che morì sul colpo.
La madre Frigg china sul corpo del figlio pianse tutto il suo dolore, le sue lacrime caddero sul dardo di vischio e divennero tante bacche perlate e il giovane Baldr risorse dalla morte.
La dea Frigg fu colma di felicità, e il vischio divenne un simbolo sotto al quale ancora oggi si usa scambiarsi un bacio, in particolare nel giorno che chiude l’anno vecchio per rinascere in quello nuovo.
Buon Anno!!
We Wish You a Merry Christmas/Auguri di buon Natale – La Brigata Canterina