Lampedusa, Alkatraz del Mediterraneo
Nuove e ordinarie strategie di brutalità e confinamento in Europa

Da più di 24 ore siamo su questa isola, Lampedusa. Se è difficile intuire la fase e capire come agire rispetto agli stravolgimenti che stanno avvenendo su scala planetaria, è altrettanto difficile riuscire da qui, da questa terra spettacolarizzata e carcerizzata, trovare la lucidità necessaria per raccontare quello che si consuma sotto i nostri occhi.

di Manila Ricci, da Lampedusa
26 marzo 2011

LAMPEDUSA ISOLA DI ACCOGLIENZA

Nelle calde notti estive, al chiarore lunare le tartarughe risalgono dal mare e ritornano alla spiaggia, scavano una buca e tra la sabbia depongono le loro uova le ricoprono con cura, per tornare poi nelle acque più profonde del mare.

Dopo almeno sessanta giorni le piccole tartarughe escono dal guscio sbucando dalla sabbia, svelte si dirigono verso il mare
come a seguire un istinto primordiale

La Caretta caretta è la tartaruga marina più comune del mar Mediterraneo, una specie particolarmente protetta, ormai al limite dell’estinzione nelle acque territoriali italiane, che ogni anno nidifica sulle spiagge della Sicilia, della Sardegna e della Basilicata. Alcuni studi hanno dimostrato che le piccole appena nate hanno una sorta di imprinting della zona di origine che consente loro di ritornare, ogni anno nello stesso luogo, a loro volta a nidificare.

Le Caretta caretta scelgono regolarmente Lampedusa e le spiagge dell’Isola dei Conigli per deporre le uova, tra maggio ed agosto. È una specie fortemente minacciata da una serie di fattori: la predazione da parte dei ratti, dei gabbiani e dei cani randagi, l’affollamento della spiaggia e la balneazione, l’erosione costiera, le mareggiate, e il dissesto idrogeologico del versante sovrastante la spiaggia, innescato da errati interventi sulla viabilità eseguiti in passato, che hanno alterato le caratteristiche granulometriche della sabbia.
Per tutelare l’ambiente, un’autentica meraviglia con una incredibile fauna marina e un’acqua la cui limpidezza e le cui sfumature azzurre attraggono visitatori e turisti da ogni parte del mondo, la Regione Sicilia nel 1995 ha istituito la Riserva naturale “Isola di Lampedusa” che comprende la spiaggia, l’isola dei Conigli e la macchia mediterranea, affidandone la gestione a Legambiente Sicilia.
Per garantire il mantenimento delle condizioni ambientali idonee alla riproduzione della tartaruga, ogni anno Legambiente organizza dei campi di lavoro a cui partecipano numerosi volontari che si occupano della protezione dei nidi, della tutela e la pulizia quotidiana della spiaggia.


In seguito all’istituzione della riserva naturale, grazie alle azioni di tutela messe in campo dall’ente gestore, sono cessati i più gravi fattori di degrado che per anni hanno costituito un’offesa all’enorme valore naturalistico e alla straordinaria bellezza dei luoghi.
Il visibile miglioramento ambientale del sito ha, altresì, prodotto una lenta ma continua crescita del consenso sociale verso le azioni di conservazione.

Legambiente “Isola di Lampedusa“


A Lampedusa, oltre Legambiente opera anche il WWF che, con il suo Centro di Recupero Tartarughe Marine in contrada Grecale, da più di 15 anni rimette in mare ogni anno diversi esemplari di Caretta caretta dopo le dovute cure. Il centro infatti è dotato di una piccola sala veterinaria, di radiografia ed ecografia ed è visitato da migliaia di turisti ogni anno.
La liberazione delle tartarughe è un evento coordinato dal centro, che non è stabilito da un calendario preordinato e che viene promosso direttamente sull’isola da volontari che arrivano da ogni parte del mondo per concludere una tesi, per fare uno stage o semplicemente per aiutare il centro a portare avanti gli obiettivi prefissati.

La tartaruga marina comune (Caretta caretta) è una specie carnivora diffusa nelle acque degli Oceani Atlantico, Indiano e Pacifico e nel bacino del Mediterraneo e del Mar Nero. Diverse migliaia le femmine di tartaruga marina annualmente depongono le uova nelle spiagge della parte orientale del Mediterraneo, tra Grecia, Turchia, Cipro e Libia, mentre nella parte occidentale le nidificazioni sono da ritenersi eccezionali.
La specie è minacciata dalla riduzione degli habitat di nidificazione in seguito all’erosione delle coste, dai predatori, dal passaggio dell’uomo, dall’inquinamento marino, dalle collisioni con le imbarcazioni e in particolare dagli incidenti causati dagli attrezzi e dai sistemi di pesca con cui un gran numero di tartarughe viene catturato accidentalmente, ferito e a volte causandone anche la morte.

Il WWF (World Wide Fund for Nature) è un’organizzazione internazionale non governativa fondata in Svizzera nel 1961 che ha come scopo la tutela dell’ambiente naturale, attraverso la protezione delle specie in pericolo, e la conservazione degli ecosistemi e della biodiversità, la riduzione dell’inquinamento e la lotta contro lo spreco di risorse e di energia. Attivo in tutto il mondo con più di 1300 progetti, ricerca il dialogo e l’aggregazione delle migliori risorse culturali, sociali, economiche per creare insieme delle soluzioni concrete, il cui fine ultimo è quello di costruire un futuro in cui l’umanità possa vivere in armonia con la natura.
Come simbolo del WWF, nel 1961 fu adottato il panda gigante prendendo spunto da Chi-Chi, il primo panda gigante vivente nell’occidente, un fenomeno allo Zoo di Londra. Chi-Chi portò le persone a scoprire l’importanza della tutela delle specie animali a rischio estinzione e il panda divenne simbolo per eccellenza della fauna minacciata.

Tra il mondo degli esseri umani e quello degli animali c’è poca differenza. In fondo viviamo tutti sullo stesso pianeta.

Nel 1966 il giornalista e pittore Fulco Pratesi fonda WWF Italia, che si pone come obiettivo la conservazione dei sistemi naturali in Italia e nel mondo, con l’aiuto dei cittadini e il coinvolgimento delle imprese e delle istituzioni. Realizza molti progetti sul campo a fianco delle comunità locali, impostati in base a sei ambiti tematici considerati prioritari (Foreste – Acque – Mari e coste – Specie a rischio – Cambiamenti climatici – Sostanze tossiche): vi sono impegnate centinaia di persone, tra esperti biologi, ricercatori, zoologi, medici veterinari, tecnici, a cui si aggiunge il supporto di centinaia di volontari. WWF Italia gestisce più di 100 Oasi protette, è una ONLUS (Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale) e recentemente è stato riconosciuto anche come Organizzazione non governativa (ONG) per il suo impegno nella cooperazione con i paesi in via di sviluppo.

Il panda è un mammifero originario della Cina, dove gode di molta popolarità e spesso viene indicato come l’emblema nazionale. È simile all’orso e pur essendo onnivoro, nel corso della sua evoluzione è arrivato a nutrirsi quasi esclusivamente di bambù di cui, per trarne il nutrimento necessario, ingerisce grandi quantità, trascorrendo così gran parte della sua giornata a cibarsi.
È una specie a rischio di estinzione per il tasso di natalità molto basso sia allo stato naturale sia in cattività, poichè tendono ad accoppiarsi poco frequentemente, generando di solito un solo cucciolo, ma anche per la minaccia rappresentata dal massiccio disboscamento delle foreste, che li priva di cibo e habitat.
Per favorire la riproduzione degli esemplari in cattività negli zoo si fa ricorso al metodo dell’inseminazione artificiale, mentre il WWF collabora con il governo cinese nella salvaguardia dei panda, realizzando Riserve naturali e piantando bambù. L’impegno assunto dal governo cinese negli ultimi trenta anni ha portato dal 2013 a un incremento della popolazione di panda giganti selvatici.
Ciò conferma il panda quale simbolo di impegno, concretezza e positività per la tutela degli ecosistemi naturali e per il futuro dell’uomo.

Comunemente si tende a credere che anche il koala sia un orsetto, invece è un marsupiale il cui numero, a quanto risulta, sta di nuovo considerevolmente diminuendo.

Il koala è un mammifero marsupiale australiano, unico rappresentante vivente di marsupiali arrampicatori. I suoi piedi hanno cinque dita prensili, con artigli affilati che gli permettono di arrampicarsi sugli alberi, sui quali vive in piccoli gruppi e dove passa quasi tutta la vita, mangiando foglioline e gemme di eucalipto (che per le altre specie di animali sono tossiche) da cui trae nutrimento e acqua. Ne consuma abitualmente circa mezzo chilo ogni sera, poi trascorre il resto del tempo sonnecchiando, incuneato saldamente nella biforcazione di un ramo. Occasionalmente scende a terra per cambiare albero o per favorire la digestione inghiottendo terra, corteccia e sassolini. La masticazione del koala è estremamente lunga, e l’animale non inghiotte le foglie e le gemme prima di averle ridotte a una pasta finissima con le proprie forti mandibole. Agli eucalipti essi devono il loro caratteristico profumo balsamico, gli oli essenziali infatti ne impregnano il morbido pelo, fungendo da protezione contro i parassiti.

Il koala è uno dei pochissimi mammiferi, al di là dei primati, che sia dotato di impronte digitali, che sono sorprendentemente simili a quelle umane. La femmina partorisce un solo cucciolo, due in casi eccezionali, poiché nel marsupio vi sono solo due capezzoli. L’aspetto piacevole e il comportamento docile può far pensare al koala come a un animale da compagnia, in realtà è impossibile addomesticarlo e non ha confidenza con l’uomo. Inoltre, in Australia trattenere un koala come animale domestico è illegale.

I koala si trovano principalmente lungo la costa orientale dell’Australia dove vi è abbastanza pioggia per sostenere foreste di eucalipto, unica fonte di sostentamento del Koala. Nell’Australia Meridionale, mentre nella prima metà del XX secolo furono sterminati per la loro pelliccia, un ripopolamento è avvenuto in seguito alla sospensione della caccia negli ultimi 60 anni con famiglie provenienti dallo Stato del Victoria.
Ma dall’aprile 2012 la specie è stata dichiarata “vulnerabile” dal Governo Federale australiano, poichè si è potuto notare un considerevole calo della popolazione dei koala australiani a causa dell’urbanizzazione, degli incendi e del riscaldamento globale, ciò fa temere nuovamente che gli orsetti marsupiali possano scomparire.

Greenpeace da decenni si mobilita per la salvaguardia degli habitat naturali e per la tutela della biodiversità. Il tasso di estinzione di piante e animali si è moltiplicato di più di mille volte rispetto al ritmo precedente alla comparsa dell’uomo sul pianeta. La comunità scientifica prevede che entro il 2050 sarà il diecimila volte di più. Siamo di fronte alla sesta grande ondata di estinzioni, la prima legata alla presenza umana.
Metà delle foreste perdute negli ultimi diecimila anni sono state distrutte nel corso degli ultimi ottanta, e la metà di questa distruzione è avvenuta a partire dagli anni settanta. Foreste perdute significano specie perdute.
La distruzione delle foreste torbiere, ridotte a strade spianate a servizio delle coltivazioni di palma da olio ha contribuito a rendere l’’Indonesia il paese con il più alto tasso di deforestazione, è il terzo grande emettitore di gas serra dopo Cina e Stati Uniti.

Quando nacque Greenpeace era il 1971, un piccolo gruppo di attivisti motivati dalla visione di un mondo verde e pacifico, partirono da Vancouver su una vecchio peschereccio per denunciare i test nucleari segreti effettuati dagli Stati Uniti ad Amchitka. Questi attivisti, i fondatori di Greenpeace, credevano che pochi individui potessero fare la differenza. Oggi è presente in moltissimi paesi e ha milioni di sostenitori.

Greenpeace è un’associazione non violenta, che utilizza azioni dirette per denunciare in maniera creativa i problemi ambientali e promuovere soluzioni per un futuro verde e di pace. Greenpeace è indipendente e non accetta fondi da enti pubblici, aziende o partiti politici.
Le sue azioni sono dirette a salvaguardare le piccole isole da petrolio e trivelle, a difendere mari e oceani, a promuovere le fonti rinnovabili, un’agricoltura sostenibile, si oppone al rilascio nell’ambiente di organismi geneticamente modificati (OGM), spinge verso l’eliminazione gradualmente della produzione e dell’uso di sostanze pericolose, combatte l’energia nucleare.

 

Lampedusa

È la più estesa delle isole, che con Linosa e Lampione costituiscono l’arcipelago delle Pelagie in Sicilia.
Nel corso della storia è stata luogo di sosta per Fenici, Greci, Romani che sfruttarono l’isola per impiantarvi uno stabilimento per la lavorazione del pesce e per la produzione del garum, una salsa di pesce molto diffusa in età imperiale, e per gli Arabi che hanno lasciato tracce ben evidenti del loro passaggio. Poi, per un lungo periodo l’isola rimase in tranquilla attesa di nuovi abitanti.
Nella foto la Porta di Lampedusa – Porta d’Europa, opera d’arte di Mimmo Paladino dedicata agli emigranti morti e dispersi in mare (2008).

Linosa

Mentre Lampedusa e Lampione fanno parte della placca continentale africana, e si sono sollevate due milioni di anni fa, Linosa è un’isola di origine vulcanica che fa parte della zolla siciliana. Nell’antichità rappresentò un rifugio per coloro che solcavano il Mare nostrum. Fu utilizzata come base dai Romani durante le Guerre Puniche, ne sono testimoni le 150 cisterne per la raccolta dell’acqua piovana rimaste sul territorio, e il contenuto delle navi che nel corso dei secoli vi hanno fatto naufragio, sono rimasti sui fondali del mare circostante. Dominata prima dai cartaginesi e dai romani, poi dagli arabo-saraceni, dai normanni, dagli angioini fino agli Aragonesi, rimase a lungo disabitata e come Lampedusa servì come porto di fortuna per la pirateria mediterranea e per i naufragi.

Lampione

Lampione, che non è stata oggetto di particolari avvenimenti storici, rappresenta un regolare punto di sosta di molti uccelli migratori, in particolare gabbiani. Non è abitata e l’unico segno dell’uomo è un faro automatico.

Nel 1630 il re di Spagna concesse a Giulio Tomasi, avo di Giuseppe autore de Il Gattopardo, il titolo nobiliare di Principe di Lampedusa e Linosa, che furono cedute in seguito alla famiglia dei Borbone, una delle più importanti ed antiche case regnanti in Europa, di origine francese.
Nel 1843 Ferdinando II di Borbone, Re delle Due Sicilie riuscì a rendere attivo e produttivo l’arcipelago insediandovi abitanti provenienti da Ustica, Agrigento e Pantelleria che sbarcarono e colonizzarono le isole.
Nel 1861 gli isolani divennero sudditi del Regno d’Italia. Per l’importante posizione strategica al centro del Mediterraneo, Lampedusa fu fortificata e presidiata per diversi anni dal Regio Esercito, dotata di numerose batterie navali e antiaeree per la difesa durante la Seconda guerra mondiale, fu liberata durante lo sbarco degli Alleati in Sicilia.
Venne installata quindi una base NATO e divenne sede di uno dei trasmettitori del sistema di radionavigazione terrestre LORAN, che determina la posizione di una nave o di un aereo tramite onde radio LF (a bassa frequenza), sistema che viene ancora utilizzato da varie nazioni come Stati Uniti d’America, Giappone e vari paesi europei, nonostante vi siano sistemi di posizionamento satellitare più precisi, come il GPS.
La rete LORAN di supporto per la navigazione nel Mediterraneo è attualmente inattiva, la base militare è stata restituita alle Forze armate italiane ed è sede di installazioni radar.
A Lampedusa vi si trova anche una stazione meteorologica di riferimento per il Servizio meteorologico dell’Aeronautica Militare e per l’Organizzazione meteorologica mondiale, gestita dall’ENAV, società per azioni di proprietà ministeriale.

È solo negli anni Sessanta che nell’arcipelago insieme alle prime innovazioni tecniche arriva anche lo sviluppo turistico.

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